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Investimenti & Champagne

Vino & investimenti, è ora dello Champagne
Lo Champagne corre in soccorso degli investitori in vino, il Liv-ex, forse l’indice della “borsa” del vino più importante del mondo, manda timidi segnali di ripresa. Ma a preoccupare restano le forti difficoltà dei fondi di investimento vino. Questo, a grandi linee, lo stato del controverso quanto affascinante rapporto del vino con la finanza, in un momento critico per l’economia di tutto il mondo



La campagna dei bordolesi en primeur 2013 decisamente poco brillante, ha contribuito ad un aumento delle vendite delle grandi Maison della Champagne. E’ quanto registra il “London wine merchants Bordeaux Index”: le vendite di Champagne, insomma, stanno riportando notevoli incrementi anno su anno. Aumenti nelle vendite di Champagne, dunque che oscillano tra il 12% e il 25%, in una delle capitali della vecchia Europa storicamente uno dei mercati di riferimento per le bollicine francesi.

Un aumento di popolarità da imputare non soltanto alle caratteristiche intrinseche dello Champagne, ma anche al rinnovato interesse di chi investe sul vino per diversificare il proprio portafoglio. Abbiamo a che fare, non dimentichiamolo, con un che nelle sue espressioni più alte è capace di sfidare il tempo, diventando, evidentemente più raro. Ecco che le grandi annate di Champagne possono diventare per gli investitori un elemento di importante diversificazione, capace di compensare il calo di valore registrato, per esempio, dalle etichette bordolesi.

Sebbene ancora in modo marginale, lo stesso Liv-ex, l’indice della “borsa” dei vini forse più importante, segnala il potenziale degli Champagne come vini da investimento. Alcuni esempi, Krug 1985 valeva 765 sterline nel 2003 ed oggi ne vale 3.688; Cristal 1996 valeva 720 sterline nel 2002 ed oggi il suo valore è di 2.200 sterline.

E a proposito di Liv-ex (www.liv-ex.com), i principali indici proposti, a giugno 2013, hanno indicato tendenze altalenanti. Il Liv-ex Fine Wine 50 registra un -0,29%; il Liv-ex Fine Wine 100 (dove, per l’Italia, ci sono Ornellaia 2009, Sassicaia 2008 e Sassicaia 2006) registra un -0,44%; il Liv-ex Bordeaux 500 registra un +0,34%; il Liv-ex Fine Wine Investables Index registra un -0,12%.

Secondo uno dei più affermati wine merchant londinesi, Sebastian Woolf, negli Champagne si nasconderebbero le migliori possibilità, in ottica futura e nel rapporto qualità prezzo, con una crescita media prevista, in valore, del 10%. “Le migliori etichette su cui investire - spiega Woolf - sono Pommery Cuvée Louise Brut Millésime 1999, Salon Cuvée ‘S’ Le Mesnil Blanc de Blancs 2002, Dom Pérignon Rosé 2002, Louis Roederer Cristal Brut 2006. Una cassa da sei bottiglie di Salon 2002 attualmente ha un valore di 2.750 dollari, un investimento accessibile, che dovrebbe garantire un guadagno del 10% nei prossimi 12 mesi”.

Tuttavia, dagli Usa, il Wine Spectator Auction Index, che rileva le aste di vino americane, indica un +0,42% nel secondo trimestre del 2013. Una piccola avanzata, che però indica che qualcosa si sta muovendo, con prezzi di aggiudicazione importanti negli incanti di Hong Kong, Singapore e Brasile.


Da mettere sul piatto della bilancia, però, le difficoltà che stanno attraversando i fondi di investimento vino. Il fondo Vintage Wine (un tempo accreditato di 110 milioni di sterline di attività), con base alle Cayman sta per arrendersi alle performance scarse degli ultimi tempi. La sua probabile scomparsa sta costringendo Nobles Crus, una volta il più grande fondo di vino a livello mondiale, a cercare il modo per evitare che i suoi investitori vendano ulteriori quote. Ma c’è chi continua a scommettere su questo business. Come Acker Merrall e Condit che sottolinea che il futuro del mercato del vino pregiato e raro è tutt’altro che desolante. La crisi dei fondi sarebbe imputabile non alla crisi del mercato ma ad una gestione troppo semplicistica e tradizionale, limitata al solo acquisto dei futures dei vini di Bordeaux.


Fonte: Winenews

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