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La Galleria Borghese racconta un capolavoro: il David di Bernini

Una serie di appuntamenti con l'arte tra i capolavori della Galleria Borghese. Un racconto per farci conoscere ed apprezzare opere uniche al mondo. 






Il David è una delle quattro sculture eseguite dal giovane Bernini per il cardinale Scipione Borghese. L’artista lavorò ai gruppi statuari per la Villa Pinciana per sette anni della sua vita. Anni cruciali, in cui la sua genialità, la libertà, l’estro narrativo e il gusto per la meraviglia sbocciarono e poi maturarono in tutta la loro potenza.

L’opera, in marmo bianco (di Carrara?) alta 170 cm, era stata inizialmente commissionata a Bernini dal cardinal Montalto per la sua villa nel 1623. La morte precoce del cardinale bloccò però la commissione, ma Scipione Borghese decise di rilevarla. Bernini interruppe i lavori per l’Apollo e Dafne e si dedicò a questa nuova scultura, che fu terminata in soli sette mesi di lavoro, come attesta il Baldinucci, uno dei primi biografi di Bernini.

E’ l’unica fra le quattro sculture borghesiane che abbia un soggetto biblico: rappresenta il giovane eroe nel momento in cui sta per scagliare la pietra contro il gigante Golia. Tradizionalmente David veniva raffigurato stante, spesso con la testa di Golia ai suoi piedi. Perfino Michelangelo aveva rappresentato il suo David in piedi, saldo sulle gambe mentre si prepara a fronteggiare il nemico. Bernini invece cambia l’iconografia corrente e raffigura David in azione, con il corpo sbilanciato e in torsione.  Sfidando le possibilità statiche del marmo, Bernini sposta il baricentro sulla gamba destra, che diventa il perno della rotazione. Tutto il corpo è in tensione, una tensione palpabile che trova il suo culmine nella fionda tesa allo stremo. Così tesa che lo spettatore, che si trova di fronte alla statua esattamente al posto di Golia, si sente emotivamente coinvolto e “vede” con l’immaginazione il lancio del sasso.  Bernini è un grandissimo narratore e in un’unica immagine riesce a sintetizzare tutto il racconto biblico. Fra le gambe del David si trova infatti una corazza: è quella che Saul, re d’Israele, aveva donato a David perché si proteggesse dal gigante, ma il giovane non la ha indossata, è ingombrante e quindi è stata abbandonata a terra. In questa posizione la corazza ha anche una funzione statica, serve a Bernini a fornire alla statua un terzo punto di appoggio e a bilanciare la posa ardita.

Accanto ai piedi del David c’è la cetra con cui dopo la vittoria intonerà un salmo di ringraziamento a Dio. Lo strumento è decorato con una testa d’aquila: poiché aquila e drago erano gli animali araldici dei Borghese, si può ravvisare in questo dettaglio un richiamo al committente, il cardinal Scipione, e al suo desiderio di rinverdire le glorie familiari dopo il pontificato di Gregorio XV Ludovisi, che era stato poco favorevole ai Borghese e che morì nel luglio 1623. La commissione della statua risale a pochi mesi prima.

Il volto del David, volitivo e contratto dallo sforzo, è l’autoritratto di Bernini. Sempre il Baldinucci racconta che il cardinal Maffeo Barberini -il futuro Urbano VIII- si dilettava a reggere lo specchio con cui l’artista si ritraeva. L’autoidentificazione dello scultore con l’eroe biblico è densa di significato. Bernini si rappresenta come un lottatore determinato, leonino, che sfida un gigante e lo vince: sfida il blocco di pietra, che viene trasformato in carne, tendini, vello, corda; ma anche l’ombra ciclopica di Michelangelo e del suo David, contro cui Bernini si scaglia con il suo furor innovativo e la sua ambizione.

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