venerdì 23 dicembre 2022

Ricerca, Effetti della potatura meccanica invernale sulle prestazioni della vite e sui costi di gestione in un vigneto di Trebbiano Romagnolo

Uno studio quinquennale del Dipartimento di Scienze Agrarie e Alimentari, Alma Mater Studiorum—Università di Bologna, ha indagato gli effetti della potatura meccanica invernale sulle prestazioni della vite e sui costi di gestione in un vigneto di Trebbiano Romagnolo, nell'ottica di apportare maggiore innovazione e nuove soluzioni per un'agricoltura sostenibile nonché la valorizzazione di questo importante vitigno.

Credits: Consorzio Vini Romagna



La potatura meccanica invernale del vigneto si sta diffondendo in tutto il mondo e si è consolidata come un modo per diminuire la manodopera necessaria per eseguire le tradizionali e lunghe operazioni manuali. Infatti, uno dei fattori cruciali che spingono i viticoltori verso la meccanizzazione è l'obiettivo di ridurre i costi di produzione senza penalizzare la qualità del prodotto. La potatura manuale rappresenta fino al 75% della domanda annuale di manodopera e un lavoro così elevato può essere ridotto attraverso la meccanizzazione dal 50 al 90%, a seconda del sistema di formazione utilizzato e dell'entità della pulizia delle mani. Inoltre, la meccanizzazione può sostenere la competitività dei vini in quanto consente loro di soddisfare l'ampia domanda del mercato e può anche essere utilizzata per ottenere vini di alta qualità in aree idonee per una moderna viticoltura meccanizzata ed economicamente sostenibile. 

Lo sviluppo di sistemi a traliccio adatti alla meccanizzazione, infatti, ha rappresentato un ulteriore passo per garantire la redditività delle cantine in un mercato internazionale sempre più competitivo. L'integrazione tra la potatura meccanica invernale e il sistema a spalliera, infatti, si è rivelata un fattore chiave per il successo di questa operazione. Tuttavia, gran parte della tecnologia di meccanizzazione attualmente disponibile per la potatura invernale sembra sottoutilizzata in Italia poiché il divario tra l'effettiva adozione delle macchine per la potatura invernale e la quantità di informazioni raccolte dai primi anni '70 sulle performance della vite è notevole.

La potatura meccanica invernale risulta infatti facilitata se eseguita su graticci con vegetazione a crescita libera nella parte alta del cordone. La vera svolta per la potatura meccanica è risultata dall'adozione di una formazione modificata del Geneva Double Curtain (GDC), sistema a cordone speronato singolo. Questa forma di allevamento in origine fu sviluppata negli Stati Uniti negli anni '50 del secolo scorso. Essa prevede la presenza di 2 cortine di vegetazione che pendono parallele rispetto all’asse del filare e sono sostenute da bracci mobili con potatura corta con speroni di 1÷3 gemme. Entrambi i sistemi di allevamento sono particolarmente indicati per la meccanizzazione della potatura invernale in quanto le barre falcianti non trovano ostacoli e possono operare il più vicino possibile al cordone. La valutazione finale della convenienza economica dell'applicazione della potatura meccanica e l'influenza che la superficie del vigneto e il costo del lavoro hanno su di essa sono questioni che hanno ricevuto poca attenzione negli studi precedenti.

L'aspetto economico è determinante per le scelte di gestione del vigneto, soprattutto in un momento in cui la scarsità di manodopera sta diventando uno dei grandi temi emergenti dell'agricoltura nei paesi avanzati, dove questa esigenza è spesso accompagnata da una progressiva crescita salariale. Sebbene gli studi recenti sulla valutazione del costo opportunità della meccanizzazione della potatura invernale siano pochi, il loro confronto è reso difficile dalla specificità del sistema di allevamento considerato, dall'orografia del terreno (sito pianeggiante o in pendenza) e dal livello di meccanizzazione adottato.

Le più recenti prospettive della meccanizzazione in viticoltura riguardano sia l'applicazione di tecniche di viticoltura di precisione sia la dimostrazione della sua fattibilità economica per mantenere o addirittura migliorare la composizione dell'uva alla luce dell'attuale scenario di riscaldamento globale. 

Date queste considerazioni, questa ricerca si propone di valutare e confrontare gli effetti a lungo termine di due diversi livelli di meccanizzazione della potatura invernale rispetto alla potatura manuale e sul comportamento vegetativo della vite, resa, composizione dell'uva e costi di gestione del Trebbiano Romagnolo. Pertanto, l'ipotesi del team di ricerca è stata che la meccanizzazione della potatura invernale è economicamente sostenibile, ma la sua applicazione è soggetta alle prestazioni della vite, ai costi di gestione e alla dimensione del vigneto. In questo studio è stato analizzato il caso del Trebbiano Romagnolo, in quanto varietà ad alto rendimento con bassa fecondità del germoglio basale e ampiamente coltivata (circa 15.000 ha) nella zona orientale della Regione Emilia-Romagna.

Lo studio

Lo studio è stato condotto nell'arco di cinque anni, dal 2011 al 2015, in un vigneto non irriguo di  Trebbiano Romagnolo, clone TR 3T, innestato su portainnesto SO4 (Vitis berlandieri x Vitis riparia), piantato nel 1997 e localizzato nella fertile pianura nei pressi di Faenza. Le viti sono state allevate alla GDC con bracci orizzontali e autoportanti. Le viti sono state distanziate di 4 m tra i filari e di 1 m all'interno del filare, presentando su entrambi i lati della struttura a traliccio due cordoni permanenti di 1 m ciascuno.

L'esperimento è stato condotto su 60 viti lungo tre filari adiacenti di 300 viti ciascuno, e tre trattamenti di potatura sono stati disposti in un disegno a blocchi randomizzati, con quattro blocchi di 15 viti ciascuno. In ciascun blocco, cinque viti per trattamento sono state utilizzate come unità sperimentali. I trattamenti di potatura confrontati sono stati: potatura manuale eseguita da speroni di contenimento del terreno con 3-4 nodi di conteggio e alcuni speroni più corti per evitare l'impoverimento del cordone permanente; pre-potatura meccanica eseguita da un'unità a quattro barre taglienti applicata vicino alla tenda per lasciare circa 3-4 nodi di conteggio per sperone e un controllo manuale simultaneo condotto da due operatori con cesoie pneumatiche da una piattaforma trainata da trattore per sfoltire il legno potato a macchina; potatura meccanica eseguita, come descritto in precedenza, ma senza un controllo manuale. Altri dati presi in considerazione sono stati i dati climatici e le componenti della crescita vegetativa e della resa, campionamento degli acini e analisi biochimiche del mosto, le stime dei costi di potatura e analisi statistica.

Risultati

I risultati agronomici ed economici ottenuti in questo studio quinquennale supportano la nostra ipotesi e confermano che la potatura meccanica può essere proficuamente applicata anche su varietà di vite caratterizzate da bassa fecondità delle gemme basali, come il Trebbiano romagnolo. I dati riportati in questa ricerca indicano che su Trebbiano romagnolo è fattibile anche la potatura meccanica senza alcun controllo manuale e che le prestazioni della vite sono molto simili a quelle delle viti sottoposte a un leggero controllo manuale. Inoltre, i nostri risultati hanno dimostrato che la sostenibilità economica potrebbe essere raggiunta anche in vigneti di circa tre ettari.

In conclusione, tenendo conto anche della composizione dell'uva, i risultati del presente studio rivelano che la meccanizzazione della potatura può essere applicata con successo nelle attuali condizioni di riscaldamento globale, in aree viticole caratterizzate da terreni pianeggianti o dolci colline, e anche in piccole aziende viticole , finalizzato alla produzione di vini spumanti di alto pregio, che possano beneficiare della moderata concentrazione zuccherina e della discreta acidità che caratterizzano le uve provenienti da viti potate meccanicamente.

La ricerca è stata finanziata dalla LR Emilia-Romagna 28/1998, con il sostegno finanziario delle cantine cooperative CAVIRO e CEVICO. 

martedì 20 dicembre 2022

Agroalimentare: 75° edizione dell’Annuario CREA dell’agricoltura italiana

Realizzato dal CREA Politiche e Bioeconomia è stato presentato dal Presidente del CREA Prof. Carlo Gaudio e dal Direttore Generale Stefano Vaccari l’Annuario CREA dell’agricoltura italiana. 




L'Annuario dell'Agricoltura Italiana, giunto alla sua LXXV edizione, dal 1947, analizza l'andamento e l’evoluzione del sistema agro-alimentare nazionale. Così come 75 anni fa il I° Volume rifletteva il momento straordinario affrontato dal Paese dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, allo stesso modo anche quest’ultimo, dedicato al 2021, restituisce un’immagine vitale dell’agricoltura nazionale, di fronte alle molte sfide di questo millennio. La sempre più pressante emergenza climatico-ambientale, l’uscita dalla pandemia, un nuovo conflitto bellico, l’emergere di nuove forme di povertà, ricollocano l’agricoltura e l’agro-alimentare al centro dell’interesse pubblico, del dibattito tecnico-scientifico e, quindi, dell’agenda politica mondiale». Così Carlo Gaudio, presidente del CREA, intervenendo oggi alla presentazione dell’Annuario dell’Agricoltura italiana 2021, la fonte più autorevole e completa per comprendere lo stato del settore in Italia, realizzato dal CREA, con il suo Centro Politiche e Bioeconomia.

L’agricoltura si conferma protagonista all’interno della filiera agro-alimentare, simbolo del Made in Italy, dove l’intera filiera contribuisce al 15% del fatturato globale dell’economia nazionale. La crescita, rispetto al 2020, del  fatturato complessivo dell’agro-alimentare, si deve  alle buone performance dell’agricoltura (+6,4%) e, soprattutto, dell’industria alimentare (+7,6%), in aumento anche rispetto ai livelli pre-pandemia (+2,5% sul 2019). Indiscusso anche il contributo dell’agricoltura alla bioeconomia (+11% circa rispetto al 2020), di cui il primario e l’industria alimentare rappresentano quasi il 60% della produzione e il 69% di occupati (69%).

Come dichiarato da Stefano Vaccari, direttore generale  del CREA, come ogni anno, da 75 anni, l’Annuario consolida tutti i dati e i trend dell’agricoltura italiana e rappresenta l’unica pubblicazione capace di descrivere con rigore e completezza la complessità del nostro sistema agroalimentare –  -  Un Sistema che anche nel 2021 ha dimostrato straordinaria vitalità e che nel complesso fattura oltre 549 miliardi di euro. A livello europeo l’Italia agricola cresce, ma meno di altri Paesi e perde la Leadership del Valore aggiunto che deteneva da 8 anni. Rimane comunque elevata la capacità delle aziende agricole italiane di produrre valore: delle quattro maggiori agricolture europee, Francia, Italia, Germania e Spagna, un ettaro italiano continua a produrre  più del doppio del Valore aggiunto di tutti gli altri Paesi. Straordinario rimane l’apporto delle attività connesse agricole, che con oltre 12,5 miliardi di euro nel 2021 si confermano strategiche per l’intera agricoltura nazionale, costituendo un quinto dell’intera produzione lorda vendibile italiana.

Dal punto di vista strutturale, si segnala, da un lato, la massiccia fuoriuscita di aziende dal settore (-30%), in particolare di piccola e piccolissima dimensione: in calo quelle sotto un ettaro (rappresentano circa il 21% del totale nel 2020 contro l’oltre 30% del decennio precedente) mentre aumentano quelle da 50 ettari in su (dal 2,8% a oltre il 4,5%); dall’altro, invece, la crescita della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) media aziendale da 8 a 11 ettari (1,2 milioni ettari). (Dati 7° Censimento agricoltura 2020 ISTAT) 

Sul fronte degli scambi con l’estero anche nel 2021 si conferma positivo il valore del saldo commerciale: le esportazioni superano per la prima volta il valore dei 50 miliardi di euro (+11,3%), di cui i prodotti del  Made in Italy rappresentano più del 73% del totale (+9,5% sul 2020).

L’Italia continua a detenere all’interno dell’UE il primato dei prodotti di qualità certificata DOP/IGP, che contano 316 prodotti agroalimentari e 526 vini, con risultati record in termini di valore della produzione e delle esportazioni, che hanno raggiunto rispettivamente gli 8 miliardi di euro (+9,7%) e la cifra record di 4,4 miliardi (+12,5%). Inclusi i vini, il valore supera i 19 miliardi di euro rappresentando il 21% sul fatturato dell’agro-alimentare nazionale.

Primato anche per il biologico con 2,2 milioni di ettari coltivati, che collocano l’Italia tra i primi paesi produttori in Europa: 17,4% della SAU nazionale a fronte del più contenuto 9,1% della media UE.

Dal punto di vista ambientale, le emissioni agricole rappresentano l’8,6% del totale delle emissioni nazionali (+4,2% rispetto al 2019),  ma nel lungo periodo (1990-2020)si è registrata una diminuzione delle emissioni del settore superiore all’11%. Nel 2021, si segnala un aumento sia del numero degli impianti di biogas che dei metri cubi prodotti di biogas e biometano in Italia (circa 2 miliardi di standard metri cubi di biometano e oltre 40 milioni di tonnellate di biomasse agricole).

Stabile al 20% il peso delle attività di diversificazione dell’agricoltura sul valore della produzione con un contributo pari a 12.520 milioni di euro nel 2021, in netta ripresa dopo le grandi difficoltà legate alla pandemia. Le aziende diversificate sono circa il 5,7% del totale e l’attività più diffusa si conferma l’agriturismo (che interessa quasi il 38% delle aziende con attività connesse), seguita dal contoterzismo attivo (14,5% del totale delle aziende con attività connesse). La produzione di energia da fonti rinnovabili fa segnare una crescita del 200% delle aziende in dieci anni.

Si conferma rilevante la spesa pubblica per il settore agricolo: poco superiore ai 12 miliardi di euro (+10,8% rispetto all’anno precedente). Dall’UE provengono i due terzi (67%) di questo sostegno, mentre i fondi nazionali coprono il 19% e quelli regionali il restante 14%.

L’evento è stato anche l’occasione per un primo commento ai dati di andamento del commercio agro-alimentare nei primi nove mesi del 2022 e per la presentazione della 35° edizione del volume L’agricoltura italiana conta 2022, che fotografa in un formato divulgativo e sintetico, i diversi fattori che definiscono il ruolo del settore primario in una economia avanzata.

"L’Annuario dell’Agricoltura italiana, il Rapporto sul commercio con l’estero e Itaconta sono le storiche pubblicazioni istituzionali del Centro CREA PB, – afferma Alessandra Pesce, direttrice del CREA Politiche e Bioeconomia – emblemi di una tradizione di studio e analisi del settore agroalimentare che ha contribuito in maniera determinante al disegno delle politiche di sostegno al settore, come ha dimostrato anche il supporto dato alla recentissima elaborazione del Piano Strategico della PAC, il più consistente strumento di programmazione in favore della filiera agroalimentare, con una dotazione di oltre 37 miliardi di Euro in cinque anni. Il Centro Politiche e Bioeconomia si conferma così il motore della ricerca in campo economico e sociale i cui risultati trovano concreta e fattiva applicazione nei processi di sviluppo del sistema agroalimentare."

Damira Placata, le marionette in una inedita opera barocca

Al Teatro Domma una raffinata proposta culturale: Damira Placata, l'inedita opera barocca messa in scena dai burattini ed eseguita dal vivo con un gruppo di cantanti. 




Portare una inedita opera barocca, messa in scena dai burattini ed eseguita dal vivo con un gruppo di cantanti specializzati nel repertorio barocco, insieme a un piccolo ensemble orchestrale con strumenti originali in una zona periferica della città è una sfida culturale volta ad arricchire il patrimonio culturale delle nostre periferie.

Una raffinata proposta culturale, nutrita da un importante lavoro di ricerca musicologica, che non ha paura di presentarsi di fronte a un pubblico eterogeneo e, anzi, conta di coinvolgerlo attraverso i linguaggi utilizzati – la musica e il teatro di figura – che la rendono adatta alla fruizione da parte di un pubblico di adulti e non.

Il progetto è realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione generale Spettacolo ed è vincitore dell’Avviso Pubblico Lo spettacolo dal vivo fuori dal Centro -Anno 2022 promosso da Roma Capitale – Dipartimento Attività Culturali.

L’OPERA PER MARIONETTE A VENEZIA

Il teatro d’opera per marionette ha una storia non ricchissima di titoli e tuttavia ricopre un ruolo non marginale nel panorama dell’opera barocca italiana. La fortuna del genere è soprattutto legata alle scene veneziane. Nella città lagunare esisteva infatti una lunga e fiorente tradizione di teatro di figura, legato soprattutto ai personaggi della commedia dell’arte. Calli e campielli erano popolati da figure in legno che declamavano discorsi e danzavano. Le loro voci erano alterate attraverso l’uso della pivetta, un apparecchio che si teneva nella bocca dell’attore, a mo’ di ancia, e ne distorceva la voce. Nei palazzi e nei teatri, in contrasto con tali grotteschi effetti vocali, si pensò invece di dare voce alle marionette nel raffinato stile vocale dell’opera in musica contemporanea, fino a comporre delle vere e proprie opere, pensate per essere eseguite in tal guisa. I primi esempi del genere risalgono agli anni intorno al 1680. In particolare, del 1679 è l’opera Il Leandro, con musica del Pistocchino (Francesco Antonio Pistocchi), rappresentata in un teatro privato a Riva delle Zattere e dell’anno successivo la Damira placata di Ziani. Nelle rappresentazioni di tali opere, gli strumentisti e i cantanti erano solitamente nascosti agli occhi del pubblico, al fine di rafforzare l’illusione scenica. Con gli anni, alle figure in legno ne vennero aggiunte altre costruite in cera.

LA “DAMIRA PLACATA”

Nel 1680, il Teatro San Moisé, eretto nel 1638 per volontà della famiglia Giustinian nei pressi del proprio palazzo, chiude temporaneamente i battenti per dare luogo a una completa ricostruzione, che lo renderà nuovamente attivo a partire dal 1684. Durante i lavori di demolizione e ricostruzione, lo spazio antistante viene occupato da una struttura eretta appunto per il teatro di marionette. Particolarmente attivo in questa impresa dovette essere l’ingegnoso burattinaio Filippo Acciaiuoli (1637-1700). Fiorentino, cavaliere di Malta, viaggiatore in oriente ed occidente, Acciaiuoli fu una poliedrica figura di poeta, burattinaio, scenografo, macchinista teatrale, pittore, matematico e musicista. A Roma L’Acciaiuoli portò a palazzo Colonna Il noce di Benevento o il Consiglio delle Streghe, al teatro Tordinona rappresentò I Campi Elisi, al Capranica mise in scena L’Inferno sempre con “infinite capricciose trasformazioni d’una cosa in un’altra”. Sempre a Roma, nel 1682, rappresentò Chi è causa del suo mal pianga se stesso, musicato da Marc’Antonio Ziani. Ma lo spettacolo non piace al Pontefice Innocenzo XI, cosicché l’Acciaioli presenta formali scuse, definendo se stesso un “buon Christiano” e la sua opera una semplice “bagatella”. Federico, Gran Principe di Toscana ebbe in regalo dall’Acciaiuoli un teatrino composto di 24 mutazioni di scena e 124 figure, tutte mosse da lui stesso senza aiuto alcuno, grazie ad un ben congegnato gioco di contrappesi. Scrive un cronista che il sovrano “ha fatto venire da Roma periti artefici, quali gli hanno lavorato una buona compagnia di recitanti di quelli che parlano per l’altrui bocca, si muovono al moto di un filo di ferro sottilissimo, et essendo statuette insensate, sono nelle scene mirabili ne’ loro gesti.[…] Il Granduca ritornò poscia nella sua città per accelerare la recita di quei fantoccini, essendo qua venuto da Roma il Cav.r di Malta Acciuoli prattico in eccellenza di tale sorte di commedia […] e perchè que’ burattini hanno presto imparata la loro parte et i gesti, s’è recitata con l’intervento di molte dame […]. Questi comici insensati sono con le scene venuti da Roma in dono al Sig.r Principe, e costano 20 mila scudi”. Nel 1681 l’Acciaioli mise in scena Ulisse in Feacia con musiche di Antonio del Gaudio e burattini di cera e nel 1689 un dramma comico su musica di Jacopo Melani, Girello, opera che aveva già conosciuto a Roma, qualche anno prima, grande successo per il ricco allestimento scenico e per la comicità alquanto pesante che aveva suscitato grande ilarità negli spettatori.

Il libretto della Damira è adattato alla scena marionettistica dallo stesso Filippo Acciaiuoli a partire da ub originale di Aurelio Aureli, che appartiene al filone letterario-favolistico in voga nella Venezia del secondo Seicento. La scena si finge a Menfi, in un tempo imprecisato dell’Egitto antico, e evoca gli sventurati casi di una regina ripudiata, Damira, e infine riammessa all’amore del re Creonte nell’inevitabile scioglimento finale. Aureli è uno degli autori veneziani più rappresentativi del periodo che precede la riforma arcadica dell’opera seria. La sua poesia si distingue nell’indugiare sui “ricercati dilemmi di una brillante casistica erotica” (Mutini). Dal punto di vista musicale, l’opera di Ziani rivela una sicura conoscenza degli stili veneziani. Le arie sono condotte spesso su ostinati; i numeri di maggior successo sono arie commoventi e lente in 3/2 o un misurato 4/4. Il recitativo è aggraziato e melodioso, il suo movimento armonico e le inflessioni melodiche accuratamente adattate per riflettere il flusso e riflusso del dramma. Si nota anche una certa varietà formale nella strutturazione delle arie, così come notevole è la presenza di un buon numero di arie accompagnate dagli archi. Se si esclude la ripresa della Fenice nel 1980, in occasione del terzo centenario della prima rappresentazione dell’opera, il titolo non ha conosciuto, per quanto ci consta, altre esecuzioni in epoca moderna.

La messa in scena

Nonostante la sua ambientazione esotica “a Menfi, lungo le sponde del Nilo” la trama della Damira Placata non ha molto a che vedere con l’ Egitto. E’ piuttosto uno sguardo all’ Egitto attraverso gli occhi di un uomo del settecento, che con molta probabilità non era mai stato. E’ invece un’ opera barocca veneta con molti spunti comici e l’ adattamento alle marionette voluto dall’ Acciaioli è pienamente giustificato perché la presenza del fantoccio in scena consente di caricaturalizzare i personaggi e favorisce la narrazione fiabesca. I Fantocci sono molto grandi, e si vedono da una distanza maggiore rispetto al classico burattino a guanto e sono una sorta di fusione tra la marionetta (colta e verosimigliante) e il burattino (imperfetto e grottesco). Gli operatori vi scompaiono dentro e ne manovrano il movimento delle mani e della bocca senza essere visibili. Alcune repliche degli stessi pupazzi, in scala ridotta, rendono possibili piccoli effetti prospettici e nei due balletti presenti nell’ opera le marionette del “corpo di ballo” si lanciano in volteggiamenti che il corpo fisico del danzatore o dell’ attore non accetterebbe di buon grado di sostenere. Il fondale è liberamente ispirato ad un “capriccio con rovine classiche” in un collage di fiume Nilo, piramidi, Sfinge, Canal grande , piazza S. Marco, palazzo Ducale e ponte di Rialto e i costumi barocchi di Nerillo e dei pupazzi hanno alcuni elementi esotici.

Nata per volontà di Francesca Ascioti EneaBarockOrchestra è stata fondata nel giugno del 2018 in occasione della prima esecuzione italiana in tempi moderni della serenata Enea in Caonia di Johann Adolph Hasse (col il sostegno della Johann Adolf Hasse Stiftung, della Johann Adolf Hasse Gesellschaft München e la consulenza scientifica di Raffaele Mellace).

Il nome dell’orchestra è un omaggio alle due anime di Hasse, quella italiana – il paese nel quale formò il proprio linguaggio musicale e ottenne i primi successi – e quella tedesca delle sue origini. Dal settembre 2019 l’orchestra è guidata dal suo direttore principale, Stefano Montanari.

Aqua Felix ha al suo attivo numerosi di spettacoli di teatro musicale (Rencesvals, Il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, Il Flauto Magico di Mozart, l’Usignolo dell’Imperatore, Il Galateo, La Luna e la Follia, Christmas Carol) spettacoli nei quali, partendo da uno studio attento delle fonti letterarie e musicali si viene a creare una equilibrata fusione del linguaggio antico con quello attuale.

La sperimentale contaminazione delle tecniche ha prodotto sempre risultati artistici di successo, che hanno permesso di trasformare importanti testi in spettacoli alla portata di un pubblico moderno. Con lo spettacolo musicale “Eine kleine Zauberflote” è stata ospite del Festwocken der Alten Musick di Innsbruck e del Festival di Potsdam Sansoucci.

Damira Placata- Dramma per marionette in tre atti

PERSONAGGI E INTERPRETI

Damira – Raffaella Milanesi, soprano

Creonte – Giacomo Nanni, basso

Fillide – Francesca Lombardi Mazzulli, soprano

Nigrane -Francesca Ascioti, contralto

Breno – Sabrina Cortese, soprano

Nerillo – Furio Zanasi, baritono

Silo – Luca Cervoni, tenore

Lerinda – Francesca Ascioti, contralto

ENEA BAROCK ORCHESTRA

Salvatore Carchiolo, clavicembalo e direzione musicale

Ideazione, costruzione dei burattini, allestimento e regia: Maria de Martini

Teatro Domma

Martedì 20 dicembre 2022 ore 20,30

Via di Macchia Saponara 106

giovedì 15 dicembre 2022

Vino e ricerca. Nasce Vitires, Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell'Emilia-Romagna

Nasce Vitires, Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell'Emilia Romagna. Cantine Cooperative, produttori e centri di ricerca uniti per sviluppare vitigni resistenti alle malattie.



Cantine Riunite & Civ s.c. agr., Cantina Sociale di San Martino in Rio s.c. agr., Caviro soc. coop., Terre Cevico s.c. agr., ed il Centro di ricerche Ri.Nova soc. coop., un’unione che rappresenta il 70% delle uve prodotte in Emilia-Romagna e l’11% a livello nazionale (dati vendemmiali 2022), hanno costituito il Consorzio VITIRES, ente che ha lo scopo di dare vita ad un percorso innovativo di sperimentazione e ricerca che porti alla creazione di Vitigni Resistenti Emiliano-Romagnoli.

Scopo primario della neonata società è quello di coordinare ed ampliare programmi di ricerca e sperimentazione, in sinergia con centri di ricerca pubblici e privati, riguardanti lo studio, la selezione, il miglioramento genetico e varietale di vitigni locali ed autoctoni dell’Emilia-Romagna, al fine di ottenerne cloni e fenotipi resistenti alle malattie fungine ed adatti alle tecniche di coltivazione nel territorio Emiliano-Romagnolo.

Il Consiglio d’Amministrazione, che vede rappresentati tutti i soci fondatori, è composto da Claudio Biondi per Cantine Riunite & Civ, Alessandro Gallo per Cantina Sociale di San Martino in Rio, Stefano Lazzarini per Centro di Ricerche Ri.Nova, Marco Nannetti per Terre Cevico e Alessandro Patuelli per Caviro; il nuovo consiglio di amministrazione appena insediato, ha dato corso alla nomina del Presidente del Consorzio Marco Nannetti e del Vicepresidente Alessandro Gallo.

L’unione in forma consortile nasce dalle esperienze già maturate dai soggetti partecipanti nell’ambito dei programmi di miglioramento genetico delle varietà di vitigni locali Emiliano-Romagnoli, programmi che hanno coinvolto anche la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.

Per tale scopo, al fine di dare concretezza ai risultati delle ricerche che si andranno ad ottenere, le cooperative hanno costituito un unico soggetto, VITIRES, a cui affidare la gestione delle nuove varietà dei Vitigni di origine autoctona o locale resistenti alle malattie fungine, tramite l’integrazione ed il coordinamento della filiera nonché la promozione, tutela e valorizzazione dei vini e delle uve, agendo come fulcro di tutte le azioni rivolte ad enti, istituzioni e mercati, sul tema di nuovi vitigni resistenti e sostenibili.

Sono 16 i vitigni regionali ad oggi oggetto di ricerca, oltre 700 gli incroci già eseguiti, le cui prime selezioni sono già in corso di valutazione per saggiarne le caratteristiche di resistenza ai patogeni (in particolare oidio e peronospora), l’adattabilità ai nostri ambienti di coltivazione anche in relazione ai cambiamenti climatici in atto, nonché per valutarne le potenzialità enologiche in confronto alle varietà tradizionali di riferimento.

VITIRES non intende limitarsi alle sole attività di sperimentazione varietale in campo, ma anche avviare alla coltivazione i Vitigni Resistenti ottenuti; curare quindi le fasi di moltiplicazione e diffusione delle varietà in accordo con i vivai selezionati, definire programmi pluriennali comuni di coltivazione e fornire assistenza tecnica, agronomica ed enologica in tutte le fasi della “Filiera dei Vitigni Resistenti”, promuovendo tecniche rispettose per l’ambiente e per la salute.

L’impegno del consorzio verso le nuove varietà di Vitigni Resistenti, sarà inoltre rivolto alla loro regolamentazione, anche tramite la gestione delle procedure per l’iscrizione al Registro Nazionale e Regionale delle Varietà di Vite, la messa a punto di disciplinari di coltivazione, la produzione e trasformazione delle uve, nonché la tutela dei produttori tramite licenze, marchi d’impresa e attività di vigilanza e verifica contro pratiche commerciali sleali, affinché l’accesso alle selezioni varietali di Vitigni Resistenti possa rappresentare un vantaggio competitivo per i produttori che - attraverso le proprie aziende cooperative aderenti a VITIRES - ne hanno avviato e finanziato le attività di miglioramento genetico.

Infine, compito di VITIRES sarà quello di promuovere strategie di marketing integrate per la valorizzazione nazionale ed internazionale delle uve e dei vini derivati, attraverso la diffusione di marchi collettivi e le attività di comunicazione, organizzazione e partecipazione ad eventi, percorsi culturali, enoturistici ed enogastronomici, il tutto allo scopo di presentare a livello nazionale ed internazionale i prodotti ottenuti dalle varietà resistenti dell’Emilia-Romagna che saranno il risultato del percorso di studio, sperimentazione e creazione posto in essere dal consorzio VITIRES.

Secondo l’Assessore regionale all’agricoltura Alessio Mammi “Si tratta di un’ottima iniziativa la costituzione di VITIRES, un consorzio che vede protagoniste importanti società vitivinicole del territorio dell’Emilia-Romagna e il polo di ricerca Ri.Nova che si danno l’obiettivo di operare per il rafforzamento genetico dei vitigni attraverso la ricerca e la sperimentazione in campo. La Regione Emilia-Romagna crede nella ricerca sperimentale ed è il territorio italiano che più investe attraverso il PSR nelle attività di innovazione, ovvero più del 4% delle risorse complessive. Il rafforzamento varietale è una delle soluzioni in campo per il contrasto degli agenti patogeni sulle piante da vite, contro funghi, batteri e altre forme parassitarie. I fenomeni patogeni che colpiscono le piante sono in aumento soprattutto a causa degli effetti provocati dai cambiamenti climatici. Le recrudescenze di flavescenza dorata che si sono manifestate in tutto il nord dell’Italia e anche in Emilia-Romagna a danno di alcuni vitigni ne sono la riprova, assieme ad altre patologie che colpiscono le piante da frutto. Siamo intervenuti costituendo un tavolo strategico e mettendo in campo alcune azioni condivise tra servizio fitosanitario, consorzi, produttori e vivaisti. L’obiettivo è lavorare per il rafforzamento delle piante, a garanzia delle produzioni vitivinicole e ortofrutticole, per non indebolire importanti asset del settore primario, fonte di approvvigionamento alimentare, reddito e lavoro, e il progetto di VITIRES sposa appieno questi intenti”.

“Il consorzio VITIRES - dichiara il neopresidente Marco Nannetti - intende dare una voce unica e partecipativa volta allo sviluppo dei Vitigni Resistenti tipici dell’Emilia-Romagna. Ad unire le nostre strutture, che complessivamente producono più del 70% delle uve conferite nella regione (11% a livello nazionale), è stato il senso di responsabilità sia verso gli operatori della filiera, sia verso i consumatori, supportando i viticoltori nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità previsti dalle politiche europee della Farm to Fork.”

Don Chisciotte, danza il Natale dell'Opera di Roma

Quattordici repliche, dal 18 al 31 dicembre, per lo spettacolo firmato da Laurent Hilaire. Insieme alle stelle romane il debutto di Isabella Boylston e Osiel Gouneo e il ritorno di Iana Salenko e Daniel Camargo. 




È il tradizionale balletto delle festività natalizie, in scena anche la vigilia di Natale e di Capodanno. È ispirato al primo romanzo della letteratura europea, ambientato nel Siglo de Oro spagnolo. Segna il debutto al Teatro Costanzi di star internazionali della danza come Isabella Boylston, principal dell’American Ballet Theatre, e Osiel Gouneo. È Don Chisciotte, con la coreografia di Laurent Hilaire, in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 18 al 31 dicembre.

Tratto dal romanzo di Miguel de Cervantes, il balletto - già rappresentato due volte con successo a Roma - è presentato per la prima volta con i costumi disegnati da Francesco Zito. Le scene sono firmate sempre da Zito con Antonella Conte, mentre le luci sono curate da Vinicio Cheli. La partitura musicale di Ludwig Minkus è eseguita dall’Orchestra dell’Opera di Roma diretta da David Garforth.

“Questa versione è il frutto di una lunga storia – dice il coreografo Hilaire, attuale direttore della Bayerisches Staatsballet – che nasce dal primo debutto del Don Chisciotte di Petipa andato in scena al Bol’šoj di Mosca nel 1869. Colui a cui tocca il compito di farlo rinascere adesso, nel presente, deve sì esprimersi per mezzo del linguaggio classico, ma senza immettere lo spettacolo nella rigida prigione di un codice che gli tolga respiro e comunicatività. Non si può utilizzare la tradizione come un vestito troppo stretto, impedendo all’opera di identificare una teatralità fresca e contemporanea”.

L’energia e il vigore dello spettacolo sono affidati, nei ruoli dei protagonisti innamorati Kitri e Basilio, a ospiti internazionali come Isabella Boylston e Daniel Camargo che danzeranno il 18, 20, 22 e 23 (ore 20.00) dicembre. A Iana Salenko e Osiel Gouneo, che danzeranno il 29 e 30 (ore 20.00) dicembre. La ballerina ucraina, principal dancer dello Staatsballett Berlin, e il ballerino cubano principal del Bayerisches Staatsballett danzeranno anche con le étoiles della compagnia del Costanzi: Iana Salenko con Alessio Rezza il 27 dicembre e Osiel Gouneo con Rebecca Bianchi nella recita di fine anno, il 31 dicembre alle 18.00. Il pubblico potrà applaudire le stelle del Costanzi Rebecca Bianchi in coppia con Simone Agrò il 23 (15.00) e il 28 dicembre, Alessio Rezza con l’étoile Susanna Salvi il 21 (ore 20.00), 24 (ore 11.00) e 30 dicembre (15.00) e la coppia della recita matinée del 21 dicembre (11.00) composta dai danzatori del Corpo di Ballo Flavia Stocchi e Mattia Tortora.

“La documentazione di riferimento per questa edizione del Don Chisciotte – dice il direttore Garforth – è la partitura manoscritta originale di Ludwig Minkus, attualmente eseguita in molte delle principali compagnie del mondo, tra cui il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e il Teatro Bol’šoj di Mosca. Alcuni brani musicali originali sono stati composti nello stile di Minkus per fornire i collegamenti appropriati alla fluidità drammatica e coreografica della produzione”.

La nuova stagione di danza del Teatro dell’Opera di Roma prosegue quindi in continuità con gli ultimi anni, potenziando il lavoro di valorizzazione della cultura ballettistica portato avanti dalla direttrice del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato. In occasione di questa prima produzione di Balletto della stagione, si terrà il primo di cinque “Incontri con la Danza” dedicati ai rispettivi titoli in cartellone. Sabato 17 dicembre alle 16.00, l’appuntamento è con Leonetta Bentivoglio per parlare di Don Chisciotte nella Sala Grigia del Teatro Costanzi. Ingresso libero, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Dopo la prima di domenica 18 (19.00), sono previste tredici repliche: martedì 20 (20.00), mercoledì 21 (due recite, 11.00 riservata alle scuole, e 20.00), giovedì 22 (20.00), venerdì 23 (due recite, 15.00 e 20.00), sabato 24 (11.00), martedì 27 (20.00), mercoledì 28 (20.00), mercoledì 29 (20.00), giovedì 30 (due recite, 15.00 e 20.00), sabato 31 (18.00).

Prosegue, anche in occasione di questo spettacolo, il contest fotografico “Un selfie all’Opera”. Per partecipare basta inviare un selfie scattato dentro o fuori il Teatro addobbato a festa entro il 6 gennaio a promozione.pubblico@operaroma.it. Gli scatti più belli saranno pubblicati sulla nostra pagina Facebook. La foto che avrà ottenuto più like vincerà una Christmas Card valida per due persone.

mercoledì 7 dicembre 2022

Ecosistema a rischio. Le api decimate da parassiti, pesticidi ed eventi meteo estremi. Prima ricerca su un'area estesa e per un periodo ampio

Ecosistema a rischio. Negli Stati Uniti sono stati individuati tre importanti fattori associati al declino e alla moria di intere colonie di api. Lo studio pubblicato su Scientific Reports è il primo a considerare un'elevata estensione spaziale e temporale.




Integrando e analizzando dati sullo stato delle colonie di api negli USA, un team di ricerca legato alla Scuola Superiore Sant’Anna ha evidenziato come alcuni acari parassiti, i pesticidi e gli eventi meteorologici estremi abbiano un impatto negativo sulla sopravvivenza delle api.

Quali sono i principali fattori che incidono sul declino e la moria delle api? La questione riguarda l’intero pianeta, anche se varia in maniera notevole a seconda delle aree geografiche e delle stagioni. Diversi fattori di stress, da soli e in combinazione tra loro, possono risultare decisivi: tra questi, alcuni acari parassiti, l'esposizione ai pesticidi e gli eventi meteorologici estremi sembrano essere quelli principali. È questo uno dei principali risultati di uno studio pubblicato su Scientific Reports grazie al contributo di un team di ricercatrici e ricercatori legato alla Scuola Superiore Sant’Anna e al suo Dipartimento di Eccellenza EMbeDS (Economia e Management nell’era della Data Science). Lo studio fa parte di un approfondimento dedicato al tema Insect decline and extinction.

Il caso ‘Stati Uniti d’America’

Utilizzando diverse fonti di dati pubblici, le autrici e gli autori dello studio hanno raccolto e integrato informazioni sullo stato delle colonie di api, i fattori di stress che le influenzano, le condizioni meteorologiche e di utilizzo del suolo negli Stati Uniti per un periodo compreso tra il 2015 e il 2021. L'analisi dei dati ha evidenziato che i principali fattori che hanno un impatto significativo sulla moria di colonie includono la presenza dell'acaro parassita Varroa destructor, l'esposizione ai pesticidi e gli effetti negativi di eventi meteorologici estremi.

Come spiega Luca Insolia, primo autore dello studio, “la Varroa destructor è diffusa in tutti i continenti ed è fortemente associata alla moria di api. La lotta a questo acaro rappresenta una delle sfide più importanti per l’apicoltura moderna”.

Luca Insolia è attualmente post-doc presso l’Università di Ginevra, dopo aver conseguito il PhD in Data Science e aver collaborato con il Dipartimento EMbeDS della Scuola Sant'Anna. “Acari come la Varroa destructor seguono andamenti stagionali e gli apicoltori potrebbero sfruttare i risultati del nostro studio per implementare trattamenti più efficaci e per supportare varie altre pratiche apicole, come le attività di nomadismo, la nutrizione suppletiva e lo svernamento”.

“Secondo i dati analizzati nel nostro studio, in tutti gli Stati Uniti lo svernamento è il periodo più cruciale dell'anno per la perdita di colonie” afferma Martina Calovi, corresponding author dello studio e docente di Geografia presso la Norwegian University of Science and Technology (nel 2017 Calovi ha conseguito il PhD in Management presso la Scuola Sant'Anna). “Inoltre, sebbene sarebbero necessari altri dati per comprendere appieno il ruolo del cambiamento climatico, i nostri risultati sugli effetti negativi di eventi meteorologici estremi sulle api forniscono alcune importanti evidenze preliminari”.

“Nel nostro studio abbiamo utilizzato sofisticati strumenti statistici, sia per combinare i dati a diverse risoluzioni spazio-temporali, sia per identificare i fattori maggiormente associati al declino delle api” sottolinea Roberto Molinari, autore dello studio e docente di Statistica alla Auburn University. “Auspichiamo che il nostro studio possa contribuire a una maggiore sensibilizzazione verso la raccolta di dati, così come la loro condivisione con il mondo della ricerca, negli Stati Uniti ed in altre regioni del mondo, compresa l'Italia”.

“Comprendere il declino delle api è di assoluta importanza, perché gli impollinatori ricoprono un ruolo fondamentale dal punto di vista biologico ed economico. Il nostro studio è il primo a considerare un'elevata estensione spazio-temporale – l'intero territorio degli Stati Uniti, per un periodo di diversi anni – e molteplici potenziali fattori di stress. Utilizzando strumenti statistici sviluppati dal nostro gruppo, siamo stati in grado di far luce sull'interazione di fattori biotici e abiotici e il loro impatto sulle colonie di api” afferma Francesca Chiaromonte, autrice dello studio, docente di Statistica presso la Scuola Sant'Anna e la Pennsylvania State University, e coordinatrice scientifica di EMbeDS.

La collaborazione internazionale tra università italiane e statunitensi

“È molto incoraggiante” conclude Chiaromonte “constatare che questo importante risultato scientifico sia stato ottenuto da eccellenti e giovani ricercatori che collaborano tra Europa e Stati Uniti e collegano la comunità EMbeDS e la Pennsylvania State University, dove Luca Insolia ha trascorso un periodo di visiting, Martina Calovi era una ricercatrice post-dottorale e Roberto Molinari un visiting assistant professor quando abbiamo iniziato il nostro studio”.

Danilo Rea in Take Zero, il grande patrimonio della canzone d’autore rivisitato in chiave jazz

Continua all'nsegna della musica di qualità il programma dei concerti presso l'Aula Magna della Sapienza. l'Istituzione Universitaria dei Concerti presenta Danilo Rea Take Zero, il grande patrimonio della canzone d’autore rivisitato in chiave jazz, con Danilo Rea al pianoforte, Massimo Moriconi al contrabbasso e Ellade Bandini alla batteria. Martedì 13 dicembre 2022 ore 20.30.



I confini del jazz puro sembrano ormai troppo stretti per un artista del calibro di Danilo Rea che pure ha toccato i vertici del suo genere ma che ama spaziare affacciandosi non di rado in territori limitrofi, come ha fatto in Take Zero, questo suo ultimo progetto focalizzato sul mondo della canzone, un progetto nato dalla lunga e intensa collaborazione con Mina.

Sempre dalla comune collaborazione con Mina, nasce il Reset Trio che vede il pianista Danilo Rea in un brillante interplay con Massimo Moriconi al contrabbasso e Ellade Bandini alla batteria. Un’alchimia, una grande intesa fra tre amici musicisti che, improvvisando, si perdono e si ritrovano in un continuo ed inaspettato gioco di celebri melodie reinterpretando in chiave jazz alcuni evergreen della canzone d’autore italiana e standard americani.

Pur avendo, negli ultimi venti anni, inciso molti dischi di Mina - racconta Danilo Rea - abbiamo preferito affrontare la musica della Mina degli esordi, le canzoni che l’hanno resa famosa, scritte da grandissimi maestri – compositori e arrangiatori con cui abbiamo anche avuto la fortuna di lavorare – come Bruno Canfora, Ennio Morricone, Gianni Ferrio - maestri che vedevamo da bambini nella televisione in bianco e nero e nei grandi varietà del sabato sera, in cui spesso era presente anche Mina. Ciò ci ha spinti ad affrontare un repertorio che non avevamo mai suonato con Mina, un repertorio che comprende canzoni tra le migliori che siano state scritte per lei, in un omaggio alla musica di alcuni dei grandi compositori italiani e alle canzoni che hanno portato la giovane Mina alla fama e al successo nazionale e internazionale.

Potrei paragonare il mio rapporto con la canzone - aggiunge Rea - ad una di quelle favole col lieto fine; un rapporto che si è sviluppato in modo naturale e – devo ammetterlo – anche con un po’ di fortuna. Il mio linguaggio è fatto di passioni diverse che si mischiano. Utilizzo l’improvvisazione come un tramite per suonare qualsiasi cosa: un’operazione non molto diversa da quella che facevano i primi jazzisti afroamericani che, arrivati negli Stati Uniti, prendevano la musica dei grandi compositori dell’epoca (come Gershwin o Cole Porter) e la suonavano alla loro maniera, improvvisando. Questa pratica, che col tempo si è andata esaurendo, guida in parte il mio lavoro: reinterpretare. Prendo quello che mi piace e ci improvviso sopra.

La passione per la musica, il gioco, la grinta e la fantasia di tre amici, ancor prima che rispettati professionisti, si amalgamano in una strabiliante interazione musicale che trascende dal tradizionale stile jazzistico, esaltando le melodie dei grandi autori italiani. Danilo Rea, Massimo Moriconi e Ellade Bandini sono jazzisti nell’anima ma capaci di improvvisare sull’onda dell’emozione su ogni genere musicale, mettendo insieme perizia, tecnica da brivido e armonia. Questo nuovo progetto si ispira alle esperienze vissute insieme e allo stesso amore per la musica: dalla canzone italiana allo standard americano. Il grande patrimonio musicale della canzone d’autore italiana degli ultimi 30 anni, rivisitato in chiave jazz: un appassionante e appassionato concerto dal vivo, in cui i tre musicisti coinvolgono il pubblico nel loro magico interplay. Esuberanze creative si fondono in ritmi e motivi che rievocano, come in un viaggio, la grande storia della musica italiana. 

martedì 6 dicembre 2022

Artigianalità, territorialità e sostenibilità. Si chiude con successo il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti

Si chiude con grande successo l’11° mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti che si è svolto a Piacenza dal 26 al 28 novembre. La fiera riunisce di anno in anno i custodi di una viticoltura autentica, espressione delle culture dei territori e portatrice di valori sempre più riconosciuti e apprezzati nel mercato del vino.



Di Francesco Cerini

Un successo annunciato quello di questa 11ma edizione del mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti. E’ stata definita dagli stessi organizzatori l’edizione dei record, ma questa sembra una definizione, di anno in anno, appropriata per tutte le edizioni. D'altro canto i numeri parlano chiaro. Se si esclude una lievissima flessione nel 2021, anno post pandemia, il numero dei visitatori è in costante aumento con progressioni da capogiro se è vero com’è vero che si è passati dai circa 15000 dell’edizione del 2017 ai circa 24000 dell’edizione appena conclusa.

Più che giustificate le parole di soddisfazione di Lorenzo Cesconi, presidente Fivi: “Abbiamo vinto un'altra sfida: dopo aver superato le difficoltà della pandemia con l'edizione 2021, quest'anno abbiamo voluto dare spazio a tutti gli associati interessati a partecipare, sfruttando tutti gli spazi disponibili e potenziando i servizi, grazie alla collaborazione con Piacenza Expo. Il pubblico ci ha dato ragione, partecipando al Mercato con entusiasmo e curiosità, dimostrando di riconoscere in questa manifestazione i valori che ne stanno alla base: qualità, artigianalità e trasparenza.”  

Il mercato di Piacenza è una fiera del tutto particolare nel panorama del mondo del vino. Rivolta sì al mondo professionale, e quest’anno il giorno di lunedì è stato specificatamente riservato a loro, ma soprattutto al mondo degli appassionati alla cui curiosità è dedicata l’attenzione dei vignaioli presenti. 

Certo le dimensioni del mercato impongono uno “studio preliminare del percorso” da parte di chi ha a disposizione un tempo limitato, ma chi ha maggiore  disponibilità può gustarsi il girovagare tra le postazioni che, assegnate in maniera casuale frutto di estrazione a sorte, favoriscono l’incontro con quei produttori “meno noti” che altrimenti rischierebbero di non essere visitati. 

A mio modo di vedere questa è una grande opportunità per gli appassionati e consente di fare delle “scoperte” interessantissime. Personalmente quest’anno mi sono dedicato all’Oltrepò Pavese e alla Valtellina scoprendo piccole aziende veramente degne di nota. 

La disponibilità e “il divertimento” dei vignaioli a raccontare le proprie esperienze e i propri vini sono la chiave del successo di questa manifestazione che si va imponendo non solo come la più importante del suo genere, ma tra le più importanti in assoluto nel mondo del vino. 

Grande valore aggiunto è la facilità di acquistare i vini a un prezzo promozionale. Molti visitatori approfittano di questa possibilità e trasformano le corsie tra gli stand in un animato, ma non caotico, supermercato con carrelli colmi delle bottiglie dei vini appena assaggiati. 

Chiusa la ribalta dell’undicesima edizione gli organizzatori cominciano a fare i conti con la prossima, che a detta di molti potrebbe chiamarsi “Fivitaly”. Non pochi problemi da risolvere essenzialmente legati al  numero delle presenze sia di pubblico, che è facile prevedere intorno alle 30000 unità, che di vignaioli stante che all’attuale edizione hanno partecipato “solo” 870 dei quasi 1500 soci FIVI   

 Lo spazio dei locali  dell’ente  fiera, nonostante i tre padiglioni messi a disposizione, ha raggiunto il limite della praticabilità anche per la presenza  dei carrelli che, se da un lato rappresentano il peculiare punto di forza della fiera, sono di ovvio intralcio quando se ne trovano tre o quattro ad “ostacolare” l’accesso ad un banco d’assaggio. 

Ma tempo ce n’è e Piacenza Expo e la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti sapranno risolvere al meglio! 

Arrivederci alla 12^ Edizione!

I Love Lego, la Legomania approda a Foligno

Dal prossimo 7 dicembre presso Palazzo Trinci di Foligno saranno ospitati meravigliosi e fantastici diorami costruiti interamente coi mattoncini che hanno fatto impazzire generazioni di bambini e appassionati del mondo Lego. La mostra realizzata grazie ad alcuni dei più grandi collezionisti del mondo.




Una mostra pensata per giocare, mettere alla prova la propria inventiva, passare il tempo con la famiglia o coi propri amici e per tornare un po’ tutti a sognare e divertirsi. Dal prossimo 7 dicembre Foligno si prepara a inaugurare il Natale all’insegna del gioco, del divertimento e dello stare insieme. Palazzo Trinci è infatti pronto ad accogliere il pubblico con I LOVE LEGO, una mostra pensata per tutte le famiglie e gli appassionati di ogni età dei moduli per le costruzioni più famosi al mondo.

Città immaginifiche, ricostruzioni storiche, continenti inesplorati e interi villaggi abitati dalle popolarissime minifigures che, da sempre, sono presenti nell’immaginario collettivo del grande pubblico perché tutti, almeno una volta nella vita, ci si è trovati a mettere alla prova la propria inventiva e provato a costruire il mondo dei propri sogni.

In mostra saranno presenti 7 immensi diorami, dettagliatissime riproduzioni di fantastici mondi in scala ridotta costruiti attraverso la passione e l’ingegno di alcuni tra i più grandi appassionati e costruttori al mondo: dalle ambientazioni caraibiche dove scorrazzano i pirati a scene della seconda guerra mondiale; dalle riproduzioni di aree naturalistiche agli scorci delle vie del centro storico con quartieri, stazioni ferroviarie e strade; dalla conquista dello spazio sul suolo lunare alla suggestiva riproduzione della Roma del medioevo; ambientazioni realizzate in decine di metri quadrati con oltre mezzo milione dei mattoncini.

Ad arricchire la mostra e renderla più dinamica - tra boschi e palazzi, tra astronavi e pirati - il visitatore è invitato anche una divertente “caccia al personaggio”, una sfida nel rintracciare personaggi celebri (e non) nascosti all’interno delle installazioni: da Harry Potter a Dart Vader, diversi gli ospiti a sorpresa inseriti nelle divere installazioni che accompagnano nella visita tutti coloro che vogliono divertirsi a scovare tra i mattoncini.

E ancora, a dimostrare quanto i moduli Lego siano in grado di “creare arte a 360°”, in mostra a Palazzo Trinci immancabili saranno anche le tele di Stefano Bolcato, rivisitazioni in versione ‘omini LEGO’ delle più grandi e famose tele e capolavori della storia dell’arte, dalla Gioconda ai più attuali quadri di Frida Kahlo; ma anche le vignette/installazioni comiche del collettivo LEGOlize – autori nel 2016 dell’omonima pagina umoristica che oggi conta oltre 2 milioni di followers sui social - dove la comicità diventa arte.

Ulisse e gli altri, alla scoperta dei capolavori nascosti del Museo Nazionale Romano

Il Museo Nazionale Romano apre le porte dei propri depositi e svela alcuni straordinari reperti, rendendo accessibile un patrimonio culturale inaspettato.


 


Attraverso Depositi (ri)scoperti si avvia infatti il progetto di valorizzazione, costituito da un ciclo di brevi esposizioni, che permetterà di far conoscere al pubblico una grandissima quantità di opere solitamente custodite all’interno dei depositi: migliaia sono i reperti conservati in questo “museo nel museo”, quali sculture, mosaici, affreschi, oggetti in terracotta, in vetro e in bronzo. Reperti rinvenuti nel corso di più di un secolo di vita del Museo Nazionale Romano che raccontano non solo l’antichità di Roma, ma anche la storia della sua trasformazione e dei suoi scavi, dall’istituzione di Roma Capitale ad oggi.

La prima tappa del viaggio tra i depositi del Museo Nazionale Romano è dedicata a “Ulisse” (8 dicembre 2022 - 8 gennaio 2023) che, con la sua inappagabile sete di conoscenza, incarna l’incapacità di arrendersi di fronte a un mondo inaccessibile.

Viaggiatore per eccellenza, Ulisse è guida ideale per iniziare questo percorso alla scoperta di opere sconosciute, (ri)scoperte ed esposte nelle maestose Aule delle Terme di Diocleziano.

Il viaggio di Ulisse continuerà idealmente nel secondo momento espositivo dedicato a “gli altri” (14 gennaio - 19 febbraio 2023), approfondendo il rapporto tra gli antichi Romani e le altre culture. Una riflessione sul modo in cui gli antichi percepivano e rappresentavano popolazioni diverse tra stereotipi, diffidenza e curiosità.

“Il Museo Nazionale Romano conserva un ingente patrimonio archeologico, storico e artistico di cui solo una piccola parte è visibile nel percorso espositivo permanente. È nostro dovere - dichiara Stéphane Verger Direttore del Museo Nazionale Romano - far riemergere dai tanti magazzini del museo le opere, i contesti archeologici più significativi. Grazie al programma “Urbs, dalla città alla campagna romana” finanziato dal Programma Nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, il Museo Nazionale Romano sarà in grado nei prossimi anni di aprire nuovi spazi espositivi che permetteranno di ampliare il percorso museale. Nelle more del completamento dei lavori nelle quattro sedi del Museo, si proporranno delle presentazioni tematiche temporanee nelle quali si riuniranno delle opere poco note, mai viste o da tempo nascoste nei magazzini. Il primo di questi Depositi (Ri)scoperti è il frutto di un proficuo partenariato pubblico-privato, un tipo di collaborazione che si augura possa essere rinnovato e ampliato nel futuro. La scelta del tema – Ulisse e gli altri – è particolarmente adatta al momento che sta vivendo il Museo Nazionale Romano, che inizia un’impegnativa avventura attraverso la quale contribuirà a traghettare il pubblico verso le nuove realtà del mondo, della Storia e della contemporaneità.”

Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno di ANAGINA - Associazione Nazionale Agenti Imprenditori Assicurativi e l’allestimento a cura di Contemporanea Progetti – che da oltre venti anni organizza mostre in Italia e nel mondo – si avvale di un’esposizione immersiva e multimediale ad alto contenuto emozionale.Sul sito istituzionale del Museo Nazionale Romano (museonazionaleromano.beniculturali.it) saranno disponibili testi in linguaggio facilitato realizzati dal Servizio Educativo del MNR, specificatamente dedicati a persone con disabilità cognitiva e ai loro caregiver, per permettere la preparazione della visita e facilitare la comprensione del percorso espositivo a questo pubblico con esigenze speciali.

Il percorso espositivo inizia dal grande mosaico di Ulisse e le Sirene (da Quarto di Corzano, provincia di Rieti, II secolo d.C.), che sarà presentato in un suggestivo allestimento multimediale che immerge il visitatore nel racconto del viaggio di Ulisse.

Intelligente, intraprendente, tenace e assetato di sapere e di avventura, Ulisse è rappresentato nelle sue fattezze dalla testa di Ulisse in marmo greco (proveniente dal sepolcreto degli Statili, prima età imperiale): un uomo maturo, con chioma fluente e fitta barba, riconoscibile dal caratteristico copricapo, il pileus, suo comune attributo.

A dare risalto alle virtù di Ulisse contribuiscono le numerose figure femminili che animano il mito: l’amata moglie Penelope (esposta una testa in marmo del II secolo d.C.); l’affascinante Circe, con i suoi magici sortilegi (esposto un suo ritratto in marmo greco rinvenuto nel 1928 sul promontorio del Circeo); e la sua protettrice divina Atena, rappresentata da un busto rinvenuto nel suburbio di Roma.

A raccontare le avventure di Ulisse, e degli altri personaggi che gravitano intorno alla sua figura, sono inoltre esposti un sarcofago con raffigurazione di Achille tra le figlie di Nicomede (da Isola Sacra, seconda metà del II secolo d.C.) e un’urna con scena della contesa per le armi di Achille (proveniente da Ostia Antica, seconda metà del II secolo d.C.).

A partire dal 14 gennaio (fino al 19 febbraio 2023), un secondo momento espositivo sarà dedicato a coloro che ruotano intorno alla figura di Ulisse, ovvero “gli altri”: altri popoli, altre culture, altri mondi.

Lo sguardo si amplia e dal viaggio di un solo eroe si passa a quello dell’intero popolo dei Romani, qui raccontati per la loro capacità di rapportarsi con genti diverse - dai barbari ai minuscoli pigmei - e di confrontarsi con le tante popolazioni sconfitte e assoggettate.

Il progetto di valorizzazione dei depositi proseguirà (ri)scoprendo e restituendo ai visitatori altri straordinari reperti del Museo Nazionale Romano.

Concerti, Arnalta Cafè: pagine rare dell’Opera Italiana del Seicento

Arnalta Cafè in scena alla Cappella Orsini. Pagine rare e prime esecuzioni in epoca moderna delle arie delle Nutrici dell’Opera Italiana del Seicento sul palco di un Café Chantant. Con Luca Cervoni, Alessandro Quarta e l’Ensemble Concerto Romano. In programma stasera alle 19,30.



Luca Cervoni (stimato tenore con solidissima reputazione di barocchista), Alessandro Quarta (poliedrico direttore d’orchestra e concertatore) e una dozzina di nutrici secentesche unite allo spirito salace del cabaret italiano di Petrolini o Poli, sono gli ingredienti del più stravagante, divertente, originale, sofisticato -eppur immediato- esperimento metatemporale tra opera barocca e cafè chantant che sia mai stato tentato negli ultimi decenni in Italia.

Nell’immaginario comune è difficile trovare qualcosa di più distante dal nostro quotidiano di quello che è il mondo dell’opera barocca, con i suoi cantanti en travesti, i suoi miti e le sue sonorità così diverse da quelle che ci circondano. Ma lo stuolo di Nutrici recuperate da pagine rare e talvolta rarissime dell’opera italiana del ‘600 da Luca Cervoni e da Alessandro Quarta, riesce benissimo nell’intento abbattendo ogni muro culturale, divertendo ed intrigando senza per questo discostarsi di un millimetro dalla più rigorosa filologia musicale. 

Luca Cervoni, Alessandro Quarta e l’Ensemble Concerto Romano ci introducono su un palco affollato di signore di mezza età dai nomi stravaganti, come in un elenco telefonico della Bassa Padana degli anni ’60; qui costumi e travestimenti non prevedono pepli, coturni o crinoline, ma modesti abitini vintage rubati a un Paolo Poli o a una Franca Valeri in vena di understatment. In un attimo i loro sentimenti di tagliente verità, a volte sconci, a volte teneri, materni o irriverenti e cinici, diventano il nostro amarcord di nonne, zie, maestrine, figure di un passato ben più recente; archetipi di uno status della femminilità che ancora esiste e forse esisterà per sempre, materia pulsante di cabaret: teatro popolare ma di altissimo lignaggio. 

Ed è in questo continuo dialogo tra alto e basso, tra correttezza filologica e “tradimento” assoluto, in questa fusione di piani temporali, che sta il fascino irresistibile di questo gala di comprimarie finalmente giunte alla ribalta: Desba, Dirce, Nerea, Nisbe, Pasquella, Plancina, Rodisbe, Delfa, Filandra, Lenia, Gilda -e naturalmente l’eponima Arnalta, con la sua umanità dolente, inacidita o affettuosa- travalicano i secoli e soprattutto i cliché e i preconcetti di chi pensa che mai e poi mai potrebbe godere di un’aria di Cavalli o Monteverdi, o dei meno conosciuti Melani, Steffani e Sartorio, fra i tanti. 

E se è vero che la rilettura registica nell’opera ci ha abituato alle attualizzazioni, la totale e perfetta fusione di due generi ben codificati come opera barocca e cabaret è invece una novità assoluta, spiazzante proprio perché perfettamente riuscita. Ed è ancora più spiazzante giacché nata dalla creatività di due artisti con un impeccabile curriculum e una carriera ben consolidata, con due futuri professionali perfettamente prevedibili su solchi già tracciati; ma l’umanità eternamente quotidiana di queste donne, che cantano di Dei come della nostra vicina di casa, li ha travolti nella loro normale follia. 

“Il teatro del Seicento è uno specchio, e sono sicuro che ognuno di noi si riconoscerà almeno in una di queste nutrici” .

Vino e tutela, Dal 1° gennaio 2023 fascetta di Stato sulle bottiglie Manduria Doc

Un ulteriore sistema a garanzia dell’autenticità accompagnerà i vini del grande rosso pugliese per tracciare tutte le fasi di vita di ciascuna bottiglia. Novella Pastorelli: “La scelta traccia un percorso obbligato volto alla massima tutela della nostra denominazione che rappresenta uno dei compiti fondamentali della nostra attività”.

Credits: Regione Puglia


Dal primo gennaio 2023 i vini Primitivo di Manduria DOC e Primitivo di Manduria DOC Riserva, per essere immessi in commercio, dovranno essere muniti del contrassegno di Stato. 

Un ulteriore sistema a garanzia dell’autenticità, volto alla tutela di produttori e consumatori delle bottiglie a marchio DOC, accompagnerà i vini del grande rosso pugliese per tracciare tutte le fasi di vita di ciascuna bottiglia. 

Un percorso già avviato che ha riguardato il terzo fratello del Manduria Dop, il DOCG dolce naturale, quindi, dal primo gennaio, tutte le tipologie del Primitivo di Manduria avranno il contrassegno di Stato. 

L’iniziativa è stata fortemente voluta dal Consiglio di Amministrazione del Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria presieduto da Novella Pastorelli: “La scelta traccia un percorso obbligato volto alla massima tutela della nostra denominazione che rappresenta uno dei compiti fondamentali della nostra attività completando, così, un iter che consentirà di tracciare tutte le fasi  della vita delle nostre produzioni che inizia in vigna, prosegue con la trasformazione delle nostre eccellenti uve per giungere alla fase del passaggio in bottiglia e la messa al consumo, nella prospettiva di innalzare al massimo il livello di tracciabilità del nostro Primitivo di Manduria e di anticontraffazione fornendo al contempo la massima garanzia al consumatore finale”.

“La nostra scelta testimonia un processo di rigenerazione realizzato da un sistema di imprese - attualmente sono 67 le aziende socie e 160 gli imbottigliatori - che si è posto di portare all’interno di un bicchiere di Primitivo di Manduria il lavoro dei viticoltori, cuore pulsante della viticoltura, le peculiarità di un vitigno autoctono e il proprio sistema endogeno. Si tratta di un patrimonio di innovazione e competitività acquisite che va tutelato dagli attacchi dell'agropirateria e il nostro vino è a forte rischio imitazione. – conclude Pastorelli – L’introduzione dele fascette di Stato ha come scopo quello di proteggere il nostro vino in Italia ma soprattutto all’estero”. 

Il nuovo sistema è gestito da Agroqualità, società di certificazione specializzata nel settore agroalimentare del Gruppo Rina e del Sistema Camerale Italiano. 

Le fascette, stampate dall’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, utilizzano particolari sistemi di sicurezza che certificano l’autenticità del prodotto e contengono sistemi anticontraffazione visibili e invisibili con tracciabilità gestita da banche dati. Sono forniti da una indicazione di serie alfanumerica e di un numero di identificazione progressivo che identifica ogni singola bottiglia immessa al consumo.

Giornata mondiale del suolo: il CREA inaugura la prima pedoteca in Italia

Tra le poche esistenti (in Europa sono solo 5) e tra le prime nel mondo per quantità di campioni conservati.



«La Pedoteca Nazionale che oggi inauguriamo ha pochi eguali al mondo: in Europa ne esistono altre 4, ma quella del CREA può vantare il massimo quantitativo di campioni conservati. Ad oggi sono custoditi 32.612 campioni di suolo provenienti da tutta Italia, ma questo numero è in continua crescita, grazie ai progetti dei ricercatori del CREA e degli altri Enti di Ricerca che con essi collaborano. A questi campioni se ne possono aggiungere un altro migliaio, provenienti da uno dei primi studi del suolo, condotto tra gli anni ‘30 e i primi anni ‘50 del secolo scorso. Insomma, un patrimonio scientifico unico nel suo genere, che potrà dare importanti risposte sulla gestione agronomica della seconda metà del 900 e che attirerà numerosi qualificati ricercatori italiani e stranieri.» Così il presidente del CREA Carlo Gaudio alla cerimonia di inaugurazione della pedoteca del CREA, svoltasi oggi 6 dicembre presso la sua azienda sperimentale di Fagna (Firenze), in occasione della Giornata Mondiale del suolo 2022, che si celebra nella settimana del 5 dicembre.

Un enorme banca dati vivente, che custodisce migliaia e migliaia di campioni di suolo, totalmente differenti l’un l’altro, fisicamente, chimicamente e anche prelevati in luoghi geograficamente lontani fra loro. Si tratta di un patrimonio di conoscenze e di dati relativi al suolo, una risorsa talvolta ancora misconosciuta e sottovalutata, ma dal valore inestimabile, attraverso cui passano la sicurezza alimentare, la tutela degli ecosistemi e il contrasto al cambiamento climatico. Proprio per tutelare una risorsa così fragile e per diffondere sempre più la cultura del suolo, il CREA con il suo centro di ricerca Agricoltura e Ambiente, ha inaugurato oggi 6 dicembre presso l’azienda sperimentale di Fagna (Firenze), la prima pedoteca in Italia, fra le poche esistenti al mondo. L’evento, che ha visto la partecipazione di Federico Ignesti, sindaco di Scarperia e San Piero e Paolo Omoboni, Sindaco di Borgo San Lorenzo, ha coinvolto gli studenti degli Istituti Comprensivi di Scarperia e San Piero e di Borgo San Lorenzo in laboratori interattivi guidati dai ricercatori del CREA e finalizzati ad una più profonda comprensione dell’”universo suolo”. A fare gli onori di casa, oltre a Giuseppe Corti, Direttore del CREA Agricoltura e Ambiente, anche Carlo Gaudio Presidente del CREA e Stefano Vaccari, Direttore Generale CREA.

La pedoteca del CREA. È tra le prime nel mondo per quantità di campioni di suolo conservati: 32.612 campioni, custoditi in appositi contenitori plastici in quantità variabili tra 100 grammi e 1 kg e provenienti da 13.156 scavi pedologici effettuati in Italia. Al momento ne sono esposti circa 5.500. I campioni di suolo conservati sono della più diversa natura e derivano da moltissimi usi del suolo (agrari, forestali, naturali). Sono già stati caratterizzati fisicamente, chimicamente e anche geograficamente. Tali informazioni costituiscono un database – in parte pubblicato sul sito di Zenodo lo scorso mese di settembre (https://zenodo.org/search?page=1&size=20&q=l%27abate) - disponibile per tutti i ricercatori che ne facciano richiesta e che avranno, quindi, l’opportunità non solo di accedere ai dati condivisi, ma anche di studiare i suoli già caratterizzati dai ricercatori italiani, prendendone una piccola porzione per svolgere ulteriori analisi non ancora effettuate.

«L'inaugurazione della pedoteca è solo il punto di partenza per nuove progettualità – ha spiegato Giuseppe Corti, Direttore del CREA Agricoltura e Ambiente – Intendiamo, infatti, attraverso i campioni conservati, valutare e definire la reale diminuzione di sostanza organica del suolo, mettendola a confronto con nuovi campionamenti che saranno effettuati nei luoghi di precedenti prelievi. Ma abbiamo anche in mente – conclude Giuseppe Corti - di utilizzarli per studiare la radioattività naturale dei suoli d'Italia, strumento conoscitivo al momento assente alla scala di dettaglio alla quale possiamo arrivare con i campioni custoditi in pedoteca»

Consumi, a Natale boom di richieste di vini territoriali

Il bilancio dell'anno di Vinarius, delinea gli andamenti dei volumi di vendita e le previsioni sulle scelte  dei consumatori italiani a Natale. I dati emersi dagli enotecari riportano un quadro eterogeneo rispetto ai volumi di vendita, ma i trend di consumo sono chiari: boom di richieste di vini territoriali.




Vinarius, l’Associazione delle Enoteche Italiane, fa un bilancio dell’anno e presenta i risultati della sua indagine relativa agli andamenti delle vendite a confronto con il 2021 e analizzando i trend di consumo registrati nell’ultimo triennio. La ricerca, si prefigge di analizzare gli orientamenti delle vendite e delle preferenze dei consumatori, anticipando quelle che saranno le scelte degli italiani durante il periodo delle feste.

L’indagine si inserisce nell’ambito della costante attività di studio condotta da Vinarius in questi anni e rappresenta un’ulteriore conferma dell’importanza per l’Associazione di comprendere e analizzare le dinamiche di mercato. La ricerca è condotta analizzando le risposte degli enotecari, attori che nel mondo del vino hanno senza dubbio il polso del mercato, sono sensibili ai cambiamenti e hanno inoltre un contatto e un dialogo diretto con il pubblico.

“Le enoteche – spiega Andrea Terraneo, Presidente Vinarius – hanno senza dubbio un punto di vista privilegiato sul mercato del vino, capace di osservare e anticipare il comportamento e le scelte del consumatore finale grazie al dialogo diretto. È per questo motivo che il contributo degli enotecari è prezioso e fondamentale. L’augurio è che i dati raccolti da Vinarius possano sempre più diventare un punto di riferimento attendibile e autorevole per il settore.”

Osservando da vicino i risultati del questionario somministrato da Vinarius, sia ai suoi soci, ad oggi 110, che ai non soci, emerge innanzi tutto come l’andamento dei volumi di vendita dell’estate 2022 sia stato altalenante ed eterogeneo.

Secondo il 43% degli intervistati, infatti, si è riscontrato un calo delle vendite tra il 20 e il 40% rispetto all’estate 2021. Secondo questi, le ondate di caldo anomalo e prolungato che hanno caratterizzato l’estate 2022, hanno influito negativamente sulle vendite di prodotti alcolici in favore alle bevande analcoliche. Il 27% degli intervistati, invece, non ha avvertito sensibili differenze mentre il 30% ha registrato un aumento delle vendite tra il 10 e il 30%.

Anche rispetto alle previsioni sui volumi di vendita nella stagione invernale e durante il periodo natalizio le opinioni sono molto contrastanti tra di loro e il quadro che ne emerge è quello di generale incertezza. Secondo il 50% non ci saranno significative variazioni nelle vendite rispetto all’anno precedente. Il 32% invece crede ci saranno miglioramenti. Infine, il 18% teme che le vendite subiranno dei cali, anche a causa del periodo di crisi economica che sicuramente influenzerà le scelte d’acquisto degli italiani durante le festività.

Nonostante l’incertezza a livello economico relativa ai volumi di vendita che differiscono molto da un punto vendita all’altro, è comunque possibile rintracciare tendenze e orientamenti dei consumatori, che appaiono ben definiti e tracciati rispetto al futuro.

Il sondaggio, infatti, ha esplorato e analizzato le preferenze dei consumatori nell’arco dell’ultimo triennio, formulando delle previsioni rispetto a quali saranno i vini che verranno maggiormente scelti durante il periodo invernale e natalizio.

Quanto ne emerge è che, in occasione delle feste, si assiste ad una costante crescita del consumo dei vini rossi. Tra i vini rossi maggiormente richiesti si trovano, in ordine di segnalazioni, il Barolo, il Brunello, il Primitivo e l’Amarone. In costante aumento anche la richiesta di vini spumanti: il trend registrato vede infatti una crescita del 30%. La scelta del consumatore fra le diversi tipologie di spumante colloca al primo posto lo Champagne seguito dal Franciacorta, dal Trento Doc e dall’Alta Langa. Resta significativa anche la vendita di altri Metodo Classico di piccole cantine locali, presenti sugli scaffali degli enotecari che propongono vini del loro territorio.

Per quel che concerne l’andamento delle vendite dei vini da dessert nell’ultimo triennio, non si sono registrate variazioni sensibili sui volumi di vendita e si prevede anche per quest’anno un andamento costante. Tra i vini da dessert maggiormente richiesti troviamo il Moscato d’ Asti, il Passito di Pantelleria e lo Zibibbo. Come per quanto concerne gli spumanti, anche differenti tipologie di vini da dessert hanno incidenza più o meno marcata a seconda del territorio: molte enoteche, infatti, prediligono lasciare ampio spazio a prodotti locali e regionali.

Decisamente in crescita, infine, la sezione dei vini bianchi fermi: lo sostiene il 51,5 % degli intervistati: previsti aumenti delle vendite compresi tra il 10 e il 20%. Tra i vini bianchi maggiormente richiesti ci sono lo Chardonnay o i vini con uvaggi a base Chardonnay e in seconda battuta il Gewürztraminer. La somma dei volumi di vendita di questi due vini equivale al 35%. Il restante 65% si distribuisce tra le referenze più disparate di bianchi autoctoni e semi aromatici. Appare dunque chiaro come, ancora una volta e ancor di più per i bianchi fermi, quello della territorialità sia un vero e proprio trend in forte crescita.

giovedì 1 dicembre 2022

“Cats”, al Sistina arriva il Musical per eccellenza ambientato a Roma

Al Sistina uno dei musical che hanno cambiato la storia di questo genere di show, riunendo a teatro intere generazioni di famiglie grazie anche alle celebri musiche firmate da Sir Andrew Lloyd Webber nel 1981 e ai testi basati sui libri del Premio Nobel T.S. Eliot. Dal 7 al 31 Dicembre 2022. 




Prodotto da Peeparrow, il “musical per eccellenza” arriva al Teatro Sistina con la regia e l’adattamento di Massimo Romeo Piparo e con la cantante Malika Ayane nel ruolo di Grizabella. Su autorizzazione degli autori, per la prima volta al mondo la meravigliosa miscela di fantasia, dramma e romanticismo che vede protagonisti i gatti Jellicle, con il loro saggio e benevolo capo il Old Deuteronomy, è ambientata a Roma, città famosa anche per le sue colonie feline. In particolare, la versione italiana sarà ambientata in una ipotetica e futuristica “discarica” di opere d’arte e reperti archeologici, colonne, capitelli, statue di Marco Aurelio e frammenti di Bocca della Verità, con il Colosseo sullo sfondo. Il tutto di misura “gigante” per rendere ancora più spettacolare e magica l’umanizzazione dei gatti.

A 40 anni dal suo debutto a Broadway (1982), dove ha fatto registrare fino al 2006 il record mondiale di repliche consecutive, restando ancora oggi, tra i primi quattro Musical più rappresentati della Storia, il “Cats” di Piparo oltre alla protagonista Malika Ayane riunirà un grande cast di artisti e l’Orchestra dal vivo diretta dal Maestro Emanuele Friello. Musica e danza, ma anche illusionismo e magia con gli effetti speciali affidati al gatto-mago Mr.Mistoffelees. 

Cats, musical di Andrew Lloyd Webber del 1981, è uno dei più famosi musical nel mondo: ha battuto tutti i record di longevità, spettatori e incassi. È  stato visto da oltre 73 milioni di persone e ha affascinato il pubblico in oltre 300 città in tutto il mondo. La trama è basata sul libro di Thomas Stearns Eliot “Old Possum’s Book of Practical Cats”, raccolta di poesie nella quale i gatti sono i protagonisti. È una meravigliosa miscela di fantasia, dramma e romanticismo: in una speciale notte dell’anno, tutti i gatti Jellicle si incontrano al Ballo Jellicle dove Old Deuteronomy, il loro saggio e benevolo capo, sceglie e annuncia chi di loro potrà rinascere ad una nuova vita da Jellicle. 

Un incredibile colonna sonora che include l’indimenticabile “Memory”, scenografie spettacolari, splendidi trucchi e costumi, coreografie mozzafiato, Cats è un spettacolo di magia pura.

lunedì 28 novembre 2022

Vino e territori, a rischio l’identità pantesca del vitigno e del vino Zibibbo

Politiche agricole in contrasto con identità territoriale e difesa delle denominazioni. All'assemblea dei  “Sindaci del Vino” al cento del dibattito il “ Caso Pantelleria” a seguito dell'inserimento della menzione “speciale e distintiva” nella Doc Sicilia che non ha nulla a che fare con l’identità di un vino che nasce da millenni sulle rocce vulcaniche e ossidane. A rischio la viticoltura pantesca, tutelata dall’UNESCO, l’occupazione generale e l’economia delle cantine, quasi tutte a conduzione familiare con il rischio di abbandono dei giovani agricoltori. I sindaci devono tornare ad essere protagonisti delle scelte strategiche sulle denominazioni di origine, non in chiave di richieste di nuove Doc, quanto piuttosto a tutela delle Denominazioni stesse.





Si è svolta in Friuli con grande partecipazione l'assemblea dei “Sindaci del Vino”. Al centro del dibattito il “ Caso Pantelleria” che stimola l’impegno in prima linea dei comuni per le Do-Ig (vino e cibo). Non linea politica o partitica, ma come gestori e garanti dell’uso, tutela, prevenzione, controllo dell’intero territorio produttivo all’interno delle zone vocate alla qualità, soprattutto con le esigenze di no spreco e no abusi di suolo, cambio climatico, situazione idrica, controllo di malattie e infezioni, transizione e tutela ecoambientale.

Una due giorni per la Convention d’Autunno 2022 dell’Associazione nazionale Città del Vino che segna anche il passaggio del testimone di “città annuale 2023 del vino” da Duino Aurisina a Menfi in Sicilia. Saluti di benvenuto e apertura dei due incontri culturali da parte di Igor Gabrovec sindaco di Duino Aurisina - Devin Nabrežina. La prima giornata ha riguardato la presentazione di uno studio sul regolamento intercomunale di Polizia Rurale dell'Università degli studi di Udine per definire le buone pratiche sostenibili all’interno dell’iniziativa Vite FVG 2030. Tiziano Venturini, coordinatore FVG, ha presentato lo studio e sottolineato l’obbligo della corale partecipazione di tutti gli attori; Luca Iseppi docente a Udine ha presentato il piano di lavoro e gli obiettivi scientifici. Presenti Stefano Zannier assessore regionale all’agricoltura, Roberto Marcolin del consorzio doc FVG e presidente della doc Friuli Aquileia. E’ seguito il convegno "Innovare in vigna”, incentrato sulle buone pratiche fra cambiamenti climatici, stress viticoli per carenza d’acqua, macchinari innovativi, vita ed età della vite e risposte certe alla necessità di eliminazione degli agro-fitofarmaci in vigna mantenendo alto la stessa qualità dei vini. Hanno partecipato i docenti Francesco Marangon, Paolo Sivilotti, Sandro Sillani dell’Università di Udine, oltre ai tecnici Giovanni Bigot, Demis Ermacora e Diletta Covre. Coinvolti tutti e 32 i comuni del Friuli Venezia Giulia associati alla Città del Vino.

Il presidente Angelo Radica punta sul coinvolgimento dei comuni in modo sinergico, fare rete per iniziative a sostegno della viticoltura di qualità nei vari comuni italiani associati. Aderiscono quasi 500 associati. I coordinatori regionali punto di riferimento per tutti i sindaci. i sindaci devono essere custodi e gestori dei distretti delle produzioni DO-IG in dialogo con le funzioni di ogni Regione.

L'assemblea ha significato il passaggio di testimone dalla città del vino di Duino Aurisina a Menfi, molto partecipata e ricca di spunti. Ampia la relazione del presidente Angelo Radica sulle attività in un anno di piena ripresa. Ha elogiato i comitati e coordinatori regionali, in primis quello del Friuli Venezia Giulia, il grande lavoro di chiarezza svolto dal predecessore Floriano Zambon e ha evidenziato l’importanza di aumentare le adesioni di comuni per fare sistema e avere peso, l’impegno fondamentale delle figure degli ambasciatori per portare progetti, i diversi incontri europei e nazionali con altre associazioni e enti pubblici del settore.

Significativi gli interventi del sindaco di Bosa e di Pantelleria improntati sull’importanza della identità territoriale e difesa della denominazione. In particolare Vincenzo Campo, sindaco di Pantelleria, ha illustrato e denunciato come il termine “Zibibbo” sia stato spolpato della sua identità, storia, cultura, origine inserendo la menzione “speciale e distintiva” nella Doc Sicilia, insieme a altri vini di qualità, ma nulla a che fare con l’identità di un vino che nasce da millenni sulle rocce vulcaniche e ossidane. Campo ha lanciato un appello all’associazione Città del Vino perché sostenga il territorio pantesco e la difesa della Doc Zibibbo e Pantelleria, nota e apprezzata in tutto il mondo. Con l’estensione a tutta l’isola grande siciliana, tramite il disciplinare della Doc Sicilia, dell’utilizzo del vitigno Zibibbo, si andrà a svalutare la produzione isolana che rischia di diventare marginale, mettendo a rischio la viticoltura pantesca, tutelata dall’UNESCO, l’occupazione generale e l’economia delle cantine, quasi tutte a conduzione familiare con il rischio di abbandono dei giovani agricoltori.

Giampietro Comolli, esperto di costituzione e leggi sui consorzi di tutela, portando i saluti alla assemblea del presidente e Cda del Cervim e del presidente onorario Mario Fregoni dell’OIV, sollecitato ad intervenire, ha proposto che una priorità del 2023 dell’associazione sia una proposta di legge che riporti la figura del Sindaco al tavolo decisionale e costituito delle DO-IG, non per motivi politici, ma perché i “cambiamenti e modelli” in atto richiedono la voce del responsabile della gestione del territorio in senso lato, cioè una presenza vincolante nelle Regioni e Province su difesa del suolo, ambiente, no spreco, no abusi. Comolli ha portato l’esempio della associazione Altamarca Trevigiana, quando dal 2004 al 2014 la sinergia fra 35 sindaci-città e 250 operatori del territorio compreso i Consorzi e Proloco e Gal, garantì una piattaforma unitaria fra produzione, enti pubblici e privati, imprese agricole e turistiche. Oggi una “ rete di distretto” è chiave vincente anche per occupazione e presenza attiva e lavorativa in quei territori difficili montani e di alta collina.

Il presidente Radica ha indirizzato un messaggio chiaro alla neo ministra del turismo Daniela Santanché con la richiesta di sostenere il settore enoturistico partendo dai dati e dalle considerazioni dell’osservatorio sul turismo del vino delle Città del Vino, un bagaglio esistente da 20 anni. Altro messaggio al ministro agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida in cui si chiede di far tornare i sindaci protagonisti delle scelte strategiche sulle denominazioni di origine, non in chiave di richieste di nuove Doc, quanto piuttosto a tutela delle Denominazioni stesse. Chiediamo al Governo Meloni di dare più valore ai tavoli ministeriali permanenti sul tema univoco agro-eno-alimentare-turistico-ambientale coinvolgendo tutti gli attori del Patto di Spello, per una crescita economica virtuosa a vantaggio dei territori rurali”. Radica, in chiusura di convention difronte a 130 sindaci, ha sottolineato come oggi il ruolo di ogni Sindaco sia centrale anche per il mondo viti-vinicolo in quanto responsabile nella gestione delle problematiche ambientali ed energetiche del territorio. Favorire l’uso di energie alternative, il rispetto suolo, il fattore idrico, i servizi alle imprese, l’occupazione, la protezione civile, la polizia rurale…sono tutte attività che vedono legami con le imprese agricole, difesa paesaggio, promozione produzioni enogastronomiche di qualità.

Il vitigno Zibibbo sull’isola di Pantelleria secondo alcuni autori, risale alla dominazione Araba (835 d.c.) tratto dal Capo Zebib in Africa dal quale discenderebbe il nome. Altro possibile etimo è la parola araba “Zaibib” che significa “uva essiccata”. I vini a denominazione d'origine di quest'isola sono merito di una agricoltura ancora eroica: basta considerare che, nelle suddette terrazze delimitate dai muretti in pietra lavica, le pratiche di coltivazione sono ancora tutte manuali. E' la stessa tipologia umana del contadino pantesco che va considerata come una razza in via di prossima scomparsa. E, dunque, come una specie da proteggere: e ciò per il suo legame indissolubile con le secolari tradizioni vitivinicole pantesche. 

Gli strumenti a cui si deve la sopravvivenza della coltivazione del vigneto ad alberello sono costituiti certamente e quasi solamente dalla zappa. Ma anche l’aratro trainato dal caratteristico asino pantesco (anch’esso minacciato di estinzione) idoneo a scalare le impervie pendenze di quest’isola scoscesa. Quanto agli artefatti, in nessun altro luogo al mondo si possono rinvenire altrettanti inconfondibili vigneti a terrazzamenti, ognuno dei quali è delimitato da muretti a secco di pietra lavica: chi si peritasse di misurarli, scoprirebbe che nell’insieme si estendono per oltre 7.000 chilometri! 

Del pari unici ed inimitabili sono gli innumerevoli “giardini arabi” (costruzioni circolari scoperchiate, per dare rifugio anche ad una sola pianta di agrume) spesso incastonati negli stessi vigneti e diffusi in tutte le contrade dell’isola. L'orografia per la maggior parte collinare dell'areale di produzione e l'esposizione favorevole dei vigneti, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante delle acque reflue, particolarmente vocato alla coltivazione della vite. Anche il clima dell'areale di produzione, caratterizzato dalla temperatura costantemente al di sopra dello zero termico anche nel periodo invernale; periodi caldo asciutti per almeno 5 mesi all'anno (maggio settembre) con concentrazione delle piogge nei mesi autunnali ed invernali sono tutte caratteristiche che si confanno ad una viticoltura di qualità.

La pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità che ha riconosciuto come questo elemento, oltre a svolgere una significativa funzione economica, essendo le uve ricavate da questi vigneti materia prima per la vinificazione del pregiato Zibibbo di Pantelleria, assolva ad una importante funzione sociale, essendo un elemento identitario che rappresenta la cultura e la storia degli isolani.