giovedì 30 novembre 2017

Enoturismo. Approvato emendamento che riconosce per la prima volta lo status giuridico-fiscale della pratica enoturistica



L’emendamento in Manovra, che riprende in gran parte le disposizioni proposte nel ddl Stefàno e del gioco di squadra con MIPAAF sulla introduzione della disciplina enoturistica, prevede il via libera alle attività realizzate nei luoghi di produzione come degustazioni, didattica, iniziative ricreative e visite in cantina.


“Il Movimento turismo del vino esprime grande soddisfazione per l’emendamento, approvato ieri notte alla commissione Bilancio del Senato, che riconosce per la prima volta lo status giuridico-fiscale della pratica enoturistica. Un risultato raggiunto soprattutto grazie alla determinazione e alla perseveranza del senatore Dario Stefàno, che ha ben compreso le istanze e le opportunità di un fenomeno in grande espansione con un indotto turistico di quasi 3 miliardi di euro l’anno”.

Lo ha detto il presidente del Movimento turismo del vino (Mtv), Carlo Pietrasanta, a commento dell’emendamento a prima firma Stefàno passato in commissione Bilancio del Senato, che inquadra per la prima volta l’enoturismo in una cornice normativa propria e assolutamente nuova.

Per Paolo Castelletti segretario generale dell’Unione Italiana Vini: “Siamo ad un passo dal riconoscimento normativo dell’attività enoturistica, un momento storico per il nostro Paese. L’emendamento inserito in finanziaria recepisce i punti principali del ddl Stefàno e definisce il quadro fiscale e legislativo entro cui, finalmente, anche in Italia si potrà essere operatori enoturistici a tutti gli effetti. Grazie al senatore Stefàno, al ministro Martina e a tutte le forze politiche che si sono impegnate a fondo per raggiungere questo risultato. Adesso è necessario un ultimo sforzo per la definitiva approvazione alla Camera. Ma poi, in seguito, vogliamo e dobbiamo continuare a lavorare per vedere approvato integralmente il disegno di legge sul turismo del vino che contiene altri elementi importanti per lo sviluppo di questa attività, strategica per il futuro dei territori e del nostro comparto”. “Ora – ha aggiunto Pietrasanta - confidiamo nel buon senso delle Aule in sede di approvazione della Legge di Bilancio per portare a termine entro Natale un iter legislativo considerato di straordinaria importanza non solo per il settore ma anche per i fruitori dell’enoturismo”.

Per il presidente dell'Associazione Nazionale Città del Vino, Floriano Zambon: "Si tratta di un importante passo avanti per dare al turismo del vino ancor più solide basi operative. Adesso - afferma Zambon - occorre che l'iter della proposta di legge sull'enoturismo, che questo emendamento in parte ha accolto, possa continuare per la sua definitiva approvazione. Il settore ha bisogno di questa legge perché i territori del vino possano esprimere al meglio tutte le loro potenzialità turistiche e di accoglienza. Ringrazio il senatore Stefàno per il suo impegno e rinnovo la condivisione di questi comuni obiettivi con il Movimento turismo del vino".

L’emendamento in Manovra, che anche grazie alla positiva interlocuzione con il ministero delle Politiche Agricole riprende in gran parte le disposizioni proposte nel ddl Stefàno sulla introduzione della disciplina enoturistica, prevede il via libera alle attività realizzate nei luoghi di produzione (degustazioni, didattica, iniziative ricreative, visite in cantina e altro), per cui basterà presentare la Scia (segnalazione certificata di inizio attività) al comune di competenza. Per l’attività le disposizioni fiscali previste saranno quelle contenute nella legge fiscale sull’agriturismo, mentre il regime forfettario dell’imposta sul valore aggiunto sarà applicato solo per i produttori agricoli che svolgono la propria attività nell'ambito di un'azienda agricola.

Il mercato dei Fine Wines, posizionamento, evoluzione e prospettive per i vini italiani di alta qualità

Una ricerca sugli USA, primo mercato mondiale per consumi di vino a cura dall’Istituto Grandi Marchi e Wine Monitor.


Aumenta la cultura del vino e la ricerca della qualità e la tendenza tra i consumatori americani all’acquisto di prodotti di livello di prezzo superiore, ha avuto una notevole accelerazione negli ultimi anni. Un fenomeno che prende il nome di “premiumization”, una tendenza che si sta consolidando in molti mercati e i dati raccolti dalla ricerca ne sono la testimonianza. Negli Stati Uniti, nell’ultimo quinquennio, il prezzo dei vini fermi imbottigliati importati è cresciuto di quasi il 10% e, se si fa riferimento alle vendite off-trade, il posizionamento dell’Italia è tra i più alti tra i vini di importazione.

Istituto Grandi Marchi e Nomisma Wine Monitor hanno presentano ieri a Roma presso la sede dell'Associazione Stampa Estera, i risultati di una ricerca sul consumo dei fine wines negli Stati Uniti. Accanto ai dati su import e vendite che mostrano un’evidente tendenza al consumo di vini di “alta qualità”, lo studio ha condotto un’indagine su 2.400 consumatori di vino dei 4 Stati federali maggiori importatori di vino italiano (New York, Florida, New Jersey, California) al fine di comprendere, da un lato, i fattori che definiscono un “fine wine” e i modelli che guidano il consumo di questi vini, dall’altro il posizionamento del nostro paese in questo segmento attraverso l’identificazione di perception e reputation dei “fine wine” italiani presso lo stesso consumatore statunitense.
“I dati che abbiamo raccolto indicano la via maestra al vino italiano:  la tendenza positiva deve ricordarci di lavorare con grande determinazione ed efficacia alla ricerca del corretto posizionamento di pregio per il nostro prodotto, lavorando sempre più per la crescita del valore perché i volumi discendano da un corretto approccio al valore e non da una logica di price competition” afferma il Presidente Mastroberardino. “Il primato sui volumi non può essere un tema da celebrare a prescindere, dato che i volumi senza il valore portano allo sgretolamento della filiera per mancanza di capacità di remunerare gli investimenti effettuati”.

Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato al mondo per consumi di vino e dalle potenzialità di crescita ancora rilevanti. Nel corso degli ultimi dieci anni, i consumi sono aumentati a volume del 28% arrivando a 32 milioni di ettolitri; nonostante ciò pesano ancora per appena il 10% sul consumo totale di bevande alcooliche (per l’80% si tratta di birra). Inoltre, il 44% di tutti i consumi di vino si concentrano in appena 5 Stati: New York, California, New Jersey, Texas e Florida.

Circa un terzo dei consumi statunitensi di vino si riferisce a prodotti d’importazione. Anche in questo caso si evince nel decennio una significativa crescita delle importazioni pari al 33%, arrivando ad un valore di circa 5,5 miliardi di dollari. Rispetto alle principali tipologie di vino importato, la quota dell’Italia è passata dal 31% al 34% nel caso dei vini fermi imbottigliati e dal 13% al 32% nel caso degli spumanti.

“Gli Stati Uniti al pari di molti altri mercati internazionali stanno vivendo una rilevante fase di “premiumisation” dei consumi di vino” dichiara Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor. “Basti pensare che, nel corso dell’ultimo quinquennio, il prezzo dei vini fermi imbottigliati importati negli USA è cresciuto di quasi il 10%, passando da 5,32 $/litro ai 5,82 $/litro del 2017, così come, nel corso dell’ultimo anno, le vendite di vini fermi nel canale off-trade con prezzo superiore a 20 $ a bottiglia sono cresciute di quasi l’8%, contro il 2,4% dei vini con prezzo inferiore”.

La ricerca mette in evidenza come l’Italia, in questo contesto, abbia un enorme vantaggio competitivo rispetto ad altri paesi importatori dato dal fatto che il nostro paese gode di una reputazione molto elevata presso il consumatore americano. Il vino italiano piace soprattutto quando rispecchia il nostro stile, cioè l’Italian style, che è collegato, secondo gli intervistati, ai concetti di bellezza, moda e lusso.

E in effetti, il posizionamento dell’Italia nelle fasce “premium” in termini di quota sulle vendite nel canale off-trade è tra i più alti in riferimento ai vini di importazione. Nel caso dei vini rossi fermi, a fronte di una incidenza complessiva del 7% sulle vendite totali, la quota di mercato supera l’8% in tutte le fasce di prezzo superiori ai 20 $ a bottiglia; ma non solo: arriva a superare il 10% nella fascia di prezzo da 31 $ e oltre. A questo proposito è interessante evidenziare come, in virtù di questo “alto” posizionamento, il prezzo medio dei vini rossi italiani venduti nell’off-trade è in linea a quello dei rossi francesi (12,3 $ vs 12,4 $). Anche nel caso dei vini bianchi fermi a fronte di un’incidenza sulle vendite della tipologia del 13%, la relativa quota di mercato arriva al 42% nella fascia 20 – 24,99$ a bottiglia.

Tra i diversi risultati emersi, la survey ha messo in luce

·       come il 54% dei consumatori di vino americani dichiara di preferire vini di produttori noti, famosi; questa quota cresce fino al 67% tra i “frequent user”, tra coloro cioè che consumano vino almeno una volta a settimana;

·       che il vino viene scelto soprattutto in base al brand (il 18% indica questo fattore come principale criterio di acquisto), e che l’importanza del brand aumenta fino al 26% tra i criteri di scelta dei “fine wines”;

·       che il “fine wine” ideale per il consumatore americano è quello prodotto da un’azienda ben consolidata e con esperienza;

·       che il binomio “fine wine” e “Made in Italy” riscuote grande successo negli Stati Uniti: 1/3 dei consumatori di vino indica «Italia» quando pensa ai produttori di vini di alta qualità;

·       che Barolo, Amarone e Brunello di Montalcino i “fine wine” italiani più citati spontaneamente, così come Piemonte e Toscana sono le regioni che vengono più spesso ricordate, seguite da Veneto e Sicilia.

Dunque, reputation molto elevata per i vini italiani. Questo deve essere il punto di partenza per lanciare la sfida del valore ai produttori italiani tutti.

lunedì 27 novembre 2017

Valorizzazione delle biodiversità. Spergola, il vitigno ritrovato che strizza l'occhio ai millenials. La celebrazione in un convegno al Senato

Antico ma dal piglio moderno, la Spergola è un vitigno tipico della provincia di Reggio Emilia. Quasi estinto oggi rinasce ritrovando il suo habitat ideale nei terreni argillosi e ricchi di gesso dei colli di Scandiano e Canossa. 


Dopo il primo convegno tenutosi due mesi fa a Scandiano, il vitigno Spergola sarà ora protagonista insieme ad una delegazione di viticoltori e amministratori locali a Palazzo Madama per valorizzare il prodotto di un vitigno riscoperto e portarlo all’attenzione delle istituzioni. 


Alla conferenza capitolina si parlerà della storia, sicuramente affascinante, di questo vitigno, che sembrava condannato all’estinzione ma che la Compagnia della Spergola, nata grazie ad alcuni  sapienti viticoltori ha provveduto a salvare. Una storia che produttori e amministrazioni comunali racconteranno mercoledì 29 novembre alle ore 15.00 presso la sala Caduti di Nassiriya, all’interno di Palazzo Madama sede del Senato italiano.

La conferenza dal titolo “la Spergola: il vitigno ritrovato. Valorizzare la biodiversità, bere con consapevolezza” sarà introdotta dalla senatrice Leana Pignedoli, relatrice del Ddl sulla biodiversità e membro della commissione Agricoltura e produzione agroalimentare. Poi spetterà al sindaco Alessio Mammi Sindaco di Scandiano a portare i saluti in rappresentanza dei sindaci di Albinea, Bibbiano, Quattro Castella. Seguiranno gli interventi dei relatori: Denis Pantini, responsabile dell’osservatorio agroalimentare che parlerà del “Il Vino secondo i millenials - Rapporto di Nomisma ”; Federico Terenzi, presidente di Agivi, affronterà il tema “La Spergola un mondo per giovani” e l’enologo Alberto Grasselli parlerà di “Spergola, il bianco delle terre dei Canossa”. Le conclusioni saranno affidate al vice ministro Politiche agricole, alimentari e forestali Andrea Olivero.

Le prime testimonianze scritte relative al vitigno Spergola risalgono al XV secolo, quando fu citato da Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana. Nel corso della storia vi sono stati associati diversi nomi: Pomoria, Pellegrina, Spergolina o Spargolina sono alcuni dei modi con cui nel passato ci si riferiva a questo vino. Si tratta quindi di un vitigno autoctono molto antico, che per molto tempo è stato confuso con il Sauvignon, ma che un analisi del DNA effettuata nel 2000 ne ha dimostrato definitivamente la diversità genetica. Ciò rese possibile la registrazione della Spergola nel Catalogo Nazionale delle Varietà della Vite e quindi l’inserimento nella DOC Colli di Scandiano e Canossa. Oggi cinque produttori hanno scelto di puntare sull’unicità di questo vitigno e di valorizzarlo al meglio formando appunto la Compagnia della Spergola.

Una delle caratteristiche del vitigno è la sua buona resistenza alla siccità. Dalle uve se ne ricava un vino bianco che se vinificate in leggera surmaturazione si carica di profumi intensi ed eleganti. Interessante anche nella versione frizzante o spumante dal delicato profumo floreale e di mela verde.

Dalla vite alla cantina, a RIVE si accendono i riflettori sulla viticoltura 4.0 e l’enologia del futuro. Ecco il programma convegni ed eventi aggiornato


Al via la prima edizione di RIVE, la Rassegna Internazionale di Viticoltura ed Enologia a cadenza biennale si propone come evento unico a livello internazionale nel settore vitivinicolo e punto di riferimento per tutta la filiera. Un ricco programma di workshop e convegni con al centro il futuro della viticoltura italiana nell’incontro tra ricerca scientifica e produzione. L'evento metterà in campo tutte le innovazioni a carattere tecnico e tecnologico come mezzi per reagire ai rischi del mutamento climatico e dare ai consumatori garanzie sulla salubrità dei prodotti: dalla genetica alla viticoltura di precisione, passando dalla vinificazione fino alla commercializzazione del vino.

RIVE si svolgerà nell’area espositiva della fiera di Pordenone, dal 12 al 14 dicembre 2017, in contemporanea con Enotrend: uno spazio dedicato a workshop, approfondimenti e seminari sulle nuove tendenze in tema di cultura della vite, innovazioni tecniche, ricerca & sviluppo con una fitta proposta di workshop e convegni di alto livello che affronteranno i temi caldi della vitivinicoltura italiana con il coordinamento del Comitato Scientifico. 

Rive 2017: convegni e workshop di alto profilo, in un contesto di espositori d’eccellenza

È stato definito il programma completo dei convegni di Enotrend, con alcune anticipazioni su relatori, moderatori e contenuti. E mentre la rosa degli espositori e dei partner si arricchisce ogni giorno di più di presenze di rilievo, prende forma anche il ricco programma di workshop operativi organizzati sotto la supervisione del Comitato Scientifico. Il tutto si svolgerà nel corso dei tre giorni di RIVE, dal 12 al 14 dicembre 2017, all’interno di tre sale distinte, rispettivamente Sala Enotrend, Sala Vino e Sala Vite.

I convegni di Enotrend: un panorama completo sulla viticoltura e l’enologia del presente e del futuro.

La sala “Enotrend” della fiera di Pordenone ospiterà, dal 12 al 14 dicembre, sei convegni che vedranno a confronto i protagonisti dell’expertise internazionale sulla viticoltura e l’enologia italiana ed europea. Primo appuntamento il 12 dicembre, con “Nuove sfide del Prosecco tra sostenibilità e mercato”: dal Comitato Scientifico di Enotrend Diego Tomasi, direttore del Crea-Vit di Conegliano e Vasco Boatto, direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerche in Viticoltura ed Enologia dell’ateneo patavino, delineeranno insieme a Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi e dell’Union International des Oenologues, le prove che aspettano gli operatori del Prosecco nel prossimo futuro. Contendibilità sui mercati già raggiunti, espansione verso nuovi mercati e sostenibilità saranno le parole chiave dell’incontro. Nel pomeriggio dello stesso giorno il presidente del Comitato Scientifico, il professor Attilio Scienza, sarà moderatore de “Lo scenario della viticoltura europea, tra crisi e nuove esigenze del consumatore”, convegno che vedrà tra i relatori il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro e la Professoressa Monika Christmann, presidente di OIV.

L’enologia sarà al centro del convegno mattutino del 13 dicembre: “Le frontiere del lievito enologico: incontrare le esigenze dei vinificatori”, moderato da Paolo Peira, di Assoenelogi, che accompagnerà i relatori in una disamina dei criteri che guidano i laboratori di ricerca nella selezione dei lieviti di domani. Nel pomeriggio Riccardo Velasco, direttore del centro di viticoltura ed enologia del CREA, modererà una tavola rotonda dedicata interamente al vigneto: “Viticoltura 4.0: viti, tecnologie, macchine e modelli per la coltivazione del futuro”, durante la quale un gruppo di esperti tra cui Marco Stefanini, Michele Morgante e Paolo Balsari, esploreranno le ultime novità in termini di varietà resistenti alle malattie, con un excursus tra macchine e modelli culturali legati all’agricoltura di precisione.

Le ultime novità dal panorama della viticoltura del nordest saranno al centro degli incontri del 14 dicembre: al mattino Albino Armani, Eugenio Pomarici e Roberto Zironi analizzeranno la storia di una DOC recentissima in “Pinot Grigio: l’unione fa la forza. Percorsi di successo per la nuova DOC”, mentre nel pomeriggio Walter Filipputti introdurrà le relazioni di Attilio Scienza, Carlo Petrussi e Sandro Sillani su una promessa per il futuro della Regione Friuli Venezia Giulia, la Ribolla Gialla, in “Da FVG a FRG, il futuro del FVG passa dal futuro della Ribolla Gialla”.

Workshop ed eventi: Rive per tutti.

All’offerta convegnistica di Rive si accompagneranno altri eventi collaterali e workshop operativi, ospitati in due sale adiacenti: la sala “Vino” e la sala “Vite”. Nella sala Vino si svolgeranno, in particolare, due workshop organizzati da Amorim Cork: il primo sui difetti del vino, il secondo sul marketing legato al packaging. Nella stessa location i Vivai Cooperativi Rauscedo condurranno una degustazione di vini ottenuti da vitigni resistenti, mentre Assoenologi FVG sarà protagonista di una degustazione di Pinot Grigio dal mondo.

La sala Vite sarà teatro di una serie di workshop tecnici organizzati dall’Informatore Agrario, main media partner di Rive. I temi trattati saranno: la potatura ramificata, la potatura meccanica, la cimice asiatica e le gelate.

Nella stessa location si terrà, nella mattinata del 13 dicembre, il workshop “Mother Regulation: nuove omologazioni stradali. Novità, applicabilità e compatibilità”. A cura di Unacma.

Aggiornamenti sugli espositori Alla già ricca lista di espositori che saranno presenti a Rive 2017 si sono aggiunti altri nomi d’eccellenza del settore. Amorim Cork Spa, leader internazionale nella produzione di chiusure in sughero; Bertolaso, marchio di punta nella produzione di sistemi automatici per l’imbottigliamento; Exacta + Optech LabCenter Spa, punto di riferimento in Italia e all’estero nella fornitura di materiale, consumabili e strumentazioni per laboratori scientifici. Labrenta, con sede in provincia di Vicenza, che si distingue nella produzione di chiusure per bottiglie totalmente Made in Italy; Kubota Europe, la divisione europea della nota azienda giapponese produttrice di trattori e macchine agricole; Martignani, impresa ravennate che si distingue per la produzione di nebulizzatori che mirano ad un uso sostenibile dei fitofarmaci in viticoltura; SDF GROUP, con sede principale in Italia e 8 sedi produttive tra Europa e Asia, rinomata per la produzione di trattori, macchine da raccolta e motori diesel, e infine TMCI Padovan, un gruppo storico nel settore delle food and beverage technologies, operativo nel campo della filtrazione enologica sin dal 1919.

Per ulteriori informazioni: www.exporive.com - www.enotrend.it

venerdì 24 novembre 2017

OIV. Ucraina del vino, situazione e prospettive di un mercato in forte crescita


La vitivinicoltura ucraina è attualmente ancora poco conosciuta, anche se i vini che qui si producono erano apprezzati sin dall’epoca zarista, tanto che il Paese, durante il periodo sovietico, era il maggior produttore di vino dell’Urss. La domanda interna di vino oggi è in continua crescita, specialmente per quello di qualità, il ché corrisponde, da parte dei consumatori, ad una maggiore attenzione agli aspetti culturali di questa bevanda. Di fondamentale importanza sono poi le politiche di innovazione e promozione, che il Paese si appresta ad attuare su tutta la filiera di settore, affinché l'Ucraina possa diventare un nuovo e promettente mercato nel panorama vitivinicolo internazionale.

La situazione del settore vitivinicolo ucraino e le sue prospettive rispetto alle principali sfide che dovrà affrontare: dallo sviluppo del vigneto, alla modernizzazione delle aziende, fino ad una normazione coerente con le norme internazionali. Queste le tematiche affrontate al 3º Forum nazionale del vino ucraino. Un evento che ha visto la presenza di oltre 250 partecipanti, tra cui le principali aziende vitivinicole ucraine ed a cui ha preso parte il direttore generale dell'OIV su invito di Volodymyr Gisem e di Volodymyr Kucherenko, rispettivamente vicepresidente e direttore generale dell'Ukrvinprom (Associazione dei produttori di vino ucraini).

Il direttore generale dell'OIV, dopo essersi complimentato per la qualità degli interventi del forum, ha fatto una presentazione dell'OIV e dei suoi obiettivi e ha poi evidenziato le principali tendenze del settore vitivinicolo su scala mondiale e le grandi sfide del futuro. In particolare, ha insistito sull'importanza della normazione dei prodotti secondo i dettami internazionali al fine di assicurare la loro qualità e di rispondere meglio alle aspettative dei consumatori, sia nel mercato domestico che in quello internazionale.

Il forum ha avuto il suo prosieguo nel Festival del vino ucraino, nel corso del quale sono stati presentati i vini e i brandy delle principali aziende del settore. Con una superficie vitata di 45.000 ha, l'Ucraina produce circa 1 milione di ettolitri di vino e brandy. Sono registrate quasi 150 aziende. Nel corso della sua visita, Jean-Marie Aurand ha incontrato anche il primo vice primo ministro ucraino Stepan Kubiv per valutare la possibilità di un ritorno dell'Ucraina nell'OIV.

“Agrifood: make, hack or tech?”. Il futuro del cibo alla Maker Faire Rome


Al via la quinta edizione del più grande evento su scienza e innovazione. Dalla manifattura digitale al cibo del futuro, dalla robotica al biohacking, dall’impresa 4.0 ai droni, dall’intelligenza artificiale all’agricoltura 4.0 passando per big data e IoT, meccatronica e automazione, ovunque i lavori sono in corso. Ed all'opening event il dibattito sul “futuro in costruzione”.

Sarà infatti un “futuro in costruzione” quello che verrà raccontato all'opening event della quinta edizione della Maker Faire Rome dal titolo “The Future in the Making”. Due ore e mezza di intenso dibattito alla presenza del Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, con ospiti d’eccezione provenienti da tutto il mondo presentati dal giornalista Alessio Jacona. Ad animare la conferenza interverranno, tra gli altri, relatori come Matt Anderson, Chief Digital Officer e Presidente di Arrow Electronics, Nikolas Albarran, Ingegnere capo di MakerHealth, Jessie Mooberry, Capo dispiegamento di Altiscope, un A^3 del progetto Airbus finalizzato a riunire decisori politici, tecnologi e Ong per modernizzare la gestione del traffico aereo, Valentina Sumini, laureata in Ingegneria al Politecnico di Torino, un master in Olanda e vincitrice di  una borsa di studio grazie alla quale sta trascorrendo un anno al MIT di Boston dove fa parte di un team di studenti e ricercatori che ha vinto una gara indetta dalla Nasa, Paolo Merialdo, Professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli studi Roma Tre, con  attività di ricerca che si concentrano sullo studio di tecniche e metodi per l’estrazione di dati e conoscenza da web, co-founder di Innovaction Lab, Bruno Siciliano, Direttore di ICAROS (Centro Interdipartimentale di Chirurgia Robotica) e di PRISMA Lab (Laboratorio di Progetti di Robotica Industriale e di Servizio, Meccatronica e Automazione), presso l’Università di Napoli Federico II, Chloé Rutzerveld, Critical designer del cibo che ne esplora e sfida la produzione e il consumo e Massimo Banzi cofondatore e Presidente di Arduino oltre che curatore della Maker Faire Rome.

Il pomeriggio del primo dicembre, dalle 14, “Maker Faire Rome – The European Edition 4.0” si aprirà al grande pubblico fino a domenica 3 dicembre. Tra i molti eventi segnalo la conferenza sul cibo, dal titolo “Agrifood: make, hack or tech?” che si svolgerà domenica 3 dicembre dalle 11.30 alle 13.30, presso il Padiglione 10 - room 2. Si parlerà di futuro del cibo, ovvero un futuro che dovrà abbracciare le sfide della complessità che sarà. In una prospettiva di smart agrifood la dimensione rilevante non può essere solo quella di robot e droni che si sostituiscono a tutto il patrimonio di conoscenza che c’è dietro tutta la filiera del cibo: dalla terra ai fornelli. Anche grazie all’enorme lavoro portato avanti dalla Maker Faire, in questi anni è esplosa ed è ormai alla portata di tutti la cultura DIY (fai da te) nel campo della robotica e della sensoristica di precisione. Il trasferimento tecnologico, in un framework di Agrifood 4.0, può favorire pratiche virtuose e nel contempo ridurre al minimo lo spreco energetico, ottimizzando e automatizzando alcuni procedimenti. I protagonisti delle principali esperienze internazionali condivideranno con noi il loro percorso per discutere su quale sia l'approccio che meglio risponde alle necessità dell’ecosistema italiano: maker, hacker o hi tech?

Per restare costantemente aggiornati: www.makerfairerome.eu - Facebook: Maker Faire Rome  - Twitter:  @MakerFaireRome #MFR17 Ufficio stampa: tel. 06-6781178 – press@makerfairerome.eu.

MAKER FAIRE

Maker Faire è il più importante spettacolo dell’innovazione al mondo - un evento “family-friendly” ricco di invenzioni, creatività e inventiva, e una celebrazione della cultura e del movimento #makers. E' il luogo dove maker e appassionati di ogni età e background si incontrano per presentare i propri progetti e condividere le proprie conoscenze e scoperte. La prima Maker Faire si è tenuta a San Mateo, in California nel 2006, neanche un anno dopo la pubblicazione del primo numero di “Make: Magazine”, la rivista di riferimento per tutti i #makers, nel 2005.

MAKER FAIRE ROME  – THE EUROPEAN EDITION 4.0

Organizzata dalla Camera di Commercio di Roma, attraverso la sua Azienda speciale Innova Camera, la MFR punta a rimettere al centro del dibattito sull’innovazione la città di Roma e favorire la diffusione della cultura dell’innovazione. Maker Faire Rome è la più grande Maker Faire al di fuori degli Stati Uniti. Una manifestazione in continua crescita che, nella passata edizione e in solo tre giorni, ha fatto realizzare oltre 100mila visitatori.

Vino&Scienza. Identificata proteina che rende il vigneto tollerante al sale

Una nuovo studio dell'Università di Adelaide ha identificato una proteina in radici di vite responsabile del trasporto di sodio nella pianta. La scoperta permetterà la selezione di nuovi portinnesti tolleranti alla salinità. La ricerca è stata pubblicata questa settimana sulla rivista New Phytologist.

La progressiva salinizzazione del suolo, conseguenza dei cambiamenti climatici e dell’irrigazione mediante acque salmastre è uno dei problemi più urgenti per l’agricoltura odierna. Anche se la Vitis vinifera è considerata una pianta moderatamente sensibile allo stress salino e presenta un optimum di crescita e produttività quando i valori di salinità del suolo non superano i 1,5 dS/m, il mondo della ricerca si sta attivando per trovare soluzioni sugli aspetti pratici relativi alla gestione dello stress salino a cui i vitigni sono sottosposti.

Il presente lavoro di ricerca, condotto dal dott. Mandy Walker del centro agricoltura e alimentazione di CSIRO, (Organizzazione di Ricerca Scientifica e Industriale del Commonwealth) e dal professor Matthew Gilliham, dell'ARC, Centro per l'Eccellenza nella Biologia dell'Energia delle Piante dell'Università di Adelaide in Australia, nasce dall'esigenza di migliorare in modo sostenibile il settore vitivinicolo, alla luce degli incombenti effetti della salinizzazione sulle colture ed in particolare sul vigneto.  

Come ha spiegato Sam Henderson, co-autore dello studio, il punto di partenza che ha permesso il team di scienziati di arrivare a questo importante risultato è stato quello di comprendere perché alcune viti accumulavano più sale rispetto ad altre. La risposta è arrivata attraverso analisi mirate in radici di vite che hanno messo in evidenza la presenza di una mutazione specifica in una proteina di trasporto del sodio. Un gene che di fatto impedisce il corretto processo nutritivo della pianta e porta ad un maggior rilascio di sale nei tralci di vite attraverso il terreno.

Anche se, un basso livello di sale, può in qualche modo migliorare il sapore del vino, un suo eccesso, oltre ad inibire la crescita della pianta, comporta un peggioramento delle caratteristiche organolettiche delle uve, incidendo negativamente alla produzione di vino. Si stima infatti che i problemi causati dalla salinità costino più di 1 miliardo di dollari all'anno.

Il dott. Jake Dunlevy del CSIRO, ha precisato che sino ad oggi, gli elementi genetici e meccanici che controllavano l'esclusione di sodio (Na+) nella vite erano sconosciuti. In dettaglio lo studio ha previsto in primo luogo il confronto del DNA di diverse varietà di vite - la variabilità genetica permette infatti alle piante di rispondere differentemente all’aumento dello stress salino - dal quale si è potuto identificare un gene specifico associato all'esclusione di sodio dai germogli. Utilizzando un incrocio tra due portainnesti ibridi interspecifici di Vitis, si è proceduto, sotto stress di salinità, alla mappatura di un locus di tratto quantitativo dominante (QTL) associato all'esclusione fogliare Na+ denominato NaE, locus che codifica sei trasportatori di potassio ad alta affinità (HKT), ovvero i geni che, operando a livello di membrana celulare, giocano un ruolo importante nella tolleranza al sale della pianta. Tra questi VisHKT1;1 è risultato il miglior gene candidato per il controllo dell'emissione di Na+ nell'apparato fogliare della pianta. Questa scoperta permetterà lo sviluppo di marcatori genetici atti ad essere utilizzati nella selezione di portainnesti di vite resistenti a condizioni di salinità eccessiva nel suolo del vigneto.

mercoledì 22 novembre 2017

Agroalimentare e ricerca. Bontà del pane: a fare la differenza non è il genotipo del grano ma le tecniche di lavorazione della granella e degli impasti

Uno studio del CREA ha analizzato l’interazione fra 4 importanti fattori della panificazione (genotipo di frumento, tecnica di macinazione, agente lievitante e tipo di cottura) e le proprietà chimiche, fisiche e organolettiche del pane, precisandone il ruolo nel determinare sapore ed odore. 

Il pane prodotto con grani antichi non è più buono e più salubre di quello prodotto con grani moderni. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il genotipo grano antico o grano moderno risulta apprezzabile solo nel determinare l'aspetto e la consistenza della crosta e della mollica. A dimostrarlo uno studio di un team di ricercatori del CREA, del centro di Cerealicoltura e Colture industriali, che ha fatto emergere che ciò che influenza in maniera decisiva il prodotto finale è il tipo di macinazione (pietra piuttosto che cilindri), seguita dagli altri fattori (varietà impiegata, tipo di lievitazione, cottura). 

L’agente lievitante (lievito di birra o pasta madre) ha effetto principale sull'alveolatura e sull'odore, mentre la cottura (forno a legna o a gas) ha un ruolo marginale. Sono, quindi, le tecniche di lavorazione della granella e degli impasti a rendere di fatto il pane veramente profumato e gustoso. In tal modo, lo studio CREA, pubblicato sui Scientific Report di Nature, destituisce di fondamento la convinzione che il pane di grani antichi, rispetto a quello di grani moderni, abbia un sapore o un odore migliore.

Questo è il risultato di un esperimento ad hoc, in cui sono state utilizzate due varietà di grano duro: una antica con taglia alta e bassissimo indice di glutine e l'altra moderna con taglia bassa e alto indice di glutine. La granella ottenuta è stata quindi macinata con 2 diverse tecniche, lievitata con 2 diversi agenti e infine è stata cotta in 2 diversi tipi di forno fino ad ottenere 16 tipologie differenti di pani.

Sono stati analizzati gli odori, il contenuto proteico, l'indice di glutine, le ceneri, le fibre solubili e insolubili, il colore, il sapore, la consistenza della mollica, l'alveolatura, insieme ad una valutazione sensoriale dei pani.

Tale studio potrebbe avere ricadute dirette per l’industria di trasformazione (panifici, pastifici, industria dei dolci) consentendo lo sviluppo di nuovi prodotti con caratteristiche sensoriali ben precise ma soprattutto offre al consumatore un strumento per operare delle scelte più consapevoli e, magari anche economicamente più convenienti, sottraendosi all’influenza di mode alimentari spesso dettate da disinformazione.

martedì 21 novembre 2017

Vini a Indicazione Geografica, a Bruxelles l'Assemblea Generale congiunta CNAOC e Federdoc

Focus su etichettatura, ingredienti, allergeni, autorizzazioni di impianto, sostenibilità e lo standard Equalitas. Ricci Curbastro: “Dopo aver fondato Efow, uniamo ancora le forze con CNAOC per tutelare le IG e fare il punto sui risultati positivi raggiunti”. In primo piano anche il Regolamento Omnibus con Paolo De Castro e Michel Dantin. 


L'Italia con Federdoc e la Francia con CNAOC si preparano a sbarcare a Bruxelles per la prima Assemblea Generale congiunta sui vini a Indicazione Geografica, che si svolge oggi, 21 novembre, nell’ambito del Premier Congrès Européen des Vins d’Appellation. 


La federazione che riunisce i Consorzi di tutela delle denominazioni dei vini italiani e l’omologa francese, Confédération nationale des producteurs des vins et eaux-de-vie de vin à appellations d’origine contrôlées, si riuniscono per la prima volta insieme nella capitale belga per affrontare, in sede europea, i principali temi del settore che spaziano dall’etichettatura alle autorizzazioni di impianto, dagli ingredienti agli allergeni, alla sostenibilità. Un ambito di grande attualità, quest’ultimo, che fa da filo conduttore anche alla presentazione dello standard Equalitas (che certifica appunto come “sostenibili” le aziende, i prodotti, i territori”), previsto durante l’incontro, in programma presso l’Hôtel Renaissance a Rue du Parnasse 19.

“Quello con la CNAOC – dichiara Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc - è un sodalizio che dura da tempo e che ci vede attivamente impegnati per garantire la tutela dei vini ad IG. Già dal 2003 abbiamo unito infatti le forze fondando Efow, la Federazione Europea dei Vini a Denominazione di Origine, ed ora abbiamo deciso di organizzare questa assemblea con i nostri consiglieri proprio per ribadire l’attenzione verso questa importante materia che vede l’Italia e la Francia, con le loro eccellenze, in prima linea”.

Nel corso dell’iniziativa, ci sarà spazio inoltre per la presentazione del Regolamento Omnibus, ovvero la rivisitazione della Pac 2014-2020 con un unico maxi-regolamento, a cura degli eurodeputati Paolo De Castro e Michel Dantin.

Programma Assemblea Generale congiunta CNAOC/Federdoc
21 novembre 2017 – ore 10.20/12.45
Presentazione delle Organizzazioni
Discussione sul sistema delle autorizzazioni di impianto
11.00-12.00: presentazione del Regolamento Omnibus con Paolo De Castro e Michel Dantin
Etichettatura delle bevande alcoliche: verso la fine dell’esenzione
Presentazione del progetto Equalitas

lunedì 20 novembre 2017

Viticoltura eroica, identità e futuro dei vini di alta quota al centro di Vins Extrêmes



La viticoltura di montagna torna protagonista al Forte di Bard in Valle d’Aosta con un dibattito sulla viticoltura praticata in contesti estremi, su terreni in forte pendenza, a quote elevate e in particolari condizioni climatiche. Protagonisti saranno i vini che nascono dai vitigni autoctoni di questi ambienti incontaminati che possiedono peculiarità e virtù uniche che meritano di essere tutelate e valorizzate.


Vins Extrêmes, alla sua seconda edizione si conferma come importante momento di riflessione e dibattito dedicato alla viticoltura eroica che vede la partecipazione di esponenti nazionali e internazionali del mondo vitivinicolo, universitario e della ricerca. Si affronteranno le tematiche legate al territorio, al paesaggio e all’accessibilità in cantina, all'interno di una manifestazione che, come ha commentato alla sua presentazione, Alessandro Nogara, assessore all’Agricoltura e Risorse naturali della Regione autonoma Valle d’Aosta, ha l’obiettivo di valorizzare le produzioni locali della regione inserendole in un circuito di carattere nazionale e internazionale, ponendo al centro del dibattito la viticoltura di montagna. Vins Extrêmes, ha proseguito Nogara, è una grande occasione per rinsaldare la rete instaurata, anche grazie a Vival e Cervim, con le altre realtà vitivinicole eroiche e per rilanciare il ruolo che la viticoltura e l’intero comparto hanno per la storia agricola della Valle d’Aosta, in termini di professionalità e competenze.

Un programma ricco di eventi dove a parlare sarà anche e sopratutto il meglio della produzione vinicola d’alta quota. I vini ottenuti dalla viticoltura eroica saranno infatti i protagonisti delle due giornate, sabato 25 e domenica 26 novembre prossimi, di Vins Extrêmes 2017, che avrà luogo nella spettacolare cornice del Forte di Bard (Aosta). Ma non solo, Vins Extrêmes sarà anche l’occasione per la premiazione del XXV Concorso Internazionale Mondial des Vins Extrêmes, come ci ha spiegato Roberto Gaudio, presidente Cervim, al quale hanno partecipato quest’anno 740 vini di 306 aziende, provenienti da 15 paesi di tutto il mondo, da Madeira alla Georgia, dalla Palestina all’Argentina. I vini premiati saranno 220 (in degustazione). Si tratta di un Concorso unico al mondo, specificamente dedicato a vini prodotti in contesti particolari, definiti per l’appunto eroici: vigneti allevati ad almeno 500 metri di altitudine, oppure situati su terreni con una pendenza pari o superiore al 30% o su terrazzamenti, o, infine, quelli delle piccole isole.

Vins Extrêmes, ha poi concluso Stefano Celi, presidente Vival, è un momento importante di promozione, confronto e incontro tra diverse realtà della viticoltura eroica italiana ed europea, espressione di territori difficili, in grado di regalarci paesaggi unici, così come i vini che vi vengono prodotti. Oltre che dalla Valle d’Aosta, le aziende espositrici – in totale oltre 60 - provengono da numerose regioni italiane (Abruzzo, Campania, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Sardegna, Sicilia, Veneto) e da diversi paesi esteri: Francia, Germania, Spagna e Palestina.

Sabato 25 novembre in apertura la tavola rotonda: “La viticoltura eroica: patrimonio di terre e culture da tutelare e valorizzare come unicità nell'era della globalizzazione”, a cui seguirà la degustazione guidata: “Valle d’Aosta e Vallese: approfondimento di due terroir a confronto” a cura di AIS Valle d’Aosta. Tavola rotonda: A “Vini eroici e innovazione: un connubio possibile" interverranno: Daniele Domeneghetti, ricercatore Institut Agricole Régional con "Vini integri, longevi e senza conservanti. Prime esperienze di vinificazione presso la cantina sperimentale J. Vaudan"; Sabina Valentini, ricercatrice Institut Agricole Régional con "Enoliti: il benessere del vino"; Roberto Cipresso, Winecircus con "La viticoltura estrema e l'enologia a essa applicata". Moderatore: prof. Vincenzo Gerbi, Università di Torino.

Nella giornata di domenica 26 novembre, dopo la degustazione guidata: “Paesaggi estremi: i vini delle piccole isole” (AIS Valle d’Aosta), seguirà come accennato la premiazione del XXV Concorso Mondial des Vins Extrêmes CERVIM. A seguire tavola rotonda: “Vino, turismo e comunicazione” dove interverranno Carlo Pietrasanta, presidente nazionale Movimento Turismo del Vino con “Il turismo come strumento di valorizzazione dei vini, l’accoglienza in cantina come comunicazione”; Floriano Zambon, presidente nazionale Associazione Città del Vino con "Il ruolo dei Comuni nella tutela del paesaggio vitivinicolo e nelle forme di turismo a esso collegate"; Katia Laura Sidali, docente di Economia del Turismo, Libera Università di Bolzano con “Buone pratiche di marketing contro l'analfabetismo enogastronomico”; Magda Antonioli Corigliano, direttore Master in Economia del Turismo, Università Bocconi di Milano con “Enogastronomia e turismo: come si declinano oggi”; Cristina Santini, Facoltà di Agraria, Università San Raffaele Roma con “Innovazione ed educazione imprenditoriale, il progetto Wine Lab”. Infine Svetlana Trushnikova, Blogger e Managing Director 5Sensi Consulting & Communication ci parlerà di “Turismo e Web, opportunità di promozione e marketing verso l'estero”. Moderatrice: Iole Piscolla responsabile Area Eenoturismo e Comunicazione Associazione Città del Vino.
La manifestazione è organizzata dall’Assessorato Agricoltura e Risorse naturali della Regione Autonoma Valle d’Aosta, insieme a Vival (Associazione Viticoltori Valle d'Aosta), Associazione Forte di Bard e Cervim (Centro Ricerche, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana).

Info e modalità di partecipazione su: www.eventbrite.it

Vino&Scienza. Dal grappolo al calice, con IoT e Blockchain, la filiera del vino diventa sempre più trasparente




Qualità, autenticità, sicurezza, il futuro dell'industria del vino si sta avviando verso il sistema Blockchain. Questa tecnologia che sta alla base delle cryptocurrencies o crypto-valute, come ad esempio i Bitcoin, è oggi sempre più utilizzata in molteplici settori, tra cui proprio quello vitivinicolo.


Rivoluzione Blockchain, è il caso di dirlo. Sin da quando nel 2008 fu pubblicato il paper “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”, da un autore tuttora sconosciuto sotto lo pseudonimo Satoshi Nakamoto, in cui descriveva le linee guida per la creazione della prima moneta virtuale decentralizzata resa sicura da complessi meccanismi crittografici, molti si sono resi conto delle grandi potenzialità di questo sistema, come ad esempio l'industria alimentare, che con l'aumentare della sua complessità e dei rischi associati alla produzione degli alimenti, sempre più spesso si viene a confrontare con le sfide tecnologiche del nuovo millennio.

La blockchain si basa sostanzialmente sul concetto di fiducia (trust), che assicura trasparenza ed integrità dei dati, permettendo una garanzia di autenticità delle informazioni e garantendo in particolare la tracciabilità della transazione e quindi rendere certa la catena dei passaggi. Di fatto questa tecnologia rivoluziona i classici strumenti che sono stati utilizzati per anni, in quanto tutte le operazioni di autorizzazione e verifica non vengono più gestite a livello centrale ma in blocchi o nodi che entrano a far parte della catena, e che ne diventano i componenti essenziali.

Facile quindi immaginare quali potrebbero essere le conseguenze che può portare nel settore vitinicolo, in fatto di verifica della qualità, autenticità e sicurezza lungo tutta la filiera del vino. A lavorare in sinergia con la Blockchain sarà la tecnologia Iot, anche conosciuta come Internet of Things, in quanto risulta fondamentale, se non ovvio, associare alla bottiglia di vino anche un dispositivo connesso alla rete.

Le tecnologie Blockchain e IoT si stanno di fatto affermando nel mondo globalizzato come soluzioni sempre più evolute e sicure. Questa integrazione creerà dei benefici sia per le spedizioni sia per la qualità della conservazione delle merci - in questo caso il vino - monitorandone l’originalità e le condizioni ottimali di trasporto.

Oggi ci sono diverse start-up, sia all’estero che in Italia, che stanno esplorando il potenziale della blockchain in agricoltura e nel settore dell’agroalimentare, tra queste, in fatto di tutela e autenticità del vino, ho avuto modo di parlare di Wenda, che, nell'ambito del “Maker Faire Rome svoltasi a Roma lo scorso anno, ha presentato un innovativo dispositivo elettronico che si avvale appunto della tecnologia Iot. Una volta applicato sul collo della bottiglia, permette di monitorare i parametri che ne influenzano lo stato di conservazione, molto spesso sottovalutati come la temperatura, la luce, l'inclinazione ed anche le vibrazioni. A proposito, volevo segnalare che la "Maker Faire Rome - The European Edition 4.0", la più grande manifestazione europea dedicata all'innovazione, torna, alla Fiera di Roma, dall'1 al 3 dicembre.

Ultimamente Wenda ha siglato un accordo con Chainvine per integrare le rispettive tecnologie del Blockchain e dell’IoT all’interno del processo di delivery del vino, per portare sulle tavole del consumatore un vino che rispecchi pienamente la volontà del produttore. Questa partnership permetterà così a Wenda di continuare a sviluppare un prodotto unico nel suo genere. La connessione diretta tra la piattaforma di ID/Asset Management di Block Chainvine e i dispositivi IoT di Wenda consentiranno così alle aziende e ai privati di prendere rapidamente​ ​decisioni​ ​strategiche​ ​per​ ​le​ ​loro​ ​merci,​ ​in​ ​qualsiasi​ ​punto​ ​della​ ​filiera.​

Chainvine è una società di soluzioni tecnologiche basate appunto su Blockchain che utilizza una piattaforma PaaS, un abilitatore technology-agnostic che può operare sia al livello del protocollo Blockchain, sia al livello del cloud computing di dati aziendali.

Wenda è una Start up innovativa italiana che fornisce soluzioni IoT in grado di monitorare la qualità del prodotto lungo tutta la filiera. L’obiettivo è quello di trasformare i dati raccolti in informazioni, facilitando decisioni ponderate e razionali. Wenda opera principalmente nel settore Food & Beverage.

Come ha tenuto ad affermare Antonio Catapano, CEO di Wenda, l'opportunità di lavorare con Chainvine su argomenti importanti come trasparenza e sicurezza nella filiera grazie all'innovativa tecnologia Blockchain, permette di integrare, in una singola soluzione, informazioni riguardanti tanto la qualità dei prodotti quanto la garanzia di ogni fornitura. Per Oliver N Oram, CEO di Chainvine, l'approccio di Wenda all’IoT e l'esperienza con l’integrazione di sistemi porterà alla realizzazione del concetto di Intelligent Commodity.

venerdì 17 novembre 2017

Earth Microbiome Project, il contributo del CREA al censimento delle specie di microrganismi della terra appena pubblicato su Nature


Un team di microbiologi del suolo del CREA (per la precisione, del Centro di Ricerca Agricoltura ed Ambiente di Firenze), ha partecipato all’Earth Microbiome Project (EMP), la prima banca dati mai realizzata delle specie di microrganismi presenti nel microbioma terrestre. Gli studi sono solo all’inizio ed il prossimo passo prevede l'implementazione del database attuale con altri studi, includendo anche aree geografiche, matrici e organismi che non sono stati ancora considerati (es. funghi). Successivamente, si cercherà di comprendere come i microrganismi interagiscono con altri organismi un determinato ambiente e come ne condizionino struttura e funzioni. Un esempio potrebbe essere la relazione tra il microbiota del suolo con le sue proprietà e la qualità dei prodotti agroalimentari tipici di uno specifico territorio come ad esempio il vino. 


Siamo di fronte ad un’impresa titanica, se si pensa che ci sono più microrganismi in terra che stelle nel cielo e che nel nostro corpo abbiamo più batteri che cellule. Il progetto, cui hanno aderito oltre 160 istituti di ricerca e più di 500 scienziati da tutto il mondo, è stato avviato nel 2010 e condotto grazie a metodi di analisi e di confronto dei dati raccolti, appositamente sviluppati e condivisi con tutti i partecipanti proprio per ridurre le possibilità di sovrapposizioni ed errori nella classificazione delle specie. E i primi risultati, appena pubblicati su Nature, sono straordinari: il 90% delle circa 27-28.000 specie di microrganismi censiti non è presente in alcun database esistente, era cioè del tutto sconosciuto.

Il CREA - uno dei due partecipanti italiani, con l’Università Federico II di Napoli - ha contribuito utilizzando dati e campioni di suolo di una prova storica di quasi 25 anni di mais in monosuccessione, svolta presso l'azienda sperimentale del CREA, Agricoltura e Ambiente a Fagna (in provincia di Firenze), in cui le relazioni tra pianta, suolo e microrganismi sono ben definite.

I ricercatori del CREA hanno contribuito a caratterizzare la diversità microbica nel suolo, uno dei comparti ambientali con la maggiore presenza di organismi "non classificati". Oltre ad evidenziare la maggior diversità microbica delle comunità "libere" rispetto a quelle associate ad altri organismi ospiti (ad eccezione della rizosfera), i risultati hanno dimostrato che i microrganismi del suolo presentano una strategia evolutiva diversa da quelli associati all'uomo o agli animali.

Questi primi dati dimostrano che i microrganismi del suolo presentano una maggiore diversità genetica e una migliore capacità adattativa agli stress ambientali (es. oligotrofia, pH acido, ecc.) rispetto ai microrganismi di altri comparti ambientali, dimostrandosi una vera e proprio miniera di biodiversità capace di plasmarsi e modificarsi con l'ambiente.

Spiega Stefano Mocali, il coordinatore CREA del progetto EMP:  “Conoscere finalmente quei microrganismi che, pur costituendo la maggior parte della biodiversità che ci circonda, sono comunemente ignorati, è fondamentale sia per debellare potenziali pericoli per la salute umana, animale e vegetale (es. patogeni), sia per sostenere e valorizzare le produzioni agroalimentari, salvaguardare l'ambiente e promuovere i servizi ecosistemici in genere".

"Essi infatti – continua il ricercatore – rivestono un ruolo essenziale nella regolazione dei cicli biogeochimici del suolo e del mare, nella bonifica di suoli e di acque contaminate, nella difesa delle produzioni agricole, senza contare le numerose applicazioni biotecnologiche nei settori agroalimentari e farmaceutici”.

giovedì 16 novembre 2017

Formazione. Vino italiano in Cina, "Insegnare-Imparando": al via i primi corsi per i winelovers cinesi

Nascono in Cina i primi corsi "Insegnare - Imparando" per il mercato cinese. Al convegno Assoenologi la presentazione del progetto di formazione targato Business Strategy.


Quindici città, 100 classi, 2.400 studenti e 1 milione di followers per formare gli appassionati di vino in Cina e allo stesso tempo indagarne gusti e preferenze a partire dagli autoctoni italiani. Sono i numeri del nuovo progetto di formazione per il vino italiano in Cina della Taste Italy! Wine Academy, la prima wine school italiana interamente dedicata ai winelovers cinesi fondata da Business Strategies a Shanghai nell’aprile dello scorso anno. 

Il programma, che sarà presentato dopodomani nel corso della seconda giornata del 72° convegno di Assoenologi (Firenze, 17-19 novembre), punta a promuovere capillarmente il vino italiano attraverso un’azione di formazione fondamentale affinché il prodotto made in Italy venga capito e apprezzato.

Per Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies: “La Taste Italy! Wine Academy non vuole essere una semplice scuola. Si tratta di una piattaforma sperimentale che si basa sulla filosofia dell’’insegnare imparando’, attraverso uno scambio culturale bidirezionale tra formatori e consumatori cinesi. I nostri studenti rappresentano un campione prezioso del complesso mercato cinese, i cui gusti devono essere correttamente analizzati e interpretati, oltre che indirizzati.

Per questo – spiega Ballotta – abbiamo pensato una formula che ci consenta sia di formare i consumatori che si rivolgono a noi con tecniche differenziate a seconda del loro livello, sia di indagare e raccogliere i loro gusti, preferenze e inclinazioni con uno studio attento e sistematico dei feedback alla didattica”. Dopo una fase di illustrazione dei contenuti gli studenti saranno infatti guidati nei tasting dei campioni e dovranno compilare dei questionari di valutazione che consentiranno la raccolta e l’analisi dei dati.

Protagonisti nelle classi sperimentali, rivolte a wine lover principianti e esperti (livello 1 e 2) e a professionisti (livello 3), saranno soprattutto i vitigni autoctoni (54 quelli già inseriti nel programma), espressione della tipicità delle produzioni dei nostri territori che nel mercato cinese ancora faticano molto a farsi conoscere. Non mancheranno tuttavia le proposte sperimentali, che saranno confrontate con i vini classici aziendali o di denominazione. Le prime classi del progetto sono previste per febbraio 2018 e si terranno a Shanghai. L’obiettivo è quello di allargare l’iniziativa a 15 città, tra cui Pechino, Chengdu, Dalian, Guangzhou e Tianjin.

Alimentazione. Antichi, rari, eroici, volgari, puzzolenti e le new entry arrivate in Italia per effetto dei cambiamenti climatici. Ecco la biodiversità tricolore

Sono tempi di una nuova agricoltura, dalle prime banane arrivate in Sicilia sotto la spinta dei cambiamenti climatici al caviale di storione il cui allevamento è stato da poco riconosciuto come attività agricola dopo che l’Italia ha conquistato il primato di principale produttore mondiale, sono solo alcune delle new entry del Made in Italy a tavola che fanno del Belpaese una realtà unica nel mondo. 

A contraddistinguere il cambiamento nelle campagne sono indubbiamente i nuovi prodotti arrivati in Italia per effetto dei mutamenti climatici, come le banane e gli avocado coltivati in Sicilia, il finger lime (sorta di cetriolo da cui si ricavano piccole perle trasparenti dal sapore forte, aspro e piccante che ricordano il limone) e persino il vero caviale di storione che oggi è possibile produrre addirittura in Lombardia grazie all’innalzamento generale della temperatura che ha influito anche sulle acque.

Ma assieme alle new entry ci sono anche i cibi più antichi che tornano sulle tavole grazie agli agricoltori come, ad esempio, la manna, che nella Bibbia viene mandata da Dio per salvare gli ebrei durante la traversata del deserto, e oggi è stata recuperata dagli agricoltori siciliani, che la estraggono dal frassino per essere usata dolcificante per i diabetici, nelle cure dimagranti e nelle terapie disintossicanti.

Ha origini romane il vino cotto bevanda marchigiana prodotta facendo bollire il mosto di uve bianche o rosse in caldaie di rame e lasciata quindi a fermentare e riposare in botti di legno per anni, mentre l’idromele è considerato addirittura bevanda fermentata più antica del mondo, più della birra.

Non mancano cibi rarissimi, come sa pompia, sorta di cedro dalla buccia spessa e ruvida usato in Sardegna nella preparazione di dolci e liquori, il vino Loazzolo, la più piccola Doc d’Italia coltivata in un comune di appena 300 abitanti e meno di cinque ettari di terreno o lo spumante degli abissi, fatto invecchiare nelle profondità del mar Tirreno.

Ma sono molti anche i prodotti della campagna che da nord a sud del Paese vengono considerati come elisir naturali dell'amore, ai quali sono attribuiti dalla tradizione straordinari poteri stimolanti, in alcuni casi addirittura confermati da prove scientifiche.

E’ poi solo grazie all’impegno e agli sforzi degli agricoltori che è oggi possibile portare in tavola i cibi “eroici”, ovvero prodotti in condizioni ambientali difficilissime. E’ il caso della lenticchia di Ustica, coltivata là dove i trattori non possono arrivare, tanto che tutte le operazioni vengono fatte a dorso di mulo, del pomodoro siccagno, che si pianta nei terreni aridi dell’entroterra siciliano, del “vino dei ghiacciai” prodotto dai vitigni più alti d’Europa in provincia di Aosta.

Abbinano gusto a schiettezza popolare i cibi più “volgari” come il Bastardo del Grappa, formaggio che deve il suo nome al fatto di essere prodotto con il latte che non viene usato per fare un altro formaggio della zona, il Morlacco, o la Salsiccia Pezzente, un tempo destinata alle esigenze dei contadini e dei ceti meno agiati in generale, dal momento che viene preparata utilizzando tagli di carne poco pregiati, senza dimenticare le Patate cojonariis, tuberi di piccole e a volte piccolissime dimensioni diffuse in Friuli Venezia Giulia.

E se non si ha il naso troppo delicato è facile apprezzare i cibi piu “puzzolenti”, a partire dal formaggio Puzzone di Moena la cui crosta rimane sempre unta e favorisce il riprodursi di una flora batterica, che gli conferisce il sapore inconfondibile e il colore rossiccio caratteristico, fino al Marcetto teramano, crema di pecorino affinata con le larve di mosca, e al Bruss prodotto con pezzi di formaggio riciclato e ricotte inacidite.

Coldiretti

martedì 14 novembre 2017

Prosecco. La vendemmia eroica tra i filari delle "Rive" regala uve glera di qualità

Si è conclusa la vendemmia 2017 che fino alle ultime battute ha sfidato i viticoltori impegnandoli in una raccolta che quest’anno non ha risparmiato fatiche. E per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG si apre ora una stagione ricca di appuntamenti.

Il Conegliano Valdobbiadene, territorio tradizionalmente vocato alla coltivazione dell’uva Glera, ha saputo affrontare con impegno e competenza una vendemmia complessa. La qualità si era preannunciata ottima agli assaggi pre-vendemmiali delle uve: gli acini restituivano un’impressione positiva rispetto a dolcezza e sfumature fruttate. 

Nonostante le condizioni climatiche del mese di settembre abbiano preoccupato notevolmente gli addetti ai lavori, impegnati con la consueta dedizione in un incessante lavoro di monitoraggio e costante valutazione delle condizioni del vigneto, il risultato è una qualità decisamente interessante del prodotto. Infatti le piogge estive hanno donato il giusto equilibrio zuccherino agli acini e grazie al lavoro tenace e preciso dei viticoltori e dei tecnici del Consorzio, la vendemmia si è conclusa con soddisfazione.

Nelle settimane immediatamente precedenti alla raccolta i tecnici hanno monitorato periodicamente l’andamento della maturazione delle uve per misurane acidità e concentrazione zuccherina, così da individuare, nonostante le oscillazioni del clima, il momento ottimale della vendemmia per ogni singola zona della Denominazione. Un lavoro articolato e laborioso, espressione delle competenze diffuse e della cultura enologica del territorio.

Le complessità che si sono presentate quest’anno hanno portato a una produzione in quintali di uva inferiore del 7-10% rispetto al 2016, per un corrispettivo di circa 650 mila ettolitri. Risultato sostanzialmente positivo date le condizioni e, se confrontato con altre realtà italiane che hanno subito purtroppo una sorte peggiore. Alla diminuzione della materia prima corrisponde conseguentemente l’aumento del prezzo delle uve e del vino, che per la Glera sale mediamente tra il 10 ed il 15% rispetto al 2016.

“Ricorderemo sicuramente quella del 2017 come una vendemmia che ci ha messo alla prova ma non ci ha spaventati” afferma Innocente Nardi, Presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG “Nonostante un’annata più complessa del solito siamo riusciti a ottenere un’ottima qualità, aiutati anche delle piogge estive che fino al termine di agosto hanno aiutato a portare i grappoli nella condizione ottimale per la raccolta. Il mese di settembre non è stato semplice ma abbiamo dimostrato tenacia e capacità di gestione dei vigneti e siamo orgogliosi dei risultati raggiunti”.

Il Conegliano Valdobbiadene, contraddistinto da pendii molto ripidi e da saliscendi difficilmente accessibili ai macchinari, impone ai vignaioli molte ore di duro lavoro tra i filari delle “rive”, gli appezzamenti più ripidi con pendenze fino al 70%, per la raccolta esclusivamente manuale dei grappoli di Glera. La vendemmia “eroica”, che rappresenta il momento di massima ingegnosità e passione dei viticoltori del territorio, quest’anno più che mai ha costituito l’apice e il coronamento del lavoro di un intero anno”.

lunedì 13 novembre 2017

Export agroalimentare italiano. Il Belpaese dice grazie al vino

Export agroalimentare italiano oltre i 40 miliardi di euro nel 2017 grazie a vino, ma anche salumi e formaggi. Il 60% dell'export da appena 4 regioni: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte.

L’export agroalimentare italiano si appresta quest’anno ad oltrepassare i 40 miliardi di euro, spinto dalla crescita nelle vendite oltre frontiera di vino, salumi e formaggi con aumenti stimati da Nomisma Agrifood Monitor compresi tra + 7% (vino) e + 9% (formaggi). Un risultato rilevante per una filiera altrettanto importante che dall’agricoltura alla ristorazione vale il 9% del PIL italiano (con più di 130 miliardi di euro di valore aggiunto), coinvolge il 13% degli occupati totali e concentra un quarto di tutte le imprese presenti in Italia.

Secondo stime Nomisma Agrifood Monitor, quest’anno l’export agroalimentare italiano oltrepasserà i 40 miliardi di euro, grazie ad una crescita superiore al 6% rispetto all’anno precedente. A spingere il settore verso un nuovo record nelle vendite oltre frontiera sono soprattutto le esportazioni dei prodotti simbolo del “Made in Italy” alimentare, vale a dire vino, salumi e formaggi che dovrebbero chiudere l’anno con un aumento nell’export compreso tra il 7 e il 9%.

Guardando invece ai mercati di destinazione sono soprattutto i paesi extra-Ue (seppure rappresentino ancora meno del 35% dell’export totale) ad evidenziare i tassi di crescita più elevati. Tra questi Russia e Cina, con variazioni negli acquisti di prodotti agroalimentari italiani a doppia cifra (oltre il 20%), benché il loro “peso” continui ad essere marginale sul totale dell’export (meno del 2%). In linea invece con la media di settore le esportazioni verso Nord America e paesi Ue (dati gennaio-luglio 2017).

“L’aumento dell’export unito ad un consolidamento della ripresa dei consumi alimentari sul mercato nazionale (+1,1% le vendite alimentari nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2016) prefigurano un 2017 all’insegna della crescita economica per le imprese della filiera agroalimentare” dichiara Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma.
Una filiera che dalla produzione agricola alla distribuzione al dettaglio e ristorazione vale oltre 130 miliardi di euro di valore aggiunto (pari al 9% del Pil italiano), genera lavoro per oltre 3,2 milioni di occupati (il 13% del totale) e coinvolge 1,3 milioni di imprese (il 25% delle aziende attive iscritte nel Registro Imprese delle Camere di Commercio).

Ma la rilevanza strategica della filiera agroalimentare va oltre i valori assoluti e si esprime nella sua capacità di tenuta e salvaguardia socioeconomica anche in tempo di crisi. “Dallo scoppio della recessione globale (2008) ad oggi” continua Pantini “il valore aggiunto della filiera agroalimentare italiana è cresciuto del 16%, contro un calo di oltre l’1% registrato dal settore manifatturiero e un recupero del 2% del totale economia, avvenuto in maniera significativa solamente a partire dal 2015”.

Non male per un settore fortemente frammentato dove le imprese alimentari con più di 50 addetti (quelle medio-grandi) rappresentano appena il 2% del totale, quando in altri paesi competitor – come la Germania - questa incidenza arriva al 10%. E questo spiega anche perché la propensione all’export della nostra industria alimentare sia pari al 23% contro il 33% della Germania, o visto da un’altra angolatura, perché le nostre esportazioni per quanto in crescita siano ancora molto inferiori a quelle francesi (59 miliardi di euro) o tedesche (73 miliardi).

La presenza di imprese più dimensionate unita a reti infrastrutturali più sviluppate nonché a produzioni alimentari maggiormente “market oriented” spiegano anche perché oltre il 60% dell’export italiano faccia riferimento ad appena 4 regioni: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, mentre al contrario tutto il Sud del Paese incida per meno del 20%.

Un differenziale che rischia di allargarsi ulteriormente anche in quest’anno di trend favorevole ai nostri prodotti, dato che nel primo semestre 2017 mentre le regioni del Nord Italia hanno messo a segno una crescita di oltre il 7% nelle vendite oltre frontiera, quelle del Mezzogiorno non sono riuscite a raggiungere il +2%.

Vino&Scienza. Identificati in ceppi di lievito i geni che conferiscono al vino il caratteristico aroma di rosa

Un team di microbiologi in Belgio ha individuato per la prima volta specifici geni capaci di sviluppare aromi di rosa e miele. Si chiamano TOR1 e FAS2, e servono ad aumentare la produzione di feniletil acetato nel lievito Saccaromyces cerevisiae. I risultati pubblicati su mBio.


Gli addetti ai lavori ben sanno che un gradevole odore di rosa, quello che, tanto per intenderci, ritroviamo in un Barolo, come quello di miele che contraddistingue ad esempio un Fiano, sono entrambi chimicamente riconducibili al feniletil acetato. Cosa nota, inoltre, è che lo sviluppo, ma più precisamente, l'amplificazione di certi aromi, che riscontriamo più o meno marcatamente nel vino, sono largamente attribuibili all'attività di specifici lieviti durante la fermentazione (vedi il caso sauvignon friulano). Bene, detto questo, alcuni ricercatori in Belgio hanno scoperto, attraverso indagini molecolari su ceppi di lievito, quali sono i geni responsabili a far sviluppare, in maggior concentrazione, questi due ricercati e rappresentativi descrittori.

Tengo a sottolineare che i risultati di questo studio sono stati resi possibili grazie a nuovi ed innovativi strumenti di indagine applicati allo studio del genoma di alcuni ceppi di lievito e di cui sino ad oggi non vi era alcuna conoscenza e che risultano essere più efficaci nel trasmettere alle bevande alcoliche, in modo più o meno marcato, aromi che, come in questo caso, sono riconducibili alla rosa ed al miele.

Questa nuova ricerca condotta dal dott. Johan M. Thevelein, insieme a Maria R. Foulquié-Moreno, presso il VIB, l'Istituto Inter-universitario delle Fiandre per la Biotecnologia, prende piede da altri recenti lavori concentrati sullo studio del rapporto che intercorre tra geni e aromi, al fine di creare ceppi di lievito migliorati attraverso tecniche sino ad oggi considerate convenzionali.

In primo luogo si è quindi provveduto all'analisi dei geni contenuti in un ceppo ibrido, ovvero derivato da due ceppi genitoriali, di Saccharomyces cerevisiae (lievito di birra), attraverso l'utilizzo della tecnica di sequenziamento ad alto-rendimento, HighThroughput Sequencing (HTS): termine molto diffuso per identificare le moderne metodiche di Next Generation Sequencing (NGS), quelle che cioè permetteno di analizzare il DNA degli organismi viventi, come appunto il lievito, attraverso un'elevatissima quantità di sequenze in breve tempo e a costi relativamente contenuti. Di una delle sue applicazioni ne ho parlato qui.

In questo ceppo ibrido, sono stati identificati quattro caratteri quantitativi (QTL) - praticamente tratti di DNA che contengono geni multipli di cui uno solo è quello causativo, ovvero quello legato ad una produzione più elevata di feniletil acetato. Un ulteriore indagine ha poi dimostrato che gli alleli (forme alternative dello stesso gene), dei due geni, nello specifico denominati TOR1, quello che aiuta a regolare l'azoto e FAS2, codificatore di un enzima coinvolto nella produzione di acidi grassi, erano i responsabili della massima produzione dei due aromi.

Una volta individuati, TOR1 e FAS2, sono stati isolati e successivamente introdotti in ceppi di lievito, non particolarmente dotati nel conferire profumi. Questa particolare operazione, che definirei di alta chirurgia in ambito molecolare, è stata resa possibile grazie all'ausilio di una tecnica innovativa ed attualmente molto in voga per l'editing del genoma. Si chiama CRISPR/Cas9, (da Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, ovvero brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari), praticamente un nuovo metodo che di fatto permette di tagliare e ricucire, con un intervento di altissima precisione, una sequenza di DNA. Nello specifico è Cas9, proteina associata a CRISPR, ad essere stata veicolata nel punto esatto dove è avvenuta l'operazione che ha permesso di inserire i due geni, previo taglio nella voluta sequenza di DNA del lievito.

CRISPR/Cas9 è stato mutuato da un sistema con cui i batteri si difendono dai virus a DNA, ovvero quei virus che utilizzano il DNA come materiale genetico per poi moltiplicarsi. CRISPR/Cas9 funge in tal modo proprio da sistema immunitario, cioè attacca e degrada i virus che contengono quel tratto di Dna. Questa tecnica, in continua evoluzione e perfezionamento, può essere utilizzata per colpire e modificare tutti i geni che si vogliono, come appunto dimostrato da questo specifico studio, insomma un sistema innovativo che di certo aprirà la strada in futuro ad ulteriori frontiere nel campo dell'editing genomico.  

Ma aldilà delle possibili applicazioni in campo industriale, quali potrebbero essere la produzione di birra, vino o qualsivoglia bevanda spiritosa, il presente lavoro ha in sostanza evidenziato e messo in luce quello che è lo scopo dei ricercatori, ovvero quanto il potenziale della mappatura genetica di tratti fenotipici quantitativi (QTL) possa essere efficacie nell'identificazione di nuovi enzimi e componenti regolatori nel metabolismo del lievito, incluso quelli con attività secondarie sconosciute che oggi sappiamo responsabili della biosintesi di composti specifici del sapore.

venerdì 10 novembre 2017

Due nuove denominazioni formalmente approvate per la Francia del vino

L'Istituto Nazionale delle denominazioni d'origine (INAO) ha formalmente approvato due nuove AOC in Borgogna: Vézelay come village e Borgogna Côte d'Or come nuova denominazione regionale.



Inizialmente le due nuove denominazioni sono state approvate nel mese di giugno di quest'anno, ma sono state formalmente riconosciute il 9 novembre nella Gazzetta ufficiale.


La promozione a denominazione village per Vézelay ha un significato molto profondo, perché di fatto è un ritorno alla sua ex gloria di importante ed antica regione vitivinicola nel nord della Borgogna. Situata nel dipartimento di Yonne, a ovest di Digione e a sud di Auxerre è conosciuta tra l’altro per la sua antica abbazia risalente al’XI° secolo. La sua storia legata alla produzione di vino si era come dire cristallizzata nel tempo, da quando i vigneti, tra il 1870 e 1880, furono devastati dalla phylloxera.

Da allora, il suo ritorno nel panorama vitivinicolo francese è stato lento nel tempo, come d’altro canto si conviene ad un Paese conosciuto per essere abbastanza refrattario al cambiamento. Quindi, solo 100 anni dopo, nel 1985, a Vézelay fu concessa la generica denominazione “Bourgogne”. Poi nel 1998 arrivò la denominazione regionale Bourgogne Vézelay e, solo oggi, finalmente, la tanto attesa promozione a village a coronamento della lunga attesa. Ricordo che village, è la denominazione riservata a vini prodotti unicamente in uno specifico villaggio, o nelle sue vicinanze; ora il nome Vézelay potrà essere riportato in etichetta.

Spostandoci più a sud, tra Digione e Beaune, la famosa Côte d’Or si è invece vista riconosciuta a nuova denominazione regionale, ed andrà ora a rappresentare il vertice produttivo della Borgogna e limitato ad un’area geografica di 1.000 ettari. La denominazione si collegherà alle regioni produttive della Côte Chalonnaise, Passe-tout-grains, Tonnerre, Côteaux Bourguignons, Crémant de Bourgogne, l’Hautes Côtes de Beaune e Côte de Nuits.

Vendemmia 2017. Incendi e siccità non fermano la qualità del vino californiano. Zinfadel da primato

Gli spaventosi incendi che hanno colpito il nord dello stato americano non hanno vanificato un raccolto che in tutta la California è stato riconosciuto come eccellente. Ma per l'industria del vino il 2017 sarà ricordato soprattutto come l'anno che ha segnato la fine di una siccità durata  ben cinque anni.

I dati del Dipartimento di Stato dell'Alimentazione e dell'Agricoltura divulgati dalla California Wines, parlano di una raccolta di 4 milioni di tonnellate in totale, solo leggermente in calo rispetto alle 4,03 milioni di tonnellate raggiunte nel 2016. La maggior parte delle le perdite sono state causate dall'onda di calore estiva piuttosto che dagli incendi di Sonoma, Napa e Mendocino.

I terribili incendi che hanno imperversato lungo queste tre aree della California a metà ottobre dominano sulle pagine dei giornali di tutto il mondo ma, anche se hanno causato enormi danni materiali e la perdita di oltre 40 vite umane, il loro impatto sull'industria del vino non è stato così pesante come si potrebbe immaginare.

Certo alcune cantine sono andate completamente distrutte dalle fiamme ed altre solo parzialmente danneggiate, molto del vino andato perso, ma in generale, circa il 90% delle uve, nelle tre contee, sono state raccolte prima che gli incendi divampassero.

La stragrande maggioranza del raccolto di ogni singolo vitigno, come ha tenuto a precisare Robert Koch, presidente e CEO dell'Istituto del Vino, organizzazione che rappresenta l'industria del vino californiano con più di 1000 cantine presenti nello stato, non è stata influenzata dagli incendi e l'annata promette di essere di ottima qualità.

Le piogge provvidenziali hanno portato nuova linfa ai vigneti e gran parte dei produttori risultano essere soddisfatti. Si parla di Pinot Noir, Cabernet Sauvignon e Merlot con uve sane con colore, estrazione e sapore eccellenti. Lo Zinfandel su tutti, che nonostante sia stato colpito da maggiori perdite, è figlio di un annata straordinaria, paragonabile a quella del 1999.

Per quanto riguarda il versante dei bianchi, acidità e aromi sopra la media per Sauvignon Blanc e Chardonnay. Insomma, nel bene e nel male, un annata, quella del 2017, decisamente da ricordare per la California del vino.

giovedì 9 novembre 2017

MOVIMENTO TURISMO DEL VINO: CANTINE APERTE A SAN MARTINO PER FESTEGGIARE IL CAPODANNO AGRARIO


Si rivive la tradizione del “Capodanno agricolo” con ‘Cantine Aperte a San Martino’ (sabato 11 e domenica 12 novembre), l’appuntamento autunnale targato Movimento turismo del vino (Mtv) che festeggia la fine della vendemmia e la nascita del vino nuovo. Sono circa 130 le cantine in 12 regioni aderenti che presenteranno a curiosi ed enoappassionati non solo i vini novelli e le etichette di punta, ma anche i prodotti tipici stagionali che fanno dell’autunno una vera esplosione di gusto. 

Si va dalla merenda sinoira, l’antica "marenda ant el fassolet" piemontese, ai prodotti artigianali del Friuli Venezia Giulia e i “giri dell’oca” in Veneto. E ancora l’olio, il cioccolato e i tozzetti in Umbria, e ovviamente le castagne, protagoniste delle tavole autunnali in tutto lo stivale. Spazio agli esploratori, non solo del gusto, con le visite ai luoghi speciali dell’affinamento come i tunnel sotterranei in Abruzzo, le masserie in Puglia e i “crotin” in Piemonte, un excursus enologico nella Grande Guerra.

E se in Veneto si fa Nordic walking lungo il fiume Nicesolo per l’“Hemingway wine tour”, in Sicilia debutta il wine trail “Corri tra le vigne”, 8 chilometri di corsa nei vigneti di Castelbuono (PA). In Emilia Romagna si brinda ridendo con le “zirudelle” in dialetto, mentre si muove a suon di musica la Lombardia, con performance che spaziano dal sound sudamericano del “Duo Sax Chitarra” alla musica popolare dei “Dla Basa”. Completano l’offerta le iniziative in Calabria, Campania e Lazio.

Novità per l’edizione 2017, “Cantine Aperte a San Martino in Camper” apre le porte delle aziende vinicole aderenti ai camperisti, con scontistiche speciali per gli iscritti al Club del PleinAir, rivista partner Mtv, e punti sosta dedicati all’interno delle proprietà o in spazi appositamente attrezzati.

Info e programmi
www.movimentoturismovino.it/it/eventi/5/cantine-aperte-a-san-martino/
www.movimentoturismovino.it/it/news/nazionali/0/0/1324/scopri-cantine-aperte-a-san-martino-in-camper/

Export. Cresce la voglia di vino italiano a Hong Kong


La bussola dell'export del vino italiano punta con decisione verso oriente. Con un aumento del 22% dell’export enologico verso Hong Kong nei primi 8 mesi del 2017, l’Italia scalda i motori e si presenta compatta al più importante appuntamento b2b per il vino in Asia. Nel Padiglione Italia organizzato anche quest’anno da Vinitaly degustazioni, educational e la nuova iniziativa #B2BHongKong. 

Con 120 tra cantine, consorzi di tutela e istituzioni e un fitto programma di incontri b2b, tasting ed educational, organizzati anche quest’anno da Vinitaly, parte la missione commerciale italiana all’International Wine & Spirits Fair (IWSF), aperto da oggi all’11 novembre all’Hong Kong Convention and Exhibition Center.

«Hong Kong è il più grande hub enologico del mercato asiatico e rappresenta una tappa strategica per la promozione della conoscenza e del business del vino italiano. Per questo – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - già dal 2010 siamo presenti con Vinitaly all’International al Wine & Spirits Fair, dove organizziamo, in collaborazione con l'Italian Trade Agency, il Padiglione Italia per dare un’immagine coesa e forte del nostro Paese».

Il momento è positivo

Secondo Benjamin Chau, vice direttore esecutivo del Hong Kong Trade Development Council organizzatore dell’IWSF, «nei primi otto mesi del 2017, a Hong Kong le importazioni hanno raggiunto circa 840 milioni di euro. La maggior parte dei vini è stata importata da Francia, Regno Unito e Italia e le importazioni dall'Italia hanno registrato una crescita del 22%».

Il Padiglione Italia

Raddoppiata quest’anno la superficie del Padiglione Italia, fino a superare i 1.000 metri quadrati. In questo spazio, insieme, 120 tra cantine gioiello, cooperative, aziende familiari, consorzi e istituzioni regionali offrono l’essenza dei vini e dei territori italiani a più di 30.000 buyer e visitatori provenienti, oltre che da tutta l’Asia, da Australia, America ed Europa. Per rendere completa la loro esperienza, nella Vinitaly Lounge in degustazione caffè e prodotti agroalimentari made in Italy.

110 incontri b2b

Nel calendario delle attività in programma nei tre giorni di fiera, fortemente focalizzata sul business è la nuova iniziativa #B2BHongKong, organizzata in collaborazione con HKTC. Si tratta di 110 incontri tra 14 produttori italiani e trader provenienti da 14 tra Paesi e territori diversi: Cina e Cina continentale, USA, Indonesia, Taiwan, Filippine, Singapore, Vietnam, Australia, Cambogia, Monaco, Brasile.

Seminari VIA, educational e master class

Per promuovere la cultura del prodotto e dei territori di origine, che da sempre rappresenta una delle principali attività delle tappe all’estero di Vinitaly, in programma tre Executive Seminar della Vinitaly International Academy per la formazione nel mondo di operatori esperti sul vino italiano: una sulle varietà internazionali in Italia, una dedicata al Sangiovese e alla sua versatilità nel produrre alcuni tra i più grandi vini del nostro Paese e la terza con il confronto tra diversi vini italiani. Una quarta sessione della VIA viene invece dedicata alla presentazione di una selezione di etichette della guida 5StarWines – The book 2017. A questi incontri si aggiungono una ventina di altri educational e master class realizzati in collaborazione con consorzi, istituzioni ed espositori.

Prestigio, libertà e diversità nell’elaborazione di uno Champagne. Al via 4 masterclass del Bureau du Champagne

L’Académie du Champagne è l’evento annuale del Bureau du Champagne in Italia completamente dedicato all’alta formazione sulla denominazione. In programma a Milano il 20 novembre.

Continuano i seminari del Bureau du Champagne, questa volta si parlerà dei vini di riserva, del ruolo delle annate, dell’elaborazione dei rosé e del dosaggio, passando in rassegna 18 cuvée. Il tema dell’Académie 2017 sarà dunque la cuvée alla quale saranno dedicate 4 masterclass su “Prestigio, libertà e diversità nell’elaborazione di uno Champagne”. 

Come già avevo scritto, con il progetto “Gli incontri del Bureau du Champagne” il Comité Champagne vuole rafforzare la conoscenza della denominazione presso appassionati e neofiti attraverso una serie di seminari di formazione in tutta Italia tenuti dagli Ambasciatori dello Champagne, una rete di professionisti specializzati sulla formazione e selezionati dal Comité Champagne sulla base di criteri rigorosi.

Il programma prevede due ore di full immersion sullo Champagne guidate dagli Ambasciatori dello Champagne, professionisti della formazione selezionati dal Comité Champagne, come in questo caso Chiara Giovoni, Claudia Nicoli, Leonardo Taddei e ospite speciale: Violaine de Caffarelli, enologa del Comité Champagne, in cui i partecipanti impareranno a riconoscere le diverse tipologie di Champagne e, ripercorrendo le principali tappe della storia di questo vino, avranno modo di scoprire quali sono le fasi di elaborazione del “méthode champenoise” mettendo alla prova i loro sensi con l’assaggio.

Come ebbe a commentare in seno alla presentazione del progetto, Thibaut Le Mailloux, Direttore della comunicazione del Comité Champagne,  un evento come l’Académie è una ulteriore conferma della passione degli italiani per lo Champagne,  L’Italia, con la sua ricchissima cultura enogastromica, ha un pubblico esigente, desideroso di conoscere sempre meglio l’unicità del terroir champenois e i suoi vini.

Dal 2015 Coteaux, Maison e cantine della Champagne sono parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO che ha riconosciuto il valore universale eccezionale del suo paesaggio.

L’Italia è il settimo mercato al mondo per lo Champagne (Francia esclusa), dove nel solo 2015 sono giunte 6,3 milioni di bottiglie che per l’8,5% erano costituite da cuvée speciali e millesimati.

Per informazioni è possibile contattare il Bureau du Champagne al numero 02 43995767 o scrivendo a info@champagne.it.

Chi è il Bureau du Champagne, Italia
Il Bureau du Champagne rappresenta in Italia Comité Champagne. Con sede a Epernay, il Comité riunisce tutte le Maison e tutti i Vigneron della Champagne. La missione fondamentale del Bureau, che opera in Italia da trent’anni, è rivolta principalmente alla difesa e alla promozione della denominazione Champagne sul mercato italiano Il Bureau è un punto di riferimento anche per gli appassionati e per chi desidera avvicinarsi al mondo dello Champagne.

Economia della Bellezza, All routes lead to Rome, al via l'evento ufficiale dell'Anno Mondiale del Turismo Sostenibile per lo Sviluppo



ALL ROUTES LEAD TO ROME è una manifestazione che si svolge annualmente a Roma: una piattaforma di incontro, di confronto e di promozione delle antiche vie di storia, di cultura e di pellegrinaggio che attraversano il Bel Paese.


Il Meeting, nato in occasione del Giubileo della Misericordia, intende raccontare l'Italia più autentica, le radici delle mille identità plurali che rendono straordinario ogni campanile, ma con uno sguardo aperto e un sentimento di profonda convivialità nei confronti del viandante/viaggiatore, che diventa ospite nel momento stesso in cui entra a contatto con la comunità locale. Uno sguardo ampio, inoltre, perché sostiene la centralità dell'Italia nel percorso di costruzione dell'Europa dei popoli, ma al centro di un Mediterraneo che non può essere vissuto come minaccia ma come straordinaria opportunità di crescita culturale, sociale ed economica.

L'edizione 2017 di ALL ROUTES LEAD TO ROME - dal 17 al 26 novembre presso Palazzo Massimo, sede del Museo Nazionale Romano - è evento ufficiale dell'Anno Mondiale del Turismo Sostenibile per lo Sviluppo, proclamato dall'Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) presso le Nazioni Unite. Ed è dedicato alla "Economia della Bellezza", alle forme contemporanee di fruizione e valorizzazione dello straordinario patrimonio culturale del Paese, materiale e immateriale, con spazi di confronto dedicati all'Anno Nazionale dei Borghi che volge al termine e all'Anno Europeo del Patrimonio Culturale che va ad iniziare.

Al centro dell'attenzione, il progetto dei Parchi Culturali Ecclesiali della Conferenza Episcopale Italiana, il bicentenario della pubblicazione del "Viaggio in Italia" di Goethe e l'affascinante prospettiva proposta dalla "nuova" Via della Seta (Silk Road).

L'evento è promosso dalla rete di cooperazione internazionale "Cammini d'Europa" e da "Vie Sacre", realizzato da Infosei, in collaborazione con Società Geografica Italiana, Consorzio Francesco's Ways e la rete cicloturistica nazionale Viandando. E' reso possibile da un accordo di valorizzazione con la Soprintendenza Speciale per il Colosseo e le Aree archeologiche di Roma e il Parco Archeologico dell'Appia Antica. Ha il patrocinio di autorevoli istituzioni, tra cui il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il Ministero dell'Ambiente, il Pontificio Consiglio della Cultura, la Pastorale Nazionale del Turismo della CEI, l'ANCI, l'UNPLI, Federculture e Federcultura/Confcooperative.

ALL ROUTES LEAD TO ROME
#routes2rome
Museo Nazionale Romano
Palazzo Massimo Alle Terme – Largo Villa Peretti, 2 - Roma
Ingresso libero