Si è conclusa ieri a Pitigliano Vulcania 2013, la manifestazione che sta diffondendo la cultura e la valorizzazione del vino da vitigni su suolo vulcanico
Una tre giorni ad alto contenuto eno-culturale, quella che si è appena svolta in questa deliziosa cittadina della maremma toscana
Primo, secondo, terzo tornante, poi la vedi che emerge quasi sospesa, un castello di sabbia rosa che il tempo e lo spazio ne han modellato le forme, un altro piccolo tratto di strada che sale poi senti lo scroscio della fontana in piazzetta e, poco più avanti, la porta del borgo antico, confine tra presente e passato, si entra nella Città del Tufo.
La Fortezza Orsini che domina il centro storico è la
location ideale per questa manifestazione e, nella bella Sala Convegni della
Banca di Credito Cooperativo di Pitigliano, dopo il saluto delle autorità
locali, si è aperto il convegno “I Vitigni del Vulcano”.
Presenti nella sala gremita, tutti gli operatori del
settore: giornalisti, blogger del settore enogastronomico, fotografi, tutti hanno partecipato con grande interesse.
L’evento
è stato presentato dal Direttore del Consorzio del Soave Aldo Lorenzoni che ha
brevemente introdotto il progetto Vulcania
che nasce sulla scia dell’omonimo forum internazionale dei vini bianchi da
suolo vulcanico, ideato dal Consorzio del Soave cinque anni fa.
Il Consorzio del Soave poi, insieme ai Consorzi di Etna e
Campi Flegrei, di Gambellara, del Bianco di Pitigliano, del Lessini Durello e
dei Colli Euganei, ha dato vita a quella che vuole essere una vera e propria
associazione, finalizzata alla promozione internazionale dei vini bianchi da
suolo vulcanico.
Seguita dalla presentazione, la proiezione di un video ha
voluto mettere in risalto, con la forza delle immagini, i diversi aspetti
caratterizzanti l’attività vulcanica e le implicazioni, nonché trasformazioni, che essa esercita nei confronti del territorio.
La parola è andata successivamente al Prof. Giancarlo
Scalabrelli dell’Università di Pisa che ha sapientemente elencato una lista dei
vitigni antichi della Città del Tufo a dimostrazione di quanto sia grande il patrimonio ampelografico in queste zone.
Nel tempo – ha spiegato – questi vitigni sono andati via via
scomparendo lasciando il posto a nuovi vitigni più redditizi ed internazionali,
con l’estirpamento del vitigno autoctono è andato purtroppo perso gran parte
del patrimonio genetico che oggi, con molta passione, stiamo cercando di
riportare alla luce, anche con l’aiuto di nuove metodologie di ricerca e studio,
animati dalla volontà di riqualificarne la propria identità territoriale.
Si evince che, rileggendo vecchie documentazioni, nel 1883 il
giovane parlamento italiano, pubblicava gli atti della giunta per l’inchiesta
agraria “sulle condizioni della classe agricola”. A pagina 491 del volume XI a
proposito del comune di Pitigliano si legge che, tra le varietà più coltivate
per quantità e qualità, sia bianche che rosse, erano le uve della famiglia dei Nocchianelli.
Quasi cento anni dopo quei vitigni erano praticamente scomparsi.
Nel 1979 la Cantina Cooperativa di Pitigliano, sostenuta
dalla allora Cassa Rurale e con la collaborazione dell’Università di Pisa e del
C.R.A.I di Arezzo, avviava un progetto di recupero e salvaguardia degli antichi
vitigni.
Ne furono individuati e recuperati 29: Uva Angiola, Nocchianello
Bianco, Reale, Peloso, Spiga di Granturco, Gazzarretto, Uva Nocchiana, Greco, Duro
Persico, Riminese, Uva Regina, Uva Vacca, Procanico, Ansonica, Malvasia, Moscato
Bianco, Grechetto Rosa, Nocchianello Nero, Tintaia, Calabrese, Rosso che
scroccheggia, Nero che scroccheggia, Pampinone, Granè, Morellino, Aleatico, Moscato
di Spagna, Sangiovese, Uva rosa, Bongilè.
Oggi il Consorzio di Tutela, sempre con il sostegno della
BCC e con la collaborazione dell’Università di Pisa e del C.R.A.I di Arezzo,
riprende quel progetto per realizzare nei prossimi cinque anni un nuovo vigneto
"collezione" che, oltre ai vecchi vitigni, recuperi le antiche forme di
allevamento e individui delle varietà idonee ad essere registrate ed inserite
nel disciplinare di produzione per accrescere l’identità della denominazione e
il suo legame con il territorio.
Altro interessante intervento quello di Giancarlo Della
Ventura e Alessandro Cecili dell’Università di Roma Tre con la presentazione di
un progetto ambizioso che mira, con l’aiuto delle metodologie del Web 2.0., di
affiancarsi a quello di ricerca già in atto.
Il WEB GIS sarà un portale che permetterà di gestire
l’informazione eno-geologica che, applicata a Google Map o Google Earth, fornirà
tutta una serie di informazioni riferite ad un particolare territorio, come ad
esempio la morfologia del terreno, la sua composizione, i sesti di impianto con
le varie qualità di uva coltivate, che andranno così ad ampliare la conoscenza,
con una comunicazione efficace, in un contesto geografico facilmente fruibile a
tutti.
Lo studio delle componenti minerali del Vulcano è stato
invece preso in considerazione da Francesca Cifelli dell’Università Roma Tre che ha
spiegato in maniera semplice e concisa una materia tecnica pertinente agli addetti ai lavori.
Il punto focale dell’intervento è stato quello
riguardante la tracciabilità geografica del vino. Questa può essere resa
possibile da una sorta di marcatore che è lo Stronzio 86/87, è stato dimostrato
che questo elemento è presente, sia all’interno della roccia vulcanica e quindi nel
terreno da cui si alimenta la vite, che all’interno del vino stesso, attraverso un rapporto ben preciso suolo-vino, in questo modo potremo identificare la provenienza stessa del
vino.
Un altro tassello importante da aggiungere per avere sempre più indizi
sul tipo di prodotto che il consumatore porterà alla sua tavola. Non solo un
vino di territorio, ma un vino del territorio.
A concludere questo appassionante viaggio "vulcanico" sotto
ogni aspetto, sono i ringraziamenti doverosi a tutti coloro che hanno
permesso lo svolgimento di Vulcania 2013.
A partire da tutti i soci della
Cantina di Pitigliano, il volontariato della Proloco, il Sindaco di Pitigliano nonché
la Banca di Credito Cooperativo di Pitigliano che ha ospitato l’evento.
Un
ringraziamento speciale va poi a tutta l’organizzazione senza la quale non
avremmo trascorso così serenamente questa due giorni di grandi degustazioni e
non solo.
Prossimamente il marchio Vulcania sarà apposto in etichetta, in modo che il consumatore possa facilmente individuare il vino da suolo vulcanico.
Il percorso intrapreso non finisce qui, anzi questo è solo l’inizio di un percorso che potrebbe coinvolgere anche altre realtà e non solo italiane, un progetto ambizioso dove il Vulcano riveste il ruolo di grande protagonista, unico comune denominatore e chiave di lettura per conoscere e definire il concetto di terroir.
Commenti
Posta un commento