Vino e ricerca, iniziata la prima sperimentazione in campo di piante di vite Chardonnay realizzate con tecnologie di evoluzione assistita (Tea). Saranno più competitive in termini di resistenza e produttività
Prende il via in Italia il primo esperimento europeo sul campo di viti di Chardonnay geneticamente modificate per contrastare la peronospora senza ricorrere ai fitofarmaci. Prossima la Glera, vitigno utilizzato per la produzione del Prosecco.
E' iniziata la prima sperimentazione in campo di piante di vite Chardonnay realizzate con tecnologie di evoluzione assistita (Tea) che hanno l’obiettivo di migliorare geneticamente una pianta al fine di renderla più competitiva in termini di resistenza e produttività.
Sviluppate da EdiVite, uno spin-off dell'Università di Verona, le viti di Chardonnay sono state sottoposte a inattivazione genetica per consentire loro di difendersi meglio dalla peronospora, una delle principali malattie fungine. L'esperimento è condotto su terreni universitari, con l'intenzione di espandersi in un altro sito nella regione Veneto. I ricercatori mirano a raccogliere i dati iniziali entro il 2025, con il potenziale per la vinificazione sperimentale nel 2026.
Lo scenario lo conosciamo ormai sin troppo bene. La viticoltura ha urgente bisogno di innovazione per diventare più sostenibile, poiché i vigneti rappresentano solo il 2% della superficie coltivata in Europa, ma utilizzano il 41% dei suoi fungicidi. L'incrocio con viti selvatiche resistenti potrebbe aiutare, ma a scapito dell'identità genetica delle varietà di uva, che è la pietra angolare del loro valore commerciale. L'editing genetico aggira questo problema lasciando il genoma intatto, fatta eccezione per la mutazione desiderata. Tuttavia, l'eliminazione di un singolo gene di suscettibilità potrebbe offrire solo una protezione parziale contro la peronospora, secondo i test di laboratorio. "La sperimentazione sul campo dovrebbe chiarire se ciò si traduce in una ridotta necessità di fungicidi nel mondo reale", ha spiegato la genetista Sara Zenoni, co-fondatrice dello spin-off, che coinvolge anche alcuni produttori di vino locali.
Faccio presente che in tal senso anche altri gruppi italiani sono attivi in termini di ricerca. La Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all'Adige ad esempio ha sviluppato un'uva Chardonnay con entrambi i geni DMR6 eliminati, con l'obiettivo di ottenere una maggiore protezione della vite. "Stiamo richiedendo di testare sul campo i mutanti singoli e doppi per confrontare i risultati", ha affermato Umberto Salvagnin, ricercatore presso la FEM. Nel frattempo, si sta avviando anche una collaborazione tra il Centro di ricerca per la viticoltura e l'enologia (CREA-VE), che opera sotto la supervisione del Ministero dell'agricoltura, e un team del Consiglio nazionale delle ricerche di Torino. "Abbiamo diverse varietà geneticamente modificate sottoposte a controlli finali prima di richiedere l'autorizzazione per la sperimentazione sul campo. La prima a essere testata potrebbe essere una Chardonnay resistente all'oidio", ha affermato Riccardo Velasco, direttore del CREA-VE.
La sperimentazione
In sostanza si tratta della prima messa a dimora in campo di viti Tea in Europa che conferma l’avanguardia internazionale della ricerca in campo vitivinicolo svolta dal gruppo di genetica agraria coordinato da Mario Pezzotti del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona. Il tutto è reso possibile anche grazie a Edivite, società spin off nata con l’obiettivo di produrre viti più resistenti ai patogeni al fine di ridurre l’utilizzo di fitosanitari necessari per la difesa dei vigneti.
Il campo è di circa 250 metri quadri ed è inserito all’interno nel vigneto sperimentale dell’università di Verona, con sede a San Floriano in Valpolicella. È delimitato da una rete metallica accessibile solo al personale autorizzato e sottoposto a sorveglianza 24 ore al giorno. La sperimentazione prevede la messa a dimora di 5 piante di Chardonnay Tea e 5 piante controllo.
L’emissione di piante di vite Chardonnay Tea rappresenta il primo caso a livello nazionale ed europeo. Lo scopo è di verificare in pieno campo la resistenza a uno dei principali agenti patogeni della vite, la peronospora e, di conseguenza, la possibilità di un minor utilizzo di prodotti fitosanitari. La prova sperimentale in campo permetterà anche di verificare se lo sviluppo, la crescita e la produzione della pianta rimangono normali, rispetto alle piante suscettibili di controllo.
«Con la prima messa a dimora in campo di viti Tea in Europa, l’Italia si conferma all’avanguardia nella ricerca – ha dichiarato il ministro Lollobrigida – Un grande risultato, grazie anche all’impegno di centri di eccellenza come l’università di Verona. Gli sforzi della ricerca nel settore primario devono essere sostenuti, investendo quante più risorse possibili sulle tecniche evolutive e sull’innovazione per avere colture resistenti e produttive. Il confronto avuto nel corso del G7 Agricoltura di Siracusa, appena concluso, ha confermato il valore dell’innovazione, come chiave di competitività, sicurezza e benessere degli ecosistemi a livello globale. L’impegno del Governo va avanti, in Italia come in Europa, dove ci batteremo affinché l’UE si doti finalmente di un quadro normativo adeguato in materia di tecniche genomiche, in linea con le attuali esigenze del settore agricolo».
«L’avvio di questa sperimentazione – ha affermato il rettore Pier Francesco Nocini – apre nuovi scenari per lo sviluppo della ricerca nell’ambito delle biotecnologie vegetali e, allo stesso tempo, dà vita a nuove opportunità per l’innovazione nel settore vitivinicolo. Un settore trainante per l’economia del territorio che potrà beneficiare delle evidenze di questo studio. Sono certo che l’avvio del nuovo progetto rafforzerà il ruolo dell’università di Verona come centro di riferimento per la ricerca, la formazione e il trasferimento della conoscenza per il comparto vitivinicolo».
«Un grande passo verso il futuro per tutta la viticoltura italiana ed europea l’impianto di questo primo campo di viti Tea, che non a caso è qui in Veneto – ha puntualizzato l’assessore Federico Caner – terra di eccellenze vinicole e scientifiche, che sanno collaborare insieme per la salvaguardia del territorio e del reddito degli agricoltori».
«Si tratta della prima sperimentazione in pieno campo di piante di vite Tea a livello europeo – spiega Sara Zenoni docente di Genetica Agraria Univr -. Questo evento rappresenta una tappa fondamentale per la ricerca nell’ambito delle biotecnologie vegetali, nonché una concreata speranza per una maggior sostenibilità in viticoltura. Studiare la vite, infatti, non è semplice; si tratta di un sistema complesso, perenne, arboreo, che sta bene nei campi e non ama molto crescere in condizioni controllate di laboratorio. Inoltre, le procedure applicate al sistema vite, sistema “non modello”, richiedono tempistiche molto lunghe, strutture specializzate e personale altamente qualificato».
Cosa sono le Tea
Il termine Tea si riferisce alle moderne Tecnologie di evoluzione assistita che hanno l’obiettivo di migliorare geneticamente una pianta, al fine di renderla più competitiva in termini di resistenza e produttività. Le Tea si basano su approcci biotecnologici che permettono di trasferire un intero gene, inclusa la sua sequenza regolatrice, tra due individui tra loro interfertili (cisgenesi) e di modificare in modo voluto e preciso una specifica sequenza di Dna senza spostarla dalla sua posizione naturale nel genoma (genome editing).
Più nel dettaglio la tecnica è stata quella di introdurre nelle cellule nude (protoplasti) un complesso CRISPR-Cas9 per colpire un gene della famiglia DMR6, che codifica una proteina che in genere sopprime la difesa immunitaria della pianta limitando la produzione di acido salicilico. "L'editing è la parte facile; tuttavia, rigenerare le viti è impegnativo e richiede trucchi specifici per varietà", ha affermato Mario Pezzotti, genetista e co-fondatore di EdiVite. Se la nuova proposta di regolamento UE sulle nuove tecniche genomiche (NGT) verrà approvata a Bruxelles, queste viti dovrebbero essere esenti dalle restrizioni OGM perché non contengono DNA estraneo.
La disponibilità di metodi avanzati per lo studio della funzione dei geni e la capacità di sequenziare/risequenziare l’intero genoma delle specie di interesse, insieme alla possibilità di intervenire con le Tea, stanno aprendo scenari promettenti per migliorare la produzione ed i prodotti e rappresentano un’importante e strategica opportunità per lo sviluppo economico del Paese.
Spin off EdiVite
Nel 2021 è nato lo spin-off EdiVite, una società privata di ricerca che opera all’interno del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona con l’obiettivo di produrre viti più resistenti ai patogeni al fine di ridurre l’utilizzo di fitosanitari necessari per la difesa dei vigneti. In particolare la vite è molto suscettibile a peronospora ed oidio, due patologie per il cui contenimento vengo utilizzate massive quantità di prodotti chimici. La problematica è molto attuale ed attenzionata a livello europeo in quanto la viticultura, nonostante occupi solamente il 2% della superficie agricola europea, utilizza circa il 40% dei fungicidi.
EdiVite è la prima azienda al mondo ad aver sviluppato e brevettato l’applicazione dell’editing genomico Dna-free nella vite tramite l’utilizzo di cellule private delle loro pareti (protoplasti) e la successiva rigenerazione ad intera pianta. Le piante editate sono state valutate per la resistenza a peronospora, uno dei principali agenti patogeni della vite, e al momento si trovano in serra nella sede del dipartimento di Biotecnologie a Ca’ vignal. In base alla legislazione attuale, l’editing genomico delle piante è ancora considerato soggetto alla Regolamentazione Ogm e, pertanto, non può essere testato liberamente in prove aperte né immesso sul mercato. EdiVite, prima in Italia, ha recentemente ottenuto l’autorizzazione per la sperimentazione di viti editate in campo da parte del ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica come da decreto legislativo 18 giugno 2019 n. 108.
Determinante per la nascita dello spin off è stato il sostegno di alcuni produttori del Prosecco che si sono rivolti a Edivite chiedendo di produrre una vite resistente alla malattia peronospora, una delle più importanti cause di perdita di produzione del settore.
EdiVite al momento conta 3 dipendenti e le attività sono principalmente finanziate dai produttori che sono anche soci della società e da fondi derivanti da progetti Pnrr.
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