Sabato 22 marzo, alle ore 20, il Teatro Costanzi dell’Opera di Roma ospita un appuntamento sinfonico di profonda intensità: Ein deutsches Requiem di Johannes Brahms, diretto dal Direttore musicale Michele Mariotti. L’evento, trasmesso in diretta su Radio3 Rai, si presenta come un viaggio meditativo attorno al tema della morte, interpretato non come fine, ma come transito verso una dimensione di consolazione.
Un ricco cartellone quello dell'Opera di Roma che, tra omaggi alla tradizione e sguardi al futuro, conferma il Costanzi come tempio di una musica senza confini. Sabato prossimo sarà di scena Mariotti, che alla sua prima interpretazione del capolavoro brahmsiano, ne vuole sottolineare la natura riflessiva.
Composto tra il 1854 e il 1868, il Requiem nacque dall’elaborazione del lutto per la morte di Robert Schumann e della madre di Brahms. La prima versione, in sei movimenti, debuttò il 10 aprile 1868 nella cattedrale di Brema, in una data simbolica come il Venerdì Santo. La versione definitiva a sette parti, eseguita a Lipsia nel 1869 sotto la direzione di Karl Reinecke, sancì il successo del trentacinquenne Brahms, proiettandolo tra i grandi del Romanticismo.
Come ci anticipa Mariotti, Ein deutsches Requiem, è un’opera che affronta la morte come parte ineludibile dell’esistenza, ma anche come porta verso un conforto ultimo. La musica di Brahms, pur nella sua complessità matematica, conserva un’umanità sorprendente, ricca di slanci armonici e melodici.
Accanto all’Orchestra e al Coro del Teatro dell’Opera, preparato da Ciro Visco, saliranno sul palco il soprano Carolina López Moreno, al debutto al Costanzi, e il baritono Derek Welton, già applaudito nel teatro romano in Elektra, Candide e Curlew River. La loro voce darà corpo ai testi biblici selezionati da Brahms stesso dalla traduzione tedesca di Martin Lutero, con un focus commovente sulla quinta parte, Ihr habt nun Traurigkeit, dedicata dal compositore alla madre scomparsa nel 1865.
Il direttore evidenzia come il Requiem tedesco si distacchi dal timore verso un Dio punitivo, tipico delle messe funebri tradizionali, per abbracciare invece un messaggio di speranza: "Le fragilità umane trovano pace solo dopo la morte, ed è questa visione a plasmare le tonalità calde e rassicuranti, prevalentemente maggiori, che dominano la partitura".
L'opera del grande compositore tedesco si distingue per il suo carattere universale, in quanto priva di riferimenti liturgici diretti. Come sostiene Mariotti, non è una messa per i defunti, ma una meditazione condivisa sul dolore e sulla redenzione. Il testo, intessuto di brani dell’Antico e Nuovo Testamento, riflette una spiritualità intima, lontana dai dogmi, che parla direttamente all’animo dello spettatore.
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