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Vitivinicoltura&Ricerca. Diserbo: gli effetti indiretti del glifosato sulla fermentazione del mosto

Cattive notizie per i viticoltori che usano glifosato. Il principio attivo, molto usato per il controllo delle malerbe sulle file, potrebbe alterare la qualità del mosto prodotto. Lo studio sulle cinetiche di fermentazione mediante Calorimetria Isotermica.


Una conclusione a cui sono giunti ricercatori della Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano dopo uno studio sulla fermentabilità di uve Gewürztraminer.


La ricerca che lo dimostra è stata effettuata dal gruppo di ricerca del prof. Matteo Scampicchio, professore di Scienze e Tecnologie alimentari alla Facoltà di Scienze e Tecnologie, in collaborazione con il gruppo di chimica agraria - diretto dai prof. Stefano Cesco e Tanja Mimmo - che ha ideato la prova e realizzato i trattamenti con il glifosato in campo.

Il glifosato, o N-(fosfonometil) glicina, è uno degli erbicidi più usati al mondo e rappresenta il 25% del mercato globale dei diserbanti. Consente di controllare, in maniera semplice ed economica, la proliferazione delle erbe infestanti. Solitamente viene spruzzato sulle malerbe in una soluzione diluita che, assorbita rapidamente da queste piante, ne blocca la crescita. In moltissime coltivazioni, la pratica agronomica basata sull’impiego di tale composto chimico ha rimpiazzato il controllo meccanico delle erbe infestanti con indubbi effetti sui livelli di resa dei raccolti. Finora, l’impatto del glisofato sul potenziale fermentativo del mosto d’uva non era mai stato indagato.

Lo studio è stato effettuato su mosto da uve di quattro filari di Vitis vinifera L. cv Gewürztraminer trattati in maniera distinta: uno con glifosato, uno con glifosato e urea, uno esclusivamente con urea e l’ultimo in cui non è stato aggiunto nulla e usato come controllo. Dopo la raccolta, le uve sono state torchiate con una pressa da laboratorio e ai mosti così ottenuti è stato aggiunto il lievito Saccharimyces cerevisiae. I ricercatori ne hanno poi analizzato la composizione e la capacità di fermentazione.

I risultati dei test hanno dimostrato per la prima volta che l’uso di glifosato per il controllo delle malerbe nei vigneti può avere un impatto sulla qualità dell’uva e alterarne seriamente le proprietà fermentative. In particolare, ad essere influenzati da questa pratica agronomica, sono gli aminoacidi e gli zuccheri contenuti nell’uva. Questa informazione è molto importante, poiché il contenuto degli aminoacidi gioca un ruolo determinante nel conferire l’aroma tipico del vino.

Nello specifico il test sul mosto da uve provenienti da piante di vite sottoposte al diserbo ha evidenziato gli effetti indiretti del glifosato sul processo di fermentazione dell’uva e ha dimostrato come l’impiego di tale pratica agronomica basata sul glifosato diminuisca il calore generato nel corso del processo (trasformazione degli aminoacidi e degli zuccheri contenuti nell’uva).

Lo studio si è avvalso di una speciale apparecchiatura: il microcalorimetro. Per la prima volta, grazie alla microcalorimetria isotermica - impiegata per lo studio delle interazioni biomolecolari, il cui principio di funzionamento è basato sulla misura diretta del calore rilasciato o assorbito durante un qualsiasi fenomeno di interazione - e all’osservazione dello sviluppo fermentativo nel succo d’uva, i ricercatori unibz hanno dimostrato che questa modifica nella composizione del succo d’uva porta anche a una diminuzione della capacità di fermentazione del mosto stesso.

“Normalmente, i lieviti trovano nel mosto d’uva tutte le fonti di azoto e carbonio necessarie per la loro crescita e per condurre la fermentazione”, afferma Scampicchio, “Tuttavia, quando il mosto d’uva è carente di alcuni amminoacidi essenziali, il lievito va in difficoltà e la fermentazione fatica maggiormente a partire”. In questo lavoro sono state studiate le cinetiche di fermentazione dei mosti mediante una tecnica innovativa che si chiama “calorimetria isotermica”. “In laboratorio, abbiamo 24 micro-reattori che permettono di misurare il calore sprigionato dai lieviti durante la fermentazione nel mosto. Dal confronto dei tracciati, possiamo individuare in quali condizioni il lievito cresce più velocemente e, invece, in quali è in maggiore difficoltà”, sottolinea il docente.

“Il glifosato è il principio attivo del Round-Up, l’erbicida più utilizzato al mondo perché tiene puliti i filari dalle piante parassitarie. Tuttavia ha un effetto devastante sulla qualità dell’uva perché interrompe la sintesi degli amminoacidi essenziali aromatici quali la fenilalanina, tirosina, e triptofano”, spiega Scampicchio, “I risultati delle nostre misurazioni mostrano l’effetto negativo che l’uso dell’erbicida ha sulla composizione in amminoacidi della bacca d’uva e sulla fermentabilità del mosto risultante”. Lo studio ha però anche dimostrato che questi effetti indesiderati possono essere bilanciati dai trattamenti d’urea che vengono effettuati in vigna. “L’erbicida può rivelarsi utile per la vita del campo. Ma il suo impiego non resta senza effetti perché, oltre ad inquinare il terreno e ad avere potenziali effetti negativi sulla salute dell’uomo, richiede la programmazione di trattamenti supplementari in vigna con lo scopo di limitare i suoi effetti negativi anche sul mosto d’uva”, aggiunge Scampicchio.

In moltissime coltivazioni, la pratica agronomica basata sull’impiego di erbicidi quali il glifosato ha rimpiazzato il controllo meccanico delle malerbe e ha portato indubbi effetti positivi sui livelli delle rese dei raccolti. “Poiché per la nostra prova le foglie delle piante di vite non sono entrate in contatto diretto con l’erbicida, appare evidente la possibilità che il composto chimico, tal quale o parzialmente metabolizzato, possa influenzare l’uva passando dalle malerbe alla vite attraverso un processo di trasferimento pianta-suolo-pianta, influenzando, di conseguenza, l’uva”, precisano Stefano Cesco e Tanja Mimmo. 

Lo studio è stato condotto al Freisingerhof di Termeno. Le prove di fermentazione sono state eseguite con reattori calorimetrici. Le analisi chimiche degli zuccheri, acidi organici e amminoacidi del mosto sono state eseguite mediante cromatografia HPLC.

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