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Uno, nessuno, centomila: l'evoluzione della critica musicale. Dal Rinascimento all'era digitale, una riflessione sulla crisi di questa esclusiva attività intellettuale

La critica musicale si dice stia vivendo un momento di crisi. Di fatto, specialmente in Italia, di critici musicali competenti se ne contano sulla punta delle dita. Se poi parliamo di musica antica il campo si restringe ancora di più. Una riflessione analitica basata sugli spunti emersi al Convegno internazionale sulla critica musicale dell'Università IULM di Milano.

di Il Grillo Cantante

In principio era il critico musicale giornalista professionista, ovvero un intellettuale che esercita un metodo critico, frutto di studi musicologici, al fine di produrre recensioni, analisi e interpretazioni approfondite su un disco, un artista o un evento. 

Con il mutare dei tempi è mutata anche una certa autoriflessione da parte degli ormai tanti operatori del settore che si accingono consapevolmente o non ad esercitare questa attività professionale.

Bisogna comprendere che la critica musicale è un’attività professionale esclusiva, svolta da quella specie di professionisti che sono tipicamente i giornalisti, oppure da certuni saggisti; è un’attività professionale complementare, quando svolta da quella specie di professionisti che sono i musicologi; è un’attività dilettantesca, quando svolta dall’uomo della strada, di qualsiasi livello di cultura generale e di competenza specifica. Oltre che una professione, dunque, è anche una funzione conoscitiva trasversale, poiché è praticata anche dai non professionisti; e questo da sempre, ma in tempi recenti in forme che a modo loro sempre più “fanno testo” (blog, siti aperti, ecc.).

La critica musicale vive un’epoca di profonda trasformazione, segnata da rapidi cambiamenti tecnologici e culturali. Se un tempo il dominio della carta stampata dettava le regole del giudizio e della diffusione del pensiero musicale, oggi la civiltà digitale e online ha rivoluzionato il modo in cui la musica viene analizzata, discussa e divulgata. In questo contesto, la critica musicale si trova a dover ridefinire il proprio ruolo, interrogandosi sulla sua funzione e sulla sua competenza in un panorama sempre più frammentato e accessibile a tutti.  

Uno degli aspetti cruciali della critica musicale, sia nel passato che nel presente, è quindi la questione della competenza. Nel Rinascimento e nel Barocco, i critici erano spesso musicisti o teorici di grande erudizione, in grado di coniugare conoscenza pratica e riflessione filosofica. Da una parte, una funzione della critica musicale è promuovere l’accrescimento della competenza dei lettori, e ciò richiede appropriate strategie di comunicazione, da parte degli editori, delle testate, prima ancora che dei critici stessi. Dall’altra parte, oggi è più che mai in questione la costruzione della competenza del critico, messa in discussione dalla democratizzazione dell’accesso alla cultura e dalla proliferazione di blog, siti web e piattaforme social, dove chiunque può esprimere un parere sulla musica. Insomma i paradigmi mutano e mutato, forse irreversibilmente, è il paradigma della conoscenza musicale, entro il quale deve pensarsi l’azione della critica. 

Bisogna tener presente che la critica musicale non è un’attività univoca, ma un intreccio complesso di categorie che spaziano dalla politica culturale all’economia della cultura, dalla sociologia alla pedagogia, senza dimenticare l’estetica, la musicologia e gli studi linguistico-letterari. Questo mosaico di discipline riflette la natura multiforme della musica stessa, che non è mai solo suono, ma anche espressione culturale, sociale e storica.  

Nel corso dei secoli, la critica musicale ha assunto diverse forme e funzioni. E' anche vero che se oggi è spesso associata al giornalismo o alla saggistica, in passato era un’attività svolta da filosofi, letterati e persino dai compositori stessi. Un esempio emblematico è la critica musicale nel Rinascimento e nel Barocco, periodi in cui la musica era strettamente legata alla corte, alla Chiesa e alla nascente borghesia.  

Durante il Rinascimento, la musica era considerata un’arte liberale, parte del quadrivium insieme all’aritmetica, alla geometria e all’astronomia. La critica musicale di questo periodo era spesso affidata a teorici come Johannes Tinctoris, che nel suo *Proportionale Musices* (1476) analizzava le composizioni del tempo, sottolineando l’importanza dell’armonia e della proporzione. La critica non era solo giudizio estetico, ma anche riflessione teorica e pedagogica, volta a educare i musicisti e il pubblico.  

Nel Barocco, la critica musicale si evolve parallelamente alla nascita dell’opera e alla diffusione della stampa musicale. Figure come Marin Mersenne in Francia o Athanasius Kircher in Germania contribuiscono a definire i canoni estetici del periodo, analizzando le opere di compositori come Monteverdi, Lully e Corelli. La critica diventa uno strumento per legittimare o contestare le nuove tendenze musicali, come il contrasto tra lo stile antico (stile osservato) e lo stile moderno (stile rappresentativo).    

Ora, se siamo di fronte ad una evoluzione, allora si pone una sfida importante: come conciliare l’autorità del critico professionista con la partecipazione attiva del pubblico? Da un lato, la critica musicale ha il compito di promuovere l’accrescimento della competenza dei lettori, attraverso strategie di comunicazione adeguate. Dall’altro, è essenziale che i critici stessi continuino a formarsi e a riflettere sul proprio ruolo, per non perdere di vista il valore della musica come esperienza culturale e artistica.  

La critica musicale, oggi come nel passato, è un’attività che richiede rigore, passione e una profonda conoscenza del contesto storico e culturale in cui la musica nasce e si diffonde. Se da un lato la tecnologia ha ampliato le possibilità di accesso e di condivisione, dall’altro ha reso ancora più urgente una riflessione sul ruolo del critico come mediatore tra l’opera e il pubblico.  

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