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Viticoltura di precisione: Svizzera all'avanguardia in Europa autorizza i droni spray

Via libera ai droni per spruzzare prodotti fitosanitari nei vigneti in Svizzera. Approvata la procedura di autorizzazione per aeromobili con tecnologia UAV che consente di sorvolare i vigneti a basse quote in modo molto preciso e automatizzato.





La Svizzera ha avuto il via libera ad utilizzare i droni nella difesa fitosanitaria della vite. Sulla base di diverse ricerche, in due anni cinque servizi federali diversi hanno definito congiuntamente questa procedura, allo scopo di rendere accessibili nella pratica le possibilità offerte dalle tecnologie dei droni, in particolare come alternativa più precisa ai velivoli irroratori. Il Paese si posiziona quindi nettamente all’avanguardia in Europa in questa tecnologia.

Negli ultimi anni la tecnologia dei droni ha fatto passi da gigante estendendosi a un numero sempre maggiore di ambiti di applicazione. Oltre che per riprese aeree, per lanciare vespe parassitoidi Trichogramma o per individuare cerbiatti, in Svizzera i droni vengono ora impiegati per l'irrorazione dei prodotti fitosanitari. Il Paese è il primo in Europa ad aver sviluppato una procedura di autorizzazione. I droni con tecnologia UAV (Unmanned Aerial Vehicle) si differenziano dai velivoli convenzionali, in quanto consentono di sorvolare a quote molto basse i vigneti in modo molto preciso e automatizzato.

Nati in ambito militare gli UAV sono velivoli strategici senza pilota a bordo. Da strumenti rudimentali si sono evoluti e col passare del tempo hanno dimostrato sempre più la loro efficacia. I progressi tecnologici raggiunti hanno generato un crescente interesse affinché tali sistemi fossero utilizzati, oltre che per aspetti bellici, anche per migliorare alcune attività dell’uomo come appunto l'agricoltura. Le prescrizioni per il loro utilizzo sono contenute nell'ordinanza del DATEC sulle categorie speciali di aeromobili.

In Svizzera i droni con tecnologia UAV sono creati e sviluppati da Agrofly prima società in Europa ad ottenere il permesso ufficiale per l'applicazione dei pesticidi su aeromobili a guida remota. I primi prototipi furono testati nel 2016 nei vigneti del Canton Vallese e nel 2017 la società ha ottenuto dall’Ufficio federale dell’aviazione civile (UFAC), dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) e dal centro di competenza della Confederazione per la ricerca agronomica (Agroscope) il via libera per lanciare sul mercato questo nuovo strumento.

Il progetto nasce con la constatazione da parte della Confederazione che l’applicazione di prodotti fitosanitari per via aerea tramite droni è conciliabile con una protezione delle piante più sicura e rispettosa dell’ambiente. Successivamente Agrofly ha chiesto all’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) e all’Ufficio federale dell’aviazione civile (UFAC) l’autorizzazione per un drone da impiegare per la protezione dei vigneti. Poiché è risaputo che le applicazioni per via aerea tramite elicotteri sono fonte di numerosi dibattiti per quanto riguarda inquinamento acustico e deriva di prodotti fitosanitari, l’obiettivo è stato quello di eliminare tali carenze servendosi delle nuove tecnologie. Nel corso di test esaustivi sul campo e sul banco di prova e di indagini approfondite, cinque servizi federali hanno elaborato una procedura che tiene conto della sicurezza dello spazio aereo, della precisione nell'applicazione dei prodotti fitosanitari e della protezione dell’uomo e dell’ambiente.

Rispetto ai velivoli convenzionali, i droni con tecnologia UAV (Unmanned Aerial Vehicle) possono volare a basse quote garantendo elevata precisione in modo automatico. Il flusso d’aria verso il basso generato dai multirotori impiegati assicura una deriva ridotta: numerose misurazioni effettuate in viticoltura hanno dimostrato che il valore è inferiore a quello dei tradizionali atomizzatori. Questi risultati positivi hanno posto le basi per l’elaborazione di una procedura di autorizzazione efficiente e orientata alla pratica, alla quale vengono sottoposti tutti i droni.

Per garantire applicazioni precise, i droni devono essere in grado di volare automaticamente su una rotta predeterminata, con uno scarto massimo di 50 cm. Devono inoltre soddisfare le severe prescrizioni di sicurezza aerea previste dall’UFAC. Per tutte le tipologie di drone, la deriva non può superare un determinato valore limite. Questi requisiti rigorosi sono volti a garantire che la protezione dei vigneti avvenga a un livello tecnico elevato e che gli effetti negativi possano essere ridotti al minimo. In futuro, come per tutte le altre irroratrici, ogni tre anni i droni autorizzati saranno sottoposti a un test di irrorazione al fine di garantire la funzionalità a lungo termine. I dettagli della procedura sono disponibili all’indirizzo www.bazl.admin.ch/drohnen.

Il dispositivo ha un’autonomia di 20 minuti ed è programmato da un ingegnere che elabora un modello della particella di terreno da trattare. Pesa circa 40 kg, compresi i 20 kg di prodotto che può contenere, e presenta un sistema di spruzzatura estremamente preciso. Realizzato in carbonio e alluminio, richiede una settimana per il montaggio. E' dotato di sei bracci e sei propulsori, per una circonferenza di circa due metri. Il drone può lavorare in tutte le zone difficili da raggiungere, dove appunto il trattore, il veicolo cingolato o l’elicottero non riescono ad arrivare.

Le analisi effettuate direttamente sul terreno hanno rivelato che, con questo metodo, l’85-100% del prodotto spruzzato raggiunge la pianta, contro il 30-40% nel caso dello spargimento da elicottero. Il drone infatti vola a bassa altezza (qualche metro) permettendo di diminuire fino a 4 volte la quantità di prodotto fitosanitario irrorato rispetto ai metodi tradizionali da terra a parità di efficacia del trattamento. Questa precisione è molto importante perché permette al viticoltore non solo di utilizzare una minore quantità di prodotti fitosanitari, ma anche di evitarne le derive, ovvero la loro dispersione e il conseguente inquinamento di strade, corsi d’acqua e altre superfici.

La Svizzera diventa di fatto un Paese pioniere per quanto riguarda la regolamentazione di questo settore, che ha sviluppato in poco tempo una procedura facilmente fruibile attraverso un nuovo e semplificato procedimento che consente di spargere prodotti fitosanitari mantenendo distanze di sicurezza inferiori a quelle previste per gli elicotteri e, inoltre, le stesse non devono più essere verificate da esperti. Un quadro giuridico minuzioso, unico in Europa e sempre più convincente. Attualmente in Svizzera cinque aziende (due romande e tre svizzero-tedesche) sono autorizzate a spargere prodotti fitosanitari tramite droni e, secondo l’UFAC, questo numero è destinato ad aumentare notevolmente nei prossimi mesi.

Attraverso un emendamento alla legge agricola alimentare in vigore, anche la Francia utilizza, in fase sperimentale, i droni in viticoltura, nell'ottica di apportare benefici in base ai requisiti di sicurezza richiesti per la salute e l'ambiente. Per tre anni il loro utilizzo sarà possibile su coltivazioni a vite che abbiano però una pendenza di almeno il 30%. Questo perché l'irrorazione aerea diventa problematica nei vigneti con forti pendenze e che si associa spesso all'elevato rischio di incidenti a cui sono soggetti gli operatori.

In Italia, il cosiddetto “spraying”, trova al momento forti limitazioni di ordine normativo. L’irrorazione di prodotti fitosanitari con mezzi aerei è disciplinata dall’art.l3 del D.Lgs 150/2012 e dal successivo ” Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”; per tali norme l’irrorazione aerea è vietata, fatte salve deroghe specifiche che possono essere concesse solo nei casi in cui non siano praticabili modalità di applicazione alternative oppure quando l’irrorazione presenti evidenti vantaggi in termini di riduzione dell’impatto sulla salute umana e sull’ambiente. Da considerare che, quando è stata redatta la normativa, il legislatore faceva riferimento all’utilizzo di elicotteri e aerei, e non ai droni, mezzi comparsi di recente sul mercato. Quindi, in questa ottica, il divieto proviene dalla necessità di evitare la deriva di agrofarmaci che, se spruzzati da velivoli in volo, possono compiere lunghe traiettorie, contaminando potenzialmente altre colture contermini, o strade e abitazioni limitrofe. 

Come evidente, è una norma da rivedere, in quanto l’applicazione di agrofarmaci attraverso l’utilizzo dei droni non è paragonabile a quella eseguita mediante elicotteri o aeroplani. Come ben messo in evidenza dal presente studio svizzero, l'utilizzo dei droni con tecnologia UAV è una metodologia di applicazione che annulla quasi del tutto il cosiddetto effetto deriva.

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