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Viticoltura e cambiamenti climatici. Autoctoni, naturalmente resistenti

I vitigni autoctoni reagiscono meglio ai cambiamenti climatici. Ad affermarlo sono Attilio Scienza e Donato Lanati, importanti ed affermati studiosi di viticoltura ed enologia, entrambi concordi nel sottolineare il ruolo sempre più centrale dei vitigni autoctoni e la loro capacità di sapersi adattare alle mutate condizioni climatiche in atto.

Prima le gelate primaverili, poi il gran caldo e la siccità, intervallata in alcune zone da violente grandinate. Quella che sta per chiudersi è stata un’annata sicuramente molto complicata e difficile in tutta Italia. Una situazione che quest’anno più che mai ha riportato al centro dell’attenzione il tema legato ai cambiamenti climatici, in particolare l’ormai costante innalzamento delle temperature medie e dei picchi.

All’interno di un quadro complessivo deficitario in termini quantitativi, c’è però una costante che questa annata più di altre sta facendo emergere con forza: i vitigni autoctoni sanno adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Ed è anche il fil rouge che lega le testimonianze di importanti studiosi del panorama vitivinicolo italiano, come Attilio Scienza e Donato Lanati.

Attilio Scienza, uno dei più importanti studiosi di viticoltura a livello internazionale, ci fa osservare che dalle prime stime produttive che Assoenolgi ha pubblicato qualche tempo fa, è possibile scorgere segnali chiari di come i vitigni autoctoni siano riusciti a sopportare meglio le condizioni estreme che si sono verificate quest’anno. Come ad esempio in Campania, Puglia o Sardegna, dove la situazione è sicuramente meno severa rispetto ad altri areali, proprio a ragione del fatto che in queste regioni la percentuale di vitigni autoctoni è molto importante, se non proprio predominante.

Secondo il professore dell’Università Statale di Milano, una delle ragioni di questa propensione all'adattamento, nasce dal fatto che i vitigni autoctoni sono frutto di un ciclo di selezione di alcune migliaia di anni, attraverso fasi climatiche estreme, e per questo hanno accumulato nel loro DNA, attraverso l'effetto di incroci spontanei e mutazioni, dei tratti genetici che consentono loro di superare condizioni climatiche davvero difficili. Questi geni sono però conservati al loro interno senza aver mai avuto la possibilità di esprimersi, possibilità che è resa fattibile solo dall’incrocio con i processi di ricombinazione e con la successiva selezione. 

Queste considerazioni, tengo a precisare, sono supportate da una ricerca scientifica, sempre più attenta ad esplorare nuovi campi di studio per comprendere quelle che sono le interazioni tra vitigno ed ambiente. Tra questi, negli ultimi anni, sta emergendo quello dell'epigenetica, un ramo della biologia molecolare relativamente nuovo ed ancora in gran parte incompreso, per analizzare come i meccanismi di risposta della pianta allo stress ambientale influenzano le caratteristiche di  determinati vitigni che, come tiene a precisare Scienza, hanno ancora molto da dare e da dirci. 

Sulla stessa linea di pensiero, c'è anche un’altra grande personalità dell’enologia italiana e internazionale: Donato Lanati. Lo studioso che si è conquistato negli anni la fama di “enologo scienziato” grazie al suo centro di ricerca Enosis Meraviglia in Piemonte, sostiene vivamente che gli autoctoni selezionati, cresciuti in zone vocate, sono quelli che reagiscono meglio alle mutate condizioni climatiche. Basta infatti osservare il comportamento di alcuni vitigni autoctoni proprio quest’anno, come ad esempio, nel nord-ovest, il Nebbiolo è quello che ha sofferto di meno. In Toscana, il Sangiovese, (noto per essere un vitigno molto reattivo agli stimoli ambientali), si sta comportando bene, specialmente nelle sue zone di maggiore vocazione come Montalcino o Val d’Orcia. 

Il ricercatore piemontese si aspetta molto anche da una regione del Sud Italia che ama particolarmente e conosce molto bene come la Calabria: “Mi attendo molto quest’anno, chiaramente non in termini quantitativi, ma di qualità: in questa regione, grazie al grande lavoro di recupero dei vitigni più storici, è stata ritrovata un’attenzione e una cura agronomica che li ha restituiti alle loro zone più tradizionali e a più grande vocazione vitivinicola”.

Ma a proposito di autoctoni, volevo segnalare che come ogni anno, alla Fiera di Bolzano, il 16 e 17 ottobre prossimi, si svolgerà Autochtona, il Forum nazionale dei vini autoctoni. Sarà quindi un’occasione ideale per riparlare di questi temi e degustare un ventaglio molto rappresentativo di vini prodotti da vitigni autoctoni, varietà spesso uniche, legate a singoli e piccoli areali, custodite dal lavoro quotidiano di vignaioli che hanno deciso di essere testimoni in prima persona di questo grande patrimonio.

Una manifestazione di qualità, giunta alla sua quattordicesima edizione, frequentata da qualificati operatori del settore italiani ed esteri, con un pizzico di eterogeneità, portato dalla significativa presenza di wine lovers: il contesto ideale per degustare, scambiarsi opinioni e riflettere sulla grande biodiversità che i vitigni autoctoni sono in grado di donare.

Tutte le informazioni sulla manifestazione le potrete trovare su:

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