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E' sempre vivo in me, specialmente in questo periodo dell’anno, il ricordo di mia nonna che con lento procedere, entrava nel tinello con un vassoio ricolmo di Cantucci e la bottiglia di Vin Santo
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Un momento che aspettavo sempre con gioia mista a curiosità e rivedo oggi come allora attraverso gli occhi incantati di quel bambino una scena che rimarrà per sempre impressa nella mia memoria.
E come in un film i gesti e le parole prendono vita tra il vocio e le risa di una bella
famiglia riunita intorno a un tavolo da pranzo in un giorno di festa, per poi
sentire ancora quella frase che mia nonna nel suo strano accento toscano
pronunciava: <lo gradireste un goccio di vinsanto?>.
Offrire il Vin Santo è uno dei gesti più antichi
dell'ospitalità toscana. Una tradizione ben viva e "lo gradireste un goccio di
vinsanto?" era la frase rituale con cui i nostri vecchi accoglievano
gli ospiti.
E quel goccio a pensarci bene, non era solo un modo di dire,
perché il Vin Santo, oggi come allora, si offre a piccole dosi trattandosi di
un prodotto davvero prezioso. Offrire il Vin Santo agli amici è una tradizione ancora viva,
ricordo di un tempo in cui ogni famiglia lo produceva secondo la propria
ricetta segreta. Questo vino ha origini leggendarie; ci sono varie teorie
sull'origine di questo nome; le prime citazioni risalgono agli inizi del
Cristianesimo, forse a voler indicare un vino puro particolarmente adatto al
rito della Messa; proseguendo nella ricerca delle probabili origini del termine
arriviamo al 1348, quando durante la peste scoppiata nel senese, i moribondi che ingerivano il vino da messa
somministrato da un frate, sembra esclamassero “vinsanto!” per le sensazioni di
sollievo provate; si diffuse così la convinzione che tale vino avesse proprietà
miracolose, portandogli l'epiteto di Santo.

Un’altra spiegazione fa invece riferimento al ciclo
produttivo del vinsanto, basato intorno alle feste religiose più importanti del
calendario liturgico cristiano. Alcuni spremono l’uva per i Santi, altri per
Natale ed altri per Pasqua. Alcuni imbottigliano il Vinsanto in novembre,
mentre altri ad Aprile.
L'origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l'associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa.
Tradizionalmente il Vinsanto veniva prodotto raccogliendo i
migliori grappoli (vendemmia "per scelti") per farli appassire in
modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci.
Ad appassimento
avvenuto le uve venivano pigiate ed il mosto (con o senza vinacce dipendendo
dalla tradizione seguita) era trasferito in caratelli di legni vari e di
dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena
tolto il vinsanto delle produzione precedente.
Durante questa operazione si
prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello
in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso,
tanto da chiamarla madre del vinsanto.
I caratelli venivano sigillati e dislocati nella soffitta
delle villa padronale o in un sottotetto, in quanto si riteneva che le forti
escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori
del vino.
Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento
fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni
produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni.
Da un quintale di uva fresca si ricavano in genere soltanto venticinque litri
di vinsanto.
Il sistema di produzione tradizionale era dovuto a fattori
tecnici: le difficoltà fermentative di un mosto con alta concentrazione
zuccherina. La soluzione per questa difficoltà, la mancanza di igiene del
recipiente e l'uso della feccia della produzione precedente andata a buon fine,
pur essendo efficace, trasmette al vino alcuni sentori tipici talvolta
apprezzati dai consumatori e talvolta no.
Nella cosiddetta madre, inoltre, si
concentrano anche molte sostanze che dovrebbero essere estranee al vino.
Nella produzione moderna, quindi, si tende a usare
esclusivamente contenitori in legno nuovo o relativamente nuovo e a innescare
la fermentazione con l'inoculo di lieviti selezionati adatti alle alte
concentrazioni zuccherine.
Si tende, inoltre, ad avere per il Vin Santo le
stesse regole igienico/sanitarie che si hanno per tutti gli altri vini e
alimenti. Moltissimi produttori, comunque, aggiungono una minima quantità di
madre per ricreare lo spettro dei sentori tradizionali.
Il Vin Santo (o Vinsanto) è un tipo di vino da dessert.
Questo vino tradizionale toscano ed umbro è fatto con uva di tipo Trebbiano e
Malvasia ma può essere anche prodotto con uve Sangiovese e in questo caso si
parla di vinsanto occhio di pernice.
Può essere sia del tipo amabile che secco;
gli abbinamenti suggeriti sono con la pasticceria secca, con la pasta frolla e
con i biscotti cantucci toscani.
Il vinsanto può essere consumato anche come
vino da pasto: il tipo abboccato si accompagna al formaggio marzolino fresco,
il tipo secco al raviggiolo.
In Umbria il consumo è associato alle fave dei morti,
biscotto di pasta di mandorle tipico del periodo della Commemorazione dei
Defunti, alla ciaramicola (dolce tipico della Pasqua) e al ciambellone (o
torcolo).
È comune fare "cantucci e vin santo"; un bicchiere
di vin santo servito con cantucci.
Questi biscotti possono essere inzuppati nel
vino per ammorbidirli ed accentuarne il sapore.
Volevo segnalare che a Montefollonico in Toscana si svolge
una manifestazione dedicata proprio al Vinsanto che guarda un po’ si chiama “Lo
gradireste un Goccio di Vin Santo?”.
Questo suggestivo borgo medievale risulta essere la patria
del vino liquoroso per eccellenza dove ogni anno in occasione di questo evento
vengono premiati i migliori produttori amatoriali di Vin Santo non solo
toscani ma anche provenienti da altre regioni.
Nell’edizione di quest’anno la vittoria è tutta toscana che
ha visto premiati 6 produttori amatoriali nelle categorie “Dolce” e “Secco” su
un totale di 75 partecipanti da tutta la Toscana, l’Umbria e l’Emilia Romagna.
I primi tre classificati nella categoria “Vin Santo dolce”
provengono dalla zona della Valdichiana e del Vino Nobile e sono Andrea
Sandroni, Marcello Trombetti e Vanda Della Giovanpaola, mentre quelli della categoria “Vin Santo
secco” provengono dalla zona di Siena e del Chianti e i produttori vincitori
sono Stefano Bizzarri, Mario Fineschi e Lorenzo Cimarosti.
Tutti i premiati hanno ricevuto caratelli di castagno dove
invecchiare il Vin Santo.
Un'altra occasione per degustare ed apprezzare le diverse
tipologie di Vin Santo è quella che viene offerta nell’ambito di Vinnatur a Villa
Favorita: "Il Vin Santo, una tradizione da riscoprire".
Domenica 7 aprile alle ore 16.00 si svolgerà una
degustazione guidata di sei vin santo naturali da produttori di Toscana, Veneto
e Trentino, due dei quali sono i primi esiti di un progetto di sperimentazione
in corso da alcuni anni e coordinato da Franco Giacosa e Angiolino Maule.
Vini
frutto di una tradizione da riscoprire, grazie al supporto della scienza
applicata alla viticoltura.