mercoledì 27 luglio 2022

La sfida “ALL Organic” per rendere resiliente e autonoma la produzione alimentare dell’Unione europea

Partito il progetto internazionale guidato dal CREA che mira a promuovere sistemi produttivi biologici diversificati e robusti attraverso una rete di Laboratori Viventi di Agroecologia (Agroecology Living Lab -ALL). 



Il progetto di ricerca ALL Organic, coordinato dal CREA, il maggiore ente di ricerca italiano in agroalimentare, intende promuovere e mettere a rete esperienze e modelli in grado di supportare lo sviluppo di sistemi alimentari biologici diversificati, con l'obiettivo di attivare e sostenere le produzioni biologiche in condizioni di resilienza, coinvolgendo gli attori del sistema alimentare, dal campo alla tavola.

"La pandemia e la crisi geopolitica che stiamo vivendo stanno mostrando la fragilità dei sistemi alimentari specializzati e intensivi dell'UE e del Mediterraneo. Il nostro progetto di ricerca, promuovendo la diversificazione agricola e facendo affidamento su una rete di Laboratori Viventi di Agroecologia (ALLs, l’acronimo inglese di Agroecology Living Labs), attiva iniziative di riprogettazione del sistema colturale in biologico mediante approcci  trans-disciplinari e multi-attoriali, contribuendo a migliorare l'autonomia e l'indipendenza delle produzioni alimentari europee" afferma Stefano Canali, dirigente di ricerca del CREA e Coordinatore di ALL-Organic.

Sette partner di 5 nazioni dell’Europa e del Nord Africa (Estonia, Polonia, Romania, Italia e Algeria) uniranno i loro sforzi per testare le ipotesi che lo sviluppo di sistemi di coltivazione biologica diversificati, co-progettati, adattati localmente, sia una strategia efficace per migliorare la biodiversità, per ridurre l'impatto di parassiti e malattie diminuendo la dipendenza dai prodotto per la difesa fitosanitaria, per utilizzare in modo efficiente le risorse e i sottoprodotti agricoli, riducendo gli sprechi e le perdite di nutrienti e per mitigare l'impatto dei cambiamenti climatici, garantendo la stabilità delle rese.

In Italia, il Living Lab agroecologico è attivo in Basilicata, aggregando aziende biologiche di produzione e della trasformazione con la facilitazione di ricercatori Crea e della Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica (FIRAB). A seguito di un primo incontro promosso a fine aprile presso la stazione sperimentale del Crea a Metaponto, al quale hanno partecipato una trentina di operatori biologici, è stato appena attivato un percorso di confronti con singole aziende biologiche e attori territoriali per far emergere competenze, esperienze e saperi che potranno arricchire il bagaglio informativo collettivo all’interno del Living Lab e l’identificazione di persone/aziende risorsa su tecniche e approcci rilevanti sui temi della diversificazione. Il primo giro di incontri ha messo in evidenza una grande ricchezza di esperienze sui fronti dell’autoproduzione di mezzi tecnici (quale il vermicompost), della coltivazione e selezione di materiale genetico eterogeneo (come le popolazioni evolutive di frumenti, fagioli e pomodori) e della integrazione consociativa di colture erbacee ed arboree in seno alle aziende biologiche e a un’azienda pubblica del territorio quale quella dell’ALSIA di Rotonda.

È a partire da queste esperienze che si nutrirà il Living Lab nel corso di una serie di scambi socio-tecnici e di approfondimenti scientifici ed esperienziali conseguenti. Attraverso il coinvolgimento attivo di agricoltori, ricercatori e gli altri attori del sistema agroalimentare interessati nella co-progettazione, monitoraggio e valutazione di pratiche e tecnologie agricole, la comunità dei living lab potrà infatti identificare e affrontare gli ostacoli in modo più efficace.

martedì 26 luglio 2022

Valutazione efficiente e conservazione su larga scala della diversità intravarietale delle antiche varietà di vite. Il caso studio del Portogallo

Uno studio ha implementato una metodologia di conservazione della diversità intravarietale di antiche varietà di vite in Portogallo. Il lavoro si è svolto con prove sul campo di varietà presenti nel Paese a cura del Centro Sperimentale per la Conservazione della Diversità della Vite (Porvid). Attualmente sono conservate più di 30.000 accessioni di almeno 218 varietà.

Credits: Associação de Viticultores do Concelho de Palmela – AVIPE


Il presente studio fa capo al progetto "Conservazione e selezione di vitigni antichi" a cura dell'Associazione portoghese per la diversità della vite (Porvid) ed ha l'obiettivo principale di finalizzare i processi di conservazione e miglioramento di un gran numero di vitigni di grande interesse viticolo ed enologico presenti in Portogallo.

Esistono migliaia di antiche varietà di vite in Europa, ognuna con un elevato livello di diversità intravarietale per quanto riguarda importanti caratteristiche economiche (resa, contenuto di solidi solubili, acidità, antociani e altri). Tuttavia, questo potenziale è stato esposto a un processo di erosione genetica dalla metà del secolo scorso. L'obiettivo principale di questo lavoro è presentare strategie sperimentali per la conservazione e l'utilizzo della diversità intravarietale. Viene fornito un esempio concreto delle azioni svolte in Portogallo dal 1978. Sono stati attuati due approcci principali per la conservazione della diversità intravarietale: conservazione rigorosa (in vaso e in campo senza disegno sperimentale) per le generazioni future; e conservazione e, contemporaneamente, valutazione della variabilità intravarietale per la selezione per soddisfare i bisogni immediati del settore vitivinicolo (in campo con disegno sperimentale). Sono conservate più di 30.000 accessioni di varietà autoctone portoghesi. Utilizzando la teoria dei modelli misti, è stata trovata la diversità intravarietale della resa per le 59 varietà studiate. La conservazione e la valutazione della diversità intravarietale per i caratteri quantitativi consentirà di estrarne un elevato valore economico, nonché di garantirne l'utilizzo per raggiungere gli obiettivi del settore vitivinicolo.

Sono pochi i riferimenti sulle strategie di conservazione della diversità intravarietale contrariamente a quanto sarebbe auspicabile data l'importanza della materia. Alcuni passi in tal senso sono stati fatti da i centri di ricerca di Francia, Spagna, Italia e Germania. Differentemente ora in Portogallo è stato adottato un approccio pianificato e su larga scala per la conservazione della diversità intravarietale, consistente nella conservazione di campioni rappresentativi dei genotipi di tutte le varietà di vite autoctone portoghesi in vaso e/o in campo. La natura strategica e la proiezione a lungo termine della conservazione hanno portato alla creazione di una fattoria dedicata a questo scopo: il Centro sperimentale per la conservazione della diversità della vite dell'Associazione portoghese per la diversità della vite (PORVID). In 4 anni si prevede la conservazione di un totale di 50.000 accessioni di tutte le varietà autoctone portoghesi.

Il progetto prevede la  caratterizzazione morfologica, agronomica, biochimica e biomolecolare di cloni di 13 varietà; valutazione agronomica e tecnologica di cloni di altre 16 varietà; e la registrazione nel Catalogo Nazionale delle Varietà di 7 cloni di ciascuna delle 9 varietà (Avesso, Azal Branco, Borraçal, Moscatel Galego, Moscatel Graúdo, Rabigato, Touriga Nacional, Viosinho, Vital), per un totale di 63 cloni.

La validazione dell'utilità della conservazione nelle prove in campo per rispondere ai bisogni immediati del settore vitivinicolo è stata effettuata dal riconoscimento della diversità intravarietale della resa per le 59 varietà studiate ed è stata supportata anche dall'ampio range di variazione osservato attraverso l'applicazione dello stimatore EBLUP, il che mostra chiaramente che esiste una materia prima per eseguire la selezione con alti guadagni genetici.

Lo studio in sostanza ha dimostrato che è possibile implementare una metodologia attraverso un approccio coerente per la conservazione e l'esplorazione della diversità intravarietale di antiche varietà di vite. La conservazione e lo sfruttamento della diversità intravarietale sono fondamentali per la conoscenza dell'origine e dell'evoluzione delle varietà antiche, per la selezione e il raggiungimento di elevati guadagni genetici in termini di resa e qualità del mosto, l'adattamento a fattori biotici e abiotici e la prevenzione di erosione genetica. Cioè, la conservazione e lo sfruttamento della diversità intravarietale è essenziale per la sostenibilità del settore vitivinicolo.

venerdì 8 luglio 2022

Oeno-vation, nasce un nuovo centro di ricerca e formazione per la viticoltura e l’enologia in ambiente mediterraneo

Il Salento del vino in prima fila nella ricerca vitivinicola con un nuovo centro di formazione per la viticoltura e l’enologia in ambiente mediterraneo, con una particolare attenzione al territorio pugliese.




Denominato “Oeno-vation” (oeno per riferirsi a vino ed enologia e innovation), il progetto è tra le prime 10 idee ammesse a finanziamento da parte dell’Agenzia per la Coesione Territoriale attraverso i fondi del PNRR: i 12 milioni di euro copriranno l’intero intervento, che riqualificherà così un bene di archeologia industriale attualmente in stato di degrado e posto sotto la tutela della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce. 

Il progetto è stato messo a punto da un partenariato composto da Università del Salento (capofila), Comune di Campi Salentina (proprietario dell’immobile), DAJS – Distretto Agroalimentare di Qualità Jonico Salentino, CNR ISPA – Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, GAL Terra d’Arneo, Associazione Assoenologi Puglia, Consorzio di tutela e valorizzazione dei vini Salice Salentino DOP e dei vini Salento IGP, Consorzio per la tutela dei vini DOP Brindisi e DOP Squinzano, Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria DOC, Consorzio di tutela e valorizzazione del vino “DOC Nardò”, Cantina Cooperativa Campiense.

«Un progetto coerente con la vocazione del nostro territorio, ma capace di interpretarla in termini innovativi, facendo leva su un partenariato che è la vera forza propulsiva del progetto e che, sotto la guida dell’Università del Salento, aggrega attori pubblici e privati in rappresentanza dell’intera comunità salentina che torna a essere il vero driver del cambiamento. Un’iniziativa che rafforza e integra il Piano di rigenerazione dell’agricoltura del paesaggio dei territori colpiti dalla xylella, che stiamo portando avanti con il DAJS», sottolinea il Rettore Fabio Pollice, «Il cuore del progetto non è semplicemente nel recupero di un bene monumentale, che pure è azione meritoria, consideratone il valore identitario, ma soprattutto nella sua rifunzionalizzazione, volta a farne un laboratorio integrato in grado di sostenere lo sviluppo competitivo della vitivinicoltura salentina, un open innovation lab capace di integrare al proprio interno ricerca pubblica e privata, ma anche di promuovere il trasferimento tecnologico e l’alta formazione in un settore strategico per l’economia del nostro territorio e per la proiezione internazionale dei suoi saperi e delle sue produzioni. È questo il nostro obiettivo ed è alla sua realizzazione che lavoreremo tutti insieme a partire da questo momento».

«Questo progetto, premiato con un finanziamento di 12 milioni di euro, ha in sé numerosi elementi che lo rendono fondamentale sia per la comunità di Campi sia l’intero Salento», dichiara l’Assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia Alessandro Delli Noci, «Intanto la grande capacità di coniugare innovazione e tradizione, di valorizzare la nostra storia attraverso le nuove tecnologie e la ricerca per essere al passo coi tempi e guardare al futuro. E poi la capacità di mettere insieme attori diversi, ciascuno con le proprie competenze, in un territorio, Campi salentina, che ha dato prestigio alla vitivinicoltura dell’intera provincia. Infine, il recupero di un luogo in stato di degrado che non solo verrà recuperato e riqualificato ma che diventerà luogo di sperimentazione e ricerca avanzata».

«È un successo che parte da lontano e da una studiata programmazione», afferma il Sindaco di Campi Salentina Alfredo Fina, «e oggi raccogliamo i frutti del lavoro svolto. Faccio i complimenti a tutti i partner per il prezioso contributo offerto, ai professionisti coinvolti, all’Assessore ai Lavori Pubblici Andrea Grasso e all’ufficio tecnico del Comune, che con grande attenzione e lodevole spirito di abnegazione hanno garantito la gestione tecnico amministrativa di tutto l’iter progettuale».

«Avevamo posto già da tempo la nostra attenzione sull’ex Manifattura Tabacchi», sostiene l’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Campi Salentina Andrea Grasso, «Un edificio che ha fatto la storia della nostra cittadina ma da troppo tempo abbandonato a sé stesso e al degrado. Avere l’opportunità oggi di poterlo riqualificare grazie al lavoro di tutti i soggetti coinvolti in questo progetto è un importante risultato che ci permetterà di riconsegnare alla comunità un nuovo spazio a beneficio di tutto il territorio».

«La vitivinicoltura diventa ora una grande opportunità nella rigenerazione del Salento», aggiunge Pantaleo Piccinno, Presidente del DAJS, «Grazie alla forte sinergia instaurata con l’Università del Salento è stato tracciato un progetto di sviluppo strategico per il settore. UniSalento ha, dapprima, avviato con grande coraggio il corso di laurea in “Viticoltura ed enologia” e ora, grazie a questo centro di ricerca di eccellenza, potrà rafforzare le relazioni con il territorio e le imprese, determinando un salto di qualità della vitivinicoltura del Salento».

L’ex Manifattura Tabacchi di Campi Salentina è un imponente complesso edilizio, edificato ex novo nel 1925, composto da un fabbricato principale, adibito in origine a magazzino per la prima lavorazione del tabacco in foglia, e da un piccolo fabbricato secondario, ex abitazione del custode.

L’intervento di riqualificazione previsto porterà l’infrastruttura a essere dotata, al piano terra, di una cantina sperimentale per micro-vinificazioni e meso-vinificazioni, di impianti per l’elaborazione, l’affinamento e l’imbottigliamento e di una sezione di impianti pilota per l’impiego di tecnologie innovative in enologia. Al primo piano vi saranno un impianto di produzione di biomasse microbiche, laboratori di analisi chimica, di analisi microbiologica e molecolare, di analisi sensoriale e di analisi vegetali, mentre il secondo piano ospiterà aule per seminari e attività di formazione, una sala convegni e uffici amministrativi. All’esterno troveranno spazio una mini-serra con coltivazione in suolo, fuori-suolo, idroponica, con sensoristica, un micro-vigneto per selezione varietale e prove tecniche e un impianto sperimentale di gestione scarti e reflui.

L’intera infrastruttura sarà inoltre dotata di un sistema integrato per il monitoraggio e controllo remoto e continuo di parametri ambientali (temperatura, radiazioni, precipitazioni, umidità, vento, CO2) e di processo (flussi energetici, temperatura, pH, potenziale redox, indice di rifrazione).

«Un insieme formato da una comunità di organismi viventi e dall’ambiente fisico nel quale essi vivono: questo è un ecosistema», conclude il professor Vito Michele Paradiso, responsabile del progetto, «Oeno-vation è il cuore di un ecosistema dell’innovazione, e quindi di una comunità e della fitta rete di relazioni e azioni con cui essa abita il proprio territorio e costruisce il proprio futuro. A questa comunità appartengono ricercatori e docenti, giovani in formazione, aziende e tecnici, consorzi ed enti pubblici. Ovvero quanti, operando nel comparto vitivinicolo, contribuiscono alla generazione di un bene comune e allo sviluppo di un territorio».