venerdì 30 settembre 2022

Sillabario Pasolini, tra musica e parole. Al Teatro del Lido l'omaggio ad una tra le personalità più rappresentative del Novecento italiano

A 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, il Teatro del Lido mette in scena Sillabario Pasolini tra musica e parole. Un omaggio ad una tra le personalità più rappresentative del Novecento italiano. Drammaturgia, regia e interpretazione Chiara Casarico e Tiziana Scrocca, musica dal vivo Stefania Placidi e Gabriella Aiello e con gli alunni del Liceo Classico Anco Marzio e del Liceo Scientifico A. Labriola. Sabato 8 ottobre ore 21.



Sillabario Pasolini tra musica e parole è una nuova produzione dedicata al centenario di Pasolini, in cui poesia, canto, letteratura e musica si fondono. Lo spettacolo messo in scena al Teatro del Lido è un ideale viaggio per ricordare e celebrare una tra le personalità più rappresentative del Novecento italiano, in cui si intrecceranno poesie, profezie e canzoni dell’autore, creando una sinestesia tra parole e musica, per restituire un aspetto più squisitamente emozionale di questo autore tanto analizzato.  

Pier Paolo Pasolini, fu un intellettuale eclettico: dalla scrittura al cinema, alla musica e alla pittura. Oggi viene ricordato soprattutto per il suo pensiero controcorrente e la dura critica rivolta alla società capitalista, oltre che per lo spazio riservato agli ultimi della società.

La sua eredità costituisce una "materia viva", un patrimonio condiviso e offre un orizzonte di riferimento per decifrare la complessità della nostra epoca. La sua ampia produzione, declinata in più ambiti, e la sua stessa esistenza, tragicamente interrotta nel 1975, non smettono di alimentare analisi, indagini, riflessioni, progetti. 

Lo spettacolo Sillabario Pasolini, tra musica e parole è a cura delle attrici Chiara Casarico e Tiziana Scrocca. La musica dal vivo a cura di Stefania Placidi e Gabriella Aiello artiste di tradizioni e canto popolari. Ad arricchire lo spettacolo, la presenza di un gruppo di alunni dell’ultimo anno del Liceo Anco Marzio e Labriola di Ostia.


Teatro del Lido
Via delle Sirene, 22 | 00121 Ostia (Roma)
Info e prenotazioni:
tel. 06.5646962
promozione@teatrodellido.it

Selvicoltura, la ricerca del CREA compie 100 anni

Compie 100 anni la ricerca italiana con il CREA. Nasceva a Firenze nel 1922 il riferimento nazionale per la ricerca sulle foreste  e le piantagioni da legno. 



«Il Centro Foreste e Legno rappresenta l’eredità diretta della Regia Stazione Sperimentale di Selvicoltura, fondata dal Maestro dei ricercatori forestali italiani, il Prof. Aldo Pavari. In questi 100 anni si è assistito ad una profonda trasformazione del settore primario, ma i boschi hanno continuato a rappresentare un insostituibile patrimonio, la più grande infrastruttura verde del Paese, estesa su oltre il 37% del territorio nazionale.”  Così Carlo Gaudio, Presidente del CREA, in apertura dell’anniversario della nascita del centro di Ricerca CREA Foreste e Legno (CREA FL), punto di riferimento da 100 anni, per la ricerca selvicoltura, che si celebra oggi 30 settembre, con un evento dedicato, presso la sede del Centro, presieduto da Piermaria Corona, Direttore del CREA Foreste e Legno, con la partecipazione di Filippo Gallinella, Presidente COMAGRI Camera, Carla Borri, Vice Presidente del Consiglio Comunale di Arezzo, Marco Marchetti, Past President AISSA, Renzo Motta, Presidente della SISEF, Sabrina Diamanti Presidente CONAF, Davide De Laurentis, Generale di divisione, Comandante del Comando Carabinieri per la Tutela Della Biodiversità e dei Parchi, Sandro Pieroni, Responsabile settore attività agricole Regione Toscana, Orazio Ciancio, Presidente AISF.

Un po’di storia. Nel 1869 è stato inaugurato a Vallombrosa il primo Istituto Forestale in Italia con direttore Adolfo de Berenger. Nel 1922 viene istituita a Firenze la Stazione Sperimentale per la Selvicoltura e, nel 1924,  il grande Aldo Pavari ne diventa il direttore. Successivamente, nel 1968 questa fu trasformata in Istituto Sperimentale per la Selvicoltura, con sede ad Arezzo e altre sedi periferiche a Firenze, Rende (CS) e San Pietro Avellana (IS). Nel 2004, come tutti gli istituti sperimentali del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, entra nel CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) come Centro di Ricerca per la Selvicoltura. Dal 2017, infine, diventa il Centro di ricerca Foreste e Legno del CREA (CREA Foreste e Legno) , assommando oltre all’ ex Istituto Sperimentale per la Selvicoltura, anche l’ex Istituto di sperimentazione per la pioppicoltura e l’ex Istituto Sperimentale per l’assestamento forestale e l’alpicoltura.

I principali risultati. Il Centro si occupa principalmente di gestione sostenibile delle foreste e di arboricoltura da legno, in particolare sviluppando metodi, tecniche e strumenti orientati alla conservazione e gestione della biodiversità forestale, al miglioramento genetico degli alberi forestali, al monitoraggio e alla pianificazione forestale, alla pioppicoltura, alla selvicoltura, alla valorizzazione delle produzioni legnose e non legnose dei boschi e delle piantagioni da legno. Ed è riconosciuto, inoltre come Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale.

«Gestire le foreste per aumentarne resistenza, adattabilità e resilienza ai cambiamenti globali rappresenta una sfida unica in ambito forestale, che come Centro di ricerca vogliamo cogliere in pienezza - afferma il Direttore del CREA Foreste e Legno Piermaria Corona -  Siamo impegnati a livello internazionale nel miglioramento genetico del pioppo, con nuovi cloni a maggior sostenibilità ambientale, mentre nel nostro Paese stiamo collaborando allo sviluppo del nuovo Inventario Forestale Nazionale, strumento fondamentale per la definizione di qualsiasi politica in tal senso. Non ultimo,  considerato il rinnovato interesse politico e sociale per gli interventi di imboschimento e rimboschimento, siamo molto attivi  nella sperimentazione e nel trasferimento tecnologico della vivaistica di specie arboree autoctone di interesse forestale».

Formazione, al via la quinta edizione del Mese dell'educazione finanziaria

Prende il via la quinta edizione del Mese dell'educazione finanziaria. Inaugurazione il 1° ottobre presso l’Università di Bologna con ospiti dal mondo delle istituzioni, dell’impresa, dell’accademia e della scuola.






Si terrà il 1° ottobre, alle ore 10:00, presso l’Auditorium Biagi Sala Borsa del Comune di Bologna, l’evento di apertura della quinta edizione del Mese dell’Educazione Finanziaria (#OttobreEdufin2022), promossa dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (Comitato Edufin), che dal 1° al 31 ottobre porterà in tutta Italia eventi e iniziative dedicate alle conoscenze e competenze finanziarie, assicurative e previdenziali. L’evento, realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna, sarà disponibile anche in streaming sul canale Youtube dell’Università di Bologna.

I protagonisti della giornata inaugurale sono le Università, le istituzioni locali, le scuole e le imprese. Da una parte i centri del sapere e dell’eccellenza, nel ruolo di attivatori del processo di diffusione della conoscenza finanziaria in particolare tra i giovani, insieme alle scuole. Dall’altra i Comuni e le imprese, il cui coinvolgimento è fondamentale per aumentare il livello di conoscenze finanziarie della popolazione adulta.

Nel corso dell’evento, accademici, rappresentanti delle istituzioni locali e delle scuole, imprenditori ed esperti animeranno il dibattito sul tema di questa edizione “Costruisci oggi quello che conta per il tuo futuro”. Si parlerà, in particolare, di inflazione e delle opzioni a disposizione dei risparmiatori per affrontare l’incertezza e le sfide del presente, con l’intervento di Massimo Rostagno, Direttore generale per la politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE), e dei membri del Comitato Edufin.

“Grazie al dialogo tra università e istituzioni locali e nazionali, il Mese dell’educazione finanziaria è riuscito negli anni a raggiungere i territori, le comunità, le piazze. La crisi – afferma la direttrice del Comitato Edufin, Annamaria Lusardi – ci insegna che dobbiamo ripensare al futuro in modo inclusivo, a partire dai bisogni delle persone. L’educazione finanziaria è un mezzo straordinario per costruire il futuro non solo individuale, ma collettivo.”

Il Mese si apre come ogni anno con la World Investor Week (Wiw), la Settimana mondiale dell'investitore. Tornano la Giornata dell'educazione assicurativa, il 19 ottobre, e la Settimana dell’educazione previdenziale, dal 24 al 30 ottobre.

Il calendario del Mese dell’educazione finanziaria 2022, in continuo aggiornamento, è consultabile sul portale del Comitato QuelloCheConta e sul profilo Facebook del Comitato @ITAedufin.

In programma seminari, lezioni, giochi, laboratori e spettacoli gratuiti con l’obiettivo di offrire momenti formativi per informarsi, discutere e capire come gestire e programmare le risorse finanziarie personali e familiari.

Per partecipare alle iniziative del Mese, che si svolgeranno in presenza e via web, basta consultare il calendario, scegliere l’evento di interesse, iscriversi e partecipare.

TEATRO DELL'OPERA DI ROMA, AL VIA I NUOVI ABBONAMENTI ALLA STAGIONE 2022/2023

Prende il via la stagione 2022/2023 al Teatro dell'Opera di Roma. Dal 5 ottobre in vendita anche le formule “FANTASIA”, “WEEK END” E “TUTTO DANZA”. 




Prendono il via i nuovi abbonamenti alla stagione 2022/2023 dell'Opera di Roma: da venerdì 30 settembre tutti potranno abbonarsi al cartellone d’opere, balletti e concerti che si inaugurerà il 27 novembre con Dialogues des Carmélites di Poulenc diretta da Michele Mariotti, alla sua prima inaugurazione nel ruolo di Direttore musicale, con la regia di Emma Dante.

Sono aperte le sottoscrizioni ai nuovi abbonamenti “Gran Teatro”, “Gran Teatro Leggero”, “Concerti”, “Lezioni di Opera” e “Anteprime Giovani” cui si aggiungeranno, dal 5 al 12 ottobre, anche le formule “Fantasia”, “Week end” e “Tutto Danza”.

GRAN TEATRO: è il migliore abbonamento per assistere agli spettacoli della stagione 2022/2023. Un posto all’Opera sicuro e privilegiato per 12 titoli, 8 opere e 4 balletti, sui 14 in cartellone.

GRAN TEATRO LEGGERO: è l’abbonamento alla stagione 2022/2023 riservato a studenti e giovani fino ai 30 anni e agli adulti oltre i 65 anni d’età.

CONCERTI: con il ritorno della stagione concertistica è previsto un abbonamento dedicato ai 4 appuntamenti che vedranno sul podio il Direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma Michele Mariotti, Omer Meir Wellber e Gianluca Capuano.

LEZIONI DI OPERA: 7 appuntamenti che precederanno altrettante “prime” per rispondere alle molte domande e curiosità degli spettatori. Con un linguaggio semplice e accessibile Giovanni Bietti illustrerà il contesto e i contenuti musicali e drammatici di ogni opera per permettere a chiunque di godersi la rappresentazione apprezzandone ogni sfumatura.

ANTEPRIME GIOVANI: anche quest’anno il Teatro dell’Opera di Roma riserva a tutti i giovani sotto i 26 anni l’opportunità di assistere alle Anteprime di spettacoli della stagione 2022/2023 (6 opere e 2 balletti).

FANTASIA: è l’abbonamento a 5 titoli della stagione 2022/2023 scegliendo tra una delle seguenti opzioni: 5 opere, 4 opere + 1 balletto oppure 3 opere + 2 balletti.

WEEK END: un abbonamento speciale che permette di assistere a 4 spettacoli (4 opere, oppure 3 opere + 1 balletto) durante il week end. Per chi vive fuori Roma un’occasione musicale per un soggiorno indimenticabile in uno dei luoghi culturali della città.

TUTTO DANZA: la formula di abbonamento per gli amanti della danza che consente di abbonarsi ai 5 balletti in cartellone.

I nuovi abbonamenti possono essere acquistati presso la Biglietteria del Teatro dell’Opera di Roma dal lunedì al sabato 10.30-17.00.

Per informazioni: operaroma.it – tel. 0648160255 o 064817003

martedì 27 settembre 2022

Iter Vitis, Il cammino della vite: le vigne di Roma, la riscoperta di una grande storia

Le vigne di Roma, la riscoperta di una grande storia. Il Vigneto del Colosseo entra a far parte di Iter Vitis, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa. 




Il prossimo 29 settembre il vigneto di Vigna Barberini, impiantato sul Colle Palatino, nel cuore del Parco archeologico del Colosseo, entrerà ufficialmente a far parte dell'itinerario Iter Vitis: uno degli itinerari culturali del Consiglio d’Europa nato per promuovere e preservare il patrimonio tangibile e immateriale europeo del vino e della viticoltura, valorizzandone la sua unicità nel mondo globalizzato.

In occasione di tale prestigioso riconoscimento, il Parco archeologico del Colosseo promuove una tavola rotonda dal titolo “Le vigne di Roma, la riscoperta di una grande storia”, prevista per giovedì 29 settembre, dalle ore 10.00 alle 13.00, presso la Curia Iulia con ingresso libero al pubblico. L’incontro, alla presenza del Direttore Generale del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo e moderato dal giornalista Fabio Piccoli, vedrà la partecipazione di istituzioni ed esperti che si confronteranno sull’alto valore storico-culturale del patrimonio vitivinicolo quale asset da tutelare e valorizzare.

Un’esperienza in tal senso, quella del Parco archeologico del Colosseo, strettamente connessa alla ricerca storica e archeologica sui vini di eccellenza nell’antica Roma. Nell'area di Vigna Barberini - così denominata dall’omonima famiglia romana che nel XVII secolo ne deteneva la proprietà - due anni fa sono state messe a dimora le barbatelle della varietà Bellone, un vitigno antichissimo e autoctono che lo storico Plinio il Vecchio chiamava "uva pantastica", coltivato ancora oggi nelle province di Roma. Tale progetto è parte del più ampio programma PArCo Green che prevede differenti iniziative per la valorizzazione, anche in chiave sostenibile, dell’eccezionale ambiente monumentale e paesaggistico che il Parco racchiude.

Iter Vitis, Il cammino della vite. Itinerario culturale del Consiglio d’Europa” certificato nel 2009

La cultura del vino e della vinificazione e il paesaggio viticolo sono una parte importante della gastronomia europea e mediterranea. Sin dalla domesticazione della vite, diverse migliaia di anni a.C., la sua evoluzione e diffusione sono state un grande successo degli uomini, che ha plasmato il paesaggio europeo, tanto il territorio che la popolazione.

Patrimonio

Il paesaggio rurale europeo è un patrimonio importante, con un alto valore aggiunto. Le aziende vinicole, le persone e le tecnologie ad esse collegate sono componenti importanti della nostra cultura, tramandate anche sotto forma di tradizione orale. La qualità della vita nelle aree rurali può anche essere considerata un modello per il futuro e un patrimonio da tutelare.

 Viaggiare oggi

Il vino è un messaggio territoriale che viaggia e fa viaggiare. La vinificazione e, in particolare il lavoro nei campi, sono un incentivo alla migrazione e alla mobilità. In questo spirito, il viaggiatore può scoprire terre remote, dai vigneti del Caucaso a quelli dell’Europa occidentale, informarsi sulle tecniche di coltivazione, sulla vinificazione, sull’immagazzinamento e il trasporto, acquisendo così familiarità con i miti e i simboli legati a questa ricca cultura. Nei paesi attraversati dagli itinerari vengono organizzati anche incontri culturali e didattici.

giovedì 22 settembre 2022

Roma e Napoli, capitali del barocco: al via il Festival

La manifestazione giunta alla  XV edizione anticipa una parte significativa della programmazione a fine estate, con una serie di concerti che si svolgeranno dal 23 al 30 settembre nelle chiese della Roma barocca.





Prende il via il Festival del Barocco. Filo conduttore il binomio 'Roma e Napoli', con due sezioni distinte, dedicate rispettivamente ai legami stilistici tra le due scuole musicali (settembre) e agli inediti del barocco napoletano (dicembre). Roma e Napoli di fatto due realtà musicali che si incontrano, unite dal comune orientamento stilistico teso ad integrare indissolubilmente i principi osservati della tradizione e le necessità espressive della modernità.

I concerti che aprono e chiudono la rassegna, il 23 e il 30 settembre, testimoniano questo comune orientamento. Il primo, proposto da Rebecca Ferri (violoncello) ed Elisabetta Ferri (clavicembalo), ripercorrendo i numerosi viaggi fra Roma e Napoli compiuti dal compositore Pier Leone Ghezzi al seguito della nobiltà, mostra i punti di contatto fra le due città e la convivenza fra stile antico e stile moderno. 

Il concerto finale di Federico Guglielmo, eseguito con la Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli e intitolato Nel nome degli Scarlatti è una ‘lettura’ partenopea del Concerto Grosso, forma tipicamente romana, ma aggiornata agli orientamenti espressi dalla scuola napoletana. Un prezioso contributo con musiche di Alessandro Scarlatti, a composizioni di autori meno noti, ma non per questo meno importanti, come Francesco Scarlatti, Cesare Ragazzi, Nicola Matteis jr e Angelo Ragazzi, presentati per la prima volta in tempi moderni.

I concerti al centro della rassegna indagano sugli sviluppi del repertorio musicale partenopeo. I due concerti strumentali, quello di Enrico Baiano al clavicembalo (24 settembre) e Michele Carreca, liuto (28 settembre) presentano musiche di autori napoletani del XVI e XVII secolo, poco noti ed ingiustamente considerati ‘minori’, che rivestono un ruolo-chiave nella cultura musicale della Città e nello sviluppo della ‘Scuola’ partenopea.

Un concorso di idee e varietà stilistiche così prezioso e sorprendente che stupisce ancor più guardando al genere sacro. La estesa Messa a 5 voci e ripieni di Gaetano Veneziano del 1693, presentata in prima esecuzione moderna dall’Ensemble Festina Lente (25 settembre), è un affascinante affresco sonoro che alterna sezioni contrappuntistiche nel vecchio ‘stile osservato’ ad arie solistiche e duetti concertati. 

Una esplosione di colori che ben fa comprendere la derivazione delle più famose messe ‘romane’ scarlattiane e di come il genio dei due Scarlatti, palermitani nei natali ma napoletani di formazione, debba la sua fortuna in modo significativo alla ‘scuola’ e alla sapienza della tradizione. 

Principi che rendono persino integrabili gli echi ritmici del flamenco ispanico con i linguaggi dell’arte ‘colta’, come dimostra il concerto proposto da Amaya Fernandez Pozuelo (27 settembre); e, ancora, come il ‘viaggio’ artistico intrapreso da Domenico Scarlatti fra l’Italia, il Portogallo e la Spagna si mostri, nella sua disomogeneità, organico e virtuoso nelle Sonate eseguite da Paolo Perrone, al violino e Salvatore Carchiolo al clavicembalo (28 settembre): una integrazione che risolve la ‘sfida’ fra tradizione e modernità nella convivenza civile della ‘scuola’. 

I concerti proseguiranno con  il Festival d’Organo alla Tomba di Nerone nelle quattro domeniche di Ottobre (9, 16,23 e 30), i concerti aperitivo alla Garbatella, nelle quattro domeniche di Novembre (6, 13, 20 e 27).  A Dicembre il Roma Festival Barocco proporrà  la usuale rassegna invernale. Il primo concerto è previsto per il 2 dicembre alle ore 20,30 nella Basilica di San Lorenzo in Lucina con l’esecuzione del Mattutino de’ Morti (1770) per soli coro ed orchestra di Davide Perez.  

La manifestazione, ideata dal direttore artistico Michele Gasbarro, è supportata dalla Direzione Generale dello Spettacolo dal Vivo del Mibact e dalla Regione Lazio. 

La programmazione di Settembre con il Festival è inoltre promosso da Roma Capitale - Assessorato alla Cultura, ed è vincitore dell'Avviso Pubblico triennale "Estate Romana 2020 – 2021 – 2022" curato dal Dipartimento Attività Culturali e realizzato in collaborazione con SIAE.

PROGRAMMA

SETTEMBRE: ROMA E NAPOLI

Venerdì 23 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Chiesa di Santa Maria Maddalena

Rebecca Ferri, violoncello barocco

Elisabetta Ferri, cembalo

Le Sonate per violoncello e basso ‘miniate’ da Pier Leone Ghezzi

Sabato 24 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Chiesa di Santa Maria Maddalena

Enrico Baiano, clavicembalo

‘Mille Fughe, pause e riprese’

Domenica 25 settembre 2022 ore 19,30

Roma, Basilica di Sant’Apollinare 

Ensemble Festina Lente

Michele Gasbarro, direttore

Gaetano Veneziano (1665-1716: 

Messa a 5 voci con violini e ripieni (1693)

Litanie della beata Vergine Maria a 5 voci e strumenti (1693)

Prima esecuzione in tempi moderni

Martedì 27 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Chiesa di Santo Stefano del Cacco 

Amaya Fernández Pozuelo, clavicembalo

Domenico Scarlatti e il flamenco

Mercoledì 28 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Chiesa di San Girolamo della Carità

Paolo Perrone, violino

Salvatore Carchiolo, clavicembalo

Le Sonate per violino di Domenico Scarlatti

Giovedì 29 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Chiesa di Santo Stefano del Cacco

Michele Carreca, liuto

Napoli 1536-1613. 

Musiche di F. da Milano, F. Dentice, G. Severino, G. da Venosa

Venerdì 30 settembre 2022 ore 21,00

Roma, Basilica di San Lorenzo in Lucina

Orchestra Nuova Scarlatti

Federico Guglielmo, violino solista e direttore

Nel nome di Scarlatti

Musiche di Musiche di A. Scarlatti, A. Ragazzi, F. Scarlatti,

G.B. Pegolesi, N. Matteis jr, D. Scarlatti

OTTOBRE : FESTIVAL D’ORGANO ALLA TOMBA DI NERONE  

Domenica 9 ottobre, ore 20.00

Chiesa di S. Giuliano Martire

Benedetta Porcedda - organo

Musiche di G. Frescobaldi,  J.P. Sweelinck,

J. Kuhnau, D. Buxtehude, G. Muffat

Domenica 16 ottobre, ore 19.00

Chiesa di S. Andrea Apostolo

Manuel Tomadin - organo

Musiche di J.P. Sweelinck, J.S. Bach

Domenica 23 ottobre, ore 20.00

Chiesa di S. Giuliano Martire

Deniel Perer - organo

Musiche di G. Muffat, J. Speth, 

G. Frescobaldi,  J.J. Froberger, J.K. Kerll, 

A. Scarlatti, D. Zipoli, J.F. Händel 

Domenica 30 ottobre, ore 19.00

Chiesa di S. Andrea Apostolo

Francesca Ajossa - organo

Musiche di  J.S. Bach, 

F. Mendelssohn, H. Distler

CONCERTO STRAORDINARIO

Venerdì 28 ottobre 2022 ore 20,30

Roma, sala da definire

Concerto straordinario

Orchestra Barocca dei Conservatori Italiani

Boris Begelman, violino solista e direttore

A. Vivaldi: Le quattro stagioni

NOVEMBRE : I CONCERTI-APERITIVO DELLA DOMENICA

Domenica 6 novembre 2022 19,00

Roma, One Sense via A. Cialdi 35

Maria De Martini, flauti

Rebeca Ferri, violoncello barocco

‘BattiBeccoBarocco’

Domenica 13 novembre 2022 19,00

Roma, One Sense via A. Cialdi 35

Michele Carreca, liuto

Programma da definire

Domenica 20 novembre 2022 19,00

Roma, One Sense via A. Cialdi 35

Alessandro Albenga, clavicordo

‘Musica sussurrata’

Domenica 27 novembre 2022 19,00

Roma, One Sense via A. Cialdi 35

Paolo Perrone, violino

Flavia Truppa, violino

‘Sfide e rivali’

mercoledì 21 settembre 2022

GEN4OLIVE: la ricerca italiana nel progetto europeo per il miglioramento genetico dell’olivo

Alla ricerca di nuove varietà per l’olivicoltura di oggi e di domani, contro la Xylella e resilienti ai cambiamenti climatici. GEN4OLIVE: Il CREA partner del progetto europeo per il miglioramento genetico dell’olivo. 




L’olivicoltura del futuro è già iniziata, grazie al progetto internazionale GEN4OLIVE che mira a protocolli comuni per caratterizzare la resilienza di diversi genotipi dell’olivo alle condizioni climatiche estreme, testare la resistenza ai parassiti e definire metodiche riproducibili per l’analisi della qualità dell’olio di oliva delle varietà delle collezioni. Uno sforzo che coinvolge 16 enti di ricerca e Università fra Europa, Turchia e Marocco. In particolare, il CREA, con il suo Centro di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA OFA), è uno dei due partner italiani che contribuirà a selezionare oltre 300 genotipi di olivo per valutare la resistenza e la tolleranza a Xylella fastidiosa, ampliando la scelta varietale. Ed è proprio al CREA di Rende che si sta svolgendo in questi giorni il meeting internazionale di progetto.

Il contesto di partenza I cambiamenti climatici e le malattie emergenti minacciano la produzione olivicola mondiale. Le risorse genetiche dell'olivo esistenti potrebbero offrire risposte e soluzioni ai cambiamenti climatici, ma rimangono non sfruttate a causa del limitato sviluppo delle attività di pre-breeding e della mancanza di collaborazione tra le banche del germoplasma, gli olivicoltori e i vivaisti. Sebbene il germoplasma olivicolo sia molto ricco e diversificato, solo il 5 % delle varietà di olivo presenti nel mondo viene sfruttato commercialmente. Pertanto, le risorse genetiche dell'olivo rimangono non utilizzate e vengono semplicemente conservate nelle banche del germoplasma. Le varietà di olivo delle collezioni internazionali non possono rimanere “dormienti”, ma devono essere valorizzate da azioni specifiche che le aiutino a diventare attive, esplorabili e trasferibili agli utenti finali. 

Obiettivo generale del progetto Il progetto, iniziato nel 2020, si concluderà nel 2024 e mira a promuovere e valorizzare le risorse genetiche dell'olivo, mettendole a disposizione di breeder e agricoltori.

Le azioni condotte e i risultati ottenuti Al fine di descrivere e caratterizzare sotto il profilo morfologico, biologico ed agronomico più di 300 varietà presenti nelle 5 banche di germoplasma e almeno 200 accessioni selvatiche come nuove fonti di risorse genetiche, durante il primo anno di progetto sono stati messi a punto dei protocolli comuni. Siamo, ad oggi, al secondo anno di applicazione. Si stanno rilevando le fasi fenologiche relative alla biologia fiorale e alla maturazione di queste varietà, lo stato produttivo, la suscettibilità varietale alla mosca e ai principali patogeni dell’olivo, il profilo compositivo dell’olio in relazione all’epoca di maturazione, la resistenza al distacco delle drupe e la resa.

Il contributo del CREA Il Centro Olivicoltura, Frutticoltura Agrumicoltura, sede di Rende, sta realizzando una collezione internazionale presso l’azienda sperimentale CREA in Monteroni di Lecce, per la valutazione della suscettibilità varietale a Xylella fastidiosa. I dati morfologici raccolti per almeno 3 anni serviranno ad ottenere i migliori genitori per l’avvio di programmi di miglioramento genetico e per la selezione varietale di genotipi caratterizzati da tratti agronomici più idonei alla coltivazione in condizioni di cambiamento climatico.

Il progetto prevede anche lo sviluppo di marcatori molecolari per la caratterizzazione genetica delle varietà e delle accessioni, da impiegare anche per processi di selezione di nuovi materiali genetici.

Per poter rendere facilmente fruibili le risorse genetiche agli olivicoltori, si sta sviluppando una app per il riconoscimento varietale basata sull’endocarpo (nocciolo) del frutto.

Breeder e produttori, inoltre, sono stati attivamente coinvolti attraverso una prima call per la realizzazione di progetti mirati. Mentre una seconda call sarà avviata nei prossimi mesi.

Le ricadute  Le varietà selezionate e le nuove varietà permetteranno ai produttori di ottenere una riduzione dei costi ed un minore impatto ambientale: avranno a disposizione, infatti, risorse genetiche di olivo più idonee a contrastare e mitigare i cambiamenti climatici in atto e più tolleranti agli stress biotici, mantenendo però elevata la produttività e il valore salutistico degli oli corrispondenti.

Capogrossi. Dietro le quinte, alla Galleria Nazionale, le opere di uno dei padri della pittura informale e dell’arte italiana del Novecento

In occasione della ricorrenza dei cinquant’anni dalla scomparsa di Giuseppe Capogrossi (Roma, 7 marzo 1900 – 9 ottobre 1972) la mostra è un’importante occasione per celebrare uno dei padri della pittura informale e dell’arte italiana del Novecento. 




La mostra alla Galleria Nazionale riporta a Roma l’opera dell’artista dopo oltre 20 anni, dando avvio alle iniziative in omaggio all’artista per questo anniversario nel contesto di un progetto articolato dal titolo Capogrossi. Il segno nei musei e nelle istituzioni italiane, su impulso del Presidente della Fondazione Guglielmo Capogrossi.

Alla Biennale di Venezia del 1954 Capogrossi è presente con una memorabile sala personale: Giulio Carlo Argan, convinto che l’arte è un “atto della coscienza”, dopo avere visitato l’esposizione scrive in privato all’artista “Tra i pittori d’oggi tu sei uno dei pochi che si preoccupano assai più della forma che del quadro; e si rendono conto che, per salvare la prima, può essere necessario e mette comunque conto di sacrificare il secondo (…) Perciò io penso che la tua posizione,  anche se qualcuno possa giudicarla ostinatamente appartata  e astrattamente contemplativa , sia generosa ed umana.(…) Fa sempre piacere ritrovare nella pittura di un amico le sue più autentiche qualità morali; e di questo, non d’altro.”

In mostra, una selezione di oltre trenta dipinti e una ventina di opere su carta provenienti dalle collezioni della Galleria Nazionale, sede del più cospicuo nucleo di opere dell’artista, dalla Fondazione Archivio Capogrossi e da collezioni private. Completano l’esposizione documenti d’archivio provenienti dai fondi documentari dell’artista conservati nell’Archivio della Galleria e presso la Fondazione, come ritratti fotografici di Capogrossi con personaggi di spicco dell’epoca, cataloghi di mostre, riviste, lettere e articoli di giornale, che ricostruiscono le relazioni intessute dall’artista.

Come sottolinea la curatrice Francesca Romana Morelli “la mostra è un excursus che intende stabilire un serrato dialogo tra la prima stagione pittorica dell’artista, culminata nel periodo tonale, con la fase successiva, in cui le opere funzionano come le tessere di un puzzle, che una volta incastrate tra di loro, senza seguire un ordine cronologico, ma piuttosto assonanze nella struttura compositiva, rendono visibile l'autentica fisionomia saturnina dell'artista, che fin dagli anni trenta,  filtra la sua pittura con una logica e un rigore mentale, mostrando di essere sempre in ascolto di sé stesso e in costante osservazione del mondo esterno, rimanendo fuori da rotte consolidate”.

Tra le opere esposte, una selezione di dipinti non esposti da lungo tempo come l’iconica Superficie 274 (1954) e Autoritratto con Emanuele Cavalli (1927 circa), in cui l’artista raddoppia sé stesso attraverso il ritratto del sodale Emanuele Cavalli, che spunta da dietro le sue spalle. Il Paesaggio invernale (1935), ripreso dalla terrazza in cima a una palazzina di Prati, dove Capogrossi aveva il suo studio, ma anche inteso come pura e desolata messa in scena della vita umana (di proprietà di UniCredit).

Inoltre, una straordinaria Superficie 76 bis (1954-1958) i cui segni si dispongono in modo articolato, creando degli spazi vuoti che hanno un peso determinate nella struttura compositiva; l’essenziale ed enigmatica Superficie 538 (1961), caratterizzata da un piano nero che si incardina su rapporti e forze in atto nello spazio, potenziati dalle proprietà del colore e da sottili gradi di luminosità e di opacità dei pigmenti neri, interrotti diagonalmente da una fenditura bianca, su cui esercita una forza dinamica la combinazione di segni neri e di più grandi arancioni.

Infine, un’imponente marouflage verticale, Superficie 419 (1950 circa), il cui carattere bidimensionale è accentuato da una griglia su cui poggiano i segni grandi, che impongono un ordine ai segni più piccoli, e Superficie 106 (1954) opera di forma ovale, intesa dall’artista come una forma continua, che contiene al suo interno una struttura compositiva in cerca di un raccordo con la dimensione visiva-sonora dello spazio esterno. Queste due ultime opere sono appartenute ai famosi architetti Luigi Moretti e Vincenzo ed Edoardo Monaco, che hanno avuto un ruolo determinante nella vicenda artistica e umana di Capogrossi. Il percorso espositivo è arricchito da una sala di opere dal formato ovale e una sala di Rilievi bianchi, ideati dall’artista negli anni sessanta, che dimostrano la sua inesauribile volontà di sperimentazione. Non ultimo, il grande arazzo Astratto (1963), ideato per la Turbonave Michelangelo.

La mostra alla Galleria Nazionale inaugura un programma di eventi dell’anniversario della scomparsa di Capogrossi, che proseguiranno dal mese di ottobre con una mostra diffusa sul territorio italiano, sezione curata da Patrizia Rosazza Ferraris: circa 25 i musei e le istituzioni italiane che conservano nelle collezioni opere di Capogrossi e aderiscono all’iniziativa. Ogni istituzione parteciperà mettendo in risalto le proprie opere attraverso incontri, conferenze, laboratori.

Nel segno di Capogrossi

Visite di mediazione culturale alla mostra Capogrossi. Dietro le quinte

A partire da giovedì 29 settembre, ogni giovedì alle 11, la Galleria Nazionale organizza visite e approfondimenti dedicati alla mostra di Giuseppe Capogrossi. Le visite, condotte dalle mediatrici e dai mediatori culturali, sono gratuite e comprese nel biglietto di ingresso al museo.

venerdì 16 settembre 2022

Geopolitica, inflazione e una nuova ondata di proibizionismo: le principali associazioni vitivinicole nazionali ed europee lanciano un monito sul futuro del settore

Le principali associazioni vitivinicole nazionali ed europee lanciano un monito sul futuro del settore: "La Geopolitica, l'inflazione e una nuova ondata di proibizionismo stanno mettendo a rischio la sostenibilità sociale, economica e ambientale dell'intero settore". 




Le associazioni nazionali del comparto vitivinicolo francese, italiano e spagnolo si rivolgono ai rispettivi Governi e alla Commissione europea. Il 13 e 14 settembre Conegliano è diventata la capitale europea del vino ospitando l'incontro annuale delle associazioni nazionali di Francia, Italia e Spagna. L’incontro, ufficialmente chiamato Gruppo di Contatto è un momento unico di dialogo in cui le associazioni nazionali che rappresentano il settore si incontrano e discutono al fine di giungere a posizioni comuni sui principali temi di interesse per il comparto vitivinicolo.

Nella riunione di Conegliano si è discusso della situazione del mercato. Dal 2019 ad oggi i nostri tre Paesi hanno dovuto affrontare una serie di crisi senza precedenti: le misure di ritorsione americane sui vini europei nell'ambito della disputa Boeing-Airbus, la pandemia con la conseguente chiusura del settore Ho.Re.Ca., le difficoltà nel trovare mercati nel periodo post-pandemico e la mancanza di materie prime, gli effetti dell’invasione russa in ucraina con l’aumento dei costi di produzione, la crescente inflazione, a cui si aggiunge l'impatto, sempre più evidente, del cambiamento climatico. Le organizzazioni mettono in guardia sulla sostenibilità economica e sociale del settore vitivinicolo e chiedono sostegno in due punti:

La sterilizzazione degli aumenti del costo dell’energia;

Misure eccezionali di supporto e di flessibilità analoghe a quelle introdotte per fare fronte alle complessità causate dalla pandemia da Covid-19.

Le organizzazioni dei tre Paesi hanno altresì espresso forte preoccupazione per la nuova ondata di “proibizionismo”. I prossimi mesi saranno cruciali, in quanto la Commissione europea lavorerà su alcune importanti iniziative legislative: le delegazioni hanno chiesto di tenere conto di quanto espresso dal Parlamento europeo nel parere sul Piano europeo di lotta contro il cancro la scorsa primavera, di concentrarsi sulla lotta all’abuso di alcol e evitare politiche sproporzionate - come la recente norma irlandese - che minano le comunità e i territori produttori di vino, il patrimonio immateriale dell'umanità, l'arte di vivere europea e la cultura gastronomica, di cui il vino è parte inestricabile.

Devono essere sostenute, in particolare, tre linee di indirizzo:

salvaguardare la politica di promozione come strumento per garantire la competitività dei vini;

preservare le norme sull’etichettatura nutrizionale e sulla lista degli ingredienti già decise nel quadro dei regolamenti PAC, inclusa l’etichetta digitale;

chiedere agli Stati membri e alla Commissione europea di opporsi alla proposta irlandese sugli health warnings, presentando un parere circostanziato nel quadro della procedura TRIS.

Per la Francia, erano presenti le Associazioni FNSEA - Commission Viticole, La Coopération agricole - Vignerons coopérateurs de France (VCF), Vignerons indépendants de France; per l’Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane Agroalimentari, Assoenologi, CIA - Agricoltori Italiani, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini, FIVI e Unione Italiana Vini; per la Spagna, Asociación Empresarial Vinos de España (AEVE), Asociación de Jóvenes Agricultores (ASAJA), Cooperativas Agro-Alimentarias de España, Conferencia Española de Consejos Reguladores Vitivinícolas (CECRV), Coordinadora de Organizaciones de Agricultores y Ganaderos (COAG), Federación Española del Vino (FEV), Organización Interprofesional del Vino de España (OIVE) y la Unión de Pequeños Agricultores y Ganaderos (UPA).

giovedì 15 settembre 2022

Teatro Verdi di Trieste, al via la nuova stagione d’Opera e Balletto

Nel cuore della stagione sinfonica incentrata prevalentemente su repertorio tedesco e slavo, parte dal 4 Novembre la stagione d’Opera e Balletto al Teatro Verdi di Trieste fortemente italiana in ideale complemento al programma concertistico con nuove produzioni, riprese di titoli storici, come l’Otello d’apertura assente dal teatro da ben 12 anni, e il ritorno della grande danza grazie alla nuova collaborazione con il Teatro di Ljubljana sul Romeo e Giulietta di Prokof’ev.





La Stagione Lirica e di Balletto 2022-23 del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste apre il 4 novembre con Otello, titolo fondante per la storia musicale della città e mancante in cartellone da ben 12 anni. In totale verranno presentati sei titoli d’opera e uno di balletto, fra cui una nuova Bohème, un nuovo allestimento del barocco Orfeo ed Euridice e in chiusura Turandot, opera sempre di grande richiamo popolare. Titoli e cast sono stati pensati nello spirito di rafforzare il ruolo di Trieste come crocevia di culture, potenziando le collaborazioni oltre confine, proseguendo la ricerca di nuovi talenti dai territori emergenti nel mondo ormai globalizzato dell’opera, attività di scouting che ha già portato in passato future star internazionali al loro debutto italiano proprio al Verdi. Senza dimenticare la valorizzazione delle migliori intelligenze della regione e un occhio di riguardo al pubblico con incentivi economici per il ritorno alla normale vita d’arte e cultura in città e non solo.

L’Otello di Verdi, fra i titoli più rappresentati nella storia del Teatro Verdi, ha portato in città alcune delle voci apicali della storia del bel canto novecentesco, è quindi chiaro che la sua riproposizione in apertura di stagione, dopo ben 12 anni di assenza, sia un passo importante per l’offerta culturale della città: il regista sarà lo stesso Giulio Ciabatti che affiancò il direttore Nello Santi nel riuscito, ultimo allestimento del 2010. Forte di un’importante carriera internazionale e di un solido rapporto con il pubblico triestino che ha nel tempo potuto apprezzare le sue regie per importanti titoli d’opera - fra cui Lucia di Lammermoor, Madama Butterfly, Il barbiere di Siviglia, La traviata – per titoli contemporanei come La voix humaine, I sette peccati capitali, Mr. Hyde e anche per spettacoli più singolari come il Piccolo Flauto Magico per le marionette dei Piccoli di Podrecca al Teatro Rossetti, Ciabatti rileggerà la tragedia più popolare del Mare Adriatico con creatività ma senza forzature, come è nel suo stile. Il primo Otello a presentarsi al pubblico del Verdi sarà Arsen Soghomonyan, tenore armeno di indiscutibile prestigio internazionale, soprattutto nei teatri slavi, anglosassoni e tedeschi, incluse le sue collaborazioni con Metha, Petrenko e i Berliner, ma rarissimo sui palchi italiani. Otello di assoluto riferimento Soghomonyan si alternerà nel ruolo al giovane talento Mikheil Sheshaberidze, georgiano ma cresciuto nelle accademie italiane, con un forte legame col nostro Nord Est, avendo già debuttato ad Arena di Verona e studiando sotto la direzione di Giancarlo Del Monaco. Lianna Haroutounian, considerata uno dei migliori soprani verdiani della sua generazione e ospitata nei migliori palchi del mondo, dalla Royal Opera House al Metropolitan a fianco di star di prima grandezza come Jonas Kaufmann, completa il cast dell’inaugurazione, guidato da Daniel Oren, uno dei direttori più amati dalla città e di solida fama internazionale. Sul podio Oren si alternerà all’italiano Ivan Ciampa, tra i direttori più stimati nel mondo sul grande repertorio di tradizione italiana. Da notare inoltre nel cast lo Jago del baritono russo Roman Burdenko, vera sorpresa dell’ultima stagione areniana dove ha sostituito Domingo ottenendo critiche entusiastiche da parte di tutta la stampa.

La Fondazione porta in scena Otello al Teatro Giovanni da Udine di Udine il 14 gennaio 2023 e al Teatro Comunale Giuseppe Verdi Pordenone il 26 maggio 2023.

A Otello, ricco di sorprese vocali e robuste certezze, seguirà a dicembre il nuovo allestimento, la pucciniana Bohème firmata da Carlo Antonio De Lucia, ex tenore e produttore, da anni dedito alle regie liriche. Già noto al pubblico triestino e di certo tra i più solidi sostenitori di uno stile registico atto ad esaltare le voci, De Lucia verrà affiancato sul podio da Christopher Franklin, direttore statunitense cresciuto nei migliori teatri italiani ed europei, nonché bacchetta ben conosciuta in città. Opera di gioventù per eccellenza, la nuova Bohème inanella un cast fresco, vocalmente ed esteticamente convincente, guidato dalle belle voci e dai bei volti del soprano Lavinia Bini, in staffetta con Filomena Fittipaldi, del musicista e tenore Alessandro Scotto di Luzio, in alternanza con il portoghese Carlos Cardoso per il ruolo di Rodolfo: voci giovani ma sicure che contribuiranno certamente ad una resa convincente di un testo che ha visto in passato sul palco triestino nomi davvero iconici del ‘900 e merita dunque la massima attenzione.

Il 2023 si aprirà invece il 27 gennaio con la ripresa dell’allestimento del 2013 del Macbeth di Verdi, in coproduzione con Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi e Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. L’interpretazione del regista Henning Brockhaus, fra le più vissute e celebrate sui palchi del globo tanto da essere considerato un grande classico del teatro, racconta un mondo violento, incomprensibile, usurato dalla brama di potere e in questo contesto correttamente oscuro si muoverà la Lady Macbeth del soprano vicentino Silvia Dalla Benetta, premio Abbiati 2021 nel ruolo per la sua interpretazione al Festival Verdi di Parma, in alternanza al soprano olandese Gabrielle Mouhlen, già allieva di Monserrat Caballé e nota al pubblico del Verdi grazie a Turandot. Macbeth vedrà sul palco sia il solido baritono italiano Giovanni Meoni sia il giovane coreano Leon Kim, vera rivelazione degli ultimi anni ed ennesima conferma di quanto sia il peso dei nuovi territori che si affacciano ai teatri di tradizione con importanti scuole di canto e grande passione di pubblico. Antonio Poli e Riccardo Rados completano il cast per un eccellente Macduff di provata esperienza, guidato dal Direttore Fabrizio Maria Carminati.

A febbraio si avrà poi la ripresa di un altro caposaldo del teatro lirico internazionale, I Capuleti e I Montecchi di Bellini firmati dal regista francese Arnaud Bernard nell’allestimento della Fondazione Arena di Verona in coproduzione con il Teatro la Fenice di Venezia e con la Greek National Opera. Sul podio il Direttore trevigiano Enrico Calesso, nome perfetto per attirare il turismo culturale austriaco data la sua solida reputazione oltralpe, ed un cast giovane ed internazionale con il mezzosoprano russo Anna Goryachova, illustre belcantista, in alternanza con l’ancor più giovane georgiana Sofia Koberidze, senza dimenticare la giovanissima Caterina Sala, già applaudita in Scala, e la ben conosciuta ucraina Olga Dyadiv nel ruolo di Giulietta. Di nuovo dunque, come in Bohème, un cast che rispecchia l’età immaginata dal testo dell’opera in ossequio ai principi del Maestro Giorgio Strehler, il quale amava ripetere che “alcune storie d’amore sono rese credibili solo quando chi le interpreta non ha ancora vissuto l’esperienza del disincanto amoroso tipico della maturità”. Come per Otello, anche per I Capuleti e I Montecchi è prevista una ulteriore recita che si terrà a Udine il 10 marzo nell’ambito della programmazione artistica 2022-2023 del Teatro Nuovo Giovanni da Udine.

Marzo sarà dedicato al grande balletto e soprattutto ai rapporti di collaborazione sempre più stretti che legheranno da quest’anno il Teatro Verdi con il corpo di ballo dell’Opera di Ljubljana, al fine non solo di incentivare gli scambi culturali con la vicina capitale in continua crescita artistica, ma anche di potenziare lo sviluppo di un pubblico comune, nonché riportare stabilmente il grande balletto in città, ora che la danza vive una nuova stagione di notevole popolarità dopo anni difficili. Dunque con il Romeo and Juliet di Prokofiev proseguirà la riflessione sulle elaborazioni artistiche di un mito fondante della cultura occidentale, questa volta affidato alla coreografia di Renato Zanella, cresciuto artisticamente tra Francia, Austria e Germania, già collaboratore di Roberto Bolle e Giuseppe Picone, etoile del Teatro San Carlo di Napoli.

Aprile sarà invece dedicato al barocco tedesco di Gluck con l’eterno mito di Orfeo ed Euridice, forse l’opera settecentesca non mozartiana più eseguita al mondo e mai scomparsa dalle scene anche in tempi di scarso interesse per l’opera barocca. Sul podio il giovanissimo Enrico Pagano, stimato barocchista, fondatore dell’orchestra cameristica Canova, direttore in residenza alla IUC di Roma, nella svizzera Verbano e considerato da Forbes tra i 100 giovani under 30 Leader of the Future. Il nuovo allestimento sarà curato dal regista triestino Igor Pison, già coordinatore artistico del Teatro Stabile Sloveno, noto in città per i suoi lavori in prosa al Rossetti, laureato in Germanistica a Trieste e cresciuto artisticamente tra Germania, paesi slavi e Italia, perfetta epitome del ruolo multiculturale che la città deve continuare a giocare in Europa. Il cast vede un’icona intramontabile del repertorio barocco come Daniela Barcellona nel ruolo di Orfeo alternarsi con l’ottima Antonella Colaianni, mentre Euridice vedrà sul palco la solida Ruth Iniesta e la più giovane ma già stimata soprano di Modica Chiara Notarnicola.

Chiude a maggio la stagione la Turandot firmata dal regista italiano Davide Garattini Raimondi, esperto conoscitore delle maestranze e del palco del Verdi per cui disegnò la fortunata messa in scena del 2019. La direzione sarà affidata allo spagnolo Jordi Bernàcer, solida bacchetta invitata dalle migliori orchestre e teatri internazionali. In un cast di nuovo fortemente internazionale il pluripremiato soprano Kristina Kolar sarà Turandot in staffetta con Maida Hundeling voce eminentemente wagneriana, ma dalle intense sfumature che la rendono perfetta anche per il grande repertorio liederistico, nonché nome di riferimento nei migliori teatri, come la Royal Opera House. In Turandot si è esibita con grande successo sia all’Arena di Verona sia all’opera di Pechino nel ’20.

Commenta così la nuova stagione il Sovrintendente Giuliano Polo: “Considero questa stagione una vera ripartenza, dove dobbiamo onorare alcuni impegni presi e poi rimandati causa pandemia, ma dove c’è anche una forte concentrazione di nuove produzioni, che daranno luce alle maestranze del Verdi, nonché progetti di collaborazione che spero diventino legami artistici sempre più forti per il futuro. E per incoraggiare il pubblico di Trieste a credere in una nuova normalità e soprattutto ad una vera ripartenza, abbiamo voluto venire incontro alle esigenze di economia che discende dalla difficile situazione contemporanea. L’impegno di divulgazione del teatro è chiaro e non vi è certo divulgazione con scelte economiche elitarie: il sollievo che la bellezza regala deve essere alla portata di tutti, soprattutto in tempi complessi e di incertezza. Mi preme inoltre sottolineare come il Teatro Verdi, in sintonia con le principali istituzioni italiane a partire dalla Scala, continua a considerare il proprio palco un crocevia di cultura, esperienze artistiche, creatività che non può mai venir limitato da altre ragioni che non siano al servizio del bello e del genius loci della città”.

La Campagna abbonamenti inizia giovedì 15 settembre 2022 e si conclude martedì 15 novembre 2022. I turni di abbonamento sono sei, come nelle passate stagioni e le giornate di spettacolo, con l'eccezione dell'opera di inaugurazione, sono organizzate nel corso di due fine settimana con tre spettacoli in orario pomeridiano.

La Fondazione per agevolare il ritorno del pubblico a Teatro dopo il difficile periodo della pandemia, ha assunto la decisione di rimodulare la tabella prezzi, di favorire la sottoscrizione degli abbonamenti garantendo agli stessi una maggiore economicità e di presentare una nuova modalità di acquisto per i palchi. Rimangono sempre attive le agevolazioni più vantaggiose per pubblico degli studenti e i giovani fino a 34 anni.

La vendita dei biglietti per i singoli spettacoli ha inizio il 25 ottobre 2022.

La Stagione viene presentata al pubblico mercoledì 21 settembre ore 18 nella Sala principale con un evento ad ingresso libero che prevede la proiezione di brevi filmati e la partecipazione dell’Orchestra e del Coro della Fondazione.

martedì 13 settembre 2022

I Love Sushi, una grande storia d'amore. All'Istituto Giapponese di Cultura tutto quello che avreste voluto sapere sul sushi, e anche di più

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sushi, e anche di più. Origini, varianti locali, riproduzioni a grandezza naturale, chef virtuali, ukiyoe. Una storia lunga oltre mille anni, insospettabilmente variegata e piena di svolte legate a costume e società. Al via domani mercoledì 14 settembre dalle 19 (4 turni da trenta minuti) opening su prenotazione EVENTBRITE.




Nel 2013, l’UNESCO ha inserito il washoku, la cucina giapponese, nella lista dei patrimoni mondiali intangibili, e il sushi ne incarna l’archetipo. Raffinato, salutare, esteticamente ineccepibile e squisito, il sushi è un piatto ormai familiare alle tavole di tutto il mondo. 

Originario dell’Asia sudorientale/Cina meridionale, il sushi è giunto in Giappone circa mille anni fa, e da allora è mutato radicalmente, grazie all’abbondanza delle risorse naturali locali, all’applicazione di conoscenze e idee nuove, e all’inesauribile prerogativa del popolo giapponese di sperimentare senza tema sempre nuovi cibi. In tal proposito, il primo tipo che affiora nella mente di chiunque oggi è il nigirizushi, che si affermò circa duecento anni fa a Edo, l’antica Tokyo.

Il sushi oggi ha varcato i confini nazionali ed è apprezzato ovunque. Eppure, a dispetto della sua diffusione, se ne conoscono solo alcune varianti e caratteristiche. È questa dunque la mission della mostra, costituire un’approfondita guida visuale al grande fascino del sushi, fornendo l’opportunità di capire l’evoluzione che in Giappone ha portato alla forma attuale, e come il paese lo abbia modificato per assecondare e accogliere fattori ambientali, naturali, culturali, sociali delle varie realtà locali. 

I LOVE SUSHI ha inoltre in animo di riflettere e far riflettere sulla cultura contemporanea del cibo e sulle prospettive future del sushi alla luce dei temi food di attualità. La mostra, pensata per palati di ogni finezza, include anche l’esperienza virtuale di un autentico sushi-shop nipponico.

Alimentazione: grano duro e orzo più produttivi e con minore necessità di fertilizzanti, grazie al genome editing

Premio Rita Levi Montalcini al top scientist Assaf Distelfeld con il progetto CREA CompAGro: grano duro e orzo più produttivi e con minore necessità di fertilizzanti, grazie al genome editing. Oggi al MAECI la cerimonia ufficiale per il prestigioso riconoscimento che sancisce la collaborazione scientifica tra Italia e Israele.




Grano duro e orzo dai semi più grandi e pesanti e capaci di utilizzare al meglio l’azoto presente nel terreno, riducendo l’utilizzo dei fertilizzanti e tutto grazie ad un gene: questo l’obiettivo del progetto congiunto CREA-Università di Haifa CompAgro che ha consentito al top scientist israeliano  Assaf Distelfeld di aggiudicarsi il premio Rita Levi Montalcini, conferito ufficialmente oggi, nel corso di una cerimonia ufficiale svoltasi presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI).

Il Premio per la cooperazione scientifica tra Italia e Israele dedicato alla scienziata premio Nobel Rita Levi-Montalcini, è bandito dal MAECI con la Fondazione CRUI per le Università Italiane e d’intesa con il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e consiste nel finanziamento della permanenza di circa quattro mesi di uno studioso israeliano di prestigio internazionale presso una Università o un Ente di ricerca italiano, sulla base di un progetto congiunto di collaborazione scientifica.

CompAGro (“Comparative Analysis of seed Growth Regulating Factors in Wheat and Barley)”, presentato dal CREA Genomica e Bioinformatica, con la ricercatrice Erica Mica, e dall’Università di Haifa, è stato il progetto selezionato, mentre il prof. Assaf Distelfeld, docente presso l’Università di Haifa, scienziato di fama internazionale sulla genomica dei frumenti ed esperto mondiale del farro selvatico  (il progenitore dei farri e dei frumenti duri coltivati)  è il vincitore.

«Siamo molto soddisfatti di ospitare presso il nostro centro di ricerca a Fiorenzuola d’Arda  - ha spiegato Luigi Cattivelli, Direttore del CREA Genomica e Bioinformatica - il prof. Distelfeld. Questo premio costituisce un riconoscimento per la collaborazione in atto fra i due gruppi di ricerca iniziata nel 2015 con i progetti di sequenziamento dei genomi del farro selvatico prima e del frumento duro poi. Il premio darà ulteriore slancio alla ricerca in atto, per far poi nascere nuovi progetti scientifici di respiro internazionale»

Il progetto CompAGro mira a individuare i geni coinvolti nella regolazione della crescita e nello sviluppo delle piante, anche mediante approcci di genome editing. Ad essere approfondito, in particolare, il ruolo del gene Growth Regulating Factor 4 (GRF4) nel determinare la dimensione nello specifico dei semi di orzo e grano duro.

Nel riso, infatti, è stato già ampiamente dimostrato come il gene GRF4 sia responsabile da un lato dell'aumento della lunghezza e del peso dei semi, dall’altro della maggiore efficienza della pianta nell’utilizzo dell’azoto presente nel terreno, riducendo quindi l’impiego dei fertilizzanti. In passato il gene GRF4 è stato già identificato in due specie diverse, ma strettamente correlate: l’orzo, presso il CREA Genomica e Bioinformatica, all’interno del progetto Biotech e il frumento duro, all’Università di Haifa.

L’idea alla base del progetto CompAgro, quindi, è quella di effettuare analisi comparative sul ruolo di questo gene nelle due piante, in diverse collezioni di orzi e frumenti, sfruttando la biodiversità esistente. Se fosse confermato il ruolo del gene GRF4 in orzo e frumento duro, tale scoperta avrebbe notevoli ricadute scientifiche e tecnologiche per l’innovazione varietale, dal momento che comporterebbe un incremento della resa produttiva a parità di area coltivata e una sensibile riduzione dei livelli di fertilizzanti usati, andando così incontro all’obiettivo del Green Deal europeo di ridurre del 20% dei fertilizzanti entro il 2030.

«Sono onorato di aver ricevuto il premio Rita Levi Montalcini – ha commentato il prof. Assaf Distelfeld - e sono lieto di lavorare al progetto CompAGro. La mia passata collaborazione con il Direttore Cattivelli ha contribuito a cambiare la genomica del grano e con la brillante scienziata italiana a bordo, la dott.ssa Erica Mica, sono molto ottimista riguardo al successo di questo progetto. Per affrontare le sfide future, l'agricoltura dovrà fare affidamento sull'applicazione delle conoscenze e delle tecnologie scientifiche, proprio come il nostro progetto intende realizzare. 

“Il premio di oggi – rende noto l’Ambasciata d’Israele in Italia -  sottolinea il vasto potenziale della cooperazione bilaterale tra Italia ed Israele ed in particolare delle eccellenze scientifiche. La ricerca condotta del prof. Distelfeld e da Erica Mica del CREA può portare giovamento all'intera umanità dal momento che coinvolge le sfide congiunte di  sicurezza e sostenibilità alimentare”.

giovedì 1 settembre 2022

Biodiversità: al via il primo centro di ricerca nazionale per la biodiversità, previsto dal PNRR

Biodiversità: il CREA è partner del National Biodiversity Future Center. Al via dal 1 settembre il primo centro di ricerca nazionale per la biodiversità, previsto dal PNRR.




La biodiversità italiana riparte dalla ricerca: nasce il primo settembre, con la partecipazione del CREA, il National Biodiversity Future Center (NBFC), la più poderosa iniziativa di ricerca e innovazione sulla biodiversità mai tentata in Italia.

Il progetto. Il NBFC si focalizza sul tema prioritario a livello nazionale e internazionale della biodiversità attraverso una rete, coordinata dal CNR e composta da 48 partner, scelti tra Università, Organismi di Ricerca, Fondazioni e Imprese, in base alla loro comprovata leadership scientifica, tecnologica, etica e di mercato. Il progetto prevede un finanziamento di oltre 320 milioni di euro per i primi tre anni (2023-2025) ed il coinvolgimento di oltre 1.300 ricercatori degli Enti partner.

Il contributo del CREA risulterà rilevante per monitorare, preservare, ripristinare e valorizzare la biodiversità negli ecosistemi terrestri della Penisola. “Il nostro centro di ricerca, infatti – dichiara Pio Federico Roversi, Direttore del CREA Difesa e Certificazione - ha manifestato sin dagli inizi un forte interesse per le attività promosse all’interno del NBFC e in questo contesto ha trovato una propria peculiare collocazione come ente affiliato allo Spoke 3 Assessing and monitoring terrestrial and freshwater biodiversity and its evolution: from taxonomy to genomics and citizen science, assumendo il ruolo di capofila per il CREA. Oltre al Centro di ricerca Difesa e Certificazione per il CREA partecipano i Centri Foreste e Legno, Cerealicoltura e Colture Industriali, Politiche e Bioeconomia, ognuno apportando le proprie specificità nelle linee di ricerca individuate dal progetto. Con le premesse descritte e con le competenze dei nostri Centri, siamo pronti all’avvio di questa storica iniziativa”. In particolare, il CREA ricoprirà un ruolo cardine per fornire strumenti innovativi ed efficaci al mondo della ricerca, ai cittadini e ai decisori politici, così da metterli in condizione di conoscere e contrastare l’erosione della diversità biologica, quantificare i servizi ecosistemici e realizzare azioni volte alla conservazione e al ripristino della biodiversità in tutto il Mediterraneo. Inoltre, si lavorerà all’individuazione di soluzioni innovative per raggiungere i target del Green Deal in materia di biodiversità.

Altre attività di cui si occuperà il CREA riguarderanno gli ambienti terrestri e d'acqua dolce, tra cui il monitoraggio a lungo termine degli ecosistemi forestali con particolare attenzione alla sua biodiversità funzionale in risposta ai cambiamenti globali e alle pratiche di gestione. Sarà effettuata una diagnosi precoce della presenza di specie aliene invasive e lo studio delle loro interazioni con la componente autoctona.

Il pubblico sarà coinvolto in iniziative di citizen science per la tutela di specie e habitat protetti, incentrate sulla valorizzazione e lo sviluppo delle collezioni museologiche. Ampio spazio sarà dedicato alle attività di formazione e informazione per il trasferimento dei risultati della ricerca agli stakeholder.

Prospettive future.  Nei 3 anni di attività previsti, il NBFC mirerà a formare una nuova classe di ricercatori con competenze multidisciplinari, che rendano l’Italia una nazione di riferimento per lo studio e la conservazione della biodiversità, creando, al contempo,  consapevolezza e partecipazione da parte della società civile nei confronti della tutela e valorizzazione dell’ambiente.

Vendemmia 2022, le previsioni della ricerca: siccità e anticipo, ma nessun dramma. Si conferma il grande livello professionale della filiera vitivinicola italiana

 La vendemmia 2022, secondo il nostro centro di ricerca CREA sarà caratterizzata dalla siccità e quindi in anticipo rispetto alla media. Questo non influenzerà negativamente sulla qualità delle uve e questo anche dovuto al grande livello professionale della filiera vitivinicola italiana. 




Il CREA, con il suo Centro di Ricerca di Viticoltura ed Enologia, analizza i primi dati ed elabora tendenze previsionali per la vendemmia appena partita. L’Italia è stata accomunata da un andamento meteo omogeneo da nord a sud della penisola. Alte temperature e in particolare siccità hanno caratterizzato la primavera e l’estate italiana. Nonostante le difficoltà del meteo, possiamo affermare come il 2022 abbia incoronato il vigneto italiano come resiliente ai cambiamenti climatici. Già in passato avevamo messo alla prova la capacità del nostro territorio, ma mai come in quest’annata le condizioni metereologiche sono state così avverse ed ostiche. Da anni la ricerca, in sinergia col mondo produttivo, ha sviluppato strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici permettendoci di non trovarci impreparati neppure in estati come quella che stiamo vivendo.

“Molto lavoro è stato fatto e sicuramente abbiamo ancora margini importanti  di miglioramento – afferma Riccardo Velasco, direttore Crea Viticoltura ed Enologia – basti pensare alle nuove varietà resistenti agli stress che il CREA ha già selezionato, grazie alle Tecniche di Evoluzione Assistita, e che aspettano di essere sperimentate, ma se ad oggi possiamo considerare salva la vendemmia 2022 molto lo dobbiamo al lavoro straordinario dei nostri viticoltori che hanno saputo gestire sapientemente le bizzarrie di questo clima inconsueto, sfruttando le innovazioni della ricerca e adeguando di conseguenza concimazioni, irrigazioni e trattamenti”.

Il punto di vista fitosanitario L’annata si presenta buona, come indicano i  dati rilevati da Patrick  Marcuzzo del CREA Viticoltura di Conegliano. La penuria di precipitazioni ha sicuramente facilitato il controllo delle malattie fungine, riducendo anche il numero di interventi fitosanitari: la peronospora è praticamente assente in tutto il territorio italiano, si rileva solo la presenza di alcuni focolai di oidio ma sono situazioni sotto controllo. Anche della botrite non c’è traccia, nemmeno nelle cultivar particolarmente suscettibili e a grappolo compatto. Da evidenziare solamente il problema della flavescenza dorata che ha interessato soprattutto l’area viticola del nord Italia, in particolare Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia.

Le produzioni Il 2022 non sarà ricordato come un’annata abbondante, a causa soprattutto dei vigneti non serviti da impianti di irrigazione o bacini di raccolta delle piogge. Per la qualità invece, le uve hanno un contenuto di zuccheri e sostanze coloranti superiori alla norma, mentre viene costantemente monitorata l’acidità per cogliere l’ideale momento di raccolta. La carenza di escursione termica giorno-notte ha per adesso influenzato la qualità in alcune zone, ma queste ultime settimane potrebbero compensare, dato l’attuale andamento climatico. L’anticipo rispetto al 2021 è importante e variabile da circa 7 giorni a 20, a seconda delle diverse aree viticole.

Per quanto concerne le quantità di produzione si prevedono: in Friuli-Venezia Giulia e in Veneto in leggero calo rispetto al 2021 (-10% e – 5% rispettivamente) principalmente a causa della scarsità di piogge e dell’impossibilità di irrigare i vigneti in alcune aree, quelle collinari in particolare. In Trentino-Alto Adige la produzione è in leggero aumento, +5–6 % rispetto al 2021, in particolare per le cultivar autoctone a bacca rossa (Teroldego e Marzemino). Lombardia ed Emilia-Romagna registrano una flessione delle produzioni in particolare per la zona dell’Oltrepò e per la collina romagnola. Il Piemonte, invece, ha risentito meno della drammaticità dell’annata dove si prevede una riduzione, rispetto al 2021, solo di qualche punto percentuale.  In altre due regioni viticole italiane, Toscana e Puglia, si registrano produzioni leggermente superiori rispetto al 2021 per motivazioni diverse: la Toscana è stata interessata da una forte gelata nella scorsa annata che aveva compromesso buona parte della produzione ma ha recuperato quest’anno. In Puglia la fertilità delle gemme è buona e superiore alla media e nei vigneti irrigui si prevede fino ad un 10% in più. La Sicilia, infine, è la regione che ha sofferto di più in quest’annata soprattutto nei vigneti non irrigui, con cali pari a un – 5% / - 10% rispetto l’annata precedente.

“In conclusione – commenta Stefano Vaccari, direttore generale CREA - annata complessa, meno produttiva del 2021, ma sicuramente non drammatica e per molti versi di grande interesse enologico. Il meteo dei prossimi giorni può ancora correggere l’andamento quali-quantitativo e aiutare il comparto viticolo a lenire le calure estive e le carenti escursioni termiche. L’intera filiera vitivinicola italiana si conferma leader mondiale anche nel gestire i problemi causati dal cambiamento climatico”.