martedì 31 gennaio 2023

Gestione della manodopera in vigna: aspetti etici, sociali e di sostenibilità

"Gestione della manodopera in vigna: fenomeno, problematiche e possibili soluzioni” è il convegno organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani inserito nel programma di Grandi Langhe 2023 che ha permesso di illustrare le iniziative e le azioni per il contrasto dello sfruttamento del lavoro. 




Portare all’attenzione delle Istituzioni, del mondo del vino e dell’opinione pubblica le questioni legate alle modalità di reclutamento e impiego della manodopera in vigna. Illustrare le iniziative intraprese dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per formare i futuri lavoratori e per collaborare attivamente con il mondo delle Cooperative per garantire il rispetto delle norme e delle condizioni etiche dei lavoratori. 

Se ne è parlato a CHANGES, il momento di dibattito e confronto sui grandi temi legati al mondo del vino e della sua produzione che il Consorzio, per il secondo anno consecutivo, ha aperto Grandi Langhe 2023, due giorni di presentazioni e anteprime sulle nuove produzione vinicole di Langhe e Roero. 

Attorno al tema della: “Gestione della manodopera in vigna: fenomeno, problematiche e possibili soluzioni” si sono sviluppati gli interventi, coordinati dalla giornalista Valentina Furlanetto di Radio24. I lavori sono stati aperti da un video messaggio del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che non ha voluto far mancare il suo saluto all’evento, confermando l’impegno istituzionale del Governo sul tema della tutela dei lavoratori in agricoltura e sulla salvaguardia dei prodotti Made in Italy, troppo spesso posti sotto attacco, come nel recente provvedimento, proposto a livello europeo dall’Irlanda, sull’introduzione di messaggi di alert per la salute sulle etichette del vino. 

La prima parte si è concentrata sulla presentazione dei risultati della ricerca realizzata dall’Osservatorio Placido Rizzotto di FLAI CGIL che ha fotografato il fenomeno in ambito nazionale illustrando i risultati emersi dal VI rapporto agromafie e caporalato. Jean-Renè Bilongo, Presidente dell’Osservatorio, ha ricordato come in diverse regioni del sud Italia il lavoro agricolo subordinato non regolare arriva a superare il 40% della manodopera impiegata con una presenza diffusa di lavoratori immigrati. Il lavoro sommerso è quindi una componente rilevante del settore primario con un valore aggiunto generato dalla sola componente della dimensione regolare che rappresenta il 17% del totale del comparto agricolo. 

A seguire Davide Donatiello, docente di Sociologia dell’Università di Torino ha portato l’argomento su una dimensione regionale e locale evidenziando come anche in Piemonte il fenomeno sia presente e da non sottovalutare e di come sia necessario un lavoro di rete fra i territori, dove i lavoratori irregolari si spostano a seconda dei periodo dell’anno, per concordare politiche e interventi che possano dare risposte efficaci.

“Da anni ci impegniamo per l’emersione ma soprattutto per proporre soluzioni al fenomeno – ha dichiarato Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – che sappiamo essere una criticità da sanare. Insieme al mondo delle cooperative agricole abbiamo avviato progetti e interlocuzioni continue che hanno portato alla definizione di protocolli che disciplinano il reclutamento, le retribuzioni e le condizioni dei lavoratori. Inoltre, con l’Accademia della Vigna, progetto ideato e coordinato da Weco,  abbiamo avviato un percorso formativo per dare modo ai lavoratori di apprendere quelle competenze che possano valorizzarne le professionalità e migliorarne le condizioni. Infine stiamo valutando di dare vita a un soggetto terzo, con la collaborazione di diversi attori, per poter disintermediare la selezione e proporre alle cantine consorziate un interlocutore affidabile e che agisce nel pieno rispetto delle norme”.

venerdì 27 gennaio 2023

Teatro dell'Opera, una nuova ‘Aida’ firmata da Livermore e diretta da Mariotti

Krassimira Stoyanova, Fabio Sartori ed Ekaterina Semenchuk tra i protagonisti. La prima di martedì 31 gennaio sarà trasmessa in diretta su Radio3 Rai.




Tra le opere in assoluto più amate di Giuseppe Verdi, Aida fu commissionata da Ismail Pascià, Viceré d’Egitto, per festeggiare l’apertura del Canale di Suez nel 1870. La nuova produzione di questo capolavoro del repertorio operistico si avvale della regia e della coreografia di Davide Livermore e del Direttore musicale dell’Opera di Roma Michele Mariotti. 

L’opera, composta su libretto di Antonio Ghislanzoni, che sviluppa una trama abbozzata in francese da Camille du Locle su indicazione dell’archeologo Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo, fu rappresentata per la prima volta il 24 dicembre 1871 nella capitale d’Egitto. Sei settimane dopo, l’8 febbraio 1872, ebbe la sua prima esecuzione in Italia, alla Scala di Milano. La prima esecuzione al Teatro Costanzi di Roma risale all’8 ottobre 1881.ebbe la sua prima esecuzione in Italia, alla Scala di Milano. La prima esecuzione al Teatro Costanzi di Roma risale all’8 ottobre 1881. Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma.

Per questo nuovo spettacolo Livermore è affiancato dai suoi abituali collaboratori Giò Forma per le scene, Gianluca Falaschi per i costumi, Antonio Castro per le luci e D-Wok per i video. Il Coro dell’Opera di Roma è diretto da Ciro Visco. Aida è interpretata dal soprano bulgaro Krassimira Stoyanova, che l’ha cantata nei più grandi teatri del mondo, dalla Scala al Teatro Real di Madrid, passando per la Chicago Symphony Orchestra dove sul podio c’era il Maestro Riccardo Muti. Con lei si alterna Vittoria Yeo (2, 5 e 11 febbraio). 

Nella parte di Radamès è impegnato il tenore Fabio Sartori, voce verdiana di riferimento e tra le più richieste di oggi, che si alterna con Luciano Ganci (2, 5, 7 e 11 febbraio). Amneris è il mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, anche lei grande verdiana, che ha incarnato la principessa egizia dal Festival di Salisburgo all’Arena di Verona; si alterna con Irene Savignano, diplomata di “Fabbrica”, lo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma (recite del 2, 5, 7 e 11 febbraio). Amonasro è il baritono Vladimir Stoyanov, mentre il basso Riccardo Zanellato è Ramfis. Nella parte della sacerdotessa è impegnata Veronica Marini, in quella del Re Giorgi Manoshvili, mentre Carlo Bosi interpreta il Messaggero.

“L’immensa partitura di Aida si lascia leggere naturalmente come un dramma intimo prima ancora che glorioso e patriottico”. Con quest’idea il Direttore musicale dell’Opera di Roma Michele Mariotti si accosta alla nuova produzione del capolavoro di Giuseppe Verdi, in scena al Teatro Costanzi da martedì 31 gennaio a domenica 12 febbraio, con la regia di Davide Livermore. L’anteprima giovani è in programma domenica 29 gennaio alle ore 16.30. La prima è trasmessa in diretta da Radio3 Rai. “Affronto Aida per la prima volta con il pubblico e in teatro – prosegue Mariotti – dopo averla diretta in forma di concerto all’aperto, in piazza del Plebiscito a Napoli nell’estate 2020, e pochi mesi dopo in forma scenica all’Opéra di Parigi ma a porte chiuse, con trasmissione in streaming. Entrambe le esecuzioni si svolsero in momenti molto duri della pandemia. Voglio partire dai sentimenti nascosti dei personaggi che emergono dalla musica, oltre che dal libretto, per esaltarne le innumerevoli sfumature”.

Dopo la “prima” di martedì 31 gennaio (ore 20), Aida sarà replicata giovedì 2 febbraio (ore 20), venerdì 3 (ore 20), domenica 5 (ore 16.30), martedì 7 (ore 20), giovedì 9 (ore 20), sabato 11 (ore 18) e domenica 12 (ore 16.30).

La ‘prima’ sarà preceduta dalla Lezione di Opera tenuta da Giovanni Bietti, sabato 28 gennaio (ore 16.00) e dall’Anteprima Giovani, domenica 29 gennaio (ore 16.30).

giovedì 26 gennaio 2023

Ricerca, al via il 1° Simposio Scientifico filiere DOP IGP

Si terrà il 22 febbraio 2023 a Roma, all’Auditorium della Tecnica “Italia Next DOP – 1° Simposio Scientifico Filiere DOP IGP”, la prima iniziativa nazionale per diffondere la ricerca scientifica nel settore agroalimentare nazionale di qualità a Indicazione Geografica.Fondazione. L'iniziativa nazionale intende connettere Dop economy e ricerca applicata per affrontare le sfide globali.  




Il Simposio – organizzato dalla Fondazione Qualivita in collaborazione con i soci fondatori Origin Italia, CSQA Certificazioni, Agroqualità, Poligrafico e Zecca dello Stato – ha l’obiettivo di dare un impulso concreto per accelerare i processi di transizione del settore agroalimentare di qualità, attraverso il coinvolgimento del mondo produttivo e accademico, con un programma ricco di interventi e contenuti di alto profilo che vedrà anche la partecipazione dell’On. Francesco Lollobrigida Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.

Un evento di alta formazione

Concepito come un evento di alta formazione dedicato agli operatori delle imprese, al management dei Consorzi di tutela DOP IGP, ai ricercatori delle università e ai professionisti del settore avrà il compito di creare un reale coordinamento fra i diversi attori. Obietti ultimo è fare in modo che la ricerca scientifica italiana sia in grado di fornire risposte concrete grazie all’ampio patrimonio di studi e risultati applicati nel corso del tempo sulla qualità agroalimentare in molteplici ambiti. Un ponte tra ricerca e imprese che aiuti ad affrontare le numerose sfide di settore, dalle politiche UE legate alla strategia Farm to Fork alle variabili tendenze di mercato, dagli effetti delle crisi climatica ed energetica fino alle prospettive legate ai piani di sostenibilità con la Riforma europea sulle IG.

6 Sessioni scientifiche e 50 keynote speakers

L’iniziativa prevede un programma suddiviso in sei sessioni scientifiche – Qualità, Normativa, Governance, Sostenibilità, Mercati, Marketing – con 50 relatori scientifici protagonisti di interventi pensati per un format divulgativo utile. In contemporanea agli interventi l’evento propone l’Agorà della Ricerca IG, un’area con 60 desk espositivi interamente dedicata alla divulgazione dei migliori progetti di ricerca scientifica realizzati da Università, Consorzi di tutela e centri di ricerca appositamente per le filiere DOP IGP.

Un premio per la ricerca

Per sensibilizzare gli attori della ricerca applicata alle filiere DOP IGP e incentivare un dialogo efficace con le aziende del comparto, Fondazione Qualivita, con il patrocinio di Banca MPS nell’ambito del progetto MPS Agroalimentare, ha realizzato Premio Ricerca IG – Italia Next DOP, un riconoscimento assegnato da una giuria di esperti per finanziare ulteriori attività scientifiche al migliore progetto fra quelli presenti nell’Agorà della Ricerca IG.

Dichiarazioni

Cesare Mazzetti, Presidente Fondazione Qualivita

La Fondazione Qualivita sta lavorando da tempo allo sviluppo di una concreta e continua collaborazione fra filiere tipiche DOP e IGP e ricerca scientifica italiana. Siamo convinti che attraverso questa strada sia possibile fornire risposte operative, grazie all’ampio patrimonio di studi e risultati applicati nel corso del tempo sulla qualità agroalimentare in molteplici ambiti.

Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita

Il settore “Agri DOP” sarà ancora il protagonista nel futuro del sistema agroalimentare italiano. Oggi la sfida principale è quella della transizione che potrà avvenire solo attraverso la messa in campo di nuove competenze scientifiche e professionali. Il Simposio offre una occasione unica per connettere la ricerca, i Consorzi di Tutela con le PMI italiane.

Stefano Fanti – Vicepresidente di Origin Italia

Come Origin Italia – l’Associazione che raggruppa 70 Consorzi di tutela che rappresentano l’80% della produzione nazionale DOP/IGP – abbiamo offerto fin da subito il nostro pieno sostegno a questa iniziativa di Qualivita perché riteniamo fondamentale, per la crescita del settore, incentivare la formazione scientifica delle filiere.

Sen. Luca De Carlo – Presidente IX Commissione Senato

Sono convinto che la tradizione sia il frutto di un’innovazione ben riuscita e sono proprio momenti come questo, che coinvolgono le eccellenze del territorio e gli attori della ricerca scientifica, a rivestire un’importanza fondamentale per continuare a far essere i prodotti, ed i produttori italiani, leader nel mondo. Per questo motivo abbiamo approvato nella legge di bilancio due importanti provvedimenti come il Fondo per la Sovranità alimentare e il Fondo per l’innovazione.

Ulteriori approfondimento sul Simposio su www.italianextdop.it

martedì 17 gennaio 2023

Formazione, instabilità dei vini e cambiamenti climatici, ecco i prossimi webinar gratuiti su enologia e gestione del vigneto

Cinque webinar gratuiti su enologia e gestione del vigneto con le ultime ricerche rivolte alla produzione di vini di qualità.




Instabilità dei vini e cambiamenti climatici, questi i temi sotto la lente in un ricco programma di webinar completamente gratuiti a cura di Vinidea, società specializzata nell'aggiornamento tecnico per il settore vitivinicolo.

Martedì 24 Gennaio, alle ore 17:00 Pinking: meccanismi di formazione e strategie di prevenzione. Questo webinar gratuito è focalizzato sulla descrizione dei meccanismi di formazione proposti, dei vini maggiormente soggetti a tale variazione di colore, delle metodologie per la determinazione della suscettibilità al pinking, un'alterazione di colore del vino bianco da una tonalità gialla ad una tonalità rosa-salmone che può avvenire già a fine fermentazione alcolica e a seguito dell’imbottigliamento. 

Tale modifica può manifestarsi con una frequenza più o meno rilevante in funzione della varietà di uva, dell’annata e delle condizioni di vinificazione. L’origine del pinking può essere riconducibile a fenomeni di natura ossidativa che, ad oggi, non sono ancora stati completamente chiariti. Saranno presentati le procedure di vinificazione che possono influenzare la formazione ed i possibili approcci enologici con effetto curativo e preventivo.    

Iscrizione

Mercoledì 18 gennaio, ore 18:00 Instabilità proteica nei vini bianchi: Meccanismi di formazione e metodi per prevenirli. Instabilità proteica e relativà torbidità può comparire nei vini bianchi durante il trasporto e lo stoccaggio. Questo effetto indesiderato rappresenta non solo un problema estetico che può essere prevenuto eliminando le proteine dell'uva sopravvissute al processo di vinificazione, ma che può avere anche un impatto negativo sulla shelf-life (longevità) dei vini.

Iscrizione

Giovedì 19 gennaio, ore 17:00 Il ruolo del vitigno nell’adattamento della viticoltura al cambiamento climatico. Durante questo webinar organizzato nell’ambito del progetto SALVIBIO i docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza presenteranno nuovi approcci per la valutazione dell’attitudine del vitigno al mantenimento dell’acidità titolabile e mostreranno alcuni esempi di soluzioni per le problematiche dei vitigni a bacca bianca condizionate dal cambiamento climatico.

Iscrizione

Venerdì 20 gennaio, ore 11:30 Gestire il suolo per ridurre gli effetti del cambiamento climatico e aumentare la produttività in vigneto. Interverranno i rappresentanti dell’Università Pavia e di Piacenza presentando i risultati di sperimentazione per aumentare la produttività, la resilienza dei vigneti nei confronti di eventi piovosi estremi e siccitosi e ridurre l'incidenza delle frane superficiali e i fenomeni di erosione.

Iscrizione

Mercoledì 25 gennaio, ore 11:00 Stress estivi, danni da gelate e freschezza delle uve. Interverranno i rappresentanti dell’Università di Milano e Piacenza presentando i risultati di 3 anni di sperimentazione per ottimizzare la gestione degli stress multipli estivi, evitare danni da gelate primaverili e conseguire una maggiore freschezza delle uve. Gli stress termici estivi, conseguenti alle ondate di calore nella fase di maturazione dell’uva, insieme alle gelate tardive primaverili, rappresentano insidie costanti per la produttività dei vigneti e la qualità delle uve. A causa di questi fenomeni, infatti, sia le uve bianche destinate alla produzione di vini spumanti o bianchi fermi, sia quelle a bacca rossa destinate alla produzione di vini di varie tipologie, subiscono importanti decrementi qualitativi, anche se di diversa natura. Avere in mano le ultime conoscenze è un aspetto fondamentale in quanto gran parte della viticoltura italiana si trova in contesti nei quali i cambiamenti climatici acuiscono i rischi sia di gelate primaverili che di stress multipli estivi; di conseguenza, è di primaria importanza l'individuazione di strategie che consentano la protezione della vite dai danni che ne conseguono.

Iscrizione

Agrumi: per la prima volta nuove varietà salutari, ad alto valore aggiunto

Un concentrato di salute in un unico agrume, arricchito con  antocianine e licopene, due tra i composti antiossidanti bioattivi più importanti per la salute umana, in grado di proteggere da numerose patologie, dalle cardiovascolari alle tumorali, dall’obesità al Parkinson. Lo studio del CREA pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Plant Science.




La ricerca è giuta ad un importante risultato grazie al CREA, con il suo centro di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (OFA). Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Plant Science “A dual sgRNA-directed CRISPR/Cas9 construct for editing the fruit-specific b-cyclase 2 gene in pigmented citrus fruits” (Un doppio costrutto CRISPR / Cas9 diretto da sgRNA per l'editing del gene Beta-ciclasi 2 specifico del frutto negli agrumi pigmentati).

Lo studio 

Grazie alla tecnica del genome editing sono stati migliorati per la prima volta i caratteri qualitativi degli agrumi, realizzando frutti ad elevato valore aggiunto, in grado di contribuire a migliorare lo stato di salute dei consumatori. Partendo da 5 diverse arance dolci pigmentate con antociani, appartenenti ai gruppi varietali Tarocco e Sanguigno, e il citrange "Carrizo", un portainnesto di agrumi utilizzato come modello per la trasformazione degli agrumi, sono state prodotte varietà di arancio pigmentato ricche in antocianine che saranno in grado, nel prossimo futuro, di produrre frutti che conterranno anche licopene. Attraverso l’editing, infatti, è stato disattivato, cioè “spento”, il gene della beta ciclasi, responsabile della trasformazione del licopene in beta carotene (il metabolita che conferisce il classico colore arancione a frutta e verdura), consentendo, quindi,  alle arance, già rosse per la presenza di antocianine, di accumulare nel prossimo futuro anche licopene. L'86% delle piantine prodotte  è stato modificato (ovvero “editato”) con successo.

I composti

Da sempre molto apprezzati dai consumatori, gli agrumi hanno alti livelli di composti bioattivi, come antociani e carotenoidi (ad esempio, licopene), che svolgono attività preventiva nei riguardi di malattie cardiovascolari e tumorali. Gli antociani, ad esempio, proteggono dalle malattie cardiovascolari, prevengono il cancro e inibiscono la sua crescita,  contrastano l'obesità e il diabete di tipo 2 associati all'insulino-resistenza. Il licopene e altri carotenoidi riducono gli effetti negativi del cancro e delle malattie cardiovascolari, dei processi infiammatori e del morbo di Parkinson. Proprio per tali ragioni, la domanda di agrumi pigmentati contenente antociani e licopeni è in forte aumento.

«Questa è la prima volta in cui la ricerca ha utilizzo il genome editing per produrre  varietà di agrumi con antociani e licopene nella loro polpa,– spiega Concetta Licciardello, primo ricercatore CREA OFA e coordinatrice del lavoro - questi tratti, infatti, sono difficili da combinare attraverso approcci di miglioramento genetico tradizionali. Gli agrumi più diffusi e consumati presentano o l’uno o l’altro composto. Il genome editing negli agrumi, che ad oggi, era stato utilizzato esclusivamente per introdurre resistenza contro la malattia del cancro degli agrumi nel pompelmo e arancio dolce, è stato per la prima utilizzato per far sì che le arance con antocianine potessero anche produrre licopene. Il principale vantaggio delle nuove tecnologie di evoluzione assistita, quale il genome editing, infatti è utilizzare le “forbici molecolari” intervenendo in un carattere senza alterare il background genetico di una varietà, rispettando pertanto le peculiarità del Made in Italy, come ad esempio le arance rosse».

venerdì 13 gennaio 2023

Vino e sostenibilità, un nuovo strumento contro l'oidio: consente la riduzione dei prodotti fitosanitari in vigneto

Misurazione e monitoraggio a distanza dei vigneti per prevedere il rischio di una delle più gravi malattie della vite. E' il nuovo strumento che fa capo al Progetto Oivina che consentirà di ridurre l'uso di prodotti fitosanitari in una lotta sostenibile contro l'oidio.




Il progetto, promosso dall'Unione Europea e dal governo di Navarra, in Spagna, è riuscito a sviluppare un modello predittivo di successo per ridurre l'uso di prodotti fitosanitari in una lotta sostenibile contro l'oidio causato dal fungo Uncinula necator. Lo strumento può essere adattato a ogni località e arrestare precocemente questa malattia, che provoca perdite significative nel raccolto e nella qualità delle uve, oltre ad avere un forte impatto economico. 

L'azienda vinicola spagnola Pagos de Araiz, appartenente al gruppo Masaveu Bodegas, con il supporto di un programma di ricerca dell'Unione Europea (UE), ha sviluppato diversi progetti di ricerca per rispettare e migliorare l'ecosistema che circonda la vinificazione. L'obiettivo generale dello sviluppo è stato quello di controllare lo stato vegetativo e idrico del vigneto  attraverso il telerilevamento, per combattere il cambiamento climatico. 

Grazie al Progetto Oivina si è voluto evitare i pericolosi fungicidi chimici che sono generalmente applicati sistematicamente senza tener conto del reale livello di rischio, con una logica spesso superficiale che non rispetta la reale necessità di utilizzo. Questi veleni oltre a generare spese economiche inutili, si accumulano nei suoli e si riversano nelle falde acquifere, danneggiando l'ambiente e persino la salute umana.

Lo strumento, in questo caso, è stato adattato alle particolari condizioni agroclimatiche della Navarra, ma è previsto l'utilizzo, con i corrispondenti parametri di geolocalizzazione, in altre parti del mondo. Per la messa a punto della tecnologia sono stati presi in considerazione fattori come la gestione colturale svolta in vigna, misure enologiche per correggere l'acidità, tecniche microbiologiche per ridurre il grado alcolico, misure di adattamento su vigneti già insediati o misure colturali per ritardare la maturazione della polpa.

Il Modello di previsione dell'oidio è stato studiato per fronteggiare il cambiamento climatico e di fatto incorpora le nuove variabili metereologiche in modo da fornire previsioni affidabili ed in grado di neutralizzare gli errori che possono causare condizioni climatiche diverse. 

In questo senso, il progetto implementa e combina tecnologie di agricoltura di precisione come sistemi informativi agroclimatici basati su sensori e tecnologie che facilitano la raccolta di dati dagli appezzamenti oggetto di studio per ottenere informazioni rilevanti. Inoltre, incorpora il modello sviluppato in uno strumento completo di monitoraggio delle colture (DSS), in modo che l'utente finale possa avere non solo informazioni sul rischio di oidio, ma anche su altre potenziali malattie.

Il progetto Oivina si svolge nel territorio della Comunità Foral di Navarra, coprendo diverse zone climatiche per la viticoltura. Il nuovo strumento risponde alle linee guida della strategia Europa 2030. Il progetto fa parte del Programma di Sviluppo Rurale della Navarra 2014-2020, finanziato dall'Unione Europea e dal Governo della Navarra. È stato sviluppato in collaborazione con l'Unione degli agricoltori e allevatori di Navarra, il Dipartimento per lo sviluppo rurale e l'ambiente-Sezione di viticoltura ed enologia, Bodega Otazu Sau e Bodega Cirbonera Sociedad Cooperativa.

Un'altra importante azione dell'Azienda Pagos de Araiz è l'adozione di misure per il rimboschimento in moda da prevenire l'erosione del suolo, ridurre l'impronta di carbonio e facilitare la proliferazione di insetti impollinatori e predatori, sempre nell'ottica di riduzione dell'uso di pesticidi ed erbicidi. Sostenibilità anche per quanto riguarda l'irrigazione: il controllo e l'utilizzo dell'acqua che viene ottimizzato monitorandola tramite sonde di umidità.

mercoledì 11 gennaio 2023

Covid-19, come la pandemia ha cambiato la distribuzione del vino in Italia tra nuovi e vecchi canali. Evoluzione e prospettive per i fine wine

All’interno del mercato dei vini di alta gamma perde di appeal la GDO, dopo gli exploit registrati in fase di lockdown. Di contro, torna forte il ruolo del canale Ho.Re.Ca., mentre si consolida l’ascesa dell’e-commerce nella vendita dei fine wine.




L’Osservatorio Wine Monitor 2022 di Nomisma, realizzato per IGM (Istituto Grandi Marchi) ha approfondito i cambiamenti intervenuti dal 2019 al 2022 nelle vendite di vini di fascia premium nella GDO italiana (per categoria e principali denominazioni) e nell’assortimento delle maggiori piattaforme italiane di vendita online di vino, confrontando questi trend con la propensione – attuale e futura – dei consumatori italiani all’acquisto di fine wine in tali canali. Quest’ultimo aspetto è stato ricostruito attraverso la realizzazione di un’indagine diretta su un campione rappresentativo della popolazione italiana.

I dati principali emersi in un report, presentato a Roma, presso la sede della stampa estera, dal Responsabile Agroalimentare & Wine Monitor Denis Pantini e discusso assieme al Presidente dell’Istituto italiano dei vini di qualità – Grandi Marchi, il Professor Piero Mastroberardino, sono frutto di un indagine di come la pandemia da Covid-19 abbia cambiato la distribuzione dei fine wine in Italia e se tali evoluzioni siano da ritenersi strutturali o congiunturali.

Fine Wine e distribuzione in Italia: ritorno dal futuro?

Come nelle precedenti occasioni, al centro dell’incontro, il report che IGM ha commissionato a Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma dedicato al mercato del vino. Il tema del 2022 è stato “Fine Wine e distribuzione in Italia: ritorno dal futuro? La distribuzione del vino in Italia tra nuovi e vecchi canali. Evoluzione e prospettive per i fine wine”. 

“Nel corso degli anni la nostra collaborazione con Wine Monitor – ha introdotto Piero Mastroberardino, Presidente IGM – ha contribuito alla costruzione di ricerche fondamentali per comprendere le dinamiche business del nostro settore, soprattutto attraverso focus specifici su alcuni mercati internazionali. In questa occasione abbiamo puntato sulla distribuzione in Italia, in questo preciso momento storico, dei fine wine che rappresentano una quota importante nel fatturato delle diciotto aziende che compongono il nostro gruppo”.

Lo studio si è sviluppato sull’analisi delle vendite nella GDO italiana e nel canale off-premise, dal 2019 ad oggi, con una suddivisione per categoria, denominazioni e fascia di prezzo. L’analisi ha coinvolto inoltre gli assortimenti, in termini di ampiezza e profondità, dei tre top player dell’e-commerce di settore: Tannico, Vino.com e Callmewine.  

2022: anno record per l’export di vino italiano

La prima parte dell’Osservatorio ha fotografato lo scenario di mercato, caratterizzato in particolare da una ripresa dei consumi fuori-casa, nonostante l’inflazione. Il 2022 è stato un anno record per l’export di vino italiano, con 8 miliardi di euro secondo le stime Nomisma Wine Monitor e un aumento del fatturato nel canale Ho.Re.Ca del +47% rispetto al 2021 (periodo di riferimento: gennaio-settembre 2022).

Una crescita del settore Ho.Re.Ca strettamente connessa alla ripresa dei flussi turistici che ha, di converso, portato ad una riduzione degli acquisti di vino nel canale della GDO. In particolare, in Italia il numero degli arrivi dall’estero è arrivato (nel periodo gennaio-settembre) a quasi 42 milioni di turisti stranieri contro i 20,7 milioni del 2021. Ma anche negli altri paesi europei, la ripresa del turismo è stata notevole, riportando i livelli degli arrivi (sia dall’estero che dei residenti) molto vicino a quelli pre-pandemici (2019).

In altri termini, se la crescita delle vendite in GDO nel 2020 era attribuibile al lockdown e alla conseguente chiusura degli esercizi commerciali e quindi all’inserimento in Iper e Supermercati di etichette prima reperibili esclusivamente in enoteche e ristoranti, l’attuale calo delle vendite dei fine wine nella GDO, è principalmente imputabile allo spostamento dei consumi, dalle mura domestiche al fuori-casa. 

Questo andamento riguarda vini rossi, bianchi e bollicine. Restano invece stabili le vendite dei rosati, che però costituiscono una percentuale minima nel quadro generale.

I vini rossi fermi 

L’analisi di Nomisma Wine Monitor sulle vendite dei vini rossi in bottiglia mostra un generale aumento nel 2021 rispetto al periodo pre pandemia (2020), che interessa entrambe le fasce prese in esame: +13% per i vini con prezzo superiore tra il 30% e il 50% rispetto alla media e + 17% per quelli con prezzo superiore al 50%, contro un +6% dell’intera categoria. Nei dodici mesi successivi (fino a marzo 2022), invece, la situazione si è ribaltata, per quanto i cali siano stati inferiori alla media. Infine, nei primi 9 mesi del 2022 (rispetto allo stesso periodo 2021), le vendite a volumi dei vini rossi di fascia alta sono risultate nuovamente in calo: -11% quelle con prezzo superiore tra il 30% e il 50% rispetto alla media.

I vini bianchi fermi

Gli stessi andamenti sono riscontrabili per i vini bianchi fermi così come per gli spumanti. Dopo infatti un’esplosione delle vendite degli sparkling di alta gamma in GDO (+18% quelli con prezzo superiore del 50% alla media della categoria nel 2020), con la riapertura progressiva di wine bar e ristoranti le vendite si sono ridimensionate, per poi passare in territorio negativo nei primi sette mesi dell’anno in corso: -18% quelle degli spumanti con prezzo medio compreso tra +30 e 50% rispetto alla media, -13% le vendite a volume dei top di gamma (con prezzo oltre +50% della media).

I vini fermi rosati 

Rispetto a tale trend, solo i vini fermi rosati fanno eccezione. Nel loro caso, le fasce alte di prezzo sono aumentate nelle vendite a volume sia nel 2021 che nei primi nove mesi del 2022, con variazioni superiori alla media della categoria (per quanto occorre segnalare come i rosè risultino pari ad appena il 3% di tutte le bottiglie dei vini fermi vendute in GDO).

I vini Dop

La stessa analisi ha riguardato alcuni importanti vini Dop, in particolare quelle denominazioni al cui interno figurano molti fine wine italiani. E il risultato non si è discostato molto da quello dell’analisi fatta per l’intera categoria.

Ad esempio, i Franciacorta di fascia alta venduti in GDO, nel pieno della pandemia (2020), hanno registrato un exploit con vendite comprese tra il +33% e +45% per le due fasce super-premium: prezzo pari a +30%-50% e over 50% in più della media. Ma negli anni successivi tale successo si è ridimensionato, fino a diventare negativo nei primi 9 mesi del 2022 (-21% le vendite a volume della fascia di prezzo oltre +50% della media).

Nel caso del Barolo e dell’Amarone della Valpolicella, i cali più rilevanti hanno interessato la fascia di prezzo compresa tra un +30% e 50% rispetto al prezzo medio dell’intera denominazione così come in merito al Verdicchio dei Castelli di Jesi la stessa fascia di prezzo ha visto ridursi gli acquisti in GDO del -12% nei primi 9 mesi del 2022, rispetto ad una media delle vendite del -5%.

“Dai risultati dell’analisi sulle vendite in GDO per fascia di prezzo sembra emergere una sensibile attenzione dei consumatori verso i fine wine durante la pandemia, determinata più dalla necessità che da un reale interesse. Ma con il ritorno ai consumi fuori casa, gli italiani hanno ripreso gli acquisti di vino pregiato presso i canali “tradizionali” come enoteche e ristoranti.

D’altronde, l’identikit dell’acquirente italiano di vini in GDO (Iper e Super) evidenzia caratteristiche che in termini di preferenze di acquisto tendono a privilegiare l’acquisto in promozione (ancora più evidente quando questo riguarda i fine wine) mentre attribuiscono meno rilevanza ai brand famosi nella scelta dei vini” – ha osservato Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor Nomisma.

Cosa significa “fine wine” per i consumatori?

Innanzitutto, uno dei principali obiettivi della consumer survey realizzata nell’ambito dello studio, è stato quello di capire cosa intende il consumatore italiano per “fine wine”.

In una scala da 1 a 10, i requisiti che hanno ottenuto i “voti” più alti (da 8 a 10) nell’identificazione di un fine wine sono, a detta degli italiani, la qualità eccellente (64% dei rispondenti), il prezzo elevato (61%) e il fatto che siano prodotti da cantine storiche e prestigiose (57%). Per quanto riguarda le regioni di “elezione” dei fine wines, emerge su tutte la Toscana (lo pensa il 55% dei consumatori di vino), seguita da Piemonte (41%), Veneto (36%), Puglia (23%) e Sicilia (21%).

Comportamenti d’acquisto dei consumatori

La survey ha quindi approfondito i comportamenti d’acquisto. Innanzitutto, va detto che nell’approccio al consumo di vino in generale, un 35% degli italiani si riconosce nell’acquisto di vini con brand noti e un altro 26% nel piacere di bere vini costosi.

Dall’altro lato, però, il 47% dei consumatori acquista in GDO etichette di alta fascia di prezzo solo se in promozione, nonostante i principali driver di scelta risultino la presenza della denominazione d’origine (23%), l’origine locale (16%) e la notorietà del brand (10%). 

Restando in tema di acquisti nella GDO, solamente il 15% del campione è disposto ad acquistare vini super premium in questo canale, a conferma del sempre più ridotto appeal di quest’ultimo sul versante fine wine. Va inoltre segnalato come presso iper e supermercati la percentuale di consumatori disposti a spendere oltre 10 euro per una bottiglia di vino non superi il 23%.

Fine wine e canali di vendita: in flessione la GDO, mentre risalgono enoteche e negozi specializzati e si consolida l’online

Entrando nel dettaglio dei canali presso i quali i consumatori italiani acquistano fine wine, dalla survey è emersa una percentuale più bassa di chi oggi frequenta i punti vendita della GDO per l’acquisto di tali vini sia rispetto al periodo pandemico (2020-2021) che al 2019.

Al contrario, la percentuale di consumatori di fine wine che si rivolgono ad enoteche e negozi specializzati è aumentata rispetto allo stesso biennio (anche in ragione delle chiusure imposte) e risultano in linea rispetto al 2019, vale a dire a prima dell’arrivo del Covid. 

Questi i numeri: nel 2019, il 21,5% degli acquirenti di fine wines comprava in enoteca. Con l’arrivo del Covid, la percentuale è scesa al 13,5% per poi risalire oggi al 19,8%.

I canali che invece hanno visto una crescita rispetto al periodo pre-pandemico sono quelli online, sia specializzati che generalisti. Gli acquisti di fine wine, oggi, sembrano interessare una percentuale inferiore di consumatori rispetto al periodo pandemico (2020-2021) ma sensibilmente superiore al 2019, a conferma di quanto la pandemia abbia accelerato il fenomeno delle vendite online il cui trend di crescita è comunque destinato a consolidarsi anche nei prossimi anni (Covid o meno).

“E’ evidente che in questo studio la pandemia costituisce uno spartiacque determinante – ha spiegato Denis Pantini– che ha comportato dei cambiamenti importanti nelle abitudini degli Italiani, e non solo, sul fronte dell’acquisto dei vini e di altri prodotti. La nostra Consumer Survey mostra però come ci sia un deciso ritorno, almeno per quanto concerne il segmento delle etichette di alta gamma, al canale Ho.Re.Ca. e, al tempo stesso, come l’e-commerce abbia invece intrapreso un percorso di crescita che non sembra destinato a interrompersi”.

I punti di forza che premiano la vendita dei vini pregiati

Interessante, a questo punto, soffermarsi sui punti di forza che orientano le scelte di acquisto di vini pregiati. Presso i punti vendita della Distribuzione Moderna (in particolare Iper e Super), gli aspetti più apprezzati sono il buon rapporto qualità/prezzo (46%) e la presenza di promozioni (44%). Parlando di prezzi, rispetto all’importo medio pagato per l’acquisto di una bottiglia di fine wine in Iper e Super, il 32% degli acquirenti non va oltre 20 euro, il 34% tra 20 e 30 euro, il rimanente 34% oltre i 30 euro.

Nel caso invece dell’acquisto online, ampiezza della gamma (44%) e possibilità di acquisto H24 (42%) rappresentano i due fattori più apprezzati dagli acquirenti di fine wine, seguiti da promozioni e sconti (41%). Nel caso dell’acquisto online, il 29% degli acquirenti non è andato oltre i 20 euro, il 33% si è fermato fra i 20 e i 30 euro mentre il 38% ha speso più di 30 euro per una bottiglia di vino di alta gamma.

Le vendite online nelle 3 principali piattaforme e il “peso” delle etichette italiane

L’ultima parte dello studio ha mappato l’assortimento di fine wine (identificati con bottiglie di prezzo superiore ai 20 euro) nelle 3 principali piattaforme italiane specializzate nella vendita online di vino (Tannico, Vino.com e Callmewine) il cui fatturato cumulato nel 2021 ha raggiunto i 94 milioni di euro (contro gli 11 milioni di cinque anni prima). 

In questo segmento, le etichette italiane giocano un ruolo importante: a fronte di un assortimento di oltre 11.700 fine wine presenti a novembre 2022, quelle tricolori rappresentano il 58% (pari a oltre 6.800) di cui il 63% costituito da vini rossi, il 20% da bianchi, il 16% da spumanti mentre i rosati sono presenti con appena l’1%. 

Un confronto tra le referenze di fine wines disponibili a novembre rispetto a sei mesi prima (aprile) per fascia di prezzo evidenzia una crescita significativa soprattutto nelle fasce fino a 50 euro a bottiglia, denotando alcune riduzioni per tipologia in quelle più alte: probabilmente, l’effetto “rallentamento economico” associato alla crescente inflazione ha indotto le piattaforme di vendita online a ricalibrare l’assortimento, incrementando le referenze delle fasce di prezzo più basse.

“Per le famiglie IGM – ha concluso Mastroberardino – si tratta di informazioni di assoluto valore che in qualche modo confermano le nostre rispettive esperienze personali, soprattutto quelle maturate nel corso degli ultimi mesi nel corso dei quali siamo stati protagonisti di diverse “missioni”, in Italia e all’estero. Sono dati che esamineremo con estrema attenzione e che certamente ci forniranno ulteriori spunti di riflessione. I numeri costituiscono una base importante per il nostro lavoro. Senza dimenticare la passione e la voglia di raccontare il vino italiano di qualità che rimangono il nostro carburante naturale”.

Il mercato del vino nell’Osservatorio Wine Monitor di Nomisma

Wine Monitor è l’Osservatorio di Nomisma dedicato al mercato del vino, una delle eccellenze del settore agroalimentare italiano che realizza studi, ricerche e consulenze ad hoc alle imprese vitivinicole e produce annualmente report strategici (che distribuisce ai propri abbonati) che rappresentano strumenti fondamentali per analizzare gli scenari in continua evoluzione, interpretare le dinamiche e fornire alle aziende indicazioni utili per sviluppare le giuste strategie di business. L’Osservatorio si rivolge a diversi target: imprese della filiera vitivinicola, associazioni di produttori, consorzi di tutela, banche, società finanziarie, istituzioni, giornalisti, ma anche studiosi e appassionati del mondo del vino.

martedì 10 gennaio 2023

Vino e territori, alla scoperta di Messina e le sue DOC

La sorprendente Sicilia del vino. Andiamo alla scoperta di Messina, la provincia delle Doc Faro, Mamertino e Malvasia delle Lipari. Sono vini che nascono dalla complicità di vitigni autoctoni dalla vibrante personalità, uniti a paesaggi e suoli di grande espressione. Un must per cultori ed appassionati. Gli undici i produttori associati ad Assovini Sicilia ce ne raccontano la storia.

 




Due mari, il Tirreno e lo Ionio, tre D.O.C, Faro, Mamertino e Malvasia delle Lipari. I vini e le vigne che crescono rigogliose attorno a una delle più antiche città dell’Isola – Zancle, odierna Messina, la colonia greco-siceliota fondata tra il 750 e il 715 a.C. da cumani e calcidesi – trovano maggiore attenzione tra professionisti e appassionati.

Questi vini nascono dalla complicità di vitigni autoctoni dalla vibrante personalità, uniti a paesaggi e suoli di grande espressione. Un must per cultori ed appassionati. Tra i vitigni, la malvasia delle Lipari, il nocera e il corinto nero. A questi si affiancano altri vitigni isolani come catarratto, insolia, grillo, nerello mascalese, nerello cappuccio e nero d’Avola.

Undici i produttori in Assovini Sicilia che rientrano nelle tre denominazioni, dalle vigne sui Monti Peloritani della D.O.C Faro alla costa tirrenica e ionica della D.O.C Mamertino, fino all’arcipelago delle Isole Eolie, terra della D.O.C. Malvasia delle Lipari. È la forza di un territorio che non ha eguali e che offre a turisti e gourmet un’eccellente tradizione gastronomica a fianco di cultura e bellezze naturali.

I vini del messinese erano noti soprattutto dal XIV secolo, quando gli aragonesi governavano la Sicilia. Tuttavia, i riferimenti più conosciuti sono quelli legati all’antica Roma. Giulio Cesare pare apprezzasse particolarmente il vino Mamertino (i Mamertini erano una popolazione di origini campane che si stabilì a Messina nel 289 a.C.), citandolo persino nel De Bello Gallico. Anche Plinio il Vecchio nel XIV libro della sua Naturalis Historia conferma che Cesare, all'epoca del suo terzo consolato, serviva durante i banchetti quattro tipologie diverse di vino: il Falerno e il Mamertino, di provenienza italica, il Lesbio e il Chio, di provenienza greca. Strabone, geografo romano, e Marziale classificarono il Mamertino fra i migliori vini dell'epoca. Tra gli altri riferimenti letterari, in “Molto rumore per nulla” – la commedia teatrale scritta da William Shakespeare nel 1599 – la storia inizia con il ritorno a Messina del principe Pedro d’Aragona, seguito da cavalieri d’armi. Qui Leonato, governatore della città, offre al capitano di giustizia Corniola il vino di Messina.

L’area di produzione della DOC Mamertino, tra la costa Tirrenica e le montagne, abbraccia trentaquattro comuni messinesi per circa cento ettari totali. Un territorio “vista mare” con altezze che raggiungono anche i 500 metri s.l.m. Riconosciuta ufficialmente nel 2004, per questa DOC possono essere utilizzate le varietà bianche grillo, ansonica (insolia) e catarratto normale o lucido, a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, le altre varietà ammesse; per rossi, nero d’Avola e nocera, in percentuale minore e per un massimo del 15% altre varietà a ammesse.

Ma non è solo il Mamertino a proporsi in chiave storica, anche la DOC Malvasia delle Lipari pesca le sue origini in un lontano passato. Per Diodoro Siculo, storico greco-siceliota vissuto tra il 90 e il 27 a.C., l’introduzione del vitigno si deve ai colonizzatori greci, giunti nelle Eolie intorno al 588 a.C. Nell’800 il commercio dei vini delle Eolie si diffusero in tutta Europa, grazie agli inglesi di stanza a Messina. Lo scrittore Alexandre Dumas, nel suo diario di viaggio sulle Eolie, annotò: “Venne portata una bottiglia di Malvasia delle Lipari; fu il vino più eccezionale che abbia mai assaggiato nella mia vita”. Riconosciuta ufficialmente nel 1973, la DOC include tutto il (solo) le sette isole Eolie, Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano. L’arcipelago comprende ben due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano. Nel 2000 le Eolie sono state proclamate patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. La vite è coltivata soprattutto nell’isola di Salina ed anche in quelle di Lipari e Vulcano, mentre il clima è caratterizzato da una accentuata ventosità marina. Le varietà di uva contemplate nel disciplinare di produzione includono solamente la malvasia di Lipari sino al 95% con una piccola percentuale di corinto nero compresa tra il 5 e l’8%. I vini prevedono le tipologie passito, liquoroso (con alcool aggiunto) o secco, in base alla percentuale di zuccheri naturali presenti nel vino.

Quasi “cittadina” la dimensione della DOC Faro, la cui zona di produzione si sviluppa nel solo comune di Messina, da Giampilieri Marina a Capo Peloro per 32 kilometri nella fascia jonica, e da Capo Peloro a Ortoliuzzo per 24 km nella fascia tirrenica, per 900 ettari totali. Riconosciuta ufficialmente nel 1976, il nome “Faro” pare derivi dall’antica popolazione greca dei Pharii, che colonizzarono Capo Peloro (Faro) e gran parte delle colline messinesi, svolgendo attività agricola e in particolare dedicandosi alla coltivazione delle vigne. Quest’area della Sicilia vanta un’antichissima vocazione vitivinicola, il vino Faro, infatti, era prodotto già in età Micenea (XIV secolo a.C.). Numerose testimonianze sono riconducibili a un’importante attività vitivinicola già dall’epoca greca, per arrivare fino al XIX secolo in cui furono davvero notevoli il commercio e l’esportazione di vino Faro in molte regioni della Francia, allora utilizzato come vino da taglio dei vini di Borgogna e di Bordeaux, in concomitanza con gli attacchi di fillossera che interessarono il Nord Europa e la Francia in particolare.