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ArcheoVino

Le bottiglie (piene) più antiche del mondo
L'ultima è una bottiglia di vodka recuperata da un relitto nel mar Baltico. Ma sono tanti i vini e i liquori arrivati fino a noi attraverso i secoli. Ecco alcune delle loro storie



Vodka di 200 anni fa! È bevibile, ma forse non troppo gradevole. Nella foto: uno degli scopritori.|Cortesia National Maritime Museum Danzica

Vi azzardereste a bere un goccio vodka che ha più di duecento anni? Una bottiglia piena di liquore e ancora intatta è stata ritrovata sul relitto di una nave affondata al largo delle coste della Polonia. 

I ricercatori del National Maritime Museum di Danzica, che l’hanno recuperata, hanno ritenuto inizialmente che si trattasse di acqua minerale perché la bottiglia di terracotta ha il marchio Selters, la località tedesca dove si produce la famosa acqua gassata. 

Ma le prime indagini, come riporta la rivista Smithsonian, mostrano invece che contiene alcol, probabilmente una specie di vodka, allungato proprio con la celebre soda. Secondo i ricercatori, il liquido è ancora bevibile, cioè non velenoso, anche se l’odore fa ritenere che non debba essere particolarmente buono.

La più antica bottiglia di vino al mondo, del quarto secolo dopo Cristo.
Tesori in cantina. Non è la prima volta che saltano fuori bottiglie con il loro contenuto intatto vecchie di secoli o addirittura millenni. In Germania, a metà Ottocento, è stata ritrovata una bottiglia di epoca romana contenente vino, di origine romana è datata 325 d.C., si può ammirare nella mostra permanente del vino ospitata nel Pfalz Historical Museum di Speyer, cittadina renana.

 Nel 1867, durante gli scavi per la costruzione di una casa in un vigneto nei pressi di Speyer sono stati ritrovati due sarcofagi romani in pietra e all'interno, con grande sorpresa degli archeologi, quest'anfora di vetro giallastro. La bottiglia è ben conservata; ha due manici a forma di delfino, un sigillo di cera ed un liquido che si presume essere vino, un vino locale. Da allora il reperto non è mai stato spostato dal museo.
Gli esperti hanno stabilito che il contenuto si è mantenuto integro fino ad oggi in quanto i romani oltre ad aver sigillato la bottiglia con la cera avevano versato dell'olio di oliva che ha protetto il vino dall'ossidazione. Non è stata mai aperta perché si presume che il contenuto, a contatto con l'ossigeno, possa deteriorarsi in maniera irreparabile. «Non è chiaro che cosa accadrebbe se l'aria venisse a contatto col vino», ha precisato Ludger Tekampe, il responsabile del dipartimento del museo che ha in carico il reperto. Tekampe ha dichiarato anche  che nei 25 anni al Pfalz non ha osservato particolari variazioni nel vino; la bottiglia sembra essere stata scrupolosamente realizzata per evitare che il vino si potesse rovinasse.

Questa testimonianza da un passato remoto è sopravvissuta a molte cose: il tempo, antichi e incalliti bevitori e due guerre mondiali. Rimane comunque una domanda: dovrebbe essere aperta?

Schatzkamme, la "camera del tesoro" della cantina del municipio di Brema è conservato in botti il cosiddetto vino dei dodici apostoli, di cui il più vecchio risale al 1653. Poi ci sono le bottiglie preziose per i collezionisti: il rum con la data più vecchia si ritiene sia una bottiglia di View Rhum Anglais del 1830, mentre lo sherry Massandra de la frontera, venduto per oltre 40mila dollari a un’asta nel 2001, risale al 1775.

Le bottigle di whisky della spedizione in Antartide di Ernest Shackleton.
Tentativi di replica. Bottiglie preziose che nessuno oggi potrebbe mai assaggiare. Ma c’è chi tenta di creare delle repliche da stappare senza patemi, come quella del whisky che l’esploratore Ernest Shackleton portò nella sua prima spedizione in Antartide nel 1907: sette casse i cui resti furono sepolti sotto il ghiaccio quando gli uomini fecero ritorno a casa. Nel 2007 sono state riportate alla luce, con dieci bottiglie ancora intatte, e una distilleria scozzese ha “clonato” il whisky di Shackleton per gli appassionati contemporanei.

Un tentativo che riguarda anche le bevande più antiche, di cui non ci sono giunti campioni in bottiglia, ma la cui composizione viene ipotizzata dalle analisi sui resti dei recipienti. Per esempio la birra dei Maya, che la popolazione di epoca pre-colombiana pare ottenesse fermentando il mais ma anche il cacao, e che alcuni appassionati oggi cercano di riprodurre.

Fonte: Focus

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