Rosa del Golfo: dal Salento al successo internazionale, sessant’anni di storia e passione alla guida del Rinascimento del vino rosato
Nel 2025 Rosa del Golfo compie sessant’anni: un traguardo importante per uno dei rosati più iconici del panorama enologico nazionale. Nato nel 1964 ad Alezio, in provincia di Lecce, dalla vinificazione di Negroamaro e piccole percentuali di Malvasia Nera Leccese, questo vino ha tracciato un solco indelebile nella storia del rosato salentino, imponendosi per eleganza, freschezza e coerenza stilistica. L’azienda oggi nel celebrare questa ricorrenza ne ripercorre le tappe fondamentali: un omaggio dovuto alla figura del fondatore Mino Calò attraverso la presentazione di una speciale edizione con etichetta storica. Damiano e Pamela Calò, attuali eredi della visione familiare, annunciano inoltre una serie di eventi e degustazioni in tutta Italia, trasformando questo sessantesimo anniversario in un’occasione per rinnovare il patto tra il vino, la sua terra e il pubblico che lo ha scelto nel tempo. Un viaggio nella memoria che guarda con fiducia al futuro.
Il vino rosato ha conosciuto una vera e propria rinascita negli ultimi decenni, tanto da apparire oggi come una moda recente, quasi una novità del gusto contemporaneo. Eppure, la sua storia è ben più antica di quanto si possa immaginare. Anzi, a voler seguire le tracce più remote del vino, potremmo dire che i primi vini dell’umanità non erano affatto rossi intensi come li concepiamo oggi, ma piuttosto simili ai nostri rosati, per colore, leggerezza e struttura.
Nell’antica Grecia e a Roma, si parlava di vinum clarum, un vino chiaro, pallido, ottenuto con tecniche semplici e una macerazione brevissima delle bucce. Non era ancora il rosato come lo intendiamo, ma gli somigliava molto. Anche il clairet francese, consumato nel Medioevo e in epoca moderna, rientra in questa genealogia: un vino rosso solo di nome, in realtà limpido, delicato, più vicino a un rosato che a un rosso corposo.
D’altra parte, la storia del vino rosato è così strettamente intrecciata a quella del vino in generale che, per secoli, nessuno ha sentito la necessità di distinguere con precisione tra bianco, rosato e rosso. Fino al XIII secolo, le tecniche di pigiatura e vinificazione erano rudimentali: il mosto veniva separato dalle bucce dopo poco tempo, e ne derivava un vino chiaro, dalla tonalità tenue, che oggi definiremmo rosata.
Solo a partire dal XVI secolo si cominciò a parlare di vino “chiaro” nei testi, e bisognerà attendere il XIX secolo per avere una definizione enologica precisa di “vino rosato”. Non possiamo dire chi abbia inventato il rosato, ma possiamo dire che non è nato dopo il vino rosso, e che anzi, il primo vino consumato dagli uomini aveva più le sembianze del rosato che del rosso moderno.
Questa lunga tradizione, però, non ha impedito al vino rosato di attraversare secoli di oblio, in cui venne considerato un prodotto secondario, meno nobile del rosso o del bianco. Solo nel Novecento, e in particolare dagli anni Quaranta, grazie anche alla diffusione delle ferie estive e al turismo in Provenza, il rosato cominciò a essere riscoperto come simbolo di freschezza, convivialità, leggerezza. In Italia, questo risveglio trovò una delle sue culle nel Salento, dove il Negroamaro e la Malvasia Nera Leccese diedero vita a rosati intensi ma eleganti, capaci di interpretare con equilibrio le potenzialità del territorio.
La nascita del “Five Roses” nel 1943, nella cantina Leone de Castris a Salice Salentino, fu il primo passo verso una nuova stagione produttiva. Ma è con il Rosa del Golfo, nato nel 1963 per volontà di Mino Calò, che il rosato salentino acquista uno stile preciso, una riconoscibilità immediata accompagnata da un’identità forte e coerente che ne ha fatto un simbolo.
Chi, come me, ha avuto modo di percorrere le vigne del Salento, sa che qui il rosato non è solo un vino, ma un vero e proprio rito quotidiano. Tra Alezio, Sannicola, Campi Salentina, Veglie... Tra i muretti a secco e la terra rossa battuta dal sole, sa quanto questo nettare sia frutto di un lavoro profondo, di tecnica, ma anche di memoria. Il clima mite, la vicinanza del mare e la ricchezza dei suoli calcarei creano di fatto le condizioni ideali per produrre rosati di grande personalità.
Il Rosa del Golfo si distingue dagli altri rosati salentini, in qualità del suo metodo di vinificazione cosiddetto “a lacrima”, ovvero quello che prevede una leggera pressatura delle uve e la raccolta del mosto che appunto “lacrima” dalle bucce, limitando il contatto con queste ultime. Si ottiene così un vino dal colore cerasuolo luminoso e dai profumi delicati ma intensi, caratteristica non sempre presente in altre tipologie di rosato salentino.
Il blend tipico è composto per il 90% da Negroamaro e per il 10% da Malvasia Nera Leccese. Il Negroamaro conferisce struttura, carattere e una buona capacità di invecchiamento, mentre la Malvasia aggiunge morbidezza e aromi floreali. Questa combinazione è abbastanza diffusa nel Salento, ma Rosa del Golfo si distingue per la cura nella selezione delle uve da vigneti storici e per le basse rese, che garantiscono una maggiore concentrazione e complessità.
A differenza di molti rosati che puntano esclusivamente sulla freschezza e la bevibilità immediata, il Rosa del Golfo offre un bouquet aromatico ricco e stratificato, con note di amarena, fragoline di bosco, rosa appassita, spezie e macchia mediterranea, e un sorso morbido, sapido e persistente, quasi con la complessità di un rosso leggero. Questa struttura permette anche una buona capacità di invecchiamento, un tratto distintivo dei rosati salentini di qualità e in particolare di Rosa del Golfo.
Ricordo le degustazioni con Damiano, i suoi racconti, la volontà di rendere onore al Salento. Una visione che si è poi concretizzata, tanto che oggi Rosa del Golfo è tra gli ambasciatori del bere rosa nel mondo. Non sorprende che questo vino sia stato celebrato da critici come Gino Veronelli e abbia ricevuto riconoscimenti prestigiosi, come l’Oscar del vino per il miglior rosato d’Italia nel 2003.
Tra tutte le espressioni, posso tranquillamente affermare che Rosa del Golfo è la quintessenza del rosato salentino: un vino che parla di passione, di tecniche antiche, di territorio e di una capacità straordinaria di rinnovarsi senza perdere le sue radici. Oggi, a sessant’anni dalla prima vendemmia, la sua etichetta diventa emblema non solo di un vino, ma di un modo di vivere e di raccontare il Sud. La sua storia, dunque, non è una semplice parabola di ascesa recente, ma un lungo ritorno alle origini, una riscoperta di un’identità antica che oggi, grazie alla qualità produttiva e all’evoluzione del gusto, si presenta come una delle espressioni più affascinanti della viticoltura contemporanea.
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