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Roma Hortus Vini: l'Italia del vino celebra i vitigni autoctoni all'Orto Botanico tra biodiversità, cultura e piacere

Al via Roma Hortus Vini 2025, tre serate coinvolgenti tra vino, arte e natura. Dal 13 al 15 giugno 2025, l’Orto Botanico di Roma si trasformerà in un giardino dei sensi con la sesta edizione della  kermesse ideata da Luca Maroni e Francesca Romana Maroni, dedicata esclusivamente ai vini prodotti da monovitigni autoctoni italiani.



Incastonato nel cuore di Trastevere, l’Orto Botanico aprirà eccezionalmente le sue porte in orario serale – tra le 18 e la mezzanotte – per accogliere appassionati, winelovers, addetti del settore e semplici curiosi in un viaggio sensoriale attraverso l’Italia del vino, dal nord al sud, isole comprese. Protagonisti saranno i vini da vitigno autoctono, ovvero quei vini ottenuti da uve che affondano le radici nella storia agricola e culturale del nostro Paese.

Non si tratta semplicemente di un evento di degustazione. Roma Hortus Vini nasce da un'idea che diventa celebrazione della biodiversità enologica italiana, della sua ricchezza, della sua specificità territoriale. Ogni etichetta racconta una storia: di famiglie, di paesaggi, di tecniche antiche tramandate e adattate. Il tutto in un contesto magico, tra fontane barocche, piante secolari e lo spettacolo del cielo estivo romano.

Fulcro simbolico e scientifico della manifestazione è il Vigneto Italia, un progetto unico al mondo nato nel 2018 per volontà di Luca Maroni. In una sola parcella dell’Orto Botanico crescono 155 varietà di vitigni autoctoni italiani, provenienti da ogni regione dello Stivale, coltivati secondo i principi dell’agronomia biodinamica. Qui, in uno spazio di pochi metri quadrati, si condensano secoli di storia agricola e culturale.

Da questo microcosmo nasce Somma Sapienza, una linea sperimentale composta da un Rosso (ottenuto da un blend di oltre 70 varietà) e un Bianco (oltre 80), vinificati insieme sotto le stesse condizioni pedoclimatiche, per restituire – come un affresco impressionista – il profumo complessivo del patrimonio enologico nazionale.

Ma vediamo cosa significa davvero “vitigno autoctono”. Nel vasto e affascinante panorama della viticoltura italiana, il concetto di vitigno autoctono rappresenta molto più di una semplice classificazione botanica. Indica una varietà di vite che ha origine, si è evoluta e si è adattata in modo naturale a un determinato territorio, al punto da diventare parte integrante del suo paesaggio agricolo e culturale. La parola stessa deriva dal greco autòs (sé stesso) e chthòn (terra), e racconta una storia di profonda simbiosi con l’ambiente di appartenenza.

Dal punto di vista agronomico, un vitigno può essere considerato autoctono quando la sua presenza in un’area geografica è storicamente documentata e la sua coltivazione ha interagito a lungo con le condizioni pedoclimatiche locali. Questo legame con il territorio ha favorito nel tempo un’evoluzione genetica che rende il vitigno particolarmente vocato a quel contesto: un microclima specifico, un certo tipo di suolo, ma anche pratiche di coltivazione tramandate di generazione in generazione. Molto vicino al concetto di terroir francese.

A differenza dei vitigni internazionali – come Cabernet Sauvignon o Chardonnay – che si adattano a contesti molto diversi e vengono coltivati in tutto il mondo, i vitigni autoctoni sono spesso limitati a un’area circoscritta e, proprio per questo, restituiscono nel calice una forte identità territoriale. Sono, in un certo senso, custodi della biodiversità e della memoria enologica di un luogo.

Scegliere un vino da vitigno autoctono significa dunque compiere un atto di scoperta, ma anche di tutela: si valorizza un patrimonio agrario unico, si sostiene una viticoltura spesso più sostenibile (grazie all’adattamento naturale della pianta al suo ambiente) e si contribuisce a preservare la ricchezza varietale che fa dell’Italia uno dei Paesi più diversificati al mondo sotto il profilo vitivinicolo.

Un’idea visionaria, come dicevo, quella di Maroni, che non solo tutela e valorizza il materiale genetico dei vitigni minori, ma invita a riflettere sul concetto stesso di italianità nel vino: non come somma di singolarità, ma come armonia complessa e dinamica.

L’atmosfera di Roma Hortus Vini è quanto di più lontano da una classica fiera vinicola. Il tono è conviviale, disteso, ma sempre raffinato. Le degustazioni – libere o guidate – si svolgono tra gli stand disposti lungo i viali del giardino, ma anche nel prato del Vigneto Italia, con le celebri “Dégustations sur l’herbe” condotte da Luca Maroni: un racconto sensoriale tra grappoli e luci soffuse, in un clima quasi bucolico, reso ancora più evocativo dalla presenza delle lucciole, che tornano a popolare questo luogo grazie alla gestione ecologica del verde.

Più di 200 etichette saranno in assaggio, suddivise per regione e vitigno. Dai grandi classici come il Nebbiolo, il Sangiovese, il Fiano, fino ai meno noti Pecorino di Abruzzo, Cesanese di Affile, Tintilia molisana o Nerello Mascalese: una vera e propria mappa gustativa dell’Italia.

A sottolineare la vocazione culturale della manifestazione, performance artistiche e musicali punteggeranno le serate. Tutte le info dettagliate sul sito ufficiale della manifestazione:  www.romahortusvini.com

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