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Cannonau Mamuthone Sedilesu

Mamoiada. I suoi riti. Il suo vino

Siamo a Mamoiada un paese della Sardegna nel centro della Barbagia. Paese dei Mamuthones, le ataviche maschere la cui origine si perde nella notte dei tempi. Simboli dionisiaci fatti di cupa visera lignea, pelli di pecora nera e chili di campanacci sul dorso che da millenni, ogni anno, ripetono lo stesso rituale profondo e misterioso.

Tra le numerose tesi storiche ed etnografiche, le più accreditate considerano la cerimonia dei Mamuthones un rito agrario, che affonda le sue radici nelle religioni pagane del mediterraneo e forse ancor prima, nei culti preistorici ispirati ai cicli annuali della natura. Vita e morte. Morte e vita. I Mamuthones sono l’essenza del paese di Mamoiada, cuore della Barbagia. Ventre ancestrale della Sardegna.

A Mamoiada coltiva vite e crea vino la famiglia Sedilesu, avviata sulla strada enoica dal padre Giuseppe che 35 anni fa acquistò il primo ettaro di vigneto.

Dalle prime produzioni di Cannonau sfuso, l’azienda è progressivamente passata ad una vinificazione più attenta e consapevole che dal 2000, con i primi imbottigliamenti, punta alla creazione di vini vivi e intensi che sappiano esprimere appieno la forza e la naturalità del territorio in cui nascono.

Altitudine variabile tra 500 e 800 metri slm, inverni freschi, primavere asciutte ed estati secche, autunni con buone escursioni termiche. Terreni ricchi di granito e potassio. Per queste caratteristiche, il terroir di Mamoiada è uno dei più vocati alla coltivazione del cannonau.

Il mitico Cannonau è nel cuore di ogni sardo e vanta un'arcaica cittadinanza in una terra dalle ineguagliabili ricchezze culturali e dalle incontaminate bellezze naturali. Questo vino, con tutta la storia che gli appartiene, è raccontato in un bellissimo libro redatto dall'Accademico della Vite e del Vino Enzo Biondo, con la collaborazione ampia, completa e illuminata di specialisti interdisciplinari.

Il lavoro condotto in maniera entusiasta e partecipata da tutto il gruppo di lavoro ha consentito di gettare un raggio di sole a quei percorsi della preistoria vitivinicola sarda, in parte fino ad oggi annebbiata o forse sottostimata, essendo prevalsa l'idea, secondo le più accreditate correnti di pensiero, che i vitigni sardi, almeno quelli più coltivati, abbiano avuto un'origine alloctona, attribuendo prima ai fenici e successivamente ai greci, ai bizantini, ai romani fino agli spagnoli, l'origine del nostro variegato e ricco patrimonio ampelografico costituito da oltre 150 varietà. E come afferma poi, lo stesso autore, riguardo l'origine del nome del vitigno: ''Che si chiami garnacha tintorera o grenache il Cannonau nasce in Sardegna e parla sardo da più di 3500 anni"

La famiglia Sedilesu segue il cammino di questo vitigno e ne rispetta la storia. Non nobile, non ricca, ma vera. Scolpita nella pietra. Curano con occhio rurale le anziane viti, selezionano le uve, utilizzano solo lieviti indigeni. Aprono al nuovo (vedi barrique in alcune linee) solo se strumentale al progetto di amorevole preservazione dell’anima del vino.

Il Mamuthone di Giuseppe Sedilesu è il vino simbolo dell’azienda, esprimendo appieno le caratteristiche tipiche del Cannonau di Mamoiada: profumi netti di spezie e frutta matura, bocca densa e fresca con tannini fini e dolci e con una profondità fuori dal comune.

La calda annata 2011, ne ha esaltato le caratteristiche mediterranee con note di frutta matura e spezie cui si aggiunge una decisa vena minerale. Nel bicchiere si mostra di un colore rosso rubino acceso. Al naso si evidenzia per i suoi toni fruttati di marasca e ciliegia sottospirito con sentori di rose appassite, eucalipto e macchia mediterranea. Annuncio di un corpo fresco, vinoso, che si conferma anche al palato. Morbido e caldo con tannini robusti ma già ben levigati, per un vino così giovane, segno evidente anche dal passaggio in botte grande che lascia esprimere, senza coprire, la naturalità del frutto. Fermentazione spontanea, nessuna filtrazione. Matura 12 mesi in botti da 40 hl e si affina in bottiglia per almeno tre mesi. Si abbina a piatti di cacciagione e generalmente di carni rosse e formaggi stagionati.

Un altro vino dell'azienda è il Perda Pintà. Si tratta di un bianco molto particolare che nasce da un'altro vitigno autoctono di Mamoiada, la Granazza. Per secoli è rimasto misconosciuto, pochi ceppi di uva bianca tra le vigne dominate dal rubicondo cannonau,. Un vitigno antico, che però è stato considerato quasi un curioso intruso, poco valorizzato e spesso utilizzato nell’uvaggio del Cannonau. Anche quando veniva vinificato in purezza, "Sa Granazza" era relegato a prodotto di nicchia, "vinu ‘e missa o vinu ‘e eminas", adatto ai preti e alle donne perché amabile, come dice con malcelato disprezzo chi ha il palato avvezzato dal Cannonau. Un anonimato durato secoli a cui ha contribuito lo stesso nome con il quale è conosciuto il vitigno in questa zona della Barbagia: Granazza è infatti uno dei tanti modi con cui in Sardegna è chiamata la Vernaccia, e anche per questo è stato spesso confuso con altri tipi di uva bianca. Ma oggi, grazie alla ricerca scientifica, Sa Granazza di Mamoiada riemerge dall’oblio. I recenti studi hanno dimostrato infatti che è un vitigno autoctono con caratteristiche tutte sue, anche dal punto di vista genetico e con la Vernaccia non ha nulla a che vedere. Viene vinificato in due modi, con e senza buccia. Quello da noi degustato è quello senza macerazione delle bucce.

Il suo nome deriva da Sa Perda Pintà (La pietra dipinta) o Stele di Boeli, una stele megalitica, o menhir, ritrovata a Mamoiada e che si stima risalga al 3500 a.C. La parte anteriore è decorata da sette motivi composti da un minimo di due a un massimo di sette cerchi concentrici intorno ad una coppella centrale. Disegno che è stato scelto per l'etichetta di questo vino. Secondo interpretazioni dottrinali il significato di tali simboli è da intendere come l'interpretazione della figura femminile, della dea madre e, in generale, della vita.


Il Perda Pintà IGT Barbagia 2012 si evidenzia per i suoi profumi intensi di macchia mediterranea che si sposano ad un palato potente e complesso ma equilibrato e con un finale avvolgente e profondo. Speziato e floreale, minerale e agrumato, compensa il leggero residuo zuccherino con la grande freschezza e la buona sapidità. Affina in barrique di primo, secondo e terzo passaggio per 8 mesi.

Adatto sia a piatti di carne in genere che a zuppe di pesce e formaggi di media stagionatura.
www.giuseppesedilesu.com/it/

Info e approfondimenti su Mamoiadawww.mamuthonesmamoiada.it/

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