Bonifacio Graziani, la "Missa Vestiva i colli”: nuove estetiche del sacro nel Seicento romano. Festina Lente in concerto alla Santissima Trinità dei Pellegrini
L’Ensemble Festina Lente, diretto da Michele Gasbarro, presenta un concerto di particolare interesse nella suggestiva cornice barocca della Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini a Roma. Il programma offre una raffinata ricostruzione liturgico-musicale seicentesca, incentrata sulla prima esecuzione moderna di una composizione di grande respiro: la Messa "Vestiva i colli" di Bonifacio Graziani. L’evento, inserito nelle attività del Roma Festival Barocco, si distingue per l’approccio filologico e drammaturgico alla liturgia musicale post-tridentina. Accanto alla messa, il programma prevede brani vocali e strumentali coerenti con il tema del madrigale "Vestiva i colli", costruendo un percorso espressivo che fonde tradizione e novità stilistica, devozione e mondanità.
In un dialogo ideale tra passato e presente, il concerto incentrato su una ricostruzione liturgica nel ‘600 a Roma, Bonifacio Graziani: Messa “Vestiva i colli" a 5 voci e organo, si configura come un viaggio immersivo nella Roma barocca, dove la musica sacra torna a risuonare tra le navate di uno degli edifici più rappresentativi della città. La scelta della chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini non è di fatto casuale: qui, la ricerca filologica dell’Ensemble Festina Lente e del suo direttore Michele Gasbarro, trova il suo naturale compimento, restituendo al repertorio seicentesco la dimensione liturgica e architettonica per cui era stato concepito.
In tal senso l’evento si inserisce in un più ampio percorso di valorizzazione del patrimonio artistico e spirituale romano, unendo la riscoperta di capolavori musicali raramente eseguiti alla rinnovata attenzione per i luoghi che li ospitano, in quella che amerei definire, un'armonizzazione di arte, storia e devozione, e che trova nuova linfa anche grazie ai recenti interventi di restauro della facciata della chiesa che oggi si lascia ammirare in tutta la sua bellezza architettonica.
Dal 2004 il Roma Festival Barocco si dedica alla riscoperta del patrimonio musicale romano, promuovendo un dialogo vivo tra ricerca storica, prassi esecutiva, e valorizzazione del contesto liturgico. L’ensemble Festina Lente si distingue per la proposta di concerti che reinseriscono le opere nel loro spazio originario, offrendo al pubblico un’immersione autentica nella cultura sonora della Roma barocca.
Fulcro del programma è ovviamente la Missa “Vestiva i colli”, pubblicata postuma nel Primo libro delle messe a cinque voci del 1671. La composizione si basa sul celebre madrigale di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1566), a sua volta ispirato a un sonetto attribuito al Petrarca. L’uso del materiale madrigalistico come cantus firmus, tipico delle messe parodia del Cinquecento, assume qui un valore estetico e retorico nuovo: nella Roma del secondo Seicento, la coesistenza tra stile antico e moderno, diventa cifra consapevole, riflettendo quella “varietas di stili” che Graziani, come dichiarato nei frontespizi delle sue opere, considerava essenziale per la “dilettazione”, fine ultimo della musica.
Graziani - già allievo di Carissimi e maestro di cappella alla Chiesa del Gesù e al Seminario Romano - occupa un posto di rilievo tra i compositori attivi nella Roma post-tridentina. Come attestano fonti coeve, fu stimato per la capacità di integrare l'autorità dello stile pieno alla luce delle nuove poetiche musicali di affetto e chiarezza. La Messa “Vestiva i colli” è un esempio paradigmatico di questa sintesi, in cui al rigore della scrittura imitativa, si affiancano sezioni concertate, affetti madrigalistici e soluzioni armoniche derivate dalla retorica della monodia, coerenti con le richieste liturgiche del tempo, che imponevano intelligibilità e solennità.
Nato tra il 1604 e il 1605 a Rocca di Botte, nei pressi di Avezzano, Graziani trascorse la giovinezza a Marino, località dei Colli Albani dove conobbe Carissimi, con il quale condivise l’ambiente musicale e spirituale. Dopo i primi incarichi sacerdotali e musicali a Marino e Frascati, si trasferì a Roma nel 1646, dove, probabilmente grazie alla protezione del cardinale Colonna, assunse l’importante carica di maestro di cappella prima alla Chiesa del Gesù, poi al Seminario Romano.
Nei primi anni al Gesù, il coro crebbe da quattro a dieci cantori, segno della crescente ambizione liturgica e della necessità di composizioni più articolate. Nel 1650 Graziani curò la musica per l’Oratorio di San Marcello durante la Quaresima, occasione alla quale si riconducono probabilmente i suoi due oratori latini, tra i primi esplicitamente strutturati in due parti. Dal 1658 fu cappellano al noviziato di Sant’Andrea, dove risiedette fino alla morte nel 1664. Membro della Congregazione dei Musici di Santa Cecilia, ne fu eletto guardianus nel 1663; l’anno seguente, la Congregazione partecipò alle sue esequie.
La produzione musicale di Graziani, ampia e diversificata, spazia dalla musica liturgica a quella paraliturgica, da una a nove voci. Il suo stile, fortemente personale, combina una solida struttura armonica con sezioni imitative e progressioni predefinite. Nei mottetti solistici, in particolare per soprano e basso continuo, emerge una scrittura pensata per i castrati del Gesù, caratterizzata da ariosità, melismi estesi e alternanze sempre più libere tra recitativo e aria. Emblematico è lo Sponsa Christi Teresia (1672), in cui il salto di quarta perfetta, assume un ruolo strutturale e retorico, esprimendo tensione e invocazione spirituale secondo una tradizione che risale, seppur con approcci diversi, a Burmeister e Kircher.
Accanto alla Messa Vestiva i colli, altre messe di Graziani rivelano l’ampiezza del suo operato: alcune come questa, modellate su celebri madrigali, altre destinate alla didattica, testimoniano il suo impegno pedagogico nell’ambiente gesuitico romano. La sua musica conobbe ampia diffusione nell’Europa settentrionale: la prima raccolta di mottetti fu ristampata ad Anversa nel 1652 e numerosi manoscritti circolarono in area tedesca, influenzando compositori attivi a Dresda come Vincenzo Albrici e Marco Giuseppe Peranda.
Entrando nel vivo del concerto, questo segue la struttura dell’ordinarium missae, arricchita da brani vocali e strumentali pertinenti, secondo una prassi documentata nella Roma barocca. Il Kyrie e il Gloria aprono la liturgia con nobiltà contrappuntistica e slanci espressivi. Il Credo alterna sezioni omoritmiche e imitativi, mentre il Sanctus introduce un momento di elevazione con una Toccata anonima del Seicento. L’Agnus Dei, di serena intensità, sfocia in un Regina coeli composto da Graziani, una delle antifone mariane più celebri del repertorio liturgico cattolico, legata al tempo pasquale. Questo mottetto, tratto da una stampa del 1665, è concepito come un’intensa invocazione alla Vergine Maria, affinché interceda per la salvezza della Chiesa e dell’umanità; è un brano di forte carica spirituale derivante proprio dalla sua funzione liturgica e dalla profondità espressiva della scrittura musicale. Il suo carattere drammatico, emerge grazie a soluzioni retoriche e affettive adottate da Graziani: slanci melodici, forti contrasti dinamici, impiego sapiente del basso continuo e delle voci ripiene (cum ripieno).
A completare l’arco liturgico si affiancano alcuni momenti di particolare rilievo: la Sinfonia V “Vestiva i colli” di Marco Uccellini, violinista e compositore attivo tra Modena e Parma, introduce dopo l’Epistola un prezioso elemento di virtuosismo strumentale, testimoniando la fortuna e la pervasività del tema palestriniano. Il madrigale “Vestiva i colli” di Palestrina, infatti, non ebbe successo solo nella prassi vocale, ma fu oggetto di elaborate trasposizioni strumentali, circolando ben oltre i confini italiani e contribuendo alla trasformazione del linguaggio musicale europeo.
L’Offertorio è affidato al Gaude Maria Virgo di Tomás Luis de Victoria, capolavoro policorale che fonde la solennità della tradizione controriformata con il pathos tipico della scuola iberica, espressione alta della formazione gesuitica romana. Per la Comunione, vengono proposte diminuzioni seicentesche sul madrigale Vestiva i colli, secondo l’arte del contrappunto diminuito, come codificata da Girolamo Dalla Casa, che ne descrive le prassi ornamentali applicate alla polifonia vocale e strumentale del tardo Rinascimento.
È evidente come l’intero impianto del concerto rifletta la volontà di reinserire il repertorio antico nel suo contesto originario, tanto rituale quanto drammaturgico. L’Ensemble Festina Lente, affiancato da interpreti di spicco e strumenti storici, si muove - come accennato - in questa direzione con rigore filologico e fine sensibilità musicale, proseguendo un lavoro di riscoperta già intrapreso con le opere di Anerio, Giovannelli, Petti e Scarlatti. Una visione artistica solida e coerente, premiata da riconoscimenti internazionali, che restituisce alla collettività un patrimonio sacro ancora in gran parte inesplorato.
La trascrizione moderna della Messa Vestiva i colli di Graziani, attualmente in corso di pubblicazione per l’etichetta Arion, si annuncia come un contributo significativo alla comprensione delle nuove estetiche del sacro nel Seicento romano. Come sottolineato da studi recenti, la produzione liturgica di quell’epoca - spesso rimasta ai margini della storiografia musicale - merita oggi una rilettura attenta, capace di coglierne le implicazioni teologiche, formali e retoriche. In questo senso, il concerto del 6 luglio non si configura solo come evento musicale, ma come proposta interpretativa della Roma barocca: una città in cui fermenti spirituali e tensioni artistiche si univano nella ricerca di nuovi linguaggi per esprimere l’antico mistero della liturgia cristiana.
La trascrizione moderna della Messa Vestiva i colli di Graziani è in corso di pubblicazione per l’etichetta Arion, e si annuncia come un tassello significativo per la comprensione delle nuove estetiche del sacro nel Seicento romano. Come osservato da recenti studi, la produzione liturgica romana di questo periodo - spesso relegata ai margini della storiografia - merita oggi di essere riletta alla luce delle sue profonde implicazioni teologiche, formali e retoriche. Il concerto del 6 luglio si configura così non solo come un evento musicale, ma come una proposta di lettura della Roma barocca, in cui fermenti spirituali e innovazione artistica, confluivano insieme alla ricerca di nuove vie estetiche per esprimere l’antico mistero della liturgia cristiana.
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