Intellettuali in fuga dall'Italia fascista. Migranti, esuli e rifugiati per motivi politici e razziali
Le persecuzioni razziali e politiche del regime fascista portarono a un’emigrazione intellettuale ancora oggi poco conosciuta. Il progetto "Intellettuali in fuga dall'Italia fascista" cerca di ricostruirla.
Il progetto Intellettuali in fuga dall’Italia fascista, nasce da un idea di Patrizia Guarnieri, professoressa di storia contemporanea all’Università di Firenze. Un progetto di ricerca, ma anche un portale on line disponibile a tutti (http://intellettualinfuga.fupress.com), ricco di nomi, storie, informazioni, fotografie e altri materiali, che cresce giorno dopo giorno grazie al lavoro della storica e dei suoi collaboratori e di chiunque sia in grado di dare loro informazioni verificabili.
Promosso dall’Università di Firenze in occasione dell’80° anniversario delle leggi razziali, il progetto si sostanzia di una ricerca che ha un obbiettivo ambizioso, ovvero quello di richiamare l’attenzione sull'emigrazione intellettuale dal fascismo, tuttora non conosciuta sia nei numeri sia nelle vicende biografiche, nei percorsi e negli esiti accademici e professionali.
Indirizzare le indagini su questo fenomeno sfuggente e sui suoi protagonisti significa anche interrogarsi sugli ambienti di provenienza e di accoglienza, sulle reti di aiuto e di interesse, sulle strategie di valorizzazione o di spreco delle risorse intellettuali durante e dopo il fascismo. Serve a prendere consapevolezza non solo delle ingiustizie recate a chi è stato perseguitato per motivi politici e razziali e di cui si continua a fare una storia separata, ma dei danni arrecati a tutto il paese.
L’Italia è generalmente considerata terra di migranti poveri e senza istruzione. Ma durante il ventennio, specie dopo l’emanazione delle leggi antisemite, anche accademici e scienziati, studenti e studiosi espatriarono da soli o con le loro famiglie. In cerca di libertà e lavoro, e poi anche di salvezza, emigrarono nelle Americhe, in Inghilterra, in Palestina (’Eretz-Yisra’el), si rifugiarono in altri paesi europei finché sembravano sicuri, ed infine in Svizzera.
Si tratta di un fenomeno numericamente limitato ma importante di brain drain, che per l’Italia non è stato ancora indagato, se non con studi su singoli casi più famosi, e che è difficile ricostruire. La gravità delle perdite fu naturalmente negata dal regime che le definiva irrilevanti; i vuoti furono rimpiazzati più rapidamente che adeguatamente nelle università che nell'agosto 1938 avevano censito colleghi e studenti ebrei favorendone di fatto l’immediata espulsione. Su di loro calarono silenzi ed effettive cancellazioni; e nel dopoguerra prevalse un generalizzato bisogno, da parti opposte e per ragioni diverse, di voltare pagina dimenticando o mettendo tra parentesi quanto era accaduto.
Davanti alle atrocità delle deportazioni e dello sterminio appaiono ben poca cosa l’espulsione dal lavoro e dallo studio, il divieto di pubblicare, la radiazione dall'albo professionale, o la revoca del titolo che abilitava alla docenza. Eppure queste ingiustizie hanno inflitto gravi sofferenze a uomini e donne, a famiglie e bambini, hanno spaesato e cambiato le loro vite, e hanno comportato danni pesanti alla cultura e al futuro di tutti.
Lungi dal minimizzare le conseguenze della persecuzione razziale, questa ricerca ne vuole soprattutto documentare le molte perdite produttive e culturali, e le molte responsabilità anche dopo il fascismo di cui occorre sapere. Le storie dimenticate che emergono parlano anche di risorse e talenti, di impegno e determinazione, valorizzano i contributi di esponenti della cultura italiana all'estero.
Il progetto Intellettuali in fuga dall’Italia fascista, promosso dall’Università di Firenze in occasione dell’80° anniversario delle leggi razziali, ha ricevuto il finanziamento della Regione Toscana (Bando Memoria 2018) ed il patrocinio di istituzioni ed enti esteri, il cui supporto e le cui risorse hanno grandemente agevolato la ricerca: The New York Public Library, The Council for At-Risk Academics di Londra, da cui si è avuta la documentazione dell'ECADFS e rispettivamente della SPSL, The J. Calandra Italian American Institute, CUNY, e i Central Archives for the History of Jewish People, Jerusalem.
L’Italia è generalmente considerata terra di migranti poveri e senza istruzione. Ma durante il ventennio, specie dopo l’emanazione delle leggi antisemite, anche accademici e scienziati, studenti e studiosi espatriarono da soli o con le loro famiglie. In cerca di libertà e lavoro, e poi anche di salvezza, emigrarono nelle Americhe, in Inghilterra, in Palestina (’Eretz-Yisra’el), si rifugiarono in altri paesi europei finché sembravano sicuri, ed infine in Svizzera.
Si tratta di un fenomeno numericamente limitato ma importante di brain drain, che per l’Italia non è stato ancora indagato, se non con studi su singoli casi più famosi, e che è difficile ricostruire. La gravità delle perdite fu naturalmente negata dal regime che le definiva irrilevanti; i vuoti furono rimpiazzati più rapidamente che adeguatamente nelle università che nell'agosto 1938 avevano censito colleghi e studenti ebrei favorendone di fatto l’immediata espulsione. Su di loro calarono silenzi ed effettive cancellazioni; e nel dopoguerra prevalse un generalizzato bisogno, da parti opposte e per ragioni diverse, di voltare pagina dimenticando o mettendo tra parentesi quanto era accaduto.
Davanti alle atrocità delle deportazioni e dello sterminio appaiono ben poca cosa l’espulsione dal lavoro e dallo studio, il divieto di pubblicare, la radiazione dall'albo professionale, o la revoca del titolo che abilitava alla docenza. Eppure queste ingiustizie hanno inflitto gravi sofferenze a uomini e donne, a famiglie e bambini, hanno spaesato e cambiato le loro vite, e hanno comportato danni pesanti alla cultura e al futuro di tutti.
Lungi dal minimizzare le conseguenze della persecuzione razziale, questa ricerca ne vuole soprattutto documentare le molte perdite produttive e culturali, e le molte responsabilità anche dopo il fascismo di cui occorre sapere. Le storie dimenticate che emergono parlano anche di risorse e talenti, di impegno e determinazione, valorizzano i contributi di esponenti della cultura italiana all'estero.
Il progetto Intellettuali in fuga dall’Italia fascista, promosso dall’Università di Firenze in occasione dell’80° anniversario delle leggi razziali, ha ricevuto il finanziamento della Regione Toscana (Bando Memoria 2018) ed il patrocinio di istituzioni ed enti esteri, il cui supporto e le cui risorse hanno grandemente agevolato la ricerca: The New York Public Library, The Council for At-Risk Academics di Londra, da cui si è avuta la documentazione dell'ECADFS e rispettivamente della SPSL, The J. Calandra Italian American Institute, CUNY, e i Central Archives for the History of Jewish People, Jerusalem.
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