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giovedì 31 dicembre 2015

Merito dell'OIV

OIV: cinque personalità si sono distinte nel 2015
In occasione delle assemblee generali dell'OIV tenutesi a Magonza, in Germania, il 10 luglio 2015 e ad Avignone, in Francia, il 23 ottobre 2015, cinque personalità hanno ricevuto il Merito dell'OIV

Il merito dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, è uno dei massimi riconoscimenti internazionali che ogni anno va a coronare chi, nel corso della propria carriera, si è reso protagonista nel dare un contributo importante al settore vitivinicolo mondiale. 

A luglio, l'allora presidente dell'OIV, Claudia Quini, ha consegnato il riconoscimento al dott. Karl-Heins Wilms, che per oltre 20 anni ha dedicato la sua attività professionale al servizio del vino, in veste di capo della delegazione tedesca presso l'OIV.

Quini ha inoltre sottolineato l'esemplarità della partecipazione nelle attività dell'OIV della Germania, che durante questo periodo ha accolto due congressi mondiali e dato due presidenti all'Organizzazione.

Yves Bénard, vicepresidente dell'OIV, ha reso omaggio, a titolo postumo, al suo collega enologo italiano, il professor Roberto Ferrarini. Questi è stato direttore di ricerca e servizi di sviluppo, oltre che di ricerca universitaria, professore di Scienze e tecnologie enologiche presso l'Università di Verona, membro dell’Accademia italiana della vite e del vino e della delegazione italiana presso l'OIV per conto del ministero dell'Agricoltura e, nello specifico, presso la Commissione “Enologia” e il Gruppo di esperti "Tecnologia".

Jean-Marie Aurand, direttore generale dell'OIV, ha assegnato il riconoscimento, a titolo postumo, a Serge Hochar, che per 20 anni ha partecipato alle attività dell'OIV ed è stato uno degli attori principali del rinnovamento e dello sviluppo del settore vitivinicolo libanese. Hochar è stato uno degli artefici della nascita della legislazione viticola libanese nel 2000, fondatore e presidente dell'Unione vinicola del Libano e, più recentemente, presidente dell'Istituto della vite e del vino. Ha saputo posizionare i vini del Libano nella scena internazionale, infaticabile ambasciatore al servizio di una passione e di una visione della viticoltura del suo paese.

In ottobre, la presidente dell’OIV, Monika Christmann, ha consegnato il Merito dell'OIV a Jean-Luc Dairien, attuale direttore generale dell'Istituto francese dell'origine e della qualità (INAO) Christmann ha sottolineato il contributo di Dairien al settore vitivinicolo sia a livello nazionale, nelle sue funzioni di direttore dell'ONIVINS, sia durante i dieci anni dedicati alla Commissione “Economia e diritto” dell'OIV, in qualità di segretario scientifico e presidente.

L'OIV ha inoltre assegnato il Merito a James Finkle, scomparso nel settembre 2015, poco prima di poter ricevere questo riconoscimento. Finkle è stato presidente per 17 anni della Federazione internazionale dei vini e degli spiriti (FIVS). Grazie al suo lavoro, la Federazione si è imposta come rappresentante dell'industria vitivinicola, in particolare come osservatore attivo presso l'OIV e il Codex Alimentarius. L'OIV rende onore alla memoria di un uomo appassionato, che ha dedicato la sua vita allo sviluppo dell'attività vitivinicola mondiale.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 14:37
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Etichette: OIV

Feste di fine anno è boom per le bollicine italiane

CAPODANNO: IN ITALIA SI STAPPERANNO 52 MLN DI BOTTIGLIE DI SPUMANTE ITALIANO
Nella classifica delle bollicine italiane più consumate nel mondo ci sono Prosecco, Asti, Trento Doc e Franciacorta

Per le feste correnti in Italia si stima che salteranno circa 52 milioni di tappi di spumante Made in Italy con consumi in ripresa del 4% per cento. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che è record storico per lo spumante italiano con 242 milioni di bottiglie stappate tra Italia ed estero per le feste di fine anno. 

Se all’estero salgono a 190 milioni le bottiglie di spumante italiano stappate con un balzo del 13 per cento nelle bottiglie esportate, in Italia si è di fronte ad una storica inversione di tendenza dopo sette anni di progressive riduzioni.

Ben l’86 per cento gli italiani non rinuncia allo spumante mentre appena il 14 per cento sceglie lo champagne. A prevalere tra le bollicine italiane sono quelle ottenute con il metodo charmat che rappresentano circa il 95 per cento della produzione e il resto con il metodo classico che differisce perché la fermentazione non avviene in autoclave, ma in bottiglia e comporta una lavorazione che può durare fino a tre anni con un prezzo finale più elevato. 

Nella classifica delle bollicine italiane più consumate nel mondo ci sono Prosecco, Asti, Trento Doc e Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese.

Se lo spumante è il prodotto irrinunciabile del cenone di capodanno quest’anno molto gettonati sono tornati ad essere il cotechino o lo zampone che vengono gustati a tavola da più di due italiani su tre (67 per cento) spesso in accoppiata con le lenticchie (80 per cento). Sul 59 per cento delle tavole ci sarà l’uva, ma il segno di una maggiore attenzione all’economia nazionale e alla sobrietà dei comportamenti viene anche dal fatto che le ostriche rimangono un must per appena il 13 per cento degli italiani, anche se il 58 per cento non rinuncia al salmone, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’.

Sulle tavole del Capodanno si prevede che saranno serviti piatti per un totale di 95 euro a famiglia, il 25 per cento in più dello scorso anno anche perché gli italiani quest’anno sembrano preferire una buona cena piuttosto che uscire nelle piazze, al cinema, a teatro, nei concerti o nelle discoteche, dopo i recenti fatti di cronaca.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 13:11
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Etichette: Spumante Italiano

Bere il territorio. Concorso Letterario Nazionale

Al via in tutta Italia la quindicesima edizione del concorso letterario nazionale promosso da Go Wine
Dedicato agli "under 30". Il bando di concorso scade il 28 febbraio 2016

Bere il territorio, il concorso letterario nazionale di Go Wine, compie 15 anni. Ha accompagnato la vita dell’associazione fin dalla sua costituzione, caratterizzandosi come un’iniziativa culturale qualificante per Go Wine e sempre molto partecipata. Il Bando viene promosso come sempre in occasione del periodo invernale. 

Pur rimanendo sostanzialmente fedele all’idea che l’ha originato, il Concorso presenta nel nuovo Bando alcune modifiche significative: il rapporto fra vino e cibo caratterizza la sezione generale del concorso, offrendo nuove sollecitazioni ai partecipanti.

Il tema del vino viene idealmente trasferito sulle tante “tavole” che caratterizzano la cultura gastronomica italiana, nei diversi territori. E che comunicano spesso la tradizioni e consuetudini della società locale.

La partecipazione viene confermata agli “under 30” e vengono previste due fasce di età: la prima a favore di coloro che hanno un’età compresa fra i 16 ed i 20 anni, la seconda dai 21 ai 30 anni. Al contempo è prevista la sezione speciale riservata agli studenti degli Istituti Agrari: il Bando conferma il preciso intento di valorizzare e premiare lavori di ricerca rivolti al tema dei vitigni autoctoni.

Il Concorso è pertanto dedicato alle più giovani generazioni per contribuire, attraverso un’iniziativa culturale, a far crescere la cultura del consumo dei vini di qualità, mirando ad un consumatore sempre più consapevole sia nelle scelte, sia nell’attribuire il giusto valore e significato ad una bottiglia di vino.

Il richiamo al rapporto con il cibo offre una diversa caratterizzazione, mantenendo inalterato lo spirito di fondo che anima l’iniziativa culturale. Storia, tradizioni, paesaggio e vicende culturali: sono diversi i fattori che distinguono il vino da una qualsiasi bevanda e che si esaltano nella cultura enogastronomica.

Pubblichiamo di seguito il Bando contenente tutte le informazioni per la partecipazione.
I testi dovranno pervenire entro il 28 febbraio 2016 presso la sede nazionale di Go Wine in Alba; la cerimonia di premiazione è prevista sabato 2 aprile 2016.

Clicca qui per scaricare il BANDO DI CONCORSO XV° edizione

I premi e la Giuria di Bere il Territorio
Gli elaborati vincitori verranno scelti dalla Giuria composta da Giorgio Barberi Squarotti (Università di Torino), Gianluigi Beccaria (Università di Torino), Valter Boggione (Università di Torino), Bruno Quaranta (La Stampa-Tuttolibri), Massimo Corrado (Associazione Go Wine), Salvo Foti (Enologo).

I premi: 700 euro ciascuno per i due vincitori della sezione generale; 500 euro per il premio riservato agli studenti agli Istituti agrari; 500 euro per il premio speciale riservato libro dedicato al vino.

Sul sito www.gowinet.it tutti gli aggiornamenti!

 
Pubblicato da Alberto Grasso alle 12:19
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Etichette: Concorso Enologico, Concorso Letterario, GoWine

mercoledì 30 dicembre 2015

NUOVO ANNO. SI BRINDA ITALIANO

CAPODANNO: UN BRINDISI TRICOLORE DI QUALITÀ
Il Presidente dell'UIV Zonin ringrazia i consumatori che continuano a scegliere la qualità italiana

Il brindisi di San Silvestro sarà rigorosamente italiano e all’insegna della qualità. Le stime dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini, ci dicono che saranno oltre 56 milioni le bottiglie di bollicine tricolore stappate complessivamente durante queste feste, contro i 2,5 milioni di quelle straniere. 

Il consumo sarà marcatamente spostato verso gli spumanti di qualità, quindi con un’indicazione geografica specifica, che rappresentano l’85%. Un dato, questo, che conferma la maggior consapevolezza del consumatore nella scelta di prodotti che parlano di straordinari territori, tradizioni, storie di aziende, di famiglie di uomini e di donne che hanno portato il vino italiano, e la nostra spumantistica, a numeri e qualità da record mondiale.

Con queste parole Domenico Zonin, Presidente di Unione Italiana Vini - la principale organizzazione di settore nel comparto, espressione della rappresentanza nazionale e unitaria di tutti i soggetti imprenditoriali e professionali della filiera vitivinicola che rappresenta oltre il 50% del fatturato nazionale nel settore del commercio vinicolo e l’85% dell’export – commenta le stime fornite dall’Osservatorio del Vino relativamente alle previsioni di consumo di vini sparkling durante il Natale e il Capodanno 2015, sulla base dei dati elaborati da da UIV, Ismea, Wine Monitor e SDA Bocconi.

Dalle stime dell’Osservatorio del Vino, emerge che il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2015 con una produzione di o519 mln bottiglie nel 2015 (+10% su 2014), tiene il mercato interno con una crescita annua in valore del 7% e un incremento medio dei consumi del 4%. L’export di spumante italiano, trainato dal prosecco (+29%), si assesta su 362 milioni di bottiglie (+13% sul 2014) e i principali mercati di sbocco sono Regno Unito, Stati Uniti, Germania.

“L’Osservatorio del Vino – aggiunge Paolo Castelletti, Segretario Generale dell’Unione Italiana Vini – ci ha consentito di evidenziare che il consumo di spumante italiano nel mercato interno, grazie soprattutto al Prosecco, si è destagionalizzato, diventando vino ‘da tutto pasto per tutto l’anno’. Trend confermato dai dati: negli anni 2000 il 60% degli spumanti si consumava a Natale quando oggi, invece, il consumo è sceso al 35%”.

“Con le sinergie messe in campo insieme ad Ismea, Wine Monitor e SDA Bocconi – continua Paolo Castelletti – l’Osservatorio può stimare anche alcuni trend sui consumi 2016. Oggi il 73% degli intervistati su un campione di oltre 1200 persone, consuma vino in casa, prevalentemente durante i pasti (72%), apprezzando più il vino rosso (80%) rispetto al bianco o agli sparkling che invece sono preferiti per chi consuma fuori casa: la penetrazione di tale categoria raggiunge il 62% a fronte di un 44% tra chi consuma soprattutto a casa. Il 69% degli intervistati che consumano vino a casa dichiara che manterrà invariato il proprio stile di consumo di vino per il prossimo anno; il 54% dei consumatori che preferibilmente consumano vino fuori casa, indica che nel 2016 il livello dei propri acquisti di vino rimarrà simile a quello del 2015, ma il saldo tra chi prevede diminuzioni e incrementi non è positivo. L’attenzione alla guida dopo il consumo e la relativa paura dell’alcol test, è uno dei motivi principali di questo trend al ribasso”.

“Desidero ringraziare – conclude il presidente Zonin - i milioni di consumatori italiani che continuano a scegliere bollicine tricolori, gratificando le centinaia di migliaia di lavoratori che operano ogni giorno nelle nostre vigne e nelle nostre cantine per regalarci un prodotto diventato simbolo e vanto del made in Italy nel mondo. Il primo brindisi del nuovo anno lo dedicheremo proprio a loro”.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 15:08
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Etichette: Spumante Italiano, Unione Italiana Vini

Il primo territorio di vino

Chianti Classico: il primo territorio di vino

di Gerardo Giorgi

Ancora pochi giorni all'inizio del 2016 che segna il trecentesimo anniversario dall'emendazione del Bando del Granduca Cosimo III che delimitava i confini del territorio di produzione del Chianti Classico. Il Consorzio già da diversi mesi è al lavoro per celebrare con una serie di importanti iniziative questo traguardo storico.

Trecento. Scriverlo fa un certo effetto, celebrarlo inorgoglisce e carica di responsabilità chi ogni giorno lavora con passione e impegno su uno dei marchi del vino più conosciuti al mondo.
Dal 1 gennaio inizia l’anno che segna i nostri 300 anni, da quel 24 settembre 1716, quando il Granduca Cosimo III delimitava il nostro territorio per affermare al mondo che qui si produceva già vino di qualità.

Considerando che le denominazioni moderne e quindi il concetto di riconoscimento e delimitazione di una specifica area per la produzione di uno specifico prodotto si legittimano completamente nel ‘900, pensare che qualcuno 300 anni fa si prese il disturbo di ufficializzare il successo di un particolare connubio uomo-natura-prodotto fa un certo effetto. Non esistono altri territori che possono vantare una Storia simile, non esistono altri vini che possono legarsi a questa storia, se non i “cugini” del Carmignano, Pomino e Rufina, Val d’Arno di Sopra, i cui territori sono compresi anch'essi nel bando di Cosimo III.

In questo mesi abbiamo lavorato su un programma di iniziative che possa rendere merito a un anniversario così importante. Siamo partiti da un’identificazione visuale in grado di sintetizzare i 300 anni del Gallo Nero in un’immagine pulita, immediata e al tempo stesso di forte impatto, che gioca con le due date che segnano il punto di partenza e il momentaneo punto di arrivo del Chianti Classico. Anche il claim che la accompagna esprime con semplicità un concetto enorme, che racconta al mondo come il Chianti Classico sia “Il primo territorio di Vino”.

Per contestualizzare ogni nostra iniziativa del 2016 nell’ambito del trecentenario questo marchio comparirà su tutti i materiali grafici, stampati e virtuali in produzione del 1 gennaio. Sarà protagonista di uno speciale “bollino” che sarà apposto sulle bottiglie di Chianti Classico protagoniste delle nostre manifestazioni e dei contesti direttamente gestiti dal Consorzio o dalla Chianti Classico Company, come l’Enoteca del Mercato Centrale e la Casa Chianti Classico a Radda in Chianti.

Proprio alla Casa di Radda terminerà la tournèe di una particolare mostra/racconto sui 300 anni che vedrà la sua prima uscita all’interno della Stazione Leopolda nell’ambito della prossima Chianti Classico Collection. Un racconto appassionato e appassionante, di facile fruizione, anche grazie alla tecnologia, che spiegherà il contesto in cui nasce il bando e ciò che poi accade e si sviluppa da allora a oggi. La mostra, che sarà ospitata definitivamente all’ultimo piano della “Casa” accanto all’attuale esposizione sul prodotto, sarà “impacchettata” in un particolare cubo e girerà alcune piazze per incontrare il pubblico.

Il percorso di avvicinamento al 24 settembre vedrà anche una tappa crono del Giro d’Italia interamente corsa nel nostro territorio. Un evento fortemente voluto dal CdA del Consorzio per celebrare i 300 anche con la manifestazione tradizionalmente più popolare d’Italia, capace di generare numeri impressionanti con i suoi 1281 media accreditati, 11,8 milioni di spettatori sui percorsi, 171 paesi collegati e un impatto economico per ogni territorio dal passaggio della tappa di 110 milioni di euro tra breve e lungo periodo (fonte ricerca Nielsen 2010).

Per far vivere questa grande storia toscana anche alle nuove generazioni saranno coinvolte le scuole del territorio in un progetto intergenerazionale che si svilupperà intorno alla leggenda del Gallo Nero, mentre l'eccellenza del vino si unirà a quella della moda in eventi che si svilupperanno in collaborazione con i più importanti marchi del fashion nel mese di settembre.

Proprio a settembre, il 24, festeggeremo il giorno della firma del bando in due luoghi della città di Firenze simbolo dell' arte e della cultura, di ieri e di oggi: il salone de' 500 di Palazzo Vecchio, dove all'ombra del Gallo Nero del Vasari racconteremo a un pubblico di stampa e autorità nazionali e internazionali la nostra storia e il Nuovo Teatro dell'Opera che saluterà i 300 con un concerto a noi dedicato.

Ancora pochi giorni e l'intero programma sarà comunicato ufficialmente alla stampa e a tutti i soci.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 11:14
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Etichette: Consorzio Vino Chianti Classico, Eventi Degustazioni, Eventi Vitivinicoltura

mercoledì 23 dicembre 2015

Il 2015 del Gallo Nero

Un Gallo Nero sulla “cresta” dell’onda 
Sergio Zingarelli, presidente del consorzio più antico d'Italia, traccia il bilancio di fine anno in attesa del trecentesimo anniversario del Chianti Classico

Come ogni anno il periodo natalizio è un momento molto importante per fare le dovute valutazioni sulle attività svolte nel corso dell’anno e, perché no, guardare al futuro con la consapevolezza di quello che abbiamo percorso.

Mi fa piacere ricordare, innanzitutto, che veniamo da una vendemmia, a detta di molti esperti, tra le migliori dell’ultimo decennio, se non la migliore! La stagione è iniziata con un inverno vero, più freddo rispetto al 2014, e caratterizzato da abbondanti precipitazioni che hanno reso possibile un risveglio delle viti molto regolare. 

L'estate, poi non poteva essere migliore, calda e con quelle poche precipitazioni che sono arrivate al momento giusto per rinfrescare piante che avevano già nel terreno una ricca riserva d'acqua. Insomma, una vendemmia lunga, senza stress e cadenzata solo dal giusto grado di maturazione delle uve. Tutte le fasi fenologiche (gemmazione, fioritura, allegagione ed invaiatura) sono state perfette. Le buone escursioni termiche giorno-notte prima della vendemmia hanno garantito una integrità del frutto. Si può parlare di un’annata che, più di altre, ha esaltato le caratteristiche del Sangiovese: dai valori in estratto, antociani, polifenoli e profumi varietali di unicità e concentrazione.

Quindi un grazie alla stagione ma anche alla sempre maggiore attenzione, cura e professionalità dei viticoltori che ogni anno si cimentano in prove, sperimentazioni e nuove attività per garantire una qualità sempre più alta dei propri prodotti, non tralasciando l’attenzione all’ambiente: sono infatti in continua crescita le aziende, certificate o meno, che seguono linee di agricoltura sostenibili.

Il 2015 è stato anche un anno di grandi investimenti sui mercati. Su questo fronte ho notato una grandissima attenzione da parte delle aziende socie che sono sempre più presenti in tutto il mondo: ci muoviamo oramai continuamente per incontrare nuovi clienti, consolidare i rapporti già avviati e per continuare quel processo di formazione e educazione dei consumatori che amano accogliere i produttori e sentirsi raccontare le news dal territorio, le storie di famiglia, gli aneddoti, insomma sentirsi anche solo per una serata parte del “team”.

A quasi due anni dall’introduzione della nuova categoria di Chianti Classico, la Gran Selezione, non possiamo nascondere i successi ottenuti sia in termini di comunicazione che di risposta dei mercati.

Oggi possiamo contare su circa 100 aziende che si fregiano della nuova menzione. Allo stesso tempo, mi fa molto piacere constatare come ad ogni nuova masterclass e degustazione le osservazioni o critiche che inizialmente abbiamo ricevuto da parte di qualche esponente del trade o della stampa specializzata, stiano definitivamente scomparendo per lasciare il posto a grandi apprezzamenti: sono orgoglioso di poter affermare che sono sempre di più coloro che sostengono la nuova categoria!

Nel 2015 sono stati confermati ed ampliati i successi della critica internazionale, per la Gran Selezione: è infatti un Chianti Classico Gran Selezione il miglior vino del mondo dell’anno, secondo la graduatoria “The Enthusiast 100” 2015 della celebre rivista americana Wine Enthusiast, come c’è una Gran Selezione fra i “top 3 favorite new releases” nella “Guide to the Best of 2015” di Monica Larner (Parker).

Il lavoro e la fatica dei nostri produttori ha potuto così trovare un’ulteriore gratificazione grazie ad uno strumento in grado di distinguere maggiormente le eccellenze del Gallo Nero.

Tornando al bilancio dell’anno, in linea generale lo “stato di salute” della nostra denominazione fa ben sperare mostrando un incremento delle vendite con un + 8% rispetto al 2014, che di riflesso ha confermato anche un trend positivo del prezzo medio sia delle uve che del vino stesso.

Il 2015 ha visto infine il Gallo Nero protagonista di grandi campagne promozionali in Italia e all’estero; partner o protagonista di eventi mediatici di importanza mondiale in un vero e proprio tour per raccontare al mondo le ultime novità della DOCG. Attività che ripeteremo, a grandi linee, anche nel 2016 anno in cui verrà inoltre celebrato il 300° anniversario della denominazione: sono infatti già passati tre secoli da quando il Granduca Cosimo III de Medici emise un bando proprio per delimitare il territorio di produzione del Chianti, oggi Chianti Classico, affermando al mondo la vocazione di questa area per la produzione di vini di altissima qualità.

Consapevoli dell’importanza di questo traguardo, per il 2016 stiamo lavorando ad un programma di attività di grandissimo rilievo che culminerà in un evento speciale a Firenze il 24 settembre 2016, a 300 anni dalla data di sottoscrizione dello storico bando, e che sarà oggetto di una presentazione specifica alle aziende socie in sede assembleare nel prossimo mese di gennaio.

Ma qualcosa abbiamo già fatto trapelare: per esempio, che in data 15 Maggio, ospiteremo la nona tappa del Giro d’Italia intitolata per la prima volta ad un vino, la Chianti Classico stage, interamente corsa nel nostro territorio.

Allora cosa ci dobbiamo aspettare dal 2016? Forse non sarà un anno facile ma prevedo che sarà molto entusiasmante per tutti i produttori di Chianti Classico che, forti dei risultati ottenuti nel corso dell’ultimo periodo, dovranno puntare a mantenere alta l’attenzione su di un territorio così ricco di storia, tradizioni e splendidi prodotti, i punti di forza del nostro Made in Italy.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 17:41
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Etichette: Consorzio Vino Chianti Classico, Gallo Nero

martedì 22 dicembre 2015

Christmas Beer

Christmas Beer: a Natale si beve birra artigianale
Italiane e internazionali, le Christmas Beer sempre più protagoniste delle festività natalizie 

Con l’arrivo delle festività le tavole diventano protagoniste indiscusse dei nostri giorni e sempre più, negli anni, per accompagnare i luculliani pasti delle festività, al vino e allo spumante si è affiancata la birra artigianale. Il mondo dei birrifici, italiani e stranieri, in questo periodo infatti produce le cosiddette “Christmas Beer”, ovvero delle birre realizzate in occasione del Natale.

Non si parla di un vero e proprio stile ma di birre che sono uniche, perché cambiano di anno in anno. Infatti i mastri birrai, per questa ricorrenza, rivisitano le loro ricette e interpretano così la loro idea del Natale, rendendo i loro prodotti ideali per accompagnare i dolci tipici delle festività o semplicemente allietare e scaldare un dopo cena tra amici.

Oltre che da accompagnamento, le birre di Natale sono sempre più un regalo gradito da lasciare sotto l’albero. Sempre più spesso, infatti, i produttori studiano intriganti confezioni regalo o imbottigliano le loro preziose birre d’occasione in formati “magnum” da un litro e mezzo.

Come dicevamo non si può parlare di “stile” perché le birre di Natale sono tutte diverse fra loro, benché solitamente presentino delle caratteristiche comuni, soprattutto sugli ingredienti utilizzati per aromatizzarle: cannella, spezie, frutta secca, agrumi, frutti rossi e miele spesso la fanno da padrone nella costruzione di queste particolari birre, profumate e corpose. Altro elemento comune è l’elevata gradazione alcolica, che va dai 7 ai 10 gradi.

Ma da dove proviene la tradizione delle Christmas Beer? Il centro di tutto è il Belgio di qualche secolo fa, anche se ogni paese ha una tradizione brassicola in tal senso. In Europa, infatti, ogni nazione interpreta le sue birre di Natale in modo diverso. In origine esse erano prodotte a uso e consumo familiare, poi sono divenute parte della produzione dei birrifici artigianali che, per l’occasione, sfoderano tutte le loro conoscenze e i loro ingredienti più pregiati, a partire dai malti e dai luppoli, con risultati spesso straordinari.

Come orientarsi, dunque, nella vasta offerta di birre di Natale di quest’anno? Lo abbiamo chiesto al Domus Birrae, distributore leader in Italia nel campo della birra artigianale, che ci ha illustrato le varie tipologie presenti nella sua scuderia, adatte ad ogni tipo di gusto. Si va da quelle di ispirazione belga alle affumicate, fino alle birre con sentori di frutta secca o canditi. Ecco, secondo loro, i must da non perdere per questo imminente Natale.

Il Birrificio Lariano propone la Raku, una birra alcolica e leggermente affumicata, con sentori di frutta rossa e agrumi. Per rimanere sempre sul genere anche il Birrificio Rurale ha tra le sue birre la Smoky, una moderna interpretazione delle Rauch Beer tedesche, molto bevibile ed equilibrata.

Gli amanti delle note fruttate tipiche di questo periodo dell’anno non potranno non provare la 25 Dodici di Birra del Borgo, una birra calda e avvolgente contraddistinta da note di frutta secca, uva sultanina e noci, con sentori di caramello, miele di castagno, ciliegia e ribes. La Weizenbock di Rittmayer, invece, ha un potente aroma di frutta matura e sentori di chiodi di garofano, con essenze affumicate e di uva passa. E che ne dite di una birra creata con l’aggiunta del frutto della passione? Parliamo dellaPassion Feber di Brewski, una particolare India Pale Ale dalle note fruttate.

La dolcezza è di casa anche per il Birrificio del Ducato che, per la sua Winterlude, utilizza il luppolo belga di Poperinge. Una birra ad alta fermentazione rifermentata in bottiglia con aromi di frutta sciroppata, zucchero candito, crosta di pane e erba cipollina. Il richiamo al Belgio è seguito anche da Extraomnes con la sua Kerst, una birra ad alta gradazione in stile belga prodotta con l’aggiunta di miele. Il Birrificio di Cagliari, con la sua Santu Miali, propone una Belgian Strong Ale con luppoli Simcoe e Northern Brewer.

E per i più “golosi” la Black Christmas di Toccalmatto ha in sé tutti i gustosi aromi di stagione (arancia dolce, vaniglia, cannella, cacao, cioccolato, caffè e liquirizia), mentre la Toats, realizzata in collaborazione con Stillwater, è probabilmente la prima birra al mondo 100% avena, con aromi di vaniglia, creme caramel e una luppolatura fruttata ed esotica. Sempre di Toccalmatto è la Sturm Und Drang, una birra in cui si esaltano i luppoli nobili tedeschi, che esprimono i loro profumi erbacei grazie a generosi dry hopping.

Tornando al dolce il danese Amager, con la sua Secret Santa, propone una birra di grande corpo con sentori di toffee, caramello, frutti rossi e spezie. La Krampus di Ducato, invece, ha delle note balsamiche e dei richiami alla frutta candita e alle spezie. In tre parole: dolce, calda e piena.

Chi non può fare a meno del gusto deciso del caffè non potrà perdere la King Kegwa di Ghost Brewing, una Imperial Coffee Stout realizzata con chicchi di caffè della regione Kirinyagaô Ngiriambu. AleBrowar, invece, propone la Sweet Cow, una birra nera in stile Sweet Stout morbida e vellutata, con note di caffè e cacao. Sugli stessi aromi è anche La Santa Muerte di Amager, che si arricchisce di sentori di caramello, corposa, avvolgente, nerissima e con una schiuma color cappuccino.

E chi vuole festeggiare queste feste con una birra “sontuosa” non potrà non apprezzare la “barrel aged” del Birrificio Pontino, la versione invecchiata della Hopped Ink. Otto mesi di conservazione in botti di rovere che precedentemente ospitavano Sagrantino e due mesi di maturazione nei fusti per avere una birra che inebria con i suoi aromi di frutti rossi, vaniglia, le note tostate e leggermente vinose.

Non abbandona le note del vino nemmeno Crak con la sua Double IPA da 9% alc. Il suo aroma di uva spina, conferito dal luppolo Nelson Sauvin, si equilibra con le note resinose e di albicocca del Rakau. Fruttata all’inizio, ma con un amaro tagliente e un finale secco che lascia il segno!

La birra artigianale, dunque, entra a pieno titolo nella lista della spesa dei pranzi e delle cene natalizie, ma anche nella wishlist dei regali più graditi. Una tradizione, quella delle festività, che evolve anche in base al panorama brassicolo di qualità, nazionale e internazionale, sempre più vivo e attento al mondo che lo circonda.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 15:12
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Etichette: Birra Artigianale

lunedì 21 dicembre 2015

Streetfood

Cibo di strada: due milioni di “Streetfoodies” scelgono quello con la tendina
Un bilancio da record per Streetfood, la prima associazione a promuovere il settore

Quasi 30 eventi, centinaia di concerti, milioni di persone raggiunte in tutta Italia. Lo Streetfood Tour dà i numeri e già si prepara al programma del 2016. Ricciarini (presidente Streetfood): «Un settore che può far da traino all’economia delle città».

Quasi due milioni di persone appassionate di cibo di strada nelle 28 tappe dello Streetfood Tour, il giro d’Italia del cibo di strada promosso anche nel 2015 dall’Associazione nazionale Streetfood, la prima in Italia che dal 2004 si occupa di promuovere la cultura e la tradizione del vero cibo di strada italiano. Numeri impressionanti che fanno da sfondo al successo di un anno di iniziative ed eventi organizzati dal nord al sud dello Stivale. Da Belluno a Foggia, passando per Arezzo, Perugia e Pescara. Non solo grandi centri cittadini, ma anche piccoli borghi e città di provincia che hanno scelto l’offerta dell’associazione Streetfood per animare i fine settimana dell’anno. 

«Un successo quello del 2015 che premia il lavoro che portiamo avanti come associazione ormai da oltre un decennio – spiega il Presidente e fondatore di Streetfood, Massimiliano Ricciarini – e che proprio con il 2016 ci vedrà ancora impegnati in Italia, ma non solo, per la promozione di territori, tradizioni, culture e naturalmente i cibi di strada che li rappresentano».

I numeri del 2015. Negli eventi di quest’anno, 28 come detto, l’ultimo a Belluno, sono state raggiunte in tutta Italia quasi due milioni di persone che hanno consumato oltre 1 tonnellata di fritto di pesce e 600 quintali tra patate fritte tradizionali e tipo “tornado”. 

Oltre 50 mila piadine, poi ancora 100 mila arancine, 800 kg di Pane ca’ Meusa, 500 kg di panelle. Oltre una tonnellata di paella spagnola, 60 quintali di carne argentina e 40 quintali di lampredotto. Dalla Puglia sono arrivati più di 70 quintali di bombette e 600 sono i kg di lime per i cocktail “on the road”. Dall’Abruzzo 120 mila arrosticini e dalla Toscana 600 kg di carne Chianina per hamburger. 

Un successo non solo per gli organizzatori degli eventi, ma da condividere con gli operatori economici del settore e le realtà territoriali che hanno creduto in questo progetto. Anche decine di eventi collaterali, momenti di confronto e convegni, un concorso dedicato alla stampa nazionale e decine di concerti che hanno fatto da sfondo alle varie tappe.

Progetti per il 2016. Da marzo ripartirà ufficialmente lo Streetfood Tour, che già ha un programma ben delineato che sarà presentato ad anno nuovo. Non solo le conferme di città che già hanno partecipato quest’anno al tour, ma anche la richiesta di nuove realtà in Italia che hanno scelto il cibo di strada con la tendina, quello garantito dall’associazione, per animare piazze e strade. Non è finita qui. 

L’associazione Streetfood, infatti, è stata scelta dal CNCC (Comitato Nazionale dei Centri Commerciali) come partner principale nelle attività che l’Associazione Time to Move gestirà in tutta Italia ed anche all’estero attraverso il progetto "Oui Chef". Un marchio registrato che rappresenta un nuovo format del cibo di strada per i parchi commerciali. L’idea è quella di integrare l’offerta commerciale dei Centri attraverso la presenza di apecar e truckfood selezionati che diventino ambasciatori di una cultura del buon cibo raccontando una storia ed una tradizione tutta italiana all’insegna del mangiare sano.

«Vogliamo sottolineare che la nostra realtà si distingue da tutte le altre, nate sull’onda positiva di questi ultimi anni,– spiega Ricciarini – soprattutto perché si pone come obiettivo principale quello di far conoscere al consumatore il cibo di strada. Un cibo vero e genuino, preparato da persone abili nel loro mestiere che con il lavoro di ogni giorno hanno dato vita ad un racconto fatto di ricette tipiche regionali».

L’associazione nazionale Streetfood nata nel 2004 è stato il primo progetto in Italia a promuovere il cibo come cultura e il cibo di strada come format vincente in quanto “riassume in un cartoccio” storia e tradizioni di ogni regione d’Italia da scoprire e gustare con le mani. Informazioni su cultura ed eventi Streetfood disponibili sul sito www.streetfood.it e sui Social Network Facebook e Twitter collegati.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 12:58
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Etichette: Street Food

Agriturismo in Fiera 2016

Agriturismo in Fiera: arriva la quarta edizione della rassegna dedicata alle aziende agrituristiche italiane
A Milano il 24 e il 25 gennaio 2016 tra prodotti tipici, laboratori e spettacoli musicali 
I 5 milioni di agrituristi valgono oltre un miliardo di euro. Hanno tra i 35 e i 65 anni, sono sposati e amano la buona cucina e l’ospitalità familiare. In Italia sono presenti oltre 21 mila agriturismi (21744), il 4,1% in più rispetto al 2013. Il 61% degli agrituristi italiani dichiara di aver sentito l’influenza negativa sulle loro vacanze, contro il 68% del 2014. La regione italiana più ambita la Toscana


In Italia gli agrituristi valgono più di un miliardo di euro, sono oltre 5 milioni e la maggior parte di loro sceglie la struttura per l’ospitalità familiare (45,2%) e la buona cucina (24,2%). L’agriturista tipo ha tra i 35 e i 65 anni, è sposato (l’87%) e parte o in coppia o in famiglia (il 75,8% ha uno o più figli). In Italia oggi sono presenti oltre 21 mila agriturismi (21744), il 4,1% in più rispetto al 2013.

I dati sono forniti da Agriturismo.it, dalla ricerca di Nextplora e dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo.

L’agriturista cosa cerca? Ama rilassarsi e degustare i prodotti tipici ma allo stesso tempo visitare attrazioni naturalistiche o storiche nei dintorni. Tre milioni e 500 mila hanno soggiornato negli ultimi 12 mesi e tra questi, dato importante, l’86% si ritiene soddisfatto e vuole ripetere l’esperienza.

La regione italiana più ambita sia per l’italiano che per lo straniero rimane la Toscana con il 54%, seguita dall’Umbria con il 34%, poi troviamo il Veneto e la Sicilia con il 20% e il Friuli Venezia Giulia con il 14%.

L’87% degli agrituristi provengono dall’Europa, tra cui il 35% dalla Germania, il 12% dal Belgio e dall’Olanda e l’8% dal Regno Unito.

Dato certo è che l’italiano ama molto viaggiare in Italia scegliendo una vacanza sicura, vicino casa, in una zona tranquilla tra il mare, la montagna, la collina alla ricerca della sobrietà e della tranquillità.

Per quanto riguarda la crisi, il 61% degli agrituristi italiani dichiara di aver sentito l’influenza negativa sulle loro vacanze, contro il 68% del 2014.

Tutt’altro scenario per gli agrituristi stranieri: ben l’80% dichiara che la crisi non ha inciso in alcun modo sulle loro vacanze.

Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo 2015, tra gli strumenti digitali più usati per poter scegliere la vacanza giusta, si trovano le recensioni, i commenti letti online e gli articoli specializzati in viaggi.

Per quanto riguarda l’ispirazione offline invece sono molto influenti i consigli di amici e parenti e la nostalgia delle vacanze passate.

E’ su questi dati che sta per aprire i battenti la quarta edizione di Agriturismoinfiera, la rassegna dedicata alle aziende agrituristiche italiane che si terrà a Milano il 24 e il 25 gennaio 2016 presso il Parco delle Esposizioni di Novegro.

Oltre 300 strutture provenienti da tutte le regioni si raduneranno per mettere in mostra la propria offerta, e non si tratterà solo di ricezione turistica ma si assaporerà la campagna con tutti i suoi sapori e profumi. Oltre alle attività ludo-didattiche per i giovani visitatori sono previste vere e proprie full immersion nel mondo della vita a tutto green.

Per i più grandi l’imperdibile opportunità di trascorrere giornate immersi interamente nella natura, di assaggiare e acquistare i prodotti tipici regionali, scoprire segreti e bellezze delle terre del nostro territorio. Il tutto tra cucina, sapori tradizionali e tanto divertimento.

Agriturismoinfiera è un’opportunità da non perdere per tutta la famiglia, conoscere e scegliere il soggiorno giusto per chi vuole staccare dalla vita frenetica della città e calarsi nella tranquillità di casolari circondati dal verde delle regioni più belle d’Italia.

L’esperienza di vivere due giorni in campagna: un tuffo nella vita semplice a contatto con la natura, circondati da terra fertile che aspetta solo di essere seminata, frutta da cogliere, odori e sapori genuini dei cibi fatti in casa, suoni così diversi da quelli cittadini. Un rapporto diverso e “vero” anche con gli animali che vanno nutriti, curati, accuditi e scegliere direttamente i servizi di oltre 300 agriturismi per poter così pianificare la prossima vacanza.

Scopo della manifestazione è quello di valorizzare il territorio nazionale, le strutture agrituristiche ad esso connesse e il rapporto con l'ambiente e la natura. I proprietari degli agriturismi che espongono possono trasmettere di persona ai visitatori l'amore e la passione che impegnano nel curare le loro strutture e invitarli a trascorrere una vacanza presso il loro agriturismo.

L’ingresso alla fiera - sabato 23 e domenica 24 gennaio ore 10-19 è a pagamento - Prevendita on line € 6 - Scaricando il Buono Sconto dal sito Internet € 7 – Prezzo intero € 10.

www.agriturismoinfiera.it. L’ingresso è gratuito per i bambini da 0 a 10 anni.

Per informazioni è possibile telefonare al numero 393.2841365, visionare il sito www.agriturismoinfiera.it o la pagina ufficialewww.facebook.com/Agriturismoinfiera
Pubblicato da Alberto Grasso alle 10:14
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Etichette: Agriturismo, Eventi

venerdì 18 dicembre 2015

Esportazioni di vino in Cina

Esportazioni di vino in Cina: occhio all’estratto secco netto
I vini con basso “estratto secco netto” non vengono accettati. Il caso del vino australiano

“Estratto secco netto” è una delle ultime e poco familiari espressioni che sta passando di  bocca in bocca tra tutti coloro interessati ad esportare vino in Cina. Tutto ha avuto inizio lo scorso anno, quando in un recente rapporto dell'edizione cinese del magazine Decanter, si è avuto modo di apprendere quanto questo “oscuro” parametro sia la causa principale di vino rifiutato dalle autorità cinesi.

La Cina applica valori minimi standard per questo parametro, che ricordiamo si ottiene dalla sottrazione dello zucchero riducente da quello dell’estratto secco totale e che nei vini bianchi deve rispettare un minimo di 16 g/L; 17 g/L per i rossi; 18 g/L per quelli rosati. Questo parzialmente spiega per cui il vino australiano viene rifiutato. Ed il problema diventa sicuramente più apparente per i vini dolci.

Estratto secco totale e estratto secco netto

L’estratto secco totale serve a determinare le sostanze non volatili del vino (acidi fissi, sali, polifenoli, glicerina, pectine, zuccheri ecc.), cioè da quelle sostanze che restano dopo aver allontanato dal vino tutte le sostanze volatili (acqua, alcol e acido acetico…), mediante riscaldamento a 100°C. Per i vini da pasto deve aggirarsi intorno ai 17-28 g/L. Valori minori indicano annacquamento.

L’estratto secco netto invece serve a valutare la quantità di zuccheri residui la cui concentrazione deve essere bassa (1-2 %) nei vini secchi, intermedia (0.5 – 5 %) nei vini non completamente fermentati, elevata nei vini liquorosi (> 10 %) ed è costituito dal complesso delle sostanze non volatili del vino (acidi fissi, sali, polifenoli, glicerina, pectine, ecc.) al netto degli zuccheri riduttori che vengono considerati come alcol potenziale.

L’estratto secco netto è legato al tipo di vino e alla tecnica di vinificazione ed è uno dei parametri previsti dai Disciplinari di Produzione dei vini D.O.C e D.O.C.G. Il suo valore numerico fa parte degli elementi di giudizio della genuinità di un vino e rappresenta una preziosa indagine per la certificazione.

Il metodo di prova utilizzato in Australia come anche in Europa è quello normalmente disposto dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), un metodo accettato a livello internazionale ed a lungo richiesto nei certificati di analisi per l’esportazione di vino sfuso verso l'Europa e il Giappone.

L’estratto secco netto è determinato applicando una modifica nel metodo per ricavare l’estratto secco totale ed è dato dalla quantità di estratto rimasto quando il contenuto di tutti gli zuccheri, (compreso il saccarosio), vengono sottratti dall’estratto secco totale. Esso viene definito nel metodo di prova OIV come la "differenza tra l'estratto secco totale e gli zuccheri totali".

Perché l’estratto secco netto è così importante per le autorità cinesi?

Un valore basso di questo parametro per le autorità cinesi significa aver aggiunto acqua nel vino. Questa limitazione nasce dalla vecchia pratica, da parte degli enologi cinesi, di aggiungere acqua nella produzione del cosiddetto vino “Half Juiced”. Quello che si otteneva era un vino praticamente adulterato, prodotto con una tecnica utilizzata da molto tempo in Cina; serviva a commercializzare un vino a basso tenore alcolico, a cui appunto veniva aggiunta acqua prima dell'imbottigliamento. 

L’Half Juiced  è stato un prodotto molto popolare fino al 2004 quando fu poi definitivamente vietato.
Sfortunatamente, per determinare l'estratto secco netto, le autorità cinesi applicano ancora gli stessi parametri anche per il vino importato, parametri che sono in larga parte mutuati da quelli introdotti per la prima volta dai paesi europei. 

Secondo alcune fonti infatti, l’estratto secco netto era un parametro storicamente usato in Europa per rilevare se un vino era stato adulterato con acqua, ma anche con materiali di diversa natura in esso disciolti. All’epoca si utilizzavano però dei valori empirici, elaborati in piccoli distretti con le stesse varietà di vitigno e con pratiche enologiche molto simili, sia in termini di qualità che di prodotto.

Oggi ovviamente questi parametri non sono più validi, i limiti utilizzati oggi dai cinesi di 16, 17 e 18 g/L  per bianchi, rosati e rossi, rispettivamente, non possono più essere presi in considerazione, in quanto i vini importati provengono dai più diversi Paesi del mondo, ognuno con una sua espressione ed inoltre utilizzando tecniche di vinificazione che non rispecchiano quelle in voga, anni orsono, nel vecchio continente.

Come viene misurato l’estratto secco netto

Il metodo originale prevede il versamento di una quantità nota di vino su una carta da filtro, si lascia evaporare in condizioni impostate di temperatura, tempo e pressione, e successivamente viene misurato l'aumento di peso della carta da filtro asciutta, i risultati vengono espressi in grammi per litro (g/L).

L'ultima versione del metodo (OIV), a partire dal 2009, misura il contenuto di alcol e la densità e quindi viene eseguito un calcolo. Per ottenere l'estratto secco netto, il tenore totale di zucchero viene sottratto dal totale dell’estratto secco totale.

Per citare il metodo:

"Estratto secco netto = estratto secco totale - zuccheri riduttori (glucosio + fruttosio) - saccarosio"

Ma un paio di problemi nascono da queste metodologie. Il test utilizzato per gli zuccheri riducenti non è ancora stato definito proprio perché può essere determinato in diversi modi e con diversi livelli di precisione.

Quindi, se il metodo per lo zucchero riducente utilizzato in Cina è il vecchio Rebelein o il Lane e Eynon, piuttosto che quello più accurato e comunemente usato mediante analisi enzimatica in Australia (glucosio+fruttosio), la differenza tra i due risultati può arrivare a 1-2 g/L. 

Il test per lo zucchero riducente darà così un risultato superiore, portando ad un minor estratto secco netto. Come si può dedurre, confrontando i risultati dei test australiani con quelli delle autorità cinesi, ci possono essere differenze nel livello di estratto secco netto per il medesimo vino.

Quali passi deve intraprendere un esportatore?

La raccomandazione, secondo Greg Howell, esperto analista di Vintessential Laboratories in Australia, è che gli esportatori di vino australiani, in primo luogo, facciano in modo di misurare l’estratto secco netto prima di inviare il loro vino in Cina.

In secondo luogo, si devono assicurare che il laboratorio utilizzi metodi di prova idonei ad essere comparati con quelli cinesi.

Infine, proprio per queste potenziali discrepanze tra le due pratiche di test effettuate nei laboratori vino australiano rispetto a quelle dei laboratori cinesi, sarebbe saggio tenersi dentro un margine di sicurezza del parametro e pensare bene prima se esportare un vino nel caso in cui si ottenesse un risultato molto vicino ai limiti imposti in Cina.

Uno screening per il vino destinato in Cina

Proprio a causa dei recenti problemi legati al rifiuto di vino australiano da parte delle autorità cinesi, Vintessential Laboratories ha implementato la sua offerta di analisi con una serie di test simili a quelli che vengono effettuati in Cina. 

Greg Howell, fa notare che questi test non sono richiesti sul certificato di esportazione. Sono solo alcuni test che si sa per certo vengono utilizzati dalle autorità cinesi allo scopo di controllare se il vino rientra nei limiti da loro stabiliti ed inoltre raccomanda ai suoi clienti che intendono esportare il loro vino in Cina, di ottenere i risultati di questo pacchetto di screening prima di andare avanti con ulteriori test al fine di ottenere il certificato di analisi per l’esportazione.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 18:23
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Etichette: Export

EXPORT DI VINO ITALIANO 2015

EXPORT DI VINO ITALIANO 2015 A 5,4 MILIARDI DI EURO, +6% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE
Wine Monitor stima una chiusura 2015 per l’ export di vino in crescita di circa il 6%, arrivando al record storico di 5,4 miliardi di euro contro i 5,1 dell’anno precedente. Aumentano soprattutto gli sparkling, tengono i vini fermi imbottigliati, calano gli sfusi

Le stime Wine Monitor sull’export di vino italiano per il 2015 evidenziano una crescita nei valori di circa il 6%, permettendo in tal modo di arrivare a chiudere l’anno con un nuovo record: 5,4 miliardi di euro contro i 5,1 dell’anno passato.

Un sostegno non indifferente arriva anche dal rafforzamento del dollaro e della sterlina inglese che hanno così permesso ai nostri produttori non solo di essere più competitivi sui due principali mercati mondiali di importazione, ma anche di garantirsi una plusvalenza dal tasso di cambio.

Per quanto riguarda invece le quantità, anche in ragione di una minor disponibilità di prodotto (la vendemmia 2014 non è stata tra le più generose degli ultimi tempi), i volumi di vino esportati nel 2015 risultano inferiori a quelli dell’anno precedente, attestandosi poco sopra ai 20 milioni di ettolitri.

“La crescita nell’export di quest’anno risulta trainata soprattutto dagli spumanti”, afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma, “le cui vendite oltre frontiera aumentano sia sul fronte dei valori che dei volumi per oltre il 10 %. Sottotono invece l’esportazione dei vini fermi
imbottigliati – che continuano comunque a rappresentare più del 75% dell’export totale – mentre risulta in netto calo quella dello sfuso”.

La riduzione delle vendite all’estero dei vini sfusi non è solo il risultato di una minor disponibilità di prodotto, ma anche di un continuo pressing competitivo portato avanti dalla Spagna che anche nel 2015 ha incrementato l’export di questa tipologia di oltre il 10% in volume ma a fronte di prezzi più bassi di un analogo 10%. Ormai più di un litro su tre di vino sfuso commercializzato nel mondo è di origine spagnola.

Tornando invece agli sparkling, “continua il momento d’oro del Prosecco che fa segnare nuovi record d’esportazione nel mercato nordamericano (USA e Canada), inglese , svizzero e scandinavo (Svezia e
Norvegia in particolare), mentre al contrario il 2015 non sarà annoverato tra gli anni migliori per quanto riguarda l’export dell’Asti”, sottolinea Pantini.

A livello generale, il grande “malato” tra i principali mercati di importazione continua ad essere la Russia. Dopo il calo registrato nel 2014 (-6% nei valori), quest’anno la battuta d’arresto è pari a circa un 30%, un crollo che ha interessato in maniera analoga anche i nostri vini. Il permanere del prezzo del petrolio e del gas ai minimi storici (principali fonti di ricchezza del paese, le cui esportazioni pesano per quasi il 20% del PIL) non lasciano ben sperare per una ripresa a breve degli acquisti di vino dall'estero in questo mercato.

All'opposto, il 2015 ha visto il recupero del mercato cinese. Pur a fronte di un rallentamento economico, le importazioni di vino in questo paese vengono stimate per quest’anno attorno a 1,8 miliardi di euro, sottendendo una crescita superiore al 50% e facendo così della Cina il quarto mercato mondiale per valore dell’import di vino, dopo Stati Uniti, Regno Unito e Germania (nel 2014 occupava il sesto posto, dopo anche Canada e Giappone). 

L’Italia però non sembra sfruttare appieno l’onda lunga di questo recupero: il nostro export aumenta “solamente” di circa il 15%, contro percentuali comprese tra il 60% e il 120% messe a segno dai vini dei diretti competitor (Francia, Cile e Australia).
Pubblicato da Alberto Grasso alle 11:21
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Etichette: Export

giovedì 17 dicembre 2015

Il vino dei Monaci Benedettini

Rinasce il vino dei Monaci Benedettini di Camaldoli
L'identità di questo antico vino rosso risalente al XIII secolo, è stata ricostruita dai ricercatori del Crea: ritrovate e recuperate 21 varietà autoctone

Sarà presentato ufficialmente nel 2016 il vino che bevevano i monaci benedettini del XIII secolo nel noto Monastero di Camaldoli, in provincia di Arezzo. A ricostruirne l'identità è l'Unità di ricerca per la Viticoltura del Crea, che ha condotto un'indagine bibliografica e di campagna per riprodurre il vino con le varietà di vite e le tecnologie impiegate storicamente mille anni fa. Le prime anticipazioni evidenziano un prodotto complesso, dal colore rosso intenso...

Le antiche costituzioni dei Camaldolesi, prescrivevano che i monaci coltivassero la terra, accanto alla cura per la preghiera e la contemplazione. «Come sapore e colore assomiglia ad un vecchio Chianti molto strutturato di 13,5 gradi», spiega Paolo Storchi direttore Crea viticoltura Arezzo, dando le prime anticipazioni dell’antico vino che verrà prodotto in poche bottiglie probabilmente in edizione limitata e numerata. 

Si tratta di un prodotto complesso, dal colore rosso intenso e dalle caratteristiche aromatiche molto particolari, spiega il ricercatore che, con la sua equipe nella prima fase del lavoro ha individuato e recuperato 21 varietà autoctone ancora presenti in piccoli vigneti ‘relitto’ della valle del Casentino su una superficie totale di appena 5 mila metri quadrati.

Successivamente è stato creato un vigneto nell’azienda agricola del Monastero nel 2012, a mille anni dalla fondazione della Comunità da parte di San Romualdo, e riprodotto un vino seguendo sia le ricette sia le pratiche enologiche in uso in epoca medioevale; e quindi lunga fermentazione con lieviti autoctoni dell’uva, utilizzo di un tino di legno aperto, rifermentazione con granella di uva appassita e successivamente una maturazione per 18 mesi in una grande botte di rovere. 

Le tecnologie più moderne, spiega il ricercatore, sono state usate esclusivamente per le analisi chimiche relative al monitoraggio della fermentazione e della successiva maturazione dei vino, in particolare per controllare l’evoluzione dei composti polifenolici e antiossidanti presenti fin dall’inizio in elevata quantità, grazie soprattutto all’apporto di uno specifico vitigno recuperato dal germoplasma locale. 

Nella primavera 2016, annuncia il Crea, il vino verrà presentato ufficialmente richiamando l’antica tradizione produttiva di un territorio dove la pratica agricola è da sempre parte integrante delle attività del Monastero.

L'Unità di ricerca per la Viticoltura nasce ad Arezzo nel 1908 come “Regia Cantina Sperimentale”, collegata alla Cattedra ambulante di agricoltura, con il compito di effettuare ricerche in campo enologico ed eseguire analisi di mosti e vini per conto di Enti pubblici e privati.

Nel 1936 si trasforma in “Istituto Enologico Toscano”, vigilato dal Ministero dell’Agricoltura con la partecipazione degli Enti locali, ed opera senza sostanziali variazioni nel suo assetto istituzionale fino al 1968, quando, entra a fare parte della rete degli Istituti Sperimentali del Ministero dell’Agricoltura e Foreste. Diviene così Sezione operativa periferica dell'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano. Dal 2004 la Struttura è inserita nella rete scientifica del C.R.A. ed ha assunto la denominazione attuale di Unità di ricerca per la Viticoltura, CRA-VIC.

In passato la Cantina Sperimentale, sotto la direzione di studiosi illustri come Giuseppe De Astis e Trofimo Paulsen, ha svolto importanti attività di studio dei vitigni, di sperimentazione delle tecniche e dei prodotti enologici, di promozione del comparto vitivinicolo.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 20:32
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Etichette: Vino&Scienza

martedì 15 dicembre 2015

Guide: Radici del Sud 2016, il meglio dell'enogastronomia pugliese

Radici Wines, Restaurants e Pizzerias
Presentate le guide enogastronomiche di Radici del Sud 2016 e il nuovo progetto di educazione alimentare. I premiati

Sono state presentate al Convivium Sancti Nicolai di Bitonto (Bari) le attese nuove edizioni di Radici Wines, Restaurants e Pizzerias, ovvero l’attuale e completa panoramica della ristorazione pugliese e dell’enologia autoctona del Sud Italia. 

La guida Radici Wines è dedicata alle 75 etichette di vino che hanno conquistato nella scorsa edizione del Salone del Vino da Vitigno Autoctono Meridionale gli ambìti riconoscimenti nelle varie categorie esaminate. Nelle guide Radici Restaurants e Radici Pizzerias è stato preso in considerazione il top dei 109 ristoranti e le 91 pizzerie della Puglia. Interessanti sono le nuove attività aggiunte che confermano le incoraggianti prospettive della gastronomia pugliese.

Ma l’attività di Radici, l’evento che celebra e premia gli straordinari vini del sud Italia (Bari dal 7 al 13 giugno 2016) non si esaurisce nella ricerca e promozione dei migliori sapori della Puglia. Oggi, infatti, Radici dà avvio a un progetto ambizioso e importante, attraverso il quale gli operatori di settore si propongono come educatori alimentari. Come dice Nicola Campanile, l’ideatore di ogni iniziativa di Radici: “Il filo conduttore del progetto, ossia l’alimentazione concepita come terapia di benessere e di prevenzione delle malattie, non è affatto incompatibile con la ristorazione d’avanguardia che utilizza prodotti di qualità e principi salutari”.

Antonio Moschetta, ricercatore ed esperto di patologie metaboliche e infiammatori ha ribadito come in una proposta gastronomica salutare possano far parte anche il gusto, il profumo e il piacere della buona tavola. Ha anche individuato nella figura dello chef l’educatore alimentare”.

Pippo Amoruso, dietologo specialista in scienze dell'alimentazione ha parlato del cibo come mezzo primario per apportare al corpo gli elementi necessari per la nostra salute, specificando che questo si verifica solo se provengono da alimenti animali e vegetali sani e inseriti in un ecosistema equilibrato e sostenibile. “Il cibo, tuttavia - ha tenuto a precisare Amoruso - “non è solo nutrimento del corpo, ma anche dell'anima, in quanto crea emozioni, favorisce la convivialità e si trasforma in tradizione e cultura, diventando arte nelle mani degli chef”.

Felice Ungaro, direttore dell’Area Emergenza e Governo Clinico dell’Ares, è intervenuto per mostrare il pieno appoggio al progetto di Radici poiché rispecchia fedelmente l’orientamento della politica sulla salute intrapresa in Puglia e si è fatto portavoce del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che segue tali iniziative con estremo interesse e attenzione.

In serata l'evento si è spostato nell’attiguo Ristorante il Patriarca, presente sia nella guida Restaurants che nella guida Pizzerias e premiato tra le “Pizzerie dell’Anno”, dove i convenuti, operatori di settore, giornalisti e il pubblico degli appassionati, hanno degustato i vini vincitori a Radici del Sud 2015 insieme ad alcune squisite specialità gastronomiche proposte per l’occasione dagli chef premiati nelle guide.

Il calendario delle prossime attività di Radici sarà presto reso noto e come di consueto accompagnerà gli appassionati della buona tavola e del buon bere fino a giugno, all’undicesima Salone del Vino da Vitigno Autoctono meridionale, attraverso diversi itineranti eventi di approfondimento enogastronomico.

I PREMIATI

Chef dell’anno 
Antonio Bufi del ristorante Le Giare - Bari

Enoteca con cucina e bistrot dell’anno
Caffè 900 - Bitetto

Maìtre dell’anno 
Giandomenico Ruggiero del ristorante Pashà - Conversano

Novità dell’anno 
Al Primo Piano - Foggia

Ristorante dell’anno 
Aqua fish&more Le Dune - Porto Cesareo

Ristorante Tipico dell’anno 
Botteghe Antiche - Putignano.

Pizza dell’anno
Agriorsara – Orsara di Puglia
All’Ombra del Castello – Gioia del Colle
Borgo Antico – Vieste
Borgo Vecchio – Miggiano
Da Massimo - Foggia
Fiore di Pizza – Lecce
Gran Caffè – Locorotondo
Lu Riale – Matino
Pizzeria Mauro - Cutrofiano Da Brigida – Foggia
Pomodoro e Basilico – Martina Franca
Premiata Pizzeria - Putignano

Pizzeria dell’anno
Doppio zero - Cisternino
Il Patriarca - Bitonto
Il Vecchio Gazebo – Molfetta
La Baresana – Bari
La Campagnola - Bitritto
Le vecchie cantine – Taranto
Soip Amaur - Andria
Pubblicato da Alberto Grasso alle 16:56
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Etichette: Guide Enogastronomiche

Vino&Archeologia

Il vino ai tempi di Cristo
Scienziati israeliani stanno cercando di ricreare il vino di Gesù salvando un tipo di uva conosciuta come “Dabouki”

Un team di ricercatori israeliani guidati da Elyashiv Drori dell'Università di Ariel in Cisgiordania, sono attualmente impegnati in uno studio per riprodurre un vino identico a quello esistito ai tempi di Gesù e Re Salomone.

Secondo padre Daniel Kendall, professore di studi cattolici a San Francisco e Patrick McGovern, professore di antropologia all'Università della Pennsylvania, sino ad oggi non si sapeva molto circa le varietà di uve coltivate a al tempo di Gesù Cristo. Sean Myles, ricercatore di genetica agraria dell'università della Nova Scotiae, afferma che sono solo 1000 anni che si hanno testimonianze scritte di alcune varietà di uva allora esistenti. Quello che pare certo però è che già all'epoca dell'Ultima Cena in Terra Santa si produceva vino e probabilmente sin dal 4000 avanti Cristo. Le vigne crescevano lungo le rocciose colline della zona, le tinozze per pigiare l'uva erano ricavate dalle rocce ed il vino veniva poi conservato in vasi di creta.

La ricerca si è avvalsa dell'utilizzo di vecchi vinaccioli estratti proprio dai frammenti di questi vasi vinari, ritrovati tra le rovine dei templi ebrei nel corso della storia; in base a test genetici, gli scienziati hanno provveduto ad estrarre il materiale genetico necessario ad essere trasferito su varietà di uve esistenti israeliane in modo di realizzare una replica esatta di quelle che venivano utilizzate nella produzione di vino a quell'epoca.

Dal 2011, i ricercatori sono stati in grado di identificare 120 varietà di uve che crescevano in Israele, 20 delle quali sono state ritenute idonee per la produzione del vino.

Lo scorso 18 ottobre lo stesso team di studiosi ha presentato a Milano nell’ambito di Expo 2015 una loro ultima realizzazione: 2.480 bottiglie di vino bianco ottenuto da uve Marawi, una varietà antica israeliana considerata ormai estinta e che suppongo, in quanto vitigno a bacca bianca, sia frutto di innesti successivi in quanto la vite coltivata nella Palestina del tempo biblico doveva essere un vitigno piuttosto forte, resistente alla siccità e molto simile alla vite selvatica. Secondo gli scienziati, questo vitigno è stato coltivato a est di Betlemme intorno all'anno 220 dC.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 13:54
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Etichette: Vino&Scienza

A Roma i Rosati d’Italia

Rosati d’Italia: premiazione del 4° Concorso Enologico nazionale dei Vini Rosati d’Italia
Banchi d’assaggio dalle ore 16 alle 21 presso l’Hotel Rome Cavalieri - via Alberto Cadlolo, 101 Lunedì 21 Dicembre 2015 

Rosa per un giorno, così si “tingeranno” Roma e la sede nazionale di Fondazione Italiana Sommelier nell’ospitare, all’interno delle splendide sale dell’Hotel Rome Cavalieri, la Premiazione del 4° Concorso Nazionale dei Vini Rosati d’Italia, un’attività del progetto “Apulia Felix in masseria - Il Tratturo dell’olio e del Rosato” svoltosi il 19 e il 20 settembre scorsi a Bari.

L’evento sarà caratterizzato da un grande spettacolo canoro con Fede e Tinto, di Decanter Radio 2, che condurranno uno speciale programma fino al momento della premiazione.

Tanti i vini in degustazione - più di 250 etichette di oltre 200 cantine - capaci di dare forma a un percorso unico per la tipologia, da nord a sud, lungo tutto lo Stivale, con un obiettivo semplice e chiaro: valorizzare le migliori produzioni nazionali di vini rosati e favorirne la conoscenza e la diffusione.

Nato per iniziativa della Regione Puglia, dell'Accademia Italiana della Vite e del Vino, di Assoenologi nazionale e di Unionecamere Puglia, il Concorso Enologico Nazionale Rosati d'Italia intende valorizzare il mercato italiano del rosato, che negli ultimi anni sta registrando una costante e significativa crescita.

L’Italia è il quinto Paese al mondo per consumo di rosati, tipologia comunque dalla domanda in espansione, variabile che dovrebbe essere occupata principalmente se non in maniera assoluta dai prodotti nazionali. Secondo uno studio francese, la domanda dei rosati subisce una forte stagionalità: tra primavera ed estate si consuma quasi il 70% della produzione. Oggi, nel mondo, i vini rosati rappresentano più del 9% dello stock enoico di cui il principale produttore rimane la Francia, seguita da Italia, Stati Uniti, Spagna e Germania. La Francia è anche il principale Paese consumatore (34% della produzione mondiale), seguita da Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Italia, solo quinta (5%), nonostante ne sia il secondo produttore. L’Italia quindi, sul versante rosato, è soprattutto un Paese esportatore, in 10 anni infatti, ha incrementato la sua quota export dal 26% al 40%.

È ora quindi di far crescere i consumi interni, grazie anche ad eventi unici come questo, che propongono l’intera filiera a portata di calice e contribuiscono al definitivo tramonto dell’idea del rosato quale Cenerentola del vino.

Ingresso libero - I Soci di Fondazione Italiana Sommelier possono essere accompagnati da loro amici e clienti - Bicchieri Riedel a disposizione in Sala. Non è necessaria alcuna prenotazione.
Pubblicato da Alberto Grasso alle 10:24
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Etichette: Eventi Degustazioni

Corsi di Specializzazione. Gestione SO2

NUOVO CORSO ICV. RIDURRE LE DOSI DI SO2 IN VINIFICAZIONE E AFFINAMENTO
Nizza Monferrato (AT), Bussolengo (VR), San Michele a/Adige (TN), Faenza (RA), Poggibonsi (SI)

Negli ultimi anni si assiste ad un progressivo aumento dell’attenzione rivolta dai consumatori, e di riflesso da parte dei produttori, verso gli aspetti “salutistici” del vino: sia sul fronte dei possibili benefici che su quello dei potenziali rischi e tra le sostanze messe maggiormente in discussione troviamo innanzitutto l’anidride solforosa.

L'SO2 è un additivo particolarmente versatile ma non inerte dal punto di vista tossicologico, in particolare da quando la legislazione prevede di evidenziarne la presenza in etichetta ogni volta che il contenuto nel vino supera 10 mg/L espressi come SO2 totale.

Il corso proposto, grazie all’esperienza sul campo dei consulenti ICV, affiancata da un’incessante attività di sperimentazione, permette a tutti i potenziali interessati (quadri tecnici, responsabili di cantina, produttori, studenti di viticoltura ed enologia, etc.) di aggiornare le proprie conoscenze sui solfiti e sugli elementi che intervengono nei confronti delle sue forme libera e molecolare, indicando come adattare o modificare le proprie pratiche di vinificazione per diminuirne gli apporti e analizzando le diverse alternative disponibili, con i loro vantaggi e svantaggi.

La degustazione di alcuni vini ottenuti da prove sperimentali relative alle tematiche affrontate permetterà di esemplificare ulteriormente gli argomenti trattati.

Docente: Thierry TREBILLON, enologo consulente, gruppo ICV (F)

La durata del corso è di circa 8 ore (9h00 - 17h00).

Date e Sedi:
lunedì 25 gennaio, Sinergo, Nizza Monferrato (AT)
martedì 26 gennaio, Vassanelli Lab, Bussolengo (VR)
mercoledì 27 gennaio, FEM, San Michele all’Adige (TN) (*)
giovedì 28 gennaio, Polo di Tebano, Faenza (RA)
venerdì 29 gennaio, Isvea, Poggibonsi (SI)

(*) L’iscrizione alle sessioni di San Michele all’Adige va fatta direttamente on-line esclusivamente dal sito http://eventi.fmach.it/. Per informazioni inviare un’email aseminariovino@fmach.it.

Termine di iscrizione: venerdì 18 gennaio 2016, o al raggiungimento del numero massimo di partecipanti. È prevista una quota ridotta per le iscrizioni che perverranno a Vinidea o FEM, congiuntamente al pagamento della stessa, entro il 7 gennaio 2016.

I corsi saranno attivati al raggiungimento del numero minimo di partecipanti per sede.

Clicca qui per iscriverti on line
Pubblicato da Alberto Grasso alle 09:51
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Etichette: Corsi di Specializzazione

lunedì 14 dicembre 2015

ASOLO PROSECCO SUPERIORE DOCG

ASOLO PROSECCO SUPERIORE DOCG: È L'ANNO DELL'EXTRA BRUT
Il disciplinare dell'Asolo Prosecco Superiore Docg è l'unico che dal 2014 permette la tipologia Extra Brut. Quest'anno quadruplicata la produzione

Il 2015 è l'anno del Prosecco Extra Brut. A dirlo è il Consorzio Vini Asolo Montello che, con la modifica del disciplinare del 2014, ad oggi è l'unica denominazione nel panorama del Prosecco che può definire la tipologia Extra Brut nelle bottiglie prodotte con la Docg. 

Una scelta lungimirante che oggi sta raccogliendo importanti risultati: in un anno si sono avvicinati all'Extra Brut nuovi produttori del Consorzio e la produzione è prevista sulle 200 mila bottiglie. Una prima stima, destinata ad aumentare, che in ogni caso vede quadruplicata la produzione che nel 2014 ha registrato circa 50.000 bottiglie. 

Merito del Consorzio Vini Asolo Montello è quello di aver visto per primo un cambiamento nelle abitudini dei consumatori e di porsi come apripista nel panorama del Prosecco. Oggi, infatti, acquirenti e importatori stanno andando sempre più verso gusti secchi, preferendoli a quelli amabili.

“La conferma arriva anche dagli Stati Uniti – commenta Armando Serena, Presidente del Consorzio Asolo Montello – che storicamente si è sempre dimostrato un mercato interessato all'acquisto di vini dolci. Ora dalla California la situazione è in evoluzione. C'è molta curiosità nei confronti dell'Extra Brut e lo testimonia una continua crescita delle vendite”.

Il Prosecco Asolo Docg nella versione Extra Brut mette in risalto la forte identità delle colline di Asolo, dove il terreno è per natura predisposto a vini di maggiore struttura. Alte colline, forti escursioni termiche, buona ventilazione e ricchezza minerale, si esprimono al meglio in un Prosecco dal tenore zuccherino mediamente basso. La struttura dell'Asolo Prosecco Superiore Docg, caratterizzata da un estratto secco mediamente più elevato, dimostra grande piacevolezza ed eleganza, anche con una spumantizzazione a residuo zuccherino compreso tra tra 0 e 6 grammi/litro in seconda rifermentazione.

Info: www.asolomontello.it
Pubblicato da Alberto Grasso alle 21:29
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domenica 13 dicembre 2015

Macro: Arte come Identità. Una questione italiana

Al Macro presentazione del libro Arte come Identità. Una questione Italiana a cura di Ludovico Pratesi con Simone Ciglia e Chiara Pirozzi, edito da Castelvecchi
Lunedì 14 dicembre ore 17.30. L’iniziativa è promossa da Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Storicamente, è sempre stata l’arte a raccontare l’identità dell’Italia: monumenti, palazzi, piazze, chiese e pale d’altare hanno contribuito a definire l’immagine del Bel Paese, creando un territorio unico al mondo. 

Nel XX secolo, però, il circolo virtuoso si è spezzato e dal secondo dopoguerra il Paese ha smesso di credere nell’arte come veicolo di identità. Può l’Italia del Terzo millennio permettersi questa rinuncia? O è invece auspicabile che si riattivi quel processo, interrotto ormai da settant’anni?

Ludovico Pratesi, insieme a Simone Ciglia e Chiara Pirozzi, tenta di rispondere a queste domande ripercorrendo l’arte italiana dal Trecento al Novecento per esaminare il valore identitario di alcuni grandi capolavori, dagli affreschi dei Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena al Vittoriano.

L’analisi si sposta quindi sull’arte del Ventennio fascista, per poi concentrarsi sui due movimenti artistici italiani di maggiore rilevanza internazionale nel secondo Novecento, l’Arte Povera e la Transavanguardia. Arte come identità è un incoraggiamento ad affrontare il futuro con sguardo sereno e lungimirante

Ludovico Pratesi
Ludovico Pratesi (Roma, 1961) critico d’arte e curatore, collabora con il quotidiano «la Repubblica». Dal 2000 è direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro. Dal 2004 è il direttore artistico della Fondazione Guastalla. È curatore scientifico di Palazzo Fabroni e consigliere dell’Amaci (Associazione Musei Arte Contemporanea Italiani) e Presidente della sezione italiana dell’AICA (Associazione Internazionale Critici d’Arte).

MACRO

Via Reggio Emilia 54

Sala Cinema

Intervengono

Gregorio Botta

Alfredo Pirri

Cristiana Perrella

Modera

Adriana Polveroni

Sono presenti gli autori del volume

INFO PUBBLICO

Ingresso libero fino ad esaurimento posti 

+39 060608

www.museomacro.org

Acquista il libro su Amazon: Arte come Identità. Una questione italiana
Pubblicato da Alberto Grasso alle 12:00
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Etichette: Cultura, Eventi

sabato 12 dicembre 2015

Mostre: Matisse e il suo tempo

Matisse e il suo tempo. La collezione del Centre Pompidou
12 dicembre 2015 - 15 maggio 2016 Palazzo Chiablese, Torino

Henri Matisse, L’algerina, 1909
"Per non fare una semplice raccolta di opere, in mostra è presente una raffinata selezione - dice la curatrice Cecile Debray (conservatore del Centre Pompidou di Parigi) -di capolavori del Maestro allo scopo di raccontare pensieri e sentimenti dell'epoca anche attraverso le 47 opere di altri artisti esposti qui a Torino. Partendo dal Fauvismo, fondato proprio da Matisse e un gruppo di amici, il percorso si snoda attraverso varie tappe in cui il modus facendi matissiano interseca l'ars di Picasso, il quale raccoglie gli ultimi esponenti del fauvismo indirizzandoli verso il cubismo. Un caleidoscopico itinerario scandito da tele che riflettono assimilazioni e discostamenti tra i grandi maestri che si formano intono agli Anni 30, passando poi attraverso lo stile surrealista di Matisse degli Anni 40 a quello "intuitivo" dell'immediato dopoguerra. Un approdo esplosivo chiude l'itineratrio di mostra con opere cardine della decostruzione e destrutturazione tipiche degli Anni 60 e 70 nei quali lo stile di Matisse sopravvive nelle opere degli artisti che lo hanno succeduto e hanno subito la sua forte influenza."

“Ho lavorato per arricchire la mia intelligenza, per soddisfare le differenti esigenze del mio spirito, sforzando tutto il mio essere alla comprensione delle diverse interpretazioni dell’arte plastica date dagli antichi maestri e dai moderni.”
Henri Matisse, Notes d'un peintre in “La Grande Revue”, 25 dicembre 1908

Matisse “l’ansioso, il follemente ansioso” - così lo descrive uno dei suoi amici divisionisti - domina l’arte della prima metà del XX Secolo ed è considerato uno delle coscienze artistiche più affascinanti del Novecento. Sempre al centro di dibattiti, durante tutta la sua carriera è stato capogruppo dei fauves, osservatore critico del cubismo, discepolo di Signac, Renoir e Bonnard, rivale di Picasso, maestro d’accademia e infine precursore di un’arte che anticipa l’espressionismo astratto newyorkese.

Con 50 opere di Matisse e 47 di artisti a lui coevi quali Picasso, Renoir, Bonnard, Modigliani, Miró, Derain, Braque, Marquet, Léger - tutte provenienti dal Centre Pompidou - la mostra “Matisse e il suo tempo” si prefigge di mostrare le opere di Matisse attraverso l’esatto contesto delle sue amicizie e degli scambi artistici con altri pittori. Così, per mezzo di confronti visivi con opere di artisti suoi contemporanei, sarà possibile cogliere non solo le sottili influenze reciproche o le fonti comuni di ispirazione, ma anche una sorta di “spirito del tempo”, che unisce Matisse e gli altri artisti e che coinvolge momenti finora poco studiati, come il modernismo degli anni quaranta e cinquanta. Opere di Matisse quali Icaro (della serie Jazz del 1947), Grande interno rosso (1948), Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946) sono messe a confronto con i quadri di Picasso, come Nudo con berretto turco (1955), di Braque, come Toeletta davanti alla finestra (1942), di Léger, come Il tempo libero - Omaggio a Louis David (1948-1949).

Promossa dal Comune di Torino - Assessorato alla Cultura, dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte e dal Polo Reale di Torino e organizzata dal Centre Pompidou di Parigi, 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group, la mostra curata da Cécile Debray conservatore Centre Pompidou sarà visitabile a Palazzo Chiablese di Torino dal 12 dicembre 2015 al 15 maggio 2016.

Dieci sezioni in mostra illustrano, secondo un percorso cronologico intercalato da approfondimenti tematici, le figure matissiane delle odalische - come in Odalisca con pantaloni rossi del 1921 -; la raffigurazione dell’atelier, soggetto ricorrente nell’opera di Matisse ma che, negli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, dà luogo a quadri stupefacenti a firma di Braque (L'Atelier IX, 1952-56) e Picasso (Lo studio, 1955); l’opera e il percorso di Matisse dai suoi esordi con Gustave Moreau (1897-99) fino alla sua scomparsa negli anni Sessanta e alle ultime carte dipinte e ritagliate.

La mostra vede come sponsor Il Gioco del Lotto, come sponsor tecnici Grandi Stazioni, Trenitalia, Nova Coop, Canale Arte e vede il supporto di La Rinascente.
L'evento è consigliato da Sky Arte HD.
Il catalogo è edito da 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE.

LA MOSTRA

Prima sezione - I “Moreau”

La mostra ha inizio con gli esordi di Matisse e gli indefettibili legami d’amicizia che egli stringe con i condiscepoli dell’atelier di Gustave Moreau all’École des Beaux-Arts: Albert Marquet, Charles Camoin, Henri Manguin. Essi dipingono insieme una serie di quadri da medesimi soggetti (caffettiere, vedute della Senna - come in Pont Saint-Michel del 1900 -, modelli in studio o sessioni di copie di dipinti al Louvre), accomunati dall’insegnamento impartito dall’atelier più liberale di Parigi.

Seconda sezione - Il Fauvismo
Un soggiorno nel Midi, a Collioure, nell’estate 1905, segna l’inizio dell’avventura del fauvismo sotto l’egida di Matisse. Lo scandalo provocato dalla mostra dei dipinti dai colori puri di Matisse e dei suoi amici Manguin, Camoin e Marquet e di André Derain e Maurice de Vlaminck al Salon d’Automne del 1905 segna la nascita del movimento, al quale l’anno seguente si uniscono i giovani Braque e Dufy. A questo periodo, e presenti in mostra, appartengono Autoritratto (1900) di Matisse e Il sobborgo di Collioure (1905) di Derain.

Terza sezione - Polo Nord - Polo Sud. Matisse e il Cubismo
Matisse, che si è vivamente opposto alla svolta cubista di Braque nel 1908 e alla sua amicizia con Picasso, ammetterà tuttavia molto più tardi che “il cubismo deriva da Cézanne” il quale diceva che ogni cosa è cilindrica o cubica. Nel settembre 1914 Matisse, non essendo stato chiamato alle armi, parte per Collioure e vi ritrova Juan Gris. I dipinti che esegue sono fortemente segnati dalla riflessione condotta da Picasso, Braque e Gris a partire dagli anni 1909-10. Matisse dipinge finestre, un tema ricorrente nella sua opera, e ritratti. La tela, quasi astratta, sembrerebbe incompiuta: Porta-finestra a Collioure (1914) presenta una composizione a bande parallele di campiture nere e blu, sulla linea del lavoro di Gris. Allo stesso modo, la stilizzazione della figura che Matisse realizza nella serie plastica dei Nudi di spalle o nel grande dipinto Bagnanti al fiume riecheggia le ricerche di Henri Laurens.

Quarta sezione - Gli anni di Nizza, riletture
Dopo il tumulto degli anni parigini, alla fine del 1917, Matisse si stabilisce a Nizza offrendo a se stesso un nuovo inizio. In questa regione dal clima privilegiato incontra Auguste Renoir, visita spesso lo studio di Maillol, stringe amicizia con Pierre Bonnard. Tramite l’École des Beaux-Arts di Nizza conosce nuove modelle, come l’italiana Lorette (rappresentata in Lorette con tazza di caffè del 1917). Moltiplica i ritratti e le composizioni intimiste di figura, tornando ad attingere alle sue prime fonti, ossia l’Impressionismo, con lo studio degli ultimi dipinti di Renoir e di Monet. Attraverso questo dialogo con i suoi predecessori, Matisse partecipa a modo suo al ritorno al classicismo degli anni Venti, al pari di Derain e Picasso.

Quinta sezione - Il pittore delle odalische
Ispirato dai suoi soggiorni in Marocco, Matisse rivisita nella linea di Delacroix il tema esotico dell’odalisca (L’algerina del 1909). La densità dell’ornamentazione e del colore caratterizza i dipinti di questo periodo, che resterà a lungo emblematico dell’arte edonista e raffinata di Matisse. Per lui ora si può parlare di successo (anche in termini economici) e di una vera e propria moda. Attorno alle odalische di Matisse si viene a formare una corrente orientalista moderna attraverso la mediazione di Roger Bezombes, e lo stesso Picasso (presente in questa sezione con Nudo con berretto turco del 1955), dopo la morte di Matisse, confiderà: “Quando Matisse è morto, mi ha lasciato in eredità le sue odalische, ed è questa la mia idea dell’Oriente, sebbene non ci sia mai stato”.

Sesta sezione - Il desiderio della linea. Matisse e il Surrealismo

Gli anni trenta segnano una svolta nel lavoro di Matisse che concepisce allora la grande decorazione murale per il dottor Barnes, La danza, e le illustrazioni delle Poesie di Mallarmé. In seguito a quella svolta radicale, il pittore reinventa il proprio disegno che diviene autonomo, stilizzato, quasi automatico, e sviluppa il nuovo approccio alla linea nella serie Temi e variazioni (1943). La liberazione del tratto, l’onirismo, la rappresentazione di semplici oggetti caratterizzano le opere grafiche prodotte in quegli anni da Matisse, Picasso, Masson, Miró e addirittura Léger, tutti autori influenzati dallo stesso clima venato di surrealismo.

Settima sezione - Dipingere la pittura. Gli atelier di Matisse
Gli anni Quaranta sono la stagione del ritorno alla pittura e degli “interni” di Vence. Matisse pone nuovamente al centro del proprio lavoro il motivo della finestra (Porta-finestra a Collioure del 1914). La raffigurazione dell’atelier costituisce allora un tema ricorrente presso parecchi artisti, tra cui Picasso (con il suo Lo studio dell’ottobre 1955), Braque (L'Atelier IX del 1952/1956), Dufy e Giacometti, quale immagine riflessiva e autoreferenziale della pittura in cui si mescolano affermazione del “mestiere”, spazio privato e di concentrazione a fronte della follia del mondo, e infine spazio mentale.

Ottava sezione - Matisse, Renoir e la “Danza” di Barnes
Allo stesso modo, il genere della natura morta - ininterrottamente frequentato da Matisse - diviene per il pittore un imprescindibile strumento di autoriflessione. Nelle celebri nature morte con arance - che secondo Apollinaire costituiscono la quintessenza della sua arte - Matisse dà vita a un gioco di raffinati rimandi che si estende dalle Mele di Cézanne fino alle affettuose reinterpretazioni di opere di Picasso.

Nona sezione - Il Modernismo. La svolta degli anni Trenta
Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, i grandi artisti figurativi, tra cui Matisse, Léger, Picasso e Dufy, mutano il proprio stile in direzione di un trattamento grafico più sciolto e schematico e di una tavolozza di colori primari che fanno eco al linguaggio modernista di Le Corbusier e di Mondrian. Così i dipinti eseguiti da Matisse dopo la grande decorazione per Barnes ritrovano una nuova economia formale che oggi appare chiaramente legata all’estetica modernista degli anni Cinquanta, che trova le sue migliori espressioni in Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946) di Matisse e Il tempo libero - Omaggio a Louis David (1948-49) di Léger.

Decima sezione - Il lascito di Matisse all’Astrattismo. L’ultimo Matisse
A partire dal 1947, Matisse inventa una nuova tecnica, il guazzo ritagliato che gli permette di ritagliare “al vivo” nel colore. È di questo periodo la serie di venti tavole colorate realizzate da Matisse con la tecnica dello stampino Jazz (1947) cui appartiene Icaro (tavola VIII). Le nuove tecniche ideate da Matisse avranno conseguenze notevoli sul lavoro degli artisti delle generazioni successive: gli espressionisti astratti come Rothko e Sam Francis, gli artisti di Supports/Surfaces come Vincent Bioulès, Claude Viallat (che, in quanto sua fonte di ispirazione, produce Omaggio a Matisse del 1992) e Jean-Pierre Pincemin, ma anche Simon Hantaï e molti altri ancora.

Grazie alla diffusione della sua opera negli Stati Uniti per merito di suo figlio, il mercante Pierre Matisse, alle mostre dei lavori dell’estrema maturità in Francia e al complesso decorativo e architettonico della cappella di Vence (1949-1951), l’opera di Matisse nutre profondamente di sé l’arte del XX e del XXI secolo.

IL CATALOGO

Il catalogo concepito e curato da Cécile Debray - curatrice responsabile delle collezioni Matisse presso il Musée national d’Art moderne-Centre Pompidou - comprende saggi introduttivi a ciascuna sezione e testi che approfondiscono aspetti specifici. Per arricchire i richiami storici proposti in ciascuna sezione di mostra si è coinvolto due specialisti di Matisse: Claudine Grammont la quale, oltre ai suoi due brevi saggi, l’uno sugli anni cubisti attraverso il confronto tra Matisse e Picasso e l’altro sugli atelier di Matisse, propone una riflessione sulla collezione personale del pittore, argomento che tocca i suoi rapporti con altri artisti, quelli da lui ammirati (Cézanne, Renoir, ma pure Courbet e Redon) e i suoi emuli (come Picasso), e che rivela come, molto spesso, egli compri opere ad artisti amici in difficoltà economiche. Col suo saggio sulle fonti renoiriane della Danza di Barnes, Augustin de Butler offre un esempio preciso e inedito dell’influenza di Renoir su Matisse, perfettamente in linea con lo spirito della mostra.
Le opere di Matisse, riprodotte a colori insieme agli altri pezzi in mostra, sono accompagnate da schede che esplicitano i legami con le prove di altri artisti, redatte da Anna Hiddleston, Assia Quesnel ed Elsa Urtizverea.
L’ultima parte del catalogo consiste di un’ampia scelta di estratti di lettere, dichiarazioni e testimonianze di Matisse e di altri artisti, e offre una sorta di antologia divisa per nomi, utilissima e finora inedita. La lettura di tali scambi rende più viva e insieme più ricca di sfumature la conoscenza di questa rete di amicizie di lunga durata. In alcuni casi, gli scambi epistolari coprono un arco di oltre quarant’anni, presentando variazioni ed evoluzioni nel corso del tempo. Alcune delle lettere di Matisse, soprattutto quelle a Bonnard o a Rouault, sono vere e proprie trattazioni, riflessive e sensibili, sull’arte. Altre, più intime e familiari, inviate ai suoi vecchi amici, Marquet o Camoin, rivelano un Matisse più scherzoso o più scorbutico, che fornisce ragguagli sulla vita quotidiana degli artisti.

INFO E ORARI DI MOSTRA

lunedì 14.30 - 19.30

martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30 - 19.30

giovedì 9.30 - 22.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)


Info e prenotazioni


Tel. +39 011.0240113

www.mostramatisse.it

Hashtag: #matissetorino
Pubblicato da Alberto Grasso alle 20:52
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