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A Cheese «recuperiamo terreno»

Sotto i riflettori la difesa dei suoli, fondamentale per la tutela della biodiversità
Il 74% dei nostri suoli è classificabile scientificamente come “terreno povero”
È il nostro minimo comune denominatore, la nostra vera casa, la patria di tutti, al di là di qualsiasi differenza; è una delle poche cose che ci rende davvero tutti indiscutibilmente fratelli. Lo veneriamo dall'alba dei tempi, gli abbiamo dato nomi e volti diversi in ogni secolo e cultura: eppure è, senza dubbio, la cosa che più di ogni altra diamo tutti per scontata


Si tratta del suolo, anzi dei suoli: uno scrigno di ricchezze che nutre la nostra specie fin dalla sua infanzia, e che troppo spesso riteniamo inesauribile. Ma per tornare bruscamente alla realtà basta qualche dato: per creare 10 centimetri di terra fertile ci vogliono due millenni, per distruggerli spesso irreversibilmente bastano pochi anni di uso indiscriminato grosse quantità di fertilizzanti e pesticidi che le colture convenzionali richiedono. 

In base alle stime dell’ONU, ogni anno perdiamo 12 milioni di ettari di suolo a causa del suo degrado. Il danno che ne deriva, secondo alcune stime, sarebbe quantificabile in circa 490 miliardi di dollari. Il 13% delle terre del mondo è a rischio di degrado – in alcuni paesi, come l’Italia, si arriva addirittura al 30% – e ogni anno milioni di ettari si aggiungono al conto. A questi occorre sommare più di 1,5 milioni di ettari soggetti a salinizzazione o alcalinizzazione, fenomeni anche questi legati a pratiche agricole sbagliate. I fertilizzanti chimici, i semi ad alto rendimento, i pesticidi, le monocolture e le risorse idriche necessarie a irrigarle hanno aumentato le rese dei campi – è il caso di Cina, Nord e Sud America, Australia – e hanno triplicato la produzione agricola negli ultimi 50 anni, a fronte di un aumento dei terreni coltivati di appena il 12%. Ma, allo stesso tempo, hanno pesantemente compromesso la fertilità dei suoli.

Proprio per dar voce alla generosa e silenziosa vittima di una logica di sviluppo a volte miope, in occasione di Cheese 2015 Slow Food ha organizzato il Laboratorio del Latte Il formaggio e la terra, dove si sono confrontati Frederic Denhez, scrittore e giornalista, il professor Michele Freppaz, pedologo dell’Università di Torino, e Sergio Capaldo, veterinario e fondatore de La Granda. Ma non si pensi che l’argomento sia lontano dal mondo del formaggio. I suoli, che spesso banalizziamo definendo genericamente terra, sono infatti il telaio su cui si intrecciano tutta una serie di fili strettamente connessi al mondo caseario.

Innanzitutto, come ci ricorda Capaldo, il benessere animale è fondamentale per lo stato di salute del suolo: «Abbiamo trovato nella composizione chimica dei pascoli sani alcuni antiossidanti naturali. È la prova che abbiamo sbagliato atteggiamento verso la terra. Per decenni abbiamo creduto che l’alimentare sterile fosse un alimentare sicuro, ma qualità significa equilibrio naturale, non asetticità. Dobbiamo imparare a dividere i microrganismi buoni da quelli cattivi, senza demonizzare il mondo vivo».

La prima soluzione del problema, come sempre, è prendere coscienza della situazione. Problema grave e diffuso, come ci spiega Freppaz: «Italia e Francia sono i due paesi con la maggiore ricchezza in termini di pedodiversità, ossia eterogeneità di tipi di suolo - ha ricordato il professore – eppure il nostro Paese non ha ancora prodotto una legge quadro su questo argomento. Il suolo è un patrimonio nazionale, va gestito e amministrato, e per farlo bisogna conoscerlo. Anche per questo è molto importante l’attenzione che Slow Food dedica a questa materia: è stato solo grazie a loro, infatti, che a Expo si è sentito parlare di suoli».

Ci sono tuttavia molte altre pratiche che possiamo adottare per mettere seriamente un freno a questa emergenza: innanzitutto coltivare in modo conservativo e diversificato, limitare le monocolture e arginare l’uso indiscriminato della chimica, ruotare le colture per mantenere la fertilità e il controllo degli infestanti e infine riscoprire il ruolo fondamentale dei prati, per esempio quelli di erba medica che l’agricoltura produttivistica ha pressoché eliminato. Queste tecniche favoriscono il riposo dei terreni e il rilascio di azoto, che contribuisce al ripristino della sostanza organica dei terreni, un bisogno fondamentale se pensiamo che il 74% del territorio nazionale contiene meno del 2% di materiale organico. Occorre insomma un ripensamento globale del sistema agricolo, che si concentri prima di tutto sul bisogno di alimentare le comunità piuttosto che a soddisfare un mercato sempre più bulimico.

La speranza è che sia sempre più evidente come una gestione dei suoli oculata potrebbe facilitare la soluzione di tutta una serie di problemi, come il grave dissesto idrogeologico e la costante perdita di terreni fertili. L'idea è difendere la terra per difendere tutti, perchè come tempo fa ebbe a dire Franklin Delano Roosevelt, «La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa».

Slow Food non si ferma, e a Cheese dedica ulteriore spazio al dibattito invitandovi ai laboratori del latte Storie di montagna: prodotti e progetti per rilanciare le terre alte e Animali e alpeggi. La libertà è il criterio più efficace per giudicarne il benessere animale?

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