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Vino e sostenibilità: nuovi modelli di viticoltura alla luce delle moderne tecnologie genetiche e delle politiche europee




La manipolazione in agricoltura è ancora un concetto ancora guardato con diffidenza da molte persone e il dibattito su ciò che è considerato a torto OGM tende a dividere l’opinione pubblica. Un fattore importante, e che purtroppo spesso si dimentica, è che l’intervento dell’uomo sulle piante, iniziato con la vita stanziale, ha permesso di fatto la nascita stessa dell’agricoltura molti millenni fa, ben prima dello sviluppo della biologia molecolare, attraverso l'addomesticamento delle piante selvatiche che altrimenti non avrebbero avuto le caratteristiche adatte per essere coltivate e produrre cibo. 

Le mutazioni sono processi che avvengono anche in natura ma oggi, grazie all'evoluzione delle tecnologie di editing genomico, non abbiamo più bisogno di sperare nella casualità di una mutazione favorevole e possiamo far ottenere alle colture caratteristiche specifiche, rendendole non solo più produttive ma anche, ad esempio, meno idroesigenti o più resistenti a determinati parassiti. Nello specifico, le nuove moderne tecnologie applicate in viticoltura come le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) vengono oggi utilizzate con successo al miglioramento genetico delle viti consentendo così di aumentare la sostenibilità del sistema agricolo e la competitività delle imprese diminuendone l'impatto ambientale. 

Seguendo la strada della sostenibilità, questi nuovi modelli di viticoltura, debbono essere affiancati imprescindibilmente da giuste politiche europee, adeguando il quadro normativo nell'ottica di promuovere un nuovo approccio al loro sviluppo. Alleanza cooperative ha in tal senso organizzato un webinar a cui hanno partecipato l’on. De Castro, il prof. Morgante dell’Università di Udine, Stefano Vaccari, direttore  del Crea, Attilio Scienza, Presidente del Comitato vini Dop e Igp Comitato e  Mario Pezzotti, Direttore del Centro ricerca innovazione della Fondazione E. Mach. Di seguito ne riporto gli interventi.

“La cooperazione vitivinicola è convinta che la strada del futuro sia quella della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente e della salubrità dei prodotti: servono tuttavia soluzioni che possano rafforzare questo approccio, anche per meglio aderire al nuovo quadro politico definito dalla Pac post-2023 e dalla strategia Farm to Fork: in questo contesto, le varietà resistenti o tolleranti, e in futuro le moderne tecnologie, potranno potenzialmente contribuire a mantenere e migliorare i livelli di competitività e di produttività, nonché a raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati al 2030. Occorre quindi un approccio nuovo che dovrà passare, nel più breve tempo possibile, dall’adeguamento del sistema normativo, dalla ricerca e dalla sperimentazione di campo”. Lo ha detto il coordinatore del settore Vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari Luca Rigotti intervenendo al webinar “Nuovi modelli di viticoltura alla luce delle moderne tecnologie genetiche e delle politiche europee”, organizzato oggi da Alleanza Cooperative Agroalimentari.

L’On. Paolo De Castro ha ricordato come “siamo tutti d’accordo sull’obiettivo di ridurre la chimica, ma dobbiamo al contempo fornire agli agricoltori strumenti concreti per combatterli. Uno straordinario supporto può venire proprio dalla nuova regolamentazione comunitaria sulle tecnologie di miglioramento genetico, che si limitano ad accelerare ciò che in natura può avvenire senza l’intervento dell’uomo”. De Castro ha quindi ribadito “la netta e totale differenza con gli Ogm, che sono invece attualmente vietati da 17 stati membri”. “Va sgombrato il campo da ogni ambiguità: anche un recente Studio della Commissione ha precisato la differenza tra vecchi Ogm e le TEA, le nuove tecnologie di miglioramento genetico, non ci resta che auspicare che la Commissione chiarisca definitivamente sul piano giuridico i percorsi autorizzativi delle nuove varietà. La tempistica è in mano alla Commissione, ma il Parlamento farà in modo di accelerare, speriamo entro l’anno”.

Anche il Direttore di Crea Stefano Vaccari ha evidenziato come “la ricerca sia in grado di utilizzare il genoma editing, ma ad oggi la legislazione, che è la stessa degli Ogm, rende impossibile fare ricerca in campo, dal momento che ci vogliono due anni di burocrazia per gli adempimenti”. Il Direttore del Crea ha però aggiunto che “l’Italia non deve aspettare l’Europa, possiamo e dobbiamo muoverci subito come paese, cercando di dare ridurre a massimo due mesi i tempi di autorizzazione per la sperimentazione”. Per questo, Crea ha sostenuto la proposta di legge presentata lo scorso dicembre insieme al Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Filippo Gallinella di modifica al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 che, se approvato, “ci consentirà di guadagnare almeno tre anni di tempo, con indubbi riflessi in termini di competitività, in attesa che l’UE provveda poi a legiferare sull’immissione in commercio dei TEA”.

Il Presidente del Comitato vini Dop e Igp Attilio Scienza ha ribadito che “l’ostilità nei confronti dei vitigni resistenti alle malattie è un retaggio antico, ma ora le cose sono cambiate e i vini ottenuti da queste varietà ha una composizione molto simile a quelli tradizionali”. I vitigni resistenti attualmente ammessi alla coltivazione sono moltissimi, con una maggiore concentrazione al nord. In altri paesi europei il sistema è molto più semplice: la Francia, ad esempio, ha iscritto i suoi vitigni senza alcuna limitazione d’uso e questi possono essere utilizzati tranquillamente per produrre vini Dop, con l’obiettivo di valorizzare la produzione di vino a basso impatto ambientale, con una resistenza duratura alle malattie che consenta di ridurre i trattamenti fitosanitari”. Il prof. Scienza ha inoltre evidenziato la necessità che “si crei una cultura dei resistenti: il lavoro della ricerca è importante, ma lo è anche quello della comunicazione”.

Anche il Prof. Michele Morgante, Direttore dell’Istituto di Genomica Applicata dell’Università di Udine, ha evidenziato il problema normativo che al momento equipara ancora le nuove tecniche ai vecchi Ogm, “pur essendo dal punto di vista dei rischi per l’ambiente e per l’uomo estremamente diverse e molto più simili a quelle del miglioramento tradizionale”. Il percorso che dovrebbe portare alla revisione dell’attuale normativa “si spera possa andare nella direzione di utilizzare la logica e non l’ideologia, per consentirci di poter avere un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente e più sostenibile, anche economicamente”. Anche il Prof. Morgante ha sottolineato l’importanza di “riuscire a convincere i consumatori, raccontando le cose in maniera diversa e spiegando che siamo all’inizio di una rivoluzione in agricoltura, che ci renderà possibile combinare produttività e sostenibilità, abbracciando le innovazioni”.

Il Direttore del Centro ricerca innovazione della Fondazione E. Mach Mario Pezzotti ha illustrato infine il lavoro che la Fondazione sta portando avanti in tema di miglioramento genetico e ha evidenziato come “i processi di miglioramento genetico necessitino di tempi tecnici, dai primi incroci fino alle successive selezioni, che possono arrivare fino a 10-15 anni e che vanno poi accompagnati da una forte mole di investimenti di risorse umane, nonché dei campi e delle serre sperimentali necessarie ad ospitare i programmi di selezione”.

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