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Aperitivo Italiano

Breve storia dell'aperitivo italiano
Ha più di due secoli di storia, l’aperitivo all’italiana, creato a Torino nel lontano 1789. Fra mode e tendenze, il gusto e il piacere del convivio rimangono l’essenza del rito, e il gesto del bere in compagnia che contraddistinguono il momento dell’aperitivo



Già nel V sec. AC, il medico greco Ippocrate  prescriveva ai pazienti affetti da inappetenza un medicinale di sua invenzione: il vinum hippocraticum, vino bianco e dolce, in cui erano macerati fiori di dittamo, assenzio e ruta.

I romani lo chiamarono vinum absinthiatum (assenziato, con assenzio), e per migliorarne il sapore decisamente amaro gli aggiunsero rosmarino e salvia.

Dal Medioevo in poi la farmacologia erboristica, scienza allora applicata soprattutto nei conventi, aveva scoperto definitivamente che la funzione di stimolare il senso della fame è tipica delle sostanze amare, che “eccitano” non lo stomaco, ma la mucosa orale, quella che riveste l’interno della bocca e la lingua (organi del gusto), provocando un aumento della secrezione salivare e degli enzimi in essa contenuti, i quali sono quelli che favoriscono per davvero il processo digestivo.

Le scoperte geografiche e l’infittirsi dei commerci con l’Oriente avevano fatto conoscere alla vecchia Europa nuove e costosissime spezie che parevano fatte apposta per aromatizzare al meglio il “vino aperitivo”: noce moscata, chiodi di garofano, cannella, rabarbaro, china, mirra, pepe ecc.

L’aperitivo a largo consumo, inteso come abitudine alimentare e non come cura, nacque a Torino nel 1796 in una piccola bottega di liquori e vini gestita dal signor Antonio Benedetto Carpano il quale ebbe la geniale idea di vendere, in un’elegante bottiglia da litro, un vino aromatizzato con china, che battezzò vermouth, dal tedesco wermut, assenzio.
Molti anni dopo ne venne donata una cassetta a Vittorio Emanuele II il quale disse di apprezzarlo per quel punt e mes (in torinese “punto e mezzo”) di amaro che aveva in più rispetto ai suoi simili; così il Vermouth con China Carpano (immediatamente ribattezzato Punt e Mes) divenne l’Aperitivo Ufficiale di Corte.

Il successo fu enorme; Cavour, Verdi e Giacosa ne andavano pazzi e la bottega Carpano, dal 1840 al 1844, per soddisfare le richieste fu costretta a rimanere aperta ventiquattr’ore su ventiquattro.

Invece nel 1815, il signor Ramazzotti di Milano creò per primo un aperitivo a base non vinosa, ponendo in infusione nell’alcol ben 33 fra erbe e radici provenienti da tutto il mondo: china sudamericana, rabarbaro cinese, arancia amara di Curaçao, arancia dolce di Sicilia, genziana della Val d’Aosta ecc.

Carlo Gancia farmacista ed enologo, crea il suo vermouth partendo dal Moscato.

E nella ditta dei "Fratelli Gancia" a Chivasso, alle porte di Torino, negli anni ‘20 nasce il "Gancia Bianco" e Gancia divenne Fornitore ufficiale della Real Casa (alla corte piaceva tanto da autorizzare ad usare la formula “Bianco Gancia, vermouth dell'Aristocrazia e della Regalità”).

Senza dimenticare naturalmente Cinzano: Giovanni Battista Cinzano ottiene la licenza governativa per distillare e vendere elisir e rosoli a Torino fin dal ‘700, e i suoi eredi aprono una bottega laboratorio in Via Dora Grossa, oggi via Garibaldi, nel centro della città.

E naturalmente producono vermouth, e vengono riconosciuti dai reali di Casa Savoia come “i migliori produttori di una specialità torinese di Vermouth, in questo caso il Vermouth Rosso...ne! 

In seguito a questi successi, a Pessione (To), il produttore di vini Martini, entrato in società col commendator Rossi, mise in commercio un altro tipo di aperitivo di sua invenzione: Il Moscato di Canelli in cui erano stati macerati melissa, sandalo, cannella, artemisia, violette, china, cardo, rose e origano.

Piaceva soprattutto alle signore, il Martini Bianco, perché dolce; quindi, per accontentare anche i palati maschili, Martini e Rossi sostituirono il moscato con vini molto secchi, dando vita così al  Martini Dry.


Per non essere da meno, nel 1862 il signor Gaspare Campari, proprietario di un noto caffè sotto la Galleria di Milano, lanciò alla grande un nuovo aperitivo amaro e - per distinguerlo dal vermouth - lo chiamò con un altro nome d’origine germanica: Bitter all’Uso d’Hollanda


Il successo lo portò ad essere identificato con il nome dell'ideatore e diventò così il Bitter Campari.
È un infusione in alcol buongusto, di erbe, piante e frutti, tra cui il rabarbaro rosa e l'arancia.

L'infusione, di colore ambrato scuro, è poi colorata con il rosso carminio cocciniglia, un colorante naturale ottenuto dalle cocciniglie allevate, all'unico scopo di estrarne il colore, in allevamenti del Brasile.

Deve essere servito liscio e ben freddo in un bicchiere gelato, colmando con un abbondante spruzzo di seltz.
Oppure con ghiaccio, o miscelato nello shaker. È inoltre componente di numerosi cocktail, tra cui i più famosi sono il Negroni,  l'Americano e il Garibaldi.
L'unica guarnizione proponibile con il Bitter Campari è l'arancia, scorza, spruzzo di buccia o mezza fettina, secondo i casi.

Nel 1932 dall'unione del Bitter Campari con acqua, e successiva saturazione con anidride car­bonica a tre atmosfere circa, nacque il Campari Soda, il primo aperitivo alcolico gassato, in bottiglia.



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