Un primo studio del team di ricercatori cinesi guidato da Qiang Zhou del Westlake Institute for Advanced Study di Hangzhou e dell'Università di Pechino ha svelato come il virus si lega alle cellule umane. Un passo fondamentale in quanto i risultati della ricerca non solo fanno luce sulla comprensione della meccanica dell'infezione ma faciliteranno in futuro anche lo sviluppo di tecniche di rilevazione virale e potenziali terapie antivirali.
Dal punto di vista farmacologico i ricercatori mondiali stanno lavorando instancabilmente su più fronti. Tra i prodotti più promettenti c'è il Tociluzumab, un farmaco non antivirale della Roche, approvato per la prima volta dalla Fda statunitense nel 2010 per l'artrite reumatoide, che potrà essere utilizzato anche per il trattamento di pazienti affetti da coronavirus con gravi danni ai polmoni. In Cina è stato approvato da qualche settimana su determinati pazienti e ora anche in Italia, in fase sperimentale, presso l’ospedale Cotugno di Napoli, centro di riferimento infettivologico per il Sud Italia. A differenza dei farmaci della classe degli anti virali, il Tocilizumab è un immunosoppressore e, nello specifico, antagonista dell’interluchina 6, una proteina che rappresenta un nuovo target di interesse per bloccare alcuni meccanismi patogenetici dell’artrite reumatoide. Si tratta quindi di un farmaco appartenente a una categoria completamente diversa, in grado di contrastare l’eccessiva attivazione del nostro sistema immunitario contro il tessuto polmonare, evitando quindi complicanze peggiori.
I farmaci antivirali invece hanno come bersaglio le cinque proteine virali che sono state riconosciute come target per lo sviluppo di agenti antivirali contro SARS e MERS. Tra i più promettenti in fase sperimentale troviamo il Remdesivir di Gilead Sciences e Clorochina. I trial sono in corso e i primi risultati sono incoraggianti. Per quanto riguarda gli analoghi nucleosidici già registrati, troviamo il Favipiravir e la Ribavirina. Questi farmaci, nello specifico, inibiscono l’attività della RNA polimerasi RNA-dipendente e bloccano la sintesi dell’RNA virale in un ampio spettro di virus RNA, inclusi i coronavirus umani.
Da segnalare infine un ultimo studio, appena pubblicato su Cell, di un team di biologi e infettivologi del German Primate Center – Leibniz Institute for Primate Research di Göttingen in cui viene descritto che il coronavirus SARS-CoV-2 riesce a introdursi nelle cellule, sfruttando una proteina presente all’interno delle stesse cellule, denominata TMPRSS2, una proteasi che potrebbe essere un bersaglio potenziale contro l’infezione che provoca la COVID-19. In particolare i ricercatori hanno identificato un enzima molto importante che potrebbe essere preso di mira da un farmaco, il Camostat mesilato, già clinicamente testato ed utilizzato in Giappone per contrastare le infiammazioni del pancreas. I risultati suggeriscono che il farmaco potrebbe anche proteggere da COVID-19.