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Vino e ricerca, nuove tecnologie e genome editing al centro del Forum nazionale vitivinicolo

Le possibili applicazioni del genome editing e le tecniche di miglioramento varietale per innovare la viticoltura italiana in termini ambientali, economici e sociali. Questi i temi dell’annuale Forum nazionale vitivinicolo organizzato da Cia-Agricoltori Italiani ed in partnership con l’Accademia dei Georgofili. 





Il settore vinicolo è uno dei più rilevanti nel tessuto produttivo italiano e motore trainante dell’agricoltura, anche se i vincoli imposti alla coltivazione della vite dal cambiamento climatico mettono a rischio il futuro del vino. Occorrono strategie alternative e le nuove tecniche molecolari, insieme alla conoscenza della sequenza del genoma della vite, hanno regalato agli agronomi una ricchezza di informazioni senza eguali.

Al Forum hanno partecipato i maggiori esperti del settore che ne hanno analizzato aspetti tecnici, produttivi e legislativi al fine di tracciare un percorso di continuità fra tradizione enologica italiana e innovazione, per mantenere competitività nel mercato globale. All’apertura dei lavori, il presidente dell’Accademia dei Georgofili, Massimo Vincenzini, ha evidenziato che l’attenzione dei Georgofili nei confronti delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di viticoltura risale ai tempi della fondazione dell’Accademia stessa: “L’appuntamento odierno aggiunge un altro tassello alla nostra conoscenza, e già solo per questo è importante -ha detto-.

Nel merito, poi, grande è l’interesse verso vitigni resistenti a malattie, non solo come mezzo per ridurre l’impatto ambientale dei trattamenti fitosanitari, ma anche come strumento utile a mantenere le nostre produzioni di qualità in un settore economicamente molto importante per il Paese, quale è il settore enologico. Non si deve poi dimenticare che i cambiamenti climatici in atto stanno mettendo a serio rischio alcune nostre colture tradizionali, tra le quali è inclusa la vite”. Come punto di partenza del Forum, Cia ha sottolineato le sfide dell’ecosostenibilità e dell’innovazione da cogliere con tempestività per migliorare gli strumenti e le prospettive della viticoltura. “I recenti approcci agronomici -ha spiegato Riccardo Velasco, direttore del Centro di Viticoltura ed Enologia del CREA- possono diminuire il numero di trattamenti e già da una decina di anni processi di miglioramento genetico della vite sono presenti in alcune regioni italiane. Accanto a questo, si inseriscono nuove opportunità come il genome editing”. Per continuare nella strada della ricerca, secondo Cia, è necessario evitare ogni possibile confusione fra le potenzialità delle nuove tecnologie.

Il termine genome editing o cisgenesi è utilizzato per indicare la biotecnologia capace di selezionare le caratteristiche migliorative della pianta senza ricorrere al trasferimento di geni tipico degli Ogm. Nei prodotti cisgenici si opera solo sui geni interni senza l'impiego di materiale genetico esterno al Dna della pianta che rimane immutato. Questo può garantire la continuità delle caratteristiche organolettiche del nostro vino, che ha conquistato ampiamente l’apprezzamento dei consumatori.

Per Cia, quindi, non è più rinviabile una revisione normativa sul tema. Come confermato anche dall’intervento del professor Michele Morgante dell’Università degli Studi di Udine: “L’Italia è all’avanguardia nella ricerca -ha sottolineato- ma soffriamo per colpa di una normativa che non consente l’adozione tempestiva delle innovazioni prodotte attraverso le tradizionali tecniche di miglioramento varietale”. Un problema, ha continuato, che “non è solo italiano ma anche europeo, dopo lo stop al genome editing del Consiglio di Stato francese da cui esce sconfitta tutta la comunità scientifica, agricoltori e consumatori”. “Il legislatore Ue -ha ribadito anche Antonio Rossi del Servizio Giuridico Normativo dell’Unione Italiana Vini- dovrà fare la sua parte per accompagnare queste innovazioni scientifiche in modo laico e senza pregiudizi”. Nelle conclusioni del Forum, il presidente nazionale Cia, Dino Scanavino, ha evidenziato come “l’innovazione non è solo nuova conoscenza, ma anche trasferimento e diffusione di tecniche elaborate in questi anni, finora non collaudate in campo e non implementate nei processi aziendali. Bisogna sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato e interazioni più strette tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca. In questo senso, è necessario rilanciare moderni sistemi di formazione e consulenza d’impresa, adeguati ai nuovi scenari, capaci di mettere in rete i sistemi regionali, con i centri di eccellenza a livello nazionale ed anche europeo”.

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