sabato 30 novembre 2013

Cannonau Mamuthone Sedilesu

Mamoiada. I suoi riti. Il suo vino

Siamo a Mamoiada un paese della Sardegna nel centro della Barbagia. Paese dei Mamuthones, le ataviche maschere la cui origine si perde nella notte dei tempi. Simboli dionisiaci fatti di cupa visera lignea, pelli di pecora nera e chili di campanacci sul dorso che da millenni, ogni anno, ripetono lo stesso rituale profondo e misterioso.

Tra le numerose tesi storiche ed etnografiche, le più accreditate considerano la cerimonia dei Mamuthones un rito agrario, che affonda le sue radici nelle religioni pagane del mediterraneo e forse ancor prima, nei culti preistorici ispirati ai cicli annuali della natura. Vita e morte. Morte e vita. I Mamuthones sono l’essenza del paese di Mamoiada, cuore della Barbagia. Ventre ancestrale della Sardegna.

A Mamoiada coltiva vite e crea vino la famiglia Sedilesu, avviata sulla strada enoica dal padre Giuseppe che 35 anni fa acquistò il primo ettaro di vigneto.

Dalle prime produzioni di Cannonau sfuso, l’azienda è progressivamente passata ad una vinificazione più attenta e consapevole che dal 2000, con i primi imbottigliamenti, punta alla creazione di vini vivi e intensi che sappiano esprimere appieno la forza e la naturalità del territorio in cui nascono.

Altitudine variabile tra 500 e 800 metri slm, inverni freschi, primavere asciutte ed estati secche, autunni con buone escursioni termiche. Terreni ricchi di granito e potassio. Per queste caratteristiche, il terroir di Mamoiada è uno dei più vocati alla coltivazione del cannonau.

Il mitico Cannonau è nel cuore di ogni sardo e vanta un'arcaica cittadinanza in una terra dalle ineguagliabili ricchezze culturali e dalle incontaminate bellezze naturali. Questo vino, con tutta la storia che gli appartiene, è raccontato in un bellissimo libro redatto dall'Accademico della Vite e del Vino Enzo Biondo, con la collaborazione ampia, completa e illuminata di specialisti interdisciplinari.

Il lavoro condotto in maniera entusiasta e partecipata da tutto il gruppo di lavoro ha consentito di gettare un raggio di sole a quei percorsi della preistoria vitivinicola sarda, in parte fino ad oggi annebbiata o forse sottostimata, essendo prevalsa l'idea, secondo le più accreditate correnti di pensiero, che i vitigni sardi, almeno quelli più coltivati, abbiano avuto un'origine alloctona, attribuendo prima ai fenici e successivamente ai greci, ai bizantini, ai romani fino agli spagnoli, l'origine del nostro variegato e ricco patrimonio ampelografico costituito da oltre 150 varietà. E come afferma poi, lo stesso autore, riguardo l'origine del nome del vitigno: ''Che si chiami garnacha tintorera o grenache il Cannonau nasce in Sardegna e parla sardo da più di 3500 anni"

La famiglia Sedilesu segue il cammino di questo vitigno e ne rispetta la storia. Non nobile, non ricca, ma vera. Scolpita nella pietra. Curano con occhio rurale le anziane viti, selezionano le uve, utilizzano solo lieviti indigeni. Aprono al nuovo (vedi barrique in alcune linee) solo se strumentale al progetto di amorevole preservazione dell’anima del vino.

Il Mamuthone di Giuseppe Sedilesu è il vino simbolo dell’azienda, esprimendo appieno le caratteristiche tipiche del Cannonau di Mamoiada: profumi netti di spezie e frutta matura, bocca densa e fresca con tannini fini e dolci e con una profondità fuori dal comune.

La calda annata 2011, ne ha esaltato le caratteristiche mediterranee con note di frutta matura e spezie cui si aggiunge una decisa vena minerale. Nel bicchiere si mostra di un colore rosso rubino acceso. Al naso si evidenzia per i suoi toni fruttati di marasca e ciliegia sottospirito con sentori di rose appassite, eucalipto e macchia mediterranea. Annuncio di un corpo fresco, vinoso, che si conferma anche al palato. Morbido e caldo con tannini robusti ma già ben levigati, per un vino così giovane, segno evidente anche dal passaggio in botte grande che lascia esprimere, senza coprire, la naturalità del frutto. Fermentazione spontanea, nessuna filtrazione. Matura 12 mesi in botti da 40 hl e si affina in bottiglia per almeno tre mesi. Si abbina a piatti di cacciagione e generalmente di carni rosse e formaggi stagionati.

Un altro vino dell'azienda è il Perda Pintà. Si tratta di un bianco molto particolare che nasce da un'altro vitigno autoctono di Mamoiada, la Granazza. Per secoli è rimasto misconosciuto, pochi ceppi di uva bianca tra le vigne dominate dal rubicondo cannonau,. Un vitigno antico, che però è stato considerato quasi un curioso intruso, poco valorizzato e spesso utilizzato nell’uvaggio del Cannonau. Anche quando veniva vinificato in purezza, "Sa Granazza" era relegato a prodotto di nicchia, "vinu ‘e missa o vinu ‘e eminas", adatto ai preti e alle donne perché amabile, come dice con malcelato disprezzo chi ha il palato avvezzato dal Cannonau. Un anonimato durato secoli a cui ha contribuito lo stesso nome con il quale è conosciuto il vitigno in questa zona della Barbagia: Granazza è infatti uno dei tanti modi con cui in Sardegna è chiamata la Vernaccia, e anche per questo è stato spesso confuso con altri tipi di uva bianca. Ma oggi, grazie alla ricerca scientifica, Sa Granazza di Mamoiada riemerge dall’oblio. I recenti studi hanno dimostrato infatti che è un vitigno autoctono con caratteristiche tutte sue, anche dal punto di vista genetico e con la Vernaccia non ha nulla a che vedere. Viene vinificato in due modi, con e senza buccia. Quello da noi degustato è quello senza macerazione delle bucce.

Il suo nome deriva da Sa Perda Pintà (La pietra dipinta) o Stele di Boeli, una stele megalitica, o menhir, ritrovata a Mamoiada e che si stima risalga al 3500 a.C. La parte anteriore è decorata da sette motivi composti da un minimo di due a un massimo di sette cerchi concentrici intorno ad una coppella centrale. Disegno che è stato scelto per l'etichetta di questo vino. Secondo interpretazioni dottrinali il significato di tali simboli è da intendere come l'interpretazione della figura femminile, della dea madre e, in generale, della vita.


Il Perda Pintà IGT Barbagia 2012 si evidenzia per i suoi profumi intensi di macchia mediterranea che si sposano ad un palato potente e complesso ma equilibrato e con un finale avvolgente e profondo. Speziato e floreale, minerale e agrumato, compensa il leggero residuo zuccherino con la grande freschezza e la buona sapidità. Affina in barrique di primo, secondo e terzo passaggio per 8 mesi.

Adatto sia a piatti di carne in genere che a zuppe di pesce e formaggi di media stagionatura.
www.giuseppesedilesu.com/it/

Info e approfondimenti su Mamoiadawww.mamuthonesmamoiada.it/

giovedì 28 novembre 2013

FLOS OLEI 2014

Quinta edizione per "Flos Olei 2014" a cura di Marco Oreggia, la guida al mondo dell'olio extravergine di oliva. Dal Lazio l’olio dell’anno

La presentazione avrà luogo a Roma, nei saloni del The Westin Excelsior Rome di via Veneto, domenica 1 dicembre alle ore 11.00.

Mentre è in corso di svolgimento la campagna olearia 2013-2014, fervono i preparativi per la presentazione di Flos Olei 2014, l'unica guida mondiale in doppia lingua (italiano-inglese) interamente dedicata al mondo dell'extravergine di qualità.

Presentazione che avrà luogo a Roma, nei saloni del The Westin Excelsior Rome di via Veneto, domenica 1 dicembre alle ore 11.00.  Nel corso della mattinata si svolgerà anche la premiazione della The Best, riservata a stampa e operatori, mentre durante il pomeriggio, dalle 15.00 alle 21.00, il The Westin Excelsior Rome aprirà le porte al pubblico.

Curata da Marco Oreggia e Laura Marinelli, la guida, alla sua quinta edizione, propone ben 500 aziende e 703 etichette in rappresentanza di 47 Paesi (tra i quali le new entry di Svizzera e Ucraina). Ogni nazione può contare su un'introduzione che ne definisce storia, produzione e caratteristiche; con Italia e Spagna che, in qualità di leader del settore, vengono raccontate con una suddivisione per singole regioni. 

Tra le novità di quest'anno, oltre alle graditissime applicazioni (World, Europe, Italy e The Best) per iPhone-iPad, va segnalata la particolare attenzione prestata al concetto di ecosostenibilità. "Abbiamo preso in considerazione sei diverse tipologie di ecosostenibilità - spiega Marco Oreggia - che vanno dai rifiuti differenziati alla bioedilizia, dall'utilizzo di materiali residui all'uso di energie alternative, dal controllo di emissione di CO2 all'uso di vetro leggero. Quindi abbiamo individuato quelle aziende che adottano almeno una di queste pratiche virtuose e le abbiamo distinte con un apposito simbolo".

Del resto l'attenzione dei due curatori verso il mondo green è testimoniata anche dal fatto che la guida è stampata su carta FSC, una certificazione internazionale che attesta l'utilizzo di carta proveniente da foreste impiantate solo per uso editoriale. Indubbiamente un impegno economico rilevante, ma pure un segnale importante che Oreggia e Marinelli sperano possa essere raccolto anche da altri editori.
Ma è indiscutibile che uno dei momenti più attesi della presentazione di Flos Olei sia quello legato alla divulgazione della The Best, la classifica che propone il meglio della produzione olivicola internazionale. Per questa nuova edizione la notizia è che l'Italia continua a recitare il ruolo di assoluta protagonista, con ben 12 premi ottenuti. 

Tra questi spicca certamente quello del Miglior Olio Extravergine dell'Anno attribuito alla Società Agricola Colli Etruschi (Lazio) e quello di Azienda dell'Anno all'Azienda Agricola De Carlo (Puglia). Poi una serie di conferme ad aziende che già in passato hanno ottenuto importanti riconoscimenti: il Frantoio Bonamini (Veneto), il Frantoio Franci (Toscana), l'Azienda Agricola Pruneti (Toscana) e l'Azienda Agricola Biologica Americo Quattrociocchi (Lazio), ma anche alcune realtà emergenti come l'Azienda Agricola Paolo Bonomelli-Ca' Rainene (Veneto), Il Borgo del Melograno (Emilia Romagna), l'Azienda Agricola Laura De Parri (Lazio), l'Azienda Agricola Le Tre Colonne (Puglia), il Frantoio Romano (Campania) e il Nuovo Oleificio Sandro Chisu (Sardegna). 

Tra le aziende straniere va certamente sottolineata l'eccellente performance degli spagnoli che conquistano ben sette riconoscimenti: Finca La Torre, Galgón 99-Oro Bailen, Sucesores de Hermanos López, Castillo de Canena, O-Med, Muela Olives, tutte provenienti dall'Andalusia, e Casas de Hualdo, dalla Castiglia-La Mancia. Interessante il riconoscimento come Azienda di Frontiera alla greca Noan Olive Oil (Thessalia); non da meno quello di Azienda del Cuore assegnato alla sudafricana Morgenster Wine and Olive Estate (Cape) e quello per il Miglior Monovarietale Fruttato Medio alla croata O.P.G. Matteo Belci (Istria). A chiudere la The Best 20 di quest'anno c'è il Premio Speciale Cristina Tiliacos che verrà consegnato alla Fozzy Group, una catena di supermercati dell'Ucraina che da anni seleziona e commercializza molte etichette internazionali di alto livello qualitativo.
"Flos Olei conferma la sua vocazione internazionale - commenta Laura Marinelli - e al tempo stesso dimostra che la nostra The Best 20 è il frutto di una selezione attenta e scrupolosa che tiene conto di tutti gli aspetti della filiera produttiva aziendale".

mercoledì 27 novembre 2013

Ruchè, l’altra faccia del Piemonte

Misterioso, affascinante Ruché, principe rosso del Monferrato
Il Ruchè di Castagnole in Monferrato in provincia di Asti si produce con le uve dell’omonimo vitigno autoctono.  Questa singolare cultivar ha origini incerte così come il suo nome

Un vino poco conosciuto e considerato infatti una delle "piccole D.O.C.G." piemontesi. La D.O.C. Ruchè di Castagnole Monferrato arriva solo nel 1987 per i paesi di Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi, tutti nella provincia di Asti e confinanti tra loro.

Il disciplinare di produzione, completamente rivisitato nel 2001, prevede che il Ruchè di Castagnole Monferrato D.O.C.G. debba esser prodotto per almeno il 90% da uve Ruchè, mentre per il restante 10% può esser congiunto a uve Barbera o Brachetto, a discrezione di ogni singolo produttore. 
Con l'annata 2010 viene concessa la D.O.C.G.

Questo è un piccolo territorio d'eccellenza in cui la sapienza dei vignaioli ha saputo creare una miscela fra la passione per la vite, il rapporto con il territorio e la ricerca d' innovazione enologica. Ciascuno dei sette paesi del Ruchè ha una qualche sua magnificenza, forse un castello, una chiesa, un borgo particolare, sicuramente svariati ristoranti raffinati e ottime cantine da cui "sgorga" il tanto amato autoctono.

Un tempo, per la gente, il Ruchè era il "vino della festa", un vino che si poneva come alternativa ad altri di consumo quotidiano e che con il tempo ha acquisito un "alone" leggendario. Il nettare in questione nell'immaginario collettivo è divenuto il vino che aveva accompagnato le milizie astigiane nelle crociate contribuendo alla vittoria dei Longobardi contro i Franchi nei pressi di Refrancore.

Il fascino e il mistero di questo vino sono reali, le sue origini sconosciute ai più, il suo sapore così particolare ed unico lo distinguono nettamente da tutti gli altri classici vini piemontesi e lo rendono una vera perla della viticoltura di questa regione, descritto dai più come "l'altra faccia del Piemonte".

Un vino nato semplicemente, ma che altrettanto semplicemente riesce a suscitare molte più emozioni rispetto a prodotti ben più blasonati. Perché la passione che emerge da ogni singola fase di vinificazione, a tutt'oggi è ineguagliata.

Non essendoci attestazioni bibliografiche certificate ed essendo molto vaghe le testimonianze verbali sull'origine del vitigno, questo vino si è dotato di un alone di mistero che lo ha reso assai affascinante nei secoli. L'etimologia di questo vitigno è incerta, in quanto la toponomastica locale non annovera nemmeno in tempi antichi siti ai quali il nome Ruché sia chiaramente riconducibile. 

L'origine del nome risulta quindi avere molte ipotesi di nascita. Una di queste è quella che derivi da "San Rocco", una comunità di Monaci devoti a questo Santo che avrebbero introdotto la Sua coltivazione in zona; c'è chi invece attribuisce il Suo nome a "roncet", una degenerazione infettiva che in tempi passati attaccò i vitigni nella zona e di fronte alla quale il Ruchè si dimostrò particolarmente resistente e robusto. Altra tesi fa indurre che il nome derivi dal termine piemontese "roche", inteso come vitigno coltivato nelle zone arroccate del Monferrato. 

Da recenti studi e da attente analisi del vitigno e delle sue caratteristiche, sembra che il Ruchè derivi da antichi vitigni dell'Alta Savoia. Forse proprio quest'ultima è la versione più accreditata, ma non vi è ancora nulla di certo. Il mistero del Ruchè rimane quindi tutt'ora insoluto, mentre l'unica certezza sembrano le emozioni che sempre riesce a scaturire ad ogni sorso.

Questo magico vino deve i suoi primi vagiti di notorietà tra gli appassionati grazie a due personaggi di Castagnole Monferrato. In primis il Parroco, Don Giacomo Cauda, che alla fine degli anni settanta si dedicò con grande entusiasmo alla produzione del Ruché. Ma un ruolo fondamentale giocò anche il Sindaco Lidia Bianco - già segretaria della scuola d'Agraria di Asti - che si impegnò per l'assegnazione della "denominazione di origine controllata", arrivata nel 1987.

Quando nel 1964 Don Cauda arrivò a Castagnole Monferrato, prese in mano il "beneficio parrocchiale" in cui all'interno risiedeva anche un piccolo appezzamento di terreno coltivato a vigna. Quei vigneti a bacca rossa diedero subito interesse ed emozione al giovin Sacerdote, il quale si rimboccò le maniche e lo rimise in auge. 

La vinificazione di "quei" grappoli rossi dava emozioni e soddisfazione a Don Cauda come un "dono di Dio", elemento che più di una volta è stato descritto come una delle più grandiose peculiarità del Ruché: "ha un corpo perfetto e un equilibrio di aromi, sapori e profumi unici. Degustato con moderazione libera lo spirito e apre la mente...". Era nato il Ruchè di Castagnole Monferrato.

Bisogna sentire l'odore classico dell'anidride carbonica che lascia le vasche di fermentazione e i profumi danzanti del vino per essere certi di trovarsi nella "Terra del Ruchè", dove ogni enologo/cantiniere, quando arriva l'uva dopo un'attenta analisi è tranquillo di aver portato in "casa" il più prezioso nettare della propria produzione. Inizia quindi la tipica vinificazione, un periodo fatto di speranze e attenzioni enologiche anche maniacali, utili al fine di cercare la massima espressione di ogni annata. Parola d'ordine per il Ruchè, a mio avviso, rimane quella della maturazione in vasche d'acciaio, a cui segue l'affinamento in bottiglia per le produzioni tradizionali, un "leggero cantor di legno" per le selezione più pregiate per ammorbidirle ed esaltarne leggermente i tannini. Portare il concetto di  produzione/vinificazione alla teoria del "Vino-Frutto" ed interpretare esclusivamente al meglio ciò che la terra e la vigna ci dona annualmente, sperando che la natura ci assista sempre e non faccia i capricci: questo è l'ambizioso progetto che il produttore dovrebbe porsi”.

"Il sogno di tutte le generazioni di uomini applicati al vino che ci hanno preceduto è ottenere dalla coltivazione il miglior frutto-uva possibile, trasformarlo in vino senza sciupare o alterare il patrimonio di gusto e di aroma sintetizzato dalla natura nel frutto, vinificare senza perdere un'oncia del valore nativo"
( Prefazione di Luca Maroni a: Le buone pratiche per la vinificazione e la conservazione dei vini - Louis Oudart - I° pubblicazione nel 1877 da parte della Reale accademia dell'agricoltura di Torino).

Questo è quanto ritroviamo attraverso le parole del Dott. Franco Morando dell’Azienda Agricola Montalbera, uno dei più interessanti produttori di Ruchè di Castagnole Monferrato, che cerca di interpretare al meglio questo vitigno restituendo quell'anima contadina da cui è nato.

Di questa azienda ho avuto il piacere di degustare il Ruchè Laccento 2011 che racchiude in sé una grande aderenza al territorio e dove la mano interpretativa ne ha esaltato le caratteristiche tipiche.

Il Ruchè  Laccento 2011 selezione Bricco Montalbera, nasce da uve da vigne vecchie di oltre 25 anni, con un’attenta cernita di uve in sovra-maturazione e un “piccolo” blend di uve lasciate appassire su graticci.

Il colore è di un bel rosso rubino intenso. Al naso il profumo è intenso, persistente, con qualche accenno di aromaticità che ricorda i petali di rosa seguito da sentori di buccia d’arancia rossa, fragole e accenti speziati di cannella . All’assaggio si evidenzia subito per la sua estrema morbidezza pur essendo corredato da un buon timbro di acidità, i tannini gentili ed un corredo aromatico molto espressivo ne fanno un vino dal sorso agile e scorrevole, ricco nel sapore, si evidenzia per quel connubio morbidezza-freschezza che lo fa risultare particolarmente appetibile. 

Affinamento minimo 6 mesi in bottiglia. Un vino che può raggiungere una longevità di 6-8 anni. Ottimo l’abbinamento a formaggi saporiti di media-alta stagionatura come il  Castelmagno il Raschera e le varie Tome piemontesi, ma è particolarmente adatto ai piatti tradizionali del territorio come gli agnolotti di magro, le carni stufate e gli arrosti. 

Trova il suo perfetto marriage con il pollo e il coniglio, specie se in umido e speziati, ma vista la sua aromaticità è perfettamente a suo agio se servito in abbinamento a piatti internazionali, in cui si faccia largo uso di spezie, come il pollo al curry o con salse a base di senape.



domenica 24 novembre 2013

Deruta: Cerevisia 2013

"Cerevisia 2013", Concorso per la valorizzazione delle Eccellenze Birrarie Italiane

Primo concorso Cerevisia, premiate le sei migliori birre d'Italia


Sei birre, di qualità eccellente, sono le migliori d'Italia secondo il primo concorso Cerevisia, nato per la valorizzazione delle eccellenze birraie, al quale hanno partecipato 50 birre prodotte da 20 birrifici con sede e stabilimenti sul territorio nazionale.

Questi - riferisce un comunicato dei promotori - i riconoscimenti assegnati, oggi a Deruta: il premio di migliore Birra giovane d'Italia all'assaggio è stato assegnato alla birra Fiera, del Birrificio dell'Eremo di Capodacqua di Assisi (Perugia). Un riconoscimento, questo, riservato ai birrifici italiani nati dopo il 1 gennaio del 2011, allo scopo di favorire le giovani aziende di eccellenza nazionale.

Altri cinque premi sono stati assegnati in base al tipo di birra ed alla provenienza delle aziende produttrici, raggruppate in tre aree geografiche: Italia settentrionale, centrale e meridionale.

Per le migliori birre ad alta fermentazione salgono sul podio: la birra Nazionale 3.3, del birrificio Baladin di Piozzo (Cuneo), la Reale del birrificio Birra del Borgo di Borgorose (Rieti) e la Grazie Mille del cantirrificio Vittoria (Ragusa).

Per la birra a bassa fermentazione, i premi sono andati alla Ambra Rossa del birrificio San Gabriel di Ponte di Piave (Cuneo) e alla birra Nera prodotta dalla Damare di Fiumicino (Roma).

Il comitato promotore del Banco nazionale di assaggio delle birre, organizzatore del concorso e composto da rappresentanti della associazione degli industriali della birra e del Malto (AssoBirra), del Centro di eccellenza per la ricerca sulla birra dell'Universita' degli studi di Perugia (Cerb), della Camera di commercio di Perugia, del Comune di Deruta e della Regione Umbria, ha presenziato alle premiazioni avvenute oggi nelle sale del Museo Regionale della Ceramica di Deruta.

I riconoscimenti, insieme a pregiate ceramiche artistiche realizzate a Deruta, sono stati consegnati dal direttore di AssoBirra Filippo Terzaghi, dal professor Paolo Fantozzi del centro Cerb, dal presidente della Camera di commercio di Perugia, Giorgio Mencaroni, dal sindaco di Deruta, Alvaro Verbena, e dall'assessore all'Agricoltura della Regione Umbria Fernanda, Cecchini. Le birre vincitrici potranno fregiarsi della specifica coccarda che certifica il riconoscimento conseguito nella controetichetta della bottiglia e nei loro siti web.

All'iniziativa ha partecipato il capo panel Debbie Parker, esperta manager sensoriale della Campden BRI - la più grande organizzazione indipendente del Regno Unito per la ricerca e lo sviluppo dell'industria alimentare e delle bevande - ed una dei soli 37 sommelier del mondo accreditati dalla Beer Academy.

La Parker ha guidato 12 esperti degustatori nella selezione delle migliori birre italiane, che sono state vagliate in completo anonimato secondo i più moderni ed accreditati metodi di valutazione scientifica.

venerdì 22 novembre 2013

Vin Santo di Gambellara

Vin Santo di Gambellara: Lunedì prossimo i risultati della sperimentazione vitivinicola

"Zygosaccharomyces gambellarensis", il lievito indigeno della Denominazione ci svela il segreto di un vino unico



Verranno presentati lunedì 25 novembre alle 20,30 nella Sala del Teatro di Gambellara i risultati di quasi 10 anni di sperimentazione sul Vin Santo, fiore all’occhiello della denominazione Gambellara DOC. 

Sandra Torriani, docente di Microbiologia Agraria al dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, presenterà le attività di ricerca svolte con un intervento dal titolo “Impiego di lieviti autoctoni per un vino unico”.

Si tratta del compimento di un percorso che aveva visto la stessa Torriani annunciare tre anni fa la scoperta di un lievito indigeno esclusivo del territorio della Denominazione, quello Zygosaccharomyces gambellarensis che ha svelato il segreto di un vino che si può davvero definire unico nel suo genere.  

Sarà poi Nicola Menti, produttore a Montebello Vicentino e anima del comitato “Sapore di Vin Santo”, ad illustrare il tour promozionale in programma per l’anno prossimo: 10 tappe che toccheranno tutte le province del Veneto nei primi mesi del 2014.

Gli appuntamenti, organizzati in collaborazione con le associazioni di degustatori e sommelier, saranno l’occasione per il pubblico di assaggiare il Vin Santo di Gambellara nelle versioni in commercio affiancate dalle microvinificazioni della sperimentazione.

“L’intento – dichiara Menti – è quello di promuovere il territorio di Gambellara e il nostro Vin Santo, ma anche quello di raccogliere i fondi per permetterci di proseguire la sperimentazione”. Il comitato “Sapore di Vin Santo” è composto, oltre che dallo stesso Menti, da altri tre giovani produttori: Luca Framarin, Michele Zonin e Vincenzo Vignato.

In conclusione l’agronomo Silvano Locardi parlerà dell’importanza dell’equilibrio vegetativo della vigna per produrre uva di qualità. Il convegno sarà introdotto e moderato dal presidente del Consorzio di tutela vini DOC Gambellara Giuseppe Zonin.

L’evento è finanziato dal Fondo di Sviluppo Rurale della Regione Veneto, Misura 133, nel progetto di valorizzazione dei vini Gambellara DOC.

Per maggiori informazioni: www.stradadelrecioto.com

 

Cucina & Vini Sparkle 2014

Assegnate le 5 Sfere del 2014. Di scena all'Hotel Excelsior di Via Veneto a Roma le top label della spumantistica italiana, per celebrare lo Spakle Day
La premiazione durante l’atteso appuntamento, lo Sparkle day del 30 Novembre a Roma all’Excelsior, l’unico evento dove si ritrovano ogni anno i migliori interpreti di tutte le denominazioni, un’occasione per poter degustare davvero “l’Italia delle bollicine di qualità”



Dall’Alta Langa al Franciacorta e al Trento fino al Valdobbiadene Prosecco Superiore e conferme da altri territori della Penisola

Assegnate le 5 Sfere, il simbolo col quale Cucina & Vini premia le top label della produzione spumantistica italiana e con i premi torna la Guida che la prestigiosa rivista dedica al mondo del vino spumante secco. L’edizione 2014, porta con sé una novità: da quest’anno si intitolerà semplicemente Sparkle adeguandosi alla crescente vocazione internazionale della spumantistica italiana.

Al dodicesimo anno, la guida Sparkle racconta un’Italia quanto mai vitale, rappresentata da nord a sud da 68 eccellenze, la cui maggioranza giunge evidentemente dai territori vocati del settentrione, mentre la fascia centro meridionale racconta storie diverse, di singoli illuminati.

Nella gara per l’assegnazione delle 5 sfere sono leader Franciacorta, Conegliano Valdobbiadene e Trento, a conferma dei loro altissimi standard, ma va comunque evidenziata la presenza di Piemonte, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e di realtà più emergenti quali l’Abruzzo, la Puglia e l’Umbria.

“Abbiamo 13 premiati in più rispetto alla scorsa edizione afferma Francesco D’Agostino, curatore del volume e direttore di Cucina & Vini - con il Piemonte che incrementa il bottino delle 5 sfere di 3 unità, raggiungendo quota 7. La Lombardia passa da 20 a 27 vini top, con la Franciacorta che da sola balza in avanti di 5 vini, raggiungendo quota 23. Il Trento avanza di 1 unità collezionando 10 top label, mentre Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore porta le sue 5 sfere da 11 a 16”.

Tredici eccellenze in più dell’edizione dello scorso anno sono il frutto di un movimento spumantistico che cresce in due direzioni: “Sono ben undici le aziende premiate per la prima volta dalla nostra guida - continua Francesco D’Agostino - tutte realtà da molto tempo impegnate nelle bollicine, passate ora al vertice per la loro inesauribile spinta qualitativa; e questa propulsione verso traguardi sempre più ambiziosi è l’aspetto caratterizzante il mondo della spumantistica italiana, con i territori vocati che non smettono di accelerare”.

I Premiati con le 5 Sfere:

Piemonte
Giuseppe Galliano Brut 2009 - Borgo Maragliano
Alta Langa Rösa Brut 2008 - Cocchi
Alta Langa Cuvée 36 Brut 2009 - Gancia
Soldati La Scolca Brut 2006 - La Scolca
Soldati La Scolca D’Antan Blanc de blanc Brut 2002 - La Scolca
Soldati La Scolca D’Antan Rosé Brut 2002 - La Scolca
Caluso Cuvée Tradizione 1968 Brut 2007 - Orsolani

Lombardia
Oltrepò Pavese Pinot Nero Ecrù Nature Extra Brut 2008 - Anteo
Oltrepò Metodo Classico Pinot Nero 1865 Brut 2006 - Conte Vistarino
Oltrepò Pavese Pinot Nero Gran Cuvée Storica Giorgi 1870 Brut 2009 - Giorgi
Settimo Cielo Extra Brut 2009 - Perla del Garda
Franciacorta Riserva 3V Brut 2006 - Abrami Elisabetta
Franciacorta Riserva Bagnadore Decimo Terzo Pas Dosé 2006 - Barone Pizzini
Franciacorta Gran Cuvée Satèn 2008 - Bellavista
Franciacorta Riserva Vittorio Moretti Extra Brut 2006 - Bellavista
Franciacorta Gran Cuvée Rosé Brut 2008 - Bellavista
Franciacorta Vintage Collection Dosage Zerò 2008 - Ca’ del Bosco
Franciacorta Riserva Annamaria Clementi Brut 2005 - Ca’ del Bosco
Franciacorta Riserva Annamaria Clementi Rosé Extra Brut 2005 - Ca’ del Bosco
Franciacorta Riserva Plenitude Collezione Esclusiva Giovanni Cavalleri Brut 2005 - Cavalleri
Franciacorta Satèn 2009 - Ferghettina
Franciacorta Milledì Brut 2009 - Ferghettina
Franciacorta Riserva Casa delle Colonne Zero 2006 - Fratelli Berlucchi
Franciacorta Riserva Casa delle Colonne Brut 2006 - Fratelli Berlucchi
Franciacorta Riserva Palazzo Lana Extreme Extra Brut 2006 - Guido Berlucchi
Franciacorta Satèn 2009 - Le Marchesine
Franciacorta Blanc de Noir Brut 2009 - Le Marchesine
Franciacorta Blanc de Noir Brut - Majolini
Franciacorta Blanc de Blanc P.R. Brut - Monte Rossa
Franciacorta Satèn Magnificentia 2009 - Uberti
Franciacorta Quinque Extra Brut - Uberti
Franciacorta Diamant Pas Dosé 2006 - Villa
Franciacorta Rosé Brut 2009 - Villa
Franciacorta Riserva dei Consoli Brut 2005 - Villa Crespia Muratori

Trentino
Trento Rosé Brut - Abate Nero
Trento Riserva Brut 2008 - Balter
Trento Riserva Altemasi Graal Brut 2006 - Cavit
Trento Riserva Aquila Reale Brut 2006 - Cesarini Sforza
Trento Riserva Lunelli Extra Brut 2006 - Ferrari
Trento Riserva Talento Dosaggio Zero 2008 - Letrari
Trento Riserva del Fondatore 976 Brut 2003 - Letrari
Trento Rosé Brut - Maso Martis
Trento Riserva Methius Brut 2007 - Metius (Dorigati)
Trento Riserva Maso Nero Brut 2008 - Zeni

Alto Adige

Alto Adige Pas Dosé 2009 - Haderburg
Alto Adige Riserva Hausmannhof Brut 2004 - Haderburg

Veneto
Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Farra di Soligo Col Credas Brut 2012 - Adami
Valdobbiadene Superiore di Cartizze Dry - Adami
Valdobbiadene Dirupo Brut 2012 - Andreola
Valdobbiadene Cartizze Dry 2012 - Andreola
Valdobbiadene Brut 2012 - Bortolin Angelo
Valdobbiadene Prosecco Superiore Banda Rossa Extra Dry 2012 - Bortolomiol
Valdobbiadene Superiore di Cartizze Dry 2012 - Bortolomiol
Valdobbiadene Cartizze Superiore Dry 2012 - Col Vetoraz
Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Farra di Soligo Extra Dry 2012 - La Farra
Valdobbiadene Prosecco Superiore Serrai Extra Dry 2012 - La Tordera
Valdobbiadene Supréme Dry 2012 - Le Bertole
Valdobbiadene Cruner Dry - Le Colture
Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut - Nino Franco Spumanti
Valdobbiadene Giustino B. Extra Dry 2012 - Ruggeri
Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry - Sorelle Bronca
Valdobbiadene Superiore di Cartizze Vigna la Rivetta Brut - Villa Sandi

Friuli Venezia Giulia
Brut - Vigneti Pittaro

Umbria
Riesling Brut 2009 - Grilli

Abruzzo
Brut - Marramiero
Rosé Brut - Marramiero

Puglia
La Dama Forestiera Nature 2008 - D’Araprì
Riserva Nobile Brut 2009 - D’Araprì

Info: 
Cucina&Vini
Tel 06 98.87.2584


Top 100 di Wine Spectator

16 italiani nella Top 100 di Wine Spectator

Lo spagnolo Rioja Imperial Gran Reserva 2004 di Cuna (Compañìa Vinìcola del Norte de España) è il vino n. 1 per la "Top 100" 2013 di Wine Spectator, una delle classifiche più attese del mondo del vino. In tutto sedici le etichette italiane nella lista, con prevalenza di Toscana e Piemonte, che piazza un Barolo al n. 6

 

La "Top 100" 2013 di Wine Spectator è una delle classifiche più attese del mondo del vino.

La classifica, resa nota in questi giorni, vede nelle prime dieci posizioni, dopo il Rioja di Cuna, cinque etichette Usa, tre francesi e una italiana, il Barolo Monprivato 2008 Giuseppe Mascarello e figlio, al sesto posto.

Come nel 2012, sono in tutto sedici i vini del Belpaese che figurano nell'ambita lista.
Ne esce la conferma che il nostro vino nel mondo parla ancora in prevalenza piemontese e toscano (sei i toscani e cinque i piemontesi). 

Ma allo stesso tempo, come sottolinea il sito Wine News, sempre più si guadagnano le luci della ribalta anche territori meno conosciuti al grande pubblico, come la Valtellina, per esempio, e si conferma la crescita della viticoltura del Sud, dalla Sicilia alla Campania alla Basilicata.  

Ecco che, a fare compagnia al Barolo Monprivato 2008 di Giuseppe Mascarello & Figlio, al n. 6, dunque, arrivano il Barolo Albe 2008 di G.D. Vajra al n. 16, e il Chianti Classico 2010 di Poggerino al n. 18.  A seguire, al n. 21, il Bolgheri 2011 de Le Macchiole, e al n. 24 il Brunello di Montalcino Pertimali 2008 di Livio Sassetti.  Al n. 50 c'è la Sicilia, con il Cerasuolo di Vittoria Classico 2010 di Cos, seguito, al n. 58, dal Vino Nobile di Montepulciano 2010 di Avignonesi. Al n. 61 viene il Barbaresco 2007 di Produttori del Barbaresco, al n. 66 tocca alla Basilicata, con l'Aglianico del Vulture Macari' 2007 di Macarico. Al n. 80 il Maremma Toscana Mongrana 2010 di Querciabella, seguito, al n. 82, dal Valtellina Superiore Sassella 2009 di Mamete Prevostini

Al n.86 una new entry eccellente: il Barolo La Rosa 2008 di Fontanafredda, che vede così il debutto di Oscar Farinetti in veste di produttore di vino nella "Top 100". 

Al n. 91 un altro grande classico dell'enologia italiana, il Taurasi Radici Riserva 2006 di Mastroberardino, seguito, al n. 94 il Barolo Prapò 2009 di Schiavenza

Chiusura tutta toscana, con il Brunello di Montalcino Montosoli 2008 di Altesino al n. 96, e con il Toscana Cancelli 2011 di Badia a Coltibuono, al n. 100. 

Una curiosità: è la prima volta in classifica del vino di Brad Pitt e Angelina Jolie, che piazzano il loro Jolie-Pitt & Perrin Côtes de Provence Rosé Miraval al n. 84. 

La Top 100 di Wine Spectator rappresenta una sorta di elite di vini sul mercato americano e mondiale (100 su 17.000 assaggi), visto che viene redatta non solo tenendo conto della qualità (il punteggio deve essere superiore a 90/100), ma anche il prezzo (per questa edizione la media è di 51 dollari a bottiglia), la disponibilità sul mercato e un "fattore x", che può essere - dicono dalla redazione - "l'entusiasmo generato da un produttore considerato una stella nascente, o da un punto di riferimento del territorio".

2013.top100.winespectator.com/

giovedì 21 novembre 2013

GoWine: REGIONI D’ITALIA A CONFRONTO



Un focus sui vini rossi del Sud il nuovo evento di promozione e degustazione a cura dell'Associazione GoWine
 

L’appuntamento di novembre di Go Wine a Roma parla di Sud: sarà presente una selezione di aziende per  raccontare, attraverso la loro storia, questa parte d’Italia ed il suo grande patrimonio vinicolo. 

Appuntamento presso le sale dell'Hotel Quirinale**** di via Nazionale per martedì 26 novembre p.v..

Vini autoctoni, aziende storiche, realtà emergenti per una degustazione sfiziosa che offre l’occasione di approfondire la conoscenza di una viticoltura che negli ultimi anni ha marcato un ruolo importante nella crescita del vino italiano. Ad accompagnare le interessanti storie vinicole torna “La Salsamenteria” di Roberto Mangione (Roma) con alcune proposte di abbinamento ad “unire” l’Italia: l’Artesino dal Veneto, la Gorgonzola al cucchiaio dal Piemonte,  l’arrosto al lauro e la gabbianella dalla Lombardia ed il tradizionale pane di Genzano.

Partecipano al banco d’assaggio

Abruzzo - Pepe Stefania – Torano Nuovo (Te),
con il Trebbiano d’Abruzzo e il loro vino biodinamico senza solfiti;
Abruzzo – Zaccagnini Ciccio -  Bolognano (Pe),
con il Montepulciano d’Abruzzo;
Basilicata – Casa Maschito – Maschito (Pz);
con l’Aglianico del Vùlture;
Molise – Cantine d’Uva – Larino (Cb),
con la Tintilia e il Cabernet Sauvignon;
Molise – Di Majo Norante – Larino (Cb),
con l’Aglianico e i due rossi, blend da vitigni Montepulciano e Aglianico;
Puglia – Cantine Spelonga – Stornara (Fg),
con il Nero di Troia e il Primitivo;
Campania – La Molara – Luogosano (Av),
con il Taurasi e l’Igt Campi Taurasini Aglianico;
Sicilia – La Giasira, Azienda Agricola di Giovanni Boroli – Rosolini (Sr)
con il Nero d’Avola;
Sardegna – Cantine Deidda - Simaxis (Or),
con il Cannonau ed un rosso, blend di Carignano, Cannonau ed altre varietà;

Programma e orari:
Ore 17.00 – 19.00: Anteprima: degustazione riservata ad operatori professionali
(titolari di Ristoranti, Enoteche e Wine Bar)  
Ore 19.00: Apertura banco d’assaggio al pubblico alla presenza delle aziende
Nel corso della serata breve conferenza di presentazione.
Ore 22.00: Chiusura banco d’assaggio.

Il costo della degustazione per il pubblico è di € 15.00 (€ 10.00 Soci Go Wine, € 12.00 Associazioni di Settore). L’ingresso sarà gratuito per coloro che decideranno di associarsi a Go Wine direttamente al banco accredito della serata. L’iscrizione sarà valevole fino al 31 dicembre 2014.

ATTENZIONE: Per una migliore accoglienza è consigliabile confermare la presenza alla serata ed il numero di eventuali  accompagnatori all’Associazione Go Wine, telefonando al  n°0173/364631 oppure inviando un fax al n°0173/361147 o un’e-mail a  stampa.eventi@gowinet.it entro le ore 12.00 di martedì 26/11 p.v..

I prodotti che accompagneranno la degustazione, raccontati da Roberto Mangione:

ARTESINO - Veneto
Materia prima: latte vaccino crudo di una sola azienda vicinissima al caseificio, non vengono aggiunti fermenti lattici.
Aspetto: la crosta è molto sottile, di colore giallo paglierino scarico, la pasta è occhiata e morbida, di colore bianco avorio.
Sapore: sapido, leggermente acidulo, con piacevoli sensazioni lattiche e leggere sensazioni animali, ricco e intenso con una complessità aromatica proprio legata alla lavorazione a latte crudo
Selezionato perchè: quello che ci piace di Enrico è la sua coerenza, lui produce questo formaggio con il latte prodotto in una stalla vicinissima al caseificio, le vacche sono allevate a stabulazione libera, alimentate con fieni ottenuti da prati stabili della zona, granella di mais prodotta in azienda e l'integrazione proteica viene effettuata con farina di soia certificata OGM FREE ovvero assolutamente priva di Organismi Geneticamente Modificati. La dieta degli animali è arricchita con semi di lino per ottenere un latte con OMEGA 3 ovvero acidi grassi essenziali molto preziosi per il nostro organismo

GORGONZOLA AL CUCCHIAIO - Piemonte
Materia prima: latte vaccino intero raccolto esclusivamente sulle colline fra il lago d'Orta e il lago Maggiore.
Aspetto: la crosta è rugosa e rosata, a pasta è cremosa, di colore paglierino scarico, screziata per lo sviluppo di muffe con venature verdi-blu.
Sapore: estremamente dolce, con sensazioni lattiche e di frutta matura, l'erborinatura rende accattivante e caratterizzante, senza risultare invadente.
Curiosità: il Caseificio Tosi nasce negli anni '60, fondato da Santino Tosi che produceva formaggi da vendere nel suo negozio. Negli anni '80 gli si affianca il figlio Fabrizio e la produzione diviene quasi esclusivamente quella del Gorgonzola ma senza la stagionatura che veniva affidata ai clienti-affinatori. Negli anni '90 un altro cambiamento: la famiglia Tosi inizia anche a stagionare e affinare il formaggio. La svolta decisiva si ha una decina di anni fa con l'arrivo in azienda della figlia Miranda che oggi gestisce l'azienda assieme al fratello Fabrizio e al marito Andrea. Il Caseificio Tosi si trova nell’area tipica di produzione del Gorgonzola DOP. E  uno dei più piccoli produttori del Consorzio, che lavora ancora oggi in modo del tutto artigianale: il latte utilizzato viene raccolto nel territorio dei laghi Maggiore e Orta; la produzione è di circa 300 forme al giorno tutta la lavorazione viene ancora oggi effettuata a mano; le forme vengono stagionate per un periodo compreso tra 90 e 160 giorni su assi di legno.
Selezionato perchè: la Tosi, si dice che Gorgonzola sia femmina, è per noi un formaggio che soddisfa i sensi, una gioia per gli occhi e per il palato.

ARROSTO AL LAURO – Lombardia

Spalla di Gran Suino Padano, cotta al forno, aromatizzata con ginepro, rosmarino, aglio e non da ultimo alloro, si presenta dorata esternamente. Legatura a mano con cotenna esterna che ne preserva la qualità. Privo di esaltatori di sapidità, privo di derivati del latte, senza polifosfati aggiunti, senza glutine, inserito nel prontuario dei celiaci.

LA GABBIANELLA - Lombardia
Il nome è un omaggio ai luoghi umidi delle terre della pianura padana e alla tradizione contadina-norcina di un tempo. Salame prodotto con carne di Gran Suino Padano, la grana è media, budello naturale e stagionatura minima è di 3 mesi. Profumato e morbido, esplosione equilibrata di sapore dolce ed elegante, adatto a qualsiasi momento della giornata.

PANE CASERECCIO DI GENZANO (IGP) - Lazio
Pane casareccio di Genzano (IGP) è il nome di un prodotto di panetteria ad Indicazione geografica protetta. L'Indicazione Geografica Protetta Pane Casareccio di Genzano si riferisce al prodotto di panetteria ottenuto da farina di ottima qualità di tipo 0 o 00, lievito naturale, sale, acqua e cruschello di grano. Il prodotto finito, estremamente leggero, si presenta nella classica forma a pagnotta tonda o in filone, con crosta scura e fine, mollica soffice e fortemente occhiata, dal profumo di cereale. La zona di produzione del Pane Casareccio di Genzano IGP è limitata al territorio del comune di Genzano di Roma, in Provincia di Roma, nella regione Lazio.
A seconda della forma si possono distinguere le seguenti tipologie, così come immesse in commercio:
Filone: rotondo e lungo.
Pagnotta: con “baciature” evidenti ai lati.

mercoledì 20 novembre 2013

L’immagine del vino, quando l’etichetta diventa un opera d’arte. Château Mouton Rothschild 2010 e "La nascita di Venere"



L’arte nel vino: Jeff Koons per Château Mouton Rothschild, l’artista statunitense firma l’etichetta millésime 2010

Château Mouton Rothschild è famosa per le sue etichette d'artista e Jeff Koons si aggiunge alla lunga e preziosa lista d’illustri nomi che hanno firmato l'immagine di questo prestigioso vino, dagli anni Venti sino ad oggi.

La prima etichetta d’autore risale, infatti, ai primi del 1924, quando il Barone Philippe de Rothschild chiese a Jean Carlu di disegnarla per le bottiglie di quell’annata, primo imbottigliamento allo Château.

Da Braque a Dalì, passando per Picasso e Warhol, l’azienda vinicola Mouton Rothschild ha dato vita ad una vera e propria collezione di opere d’arte che ogni anno continua ad arricchirsi: l’ultima più recente opera risale allo stile pop art di Koons per l'etichetta millésime 2010.

La creazione di Koons è stata commissionata dalla proprietaria e amante d’arte, la Baronessa Philippine de Rothschild e si basa su una copia di un antico affresco di Pompei - “La nascita di Venere” - con una barca che naviga sotto il sole in una linea d’argento.

Scultore, pittore e artista statunitense, famoso per le sue opere, spesso di grandi dimensioni e che si ispirano allo stile kitsch, Jeff Koons è considerato un’icona neo-pop, illustratore ironico dell’“american way of life” e del suo “consumism”.

Nella sua arte Koons combina la Pop Art, influenzata da Marcel Duchamp e Andy Warhol, con il kitsch estetico utilizzando diverse tecniche per rappresentare oggetti familiari.

Uno dei sui lavori più noti di Jeff Koons  è la scultura in acciaio che rappresenta un cane attraverso le forme di palloncini, “Balloon dog”, si tratta di uno dei cinque cagnolini, realizzati da Koons nel 1990 in cinque colori diversi e che è stata tra l'altro battuta all'asta per 58,4 milioni di dollari. 

Mai opera d’artista vivente è arrivata a tale cifra. Jeff Koons continua così ad essere uno degli artisti più quotati del mercato internazionale e uno dei protagonisti indiscussi di quel “territorio bizzarro” – per usare le parole di Yves Michaud – che è l’arte contemporanea.


Lo Château ha commissionato l'ultima etichetta del suo Pauillac 2011 al pittore e scultore Guy De Rougemont, membro dell’Accademia di Belle Arti dell’Institut de France, è noto per il suo uso di colori vivaci, forme geometriche e linee ondulate per sottolineare i contrasti cromatici e luminosi, e la sua opera per l’etichetta 2011 è composta da linee sinuose gialle, arancioni e rosse che si alternano a linee blu e viola scuro, ed è stata creata per descrivere visivamente “la chiarezza delle viti alla luce del sole e l’oscurità delle cantine”. 

Conosciuto meglio per il suo iconico e delizioso “Tavolo Nuvola” del 1970,  Guy  sarà sicuramente ricordato come uno dei più grandi pionieri del design a cavallo del XX° e XXI° secolo.






Qui potrete trovare tutte le etichette artistiche di casa Château Mouton Rothschild.

martedì 19 novembre 2013

Milano, Leoncavallo, La Terra Trema



LA TERRA TREMA al Leoncavallo, Vini e Vignaioli autentici, agricolture periurbane, cibi e poesia dalla terra la 7^ edizione de LA TERRA TREMA si terrà a Milano il 29, 30 Novembre e il 1° Dicembre 2013 al Leocavallo SpA

“Sarà una fiera del tutto nuova; vi si assaggeranno i vini di ogni parte d’Italia. Festeggeremo la vita”.

(Gino Veronelli, prima edizione di Terrà e Libertà/CW al Leoncavallo, Dicembre 2003)


LA TERRA TREMA accoglie agricoltori e agricoltura, vini e vignaioli di qualità, contadini resistenti provenienti da tutta Italia, per dar vita a tre giorni di degustazioni individuali e guidate; dibattiti e confronti pubblici; incontri informali con i produttori; acquisti diretti; concerti, proiezioni, cene a filiera diretta.

LA TERRA TREMA porta nel cuore di Milano le mille storie di agricolture partigiane e ribelli; le storie di rivolta di chi abita territori assediati da cemento, capannoni, infrastrutture devastanti calate dall’alto; le elaborazioni, condivise e partecipate, delle politiche che, ai suddetti territori, guardano, perché lì stanno già nascendo o nasceranno comunità nuove, consapevoli, aperte.

Per questo motivo ci sta a cuore di precisare anche questa volta che: LA TERRA TREMA è una manifestazione dedicata all’agricoltura di qualità, quella che in Italia quotidianamente si batte per tutelare suolo, socialità, cultura, sapori. Prima di una condivisione sostanziale o programmatica di definizioni ideali a proposito di vini naturali, certificazioni bio/biodinamiche/integrate, prima dei marchi di qualità o di tutela – prima di tutto questo – LA TERRA TREMA chiede una convinta condivisione sulle pratiche di resistenza che essa stessa attiva a cui essa stessa partecipa.

L’agricoltura rischia di diventare ennesima foglia di fico al soldo delle economie peggiori, pretesto per le facili speculazioni dei soliti affaristi, in particolar modo adesso, alle soglie di un’Expo2015 nauseabonda, contraddittoria, esito controverso di un capitalismo finanziario che sta devastando ogni cosa. Per questo riproponiamo annualmente LA TERRA TREMA, per questo vogliamo insieme agricoltori, vignaioli, spazi occupati, pratiche di resistenza territoriali, perché in questo incontro meraviglioso e dirompente c’è forza propulsiva enorme, capace di scardinare questi nodi terribili.

Per questo continuiamo a costruire ogni anno LA TERRA TREMA solo sulle nostre forze, lavorandoci in assoluta autogestione, senza sponsor, senza patrocini e sovvenzioni, tenendoci ben lontani da retoriche e mantra monocordi che non ci assomigliano e proprio non ci piacciono: quella che riduce a brand la Resistenza partigiana per ragioni di mercato alla Farinetti in Eataly o quella del buono, pulito e giusto di Petrini e Slow Food, fossilizzata su aggettivi fuori dal tempo e dal mondo; è l’anno 2013 e non è più tempo di esser buoni, tutto ci è stato tolto, tutto dobbiamo conquistare; puliti non siamo, siamo pregni di contaminazione e meticciato; non ci piacciono i teoremi e gli accanimenti repressivi nei confronti di chi difende il proprio territorio e immagina un altro modello di sviluppo lontano dall’idea monolitica del profitto, della speculazione, del consumo di territorio, della devastazione ambientale, naturale e sociale (in Val di Susa come ad Abbiategrasso e Milano).

La Terra Trema
Folletto 25603 (Abbiategrasso, MI)
Leoncavallo s.p.a. (Milano)
Info e programma: