L'Italia, con una quota di mercato di poco inferiore al 30% del totale, si conferma il primo Paese esportatore di vino in Russia, dove nei prossimi tre anni si attende un’ulteriore crescita del 5% della domanda.
L’Italia si conferma leader di mercato nell’export di vino a Mosca: è quanto emerso nel corso della 16° edizione di Vinitaly Russia, andata in scena nei giorni scorsi con i due appuntamenti di Mosca, il 28 ottobre, e di San Pietroburgo, il 30 ottobre.
giovedì 31 ottobre 2019
venerdì 25 ottobre 2019
Vino e scienza, nasce a Torino il primo vigneto sperimentale a controllo condiviso
Sarà inaugurato al Politecnico di Torino il primo vigneto urbano a carattere sperimentale con piattaforma per il monitoraggio condivisa.
Condividere la conoscenza per migliorare la sostenibilità in viticoltura. E' questo l'obbiettivo primario del progetto iXemWine che nasce nel Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino. Al prestigioso ateneo, negli iXem Labs del DET, è dal 2013 che viene sviluppata tecnologia per l’agricoltura 4.0. Il vigneto sperimentale è stato realizzato proprio sui terrazzi dello scavalco della Cittadella Politecnica e verrà inaugurato con una cerimonia ufficiale dal Rettore del Politecnico Guido Saracco.
Vino e mercati, barriere commerciali e tutela del consumatore: la risoluzione al congresso della The Wine Origins Alliance
Le principali regioni vinicole della The Wine Origins Alliance si sono riunite a Washington per promuovere l'eliminazione delle barriere commerciali ed una protezione efficace sulla vera origine del vino.
L'introduzione della risoluzione congressuale bipartisan è stato un passo importante verso l'eliminazione delle barriere tariffarie e non sul vino grazie all'incontro organizzato da The Wine Origins Alliance, coalizione di 26 aziende vinicole e organizzazioni vitivinicole di 11 paesi sparsi in Nord America, Europa, Africa, Asia e Australia.
L'introduzione della risoluzione congressuale bipartisan è stato un passo importante verso l'eliminazione delle barriere tariffarie e non sul vino grazie all'incontro organizzato da The Wine Origins Alliance, coalizione di 26 aziende vinicole e organizzazioni vitivinicole di 11 paesi sparsi in Nord America, Europa, Africa, Asia e Australia.
lunedì 21 ottobre 2019
Export, Cina: un futuro roseo per i vini italiani
In Cina cresce l'appetito per il vino italiano. Rapporto qualità prezzo ed ampia offerta sono i parametri che spingono i consumatori cinesi a guardare oltre le classiche referenze francesi e australiane, tradizionalmente più popolari nel Paese del Dragone. Grande successo per le produzioni del sud Italia.
Se in passato, i consumatori cinesi avevano meno familiarità con i vini italiani rispetto ai loro concorrenti francesi e australiani, entrati nel mercato cinese molto prima di noi, oggi stiamo assistendo ad un cambio di tendenza che premia una gamma di vini più diversificata che solo l'Italia sa offrire.
Se in passato, i consumatori cinesi avevano meno familiarità con i vini italiani rispetto ai loro concorrenti francesi e australiani, entrati nel mercato cinese molto prima di noi, oggi stiamo assistendo ad un cambio di tendenza che premia una gamma di vini più diversificata che solo l'Italia sa offrire.
Guide, Soave: premiata qualità e serietà di tutti i produttori della denominazione
Nel Soave si raccolgono i premi di un’ottima annata. Stagione delle guide in grande luce per la denominazione scaligera. Da Slow Wine a l’Espresso, dal Gambero Rosso ai Vini Buoni d’Italia, ecco tutti i premi del Soave.
La raccolta dei premi nazionali e internazionali quest’anno per il Soave è stata molto positiva, e a dimostrarlo sono le numerose segnalazioni che stanno pervenendo da guide e prestigiose riviste internazionali che confermano il momento positivo per la denominazione.
La raccolta dei premi nazionali e internazionali quest’anno per il Soave è stata molto positiva, e a dimostrarlo sono le numerose segnalazioni che stanno pervenendo da guide e prestigiose riviste internazionali che confermano il momento positivo per la denominazione.
giovedì 17 ottobre 2019
Agroalimentare e ricerca. Innovazione e tecnologia: il CREA al Maker Fair
Irrigazione di precisione, pasta, birra, distillati, il CREA (Centro di ricerca per l'agricoltura) sarà presente al Maher Fair, il più importante salone internazionale delle innovazioni tecnologiche, illustrando i prototipi open-source per il settore agroalimentare.
Dalla tracciabilità elettronica alle applicazioni digitali ed IoT (Internet of Things) per la produzione di birra e distillati, passando per essiccatori solari gestiti tramite l’IoT per la produzione di pasta, fino ai sistemi digitali per l’'irrigazione di precisione.
Queste e molte altre innovazioni vengono presentate dal CREA al Maker Faire, il più importante salone internazionale delle innovazioni tecnologiche, che si svolge a Roma dal 18 al 20 ottobre. Il CREA ha, infatti, raccolto la sfida tecnologica dell’agricoltura 4.0 per far fronte alle esigenze di un consumatore sempre più esigente ed attento alla qualità dei prodotti e alla tutela dell’ambiente.
Proprio per questo i ricercatori saranno a disposizione per rispondere alle domande e alle curiosità dei visitatori, illustrando i prototipi open-source (a sorgente aperta, prodotti con licenze libere) presenti nello spazio espositivo e realizzati negli ultimi anni per i settori agro-alimentare e forestale.
L’essiccatore per la trasformazione alimentare è dotato di un’avanzata sensoristica in grado di standardizzare e controllare l’intero processo, inclusi i parametri fisici; le informazioni e i dati raccolti sugli alimenti essiccati e disidratati sono utilizzate per assicurare la tracciabilità di filiera e saranno resi disponibili in rete per tutti gli attori della filiera.
L’essiccatore per la pasta con l’uso esclusivo dell’energia solare è gestito tramite l’IoT, che permette di controllare in remoto i componenti elettronici (microprocessori, ventole, sensori, pompa, ecc.) dell’intero impianto sperimentale.
Sono, inoltre, presenti anche due impianti pilota ad alta accuratezza, sensorizzati per la produzione di birra e distillati. L'ausilio di sensori e sistemi IoT rende i processi da un lato estremamente precisi e ripetibili e dall'altro consente il monitoraggio real-time dei parametri di processo. In un’ottica di sostenibilità ambientale saranno esposti due sistemi sensorizzati per ridurre l’utilizzo dell’acqua in agricoltura, aumentando al contempo le rese. In particolare, la Centralina LoRa, alimentata con batteria e pannello solare e basata su tecnologia open-source per l’irrigazione di precisione in remoto, consente di monitorare i parametri misurati e di operare delle decisioni basate su un modello previsionale addestrato con algoritmi di intelligenza artificiale. Il sistema consente di ottimizzare l'irrigazione in campo agricolo riducendo gli apporti idrici.
Durante l’intensa tre giorni i ricercatori del CREA interverranno in mini conferenze i cui temi spaziano dall’educazione alimentare, ai fiori edibili, alla valorizzazione dei sottoprodotti e degli scarti di lavorazione attraverso il loro recupero e la produzione di bio-prodotti (integratori alimentari, bioplastiche, nanomateriali, film edibili) e alle innovazioni tecnologiche nell’ambito dell’agricoltura di precisione.
Ci sarà, infine, anche un momento dedicato ai bambini della scuola primaria, che potranno imparare, attraverso il gioco, una nuova prospettiva, che integri il consumo equilibrato dei cibi con il minimo impatto ambientale.
Dalla tracciabilità elettronica alle applicazioni digitali ed IoT (Internet of Things) per la produzione di birra e distillati, passando per essiccatori solari gestiti tramite l’IoT per la produzione di pasta, fino ai sistemi digitali per l’'irrigazione di precisione.
Queste e molte altre innovazioni vengono presentate dal CREA al Maker Faire, il più importante salone internazionale delle innovazioni tecnologiche, che si svolge a Roma dal 18 al 20 ottobre. Il CREA ha, infatti, raccolto la sfida tecnologica dell’agricoltura 4.0 per far fronte alle esigenze di un consumatore sempre più esigente ed attento alla qualità dei prodotti e alla tutela dell’ambiente.
Proprio per questo i ricercatori saranno a disposizione per rispondere alle domande e alle curiosità dei visitatori, illustrando i prototipi open-source (a sorgente aperta, prodotti con licenze libere) presenti nello spazio espositivo e realizzati negli ultimi anni per i settori agro-alimentare e forestale.
L’essiccatore per la trasformazione alimentare è dotato di un’avanzata sensoristica in grado di standardizzare e controllare l’intero processo, inclusi i parametri fisici; le informazioni e i dati raccolti sugli alimenti essiccati e disidratati sono utilizzate per assicurare la tracciabilità di filiera e saranno resi disponibili in rete per tutti gli attori della filiera.
L’essiccatore per la pasta con l’uso esclusivo dell’energia solare è gestito tramite l’IoT, che permette di controllare in remoto i componenti elettronici (microprocessori, ventole, sensori, pompa, ecc.) dell’intero impianto sperimentale.
Sono, inoltre, presenti anche due impianti pilota ad alta accuratezza, sensorizzati per la produzione di birra e distillati. L'ausilio di sensori e sistemi IoT rende i processi da un lato estremamente precisi e ripetibili e dall'altro consente il monitoraggio real-time dei parametri di processo. In un’ottica di sostenibilità ambientale saranno esposti due sistemi sensorizzati per ridurre l’utilizzo dell’acqua in agricoltura, aumentando al contempo le rese. In particolare, la Centralina LoRa, alimentata con batteria e pannello solare e basata su tecnologia open-source per l’irrigazione di precisione in remoto, consente di monitorare i parametri misurati e di operare delle decisioni basate su un modello previsionale addestrato con algoritmi di intelligenza artificiale. Il sistema consente di ottimizzare l'irrigazione in campo agricolo riducendo gli apporti idrici.
Durante l’intensa tre giorni i ricercatori del CREA interverranno in mini conferenze i cui temi spaziano dall’educazione alimentare, ai fiori edibili, alla valorizzazione dei sottoprodotti e degli scarti di lavorazione attraverso il loro recupero e la produzione di bio-prodotti (integratori alimentari, bioplastiche, nanomateriali, film edibili) e alle innovazioni tecnologiche nell’ambito dell’agricoltura di precisione.
Ci sarà, infine, anche un momento dedicato ai bambini della scuola primaria, che potranno imparare, attraverso il gioco, una nuova prospettiva, che integri il consumo equilibrato dei cibi con il minimo impatto ambientale.
mercoledì 16 ottobre 2019
Vino e territori, Bolivia: astro nascente nell'America vitivinicola del sud
La Bolivia è uno dei paesi meno conosciuti in ambito vitivinicolo, eppure la sua produzione di vino è unica al mondo: a Tarija, centro dell'industria vinicola boliviana l'uva viene coltivata a oltre 2.500 metri sul livello del mare, in un contesto climatico che fa acquisire ai vini una straordinaria ricchezza aromatica. Sono i premiati "vini d'alta quota" che oggi fanno parlare di sé e attirano sempre più consensi grazie al lavoro di un numero crescente di aziende che si affidano alla ricerca e a moderne tecniche sia in vigneto che in cantina.
Ma la vitivinicoltura si sta facendo strada in termini di qualità ed il settore sta apportando nuovo valore e crescita all'economia del Paese. Il vino della Bolivia, di fatto, ha una lunga tradizione che risale all'inizio del XVI secolo. La sua storia inizia con l'arrivo delle prime barbatelle attraverso il Perù, ad opera dei gesuiti e religiosi agostiniani che realizzarono i primi vigneti proprio nel dipartimento di Tarija. Nel 1925 fu fondata la prima azienda vinicola a San Pedro, vicino alla città di Camargo, i cui proprietari erano le famiglie Ortiz e Patiño. Poi successivamente arrivarono le cantine El Rancho, San Remo ed altre. L'uva a quel tempo veniva utilizzata solo per la produzione del Singani, distillato molto apprezzato che assurge a bevanda nazionale.
Il processo di industrializzazione del vino iniziò negli anni '70 e principalmente nel sud del paese dove veniva prodotto un vino comune rosso e bianco. Nel 1982 il settore vitivinicolo boliviano si affossò a causa dell'importazione di varietà di vite soggette a malattie e solo nel 1986, grazie agli sforzi del governo e di altre organizzazioni, fu creato il Centro Vinificazione nazionale. Nel 2018, il vino boliviano è entrato per la prima volta nella collezione del Museo Cité du Vin di Bordeaux, considerato il sito più importante dei vini del mondo.
Negli ultimi anni sono stati fatti importanti investimenti per portare le migliori varietà di vite nel paese. Oggi si produce vino da varietà quali Cabernet Sauvignon, Malbec, Barbera e Merlot, Riesling, Franc Colombard e Chardonnay. In Bolivia la produzione di vino convive con quella del Singani generando oltre 200 milioni di dollari all'anno e mano d'opera ad oltre 5.000 lavoratori diretti e indiretti. Come accennato la qualità del vino boliviano ha una caratteristica unica propria dell'area di produzione la cui l'altezza varia da 1.500 a 3.000 metri sul livello del mare. Ciò consente di sfruttare una maggiori aromi, sapori e concentrazione di flavonoidi.
Il vero e proprio boom del settore vinicolo nel paese si è verificato circa dieci anni fa, con le prime attività nella valle centrale di Tarija, dedicate all'enoturismo, che prevedevano la visita e il tour di cantine diverse, siano esse con tecnologia all'avanguardia o quelle che mantengono ancora le tradizionali tecniche di vinificazione, sia di singani sia di vino o entrambe. Su iniziativa di diverse aziende vinicole, furono costituite le strade del vino e le Singani de Altura.
Per sfruttare l'altitudine, molte cantine hanno iniziato a coltivare uva Tannat. Questa varietà, originaria della Francia e oggi coltivata in molte regioni vinicole di tutto il mondo, ha una buccia più spessa per resistere all'intensa luce solare delle alte quote e regala vini vibranti, raffinati e con una complessità impressionante.
La crescente importanza dell'industria vinicola della Bolivia porta ogni anno migliaia di visitatori a Tarija. Oggi è ancora difficile trovare vino boliviano all'estero ed è disponibile solo in una manciata di negozi negli Stati Uniti. Quasi tutto viene venduto in Bolivia. Lo sforzo dei vitivinicoltori è grande per produrre più vino destinato all'esportazione a causa dell'esiguo terreno coltivabile. Questo comunque non deve scoraggiare i produttori in quanto è la qualità dei vini a dominare sul mercato e che si equiparano ormai a quelli di Argentina e Cile, i due colossi del vino dell'America latina.
La Bolivia rappresenta un contesto naturale e umano rimasto ancora integro. Caratterizzata da un paesaggio affascinante e dai forti contrasti, questa terra è senza dubbio la più indigena ma anche purtroppo la più povera dell'America latina. L'agricoltura può contare su appena il 2% della superficie territoriale e questo è dovuto alla sua geografia. La Bolivia infatti si trova più vicino all'equatore ed è dominata dalla giungla amazzonica e dalle Ande, un contesto evidente che lascia relativamente poco spazio alla coltivazione dell'uva.
Ma la vitivinicoltura si sta facendo strada in termini di qualità ed il settore sta apportando nuovo valore e crescita all'economia del Paese. Il vino della Bolivia, di fatto, ha una lunga tradizione che risale all'inizio del XVI secolo. La sua storia inizia con l'arrivo delle prime barbatelle attraverso il Perù, ad opera dei gesuiti e religiosi agostiniani che realizzarono i primi vigneti proprio nel dipartimento di Tarija. Nel 1925 fu fondata la prima azienda vinicola a San Pedro, vicino alla città di Camargo, i cui proprietari erano le famiglie Ortiz e Patiño. Poi successivamente arrivarono le cantine El Rancho, San Remo ed altre. L'uva a quel tempo veniva utilizzata solo per la produzione del Singani, distillato molto apprezzato che assurge a bevanda nazionale.
Il processo di industrializzazione del vino iniziò negli anni '70 e principalmente nel sud del paese dove veniva prodotto un vino comune rosso e bianco. Nel 1982 il settore vitivinicolo boliviano si affossò a causa dell'importazione di varietà di vite soggette a malattie e solo nel 1986, grazie agli sforzi del governo e di altre organizzazioni, fu creato il Centro Vinificazione nazionale. Nel 2018, il vino boliviano è entrato per la prima volta nella collezione del Museo Cité du Vin di Bordeaux, considerato il sito più importante dei vini del mondo.
Negli ultimi anni sono stati fatti importanti investimenti per portare le migliori varietà di vite nel paese. Oggi si produce vino da varietà quali Cabernet Sauvignon, Malbec, Barbera e Merlot, Riesling, Franc Colombard e Chardonnay. In Bolivia la produzione di vino convive con quella del Singani generando oltre 200 milioni di dollari all'anno e mano d'opera ad oltre 5.000 lavoratori diretti e indiretti. Come accennato la qualità del vino boliviano ha una caratteristica unica propria dell'area di produzione la cui l'altezza varia da 1.500 a 3.000 metri sul livello del mare. Ciò consente di sfruttare una maggiori aromi, sapori e concentrazione di flavonoidi.
Il vero e proprio boom del settore vinicolo nel paese si è verificato circa dieci anni fa, con le prime attività nella valle centrale di Tarija, dedicate all'enoturismo, che prevedevano la visita e il tour di cantine diverse, siano esse con tecnologia all'avanguardia o quelle che mantengono ancora le tradizionali tecniche di vinificazione, sia di singani sia di vino o entrambe. Su iniziativa di diverse aziende vinicole, furono costituite le strade del vino e le Singani de Altura.
Per sfruttare l'altitudine, molte cantine hanno iniziato a coltivare uva Tannat. Questa varietà, originaria della Francia e oggi coltivata in molte regioni vinicole di tutto il mondo, ha una buccia più spessa per resistere all'intensa luce solare delle alte quote e regala vini vibranti, raffinati e con una complessità impressionante.
La crescente importanza dell'industria vinicola della Bolivia porta ogni anno migliaia di visitatori a Tarija. Oggi è ancora difficile trovare vino boliviano all'estero ed è disponibile solo in una manciata di negozi negli Stati Uniti. Quasi tutto viene venduto in Bolivia. Lo sforzo dei vitivinicoltori è grande per produrre più vino destinato all'esportazione a causa dell'esiguo terreno coltivabile. Questo comunque non deve scoraggiare i produttori in quanto è la qualità dei vini a dominare sul mercato e che si equiparano ormai a quelli di Argentina e Cile, i due colossi del vino dell'America latina.
martedì 15 ottobre 2019
Agroalimentare Made in Italy, nasce ITA0039: certificherà l'autenticità dei ristoranti italiani all'estero
Il valore dell’agroalimentare Made in Italy grazie a “ITA0039 | 100% Italian Taste Certification” protocollo che tutela e sostiene gli esercenti che promuovono l’autenticità della tradizione culinaria del nostro Paese oltre i confini nazionali. La certificazione di ristorante italiano autentico salvaguarderà non solo il consumatore ma anche l’intera filiera produttiva.
L’agroalimentare Made in Italy per essere valorizzato deve essere tutelato. Secondo fonti Coldiretti sale ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio. Questo per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale.
A far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche, come l’embargo russo, con un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato. A preoccupare è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali.
All’estero più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi ed un maggiore rigore a livello nazionale, come le nuove norme sull’etichettatura di origine Made in Italy degli alimenti, è importante per acquisire maggiore credibilità nei negoziati internazionali e battere il cosiddetto “Italian sounding”. Fenomeno questo che colpisce in misura diversa tutti i prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.
Sta di fatto però che nonostante numerose difficoltà strutturali l’export agroalimentare italiano è in crescita continua confermandosi uno dei settori più attivi dell’economia nazionale. E, secondo i dati raccolti da Filiera Italia, circa il 15% degli introiti derivanti dall’export del Made in Italy alimentare proviene dal settore della ristorazione, vera e propria punta di diamante per l’economia italiana all’estero.
Il Presidente di Federalimentare Ivano Vacondio ha di recente affermato che il settore dell’esportazione agroalimentare è cresciuto dell’81% negli ultimi 10 anni; tuttavia per riuscire a raggiungere la quota auspicata dei 50 miliardi di export dei prodotti alimentari servono nuovi accordi bilaterali con i maggiori partner commerciali della Penisola e soprattutto c’è bisogno di prese di posizione anche politiche a favore della produzione più autentica e contro il fenomeno dell’Italian Sounding e delle contraffazioni. Secondo alcune delle più importanti associazioni del settore food & beverage, tra le quali Federalimentare e Filiera Italia (realtà associativa nata sotto l’egida di Coldiretti), per sostenere la crescita economica dell’export agroalimentare servono misure immediate che permettano una più facile gestione degli scambi commerciali fra i diversi Paesi interessati.
Una delle richieste più pressanti riguarda la facilitazione dell’accesso ai mercati internazionali che andrebbe semplificato in modo tale da permettere anche alle imprese più piccole di rispondere in modo esaustivo alla domanda di esportazione. Nonostante le numerose difficoltà con le quali il settore dell’export si trova a combattere, è chiaro che un progetto condiviso anche dalle autorità competenti che punti alla promozione del Made in Italy potrebbe rappresentare la risposta più adatta alla stagnazione interna del settore.
Complice anche la recente rivalutazione della dieta mediterranea – classificata al primo posto nel ranking Best Diet 2019 dallo U.S. News & World Report – l’attenzione per il mondo agroalimentare italiano è cresciuta ulteriormente. All’estero, il nostro patrimonio enogastronomico è un’istituzione, come ha evidenziato Luigi Scordamaglia, Presidente del Centro Studi di Filiera Italia, focalizzando l’attenzione sull’importanza e il prestigio che la tradizione culinaria italiana detiene a livello internazionale e su come questo riconoscimento del “saper fare” possa rappresentare un vero e proprio volano per il brand enogastronomico italiano.
Per tutelare e sostenere gli esercenti che promuovono l’autenticità della tradizione culinaria del nostro Paese oltre i confini nazionali, ASACERT, ente riconosciuto dal mercato per l’erogazione dei servizi di valutazione, ispezione e certificazione, ha elaborato “ITA0039 | 100% Italian Taste Certification”, un protocollo specificamente pensato per salvaguardare non soltanto i consumatori – che grazie alla certificazione hanno la sicurezza di trovarsi in un ristorante italiano autentico – ma anche l’intera filiera produttiva.
Tra gli elementi della check list analizzati dagli auditor di ASACERT, infatti, particolare rilievo viene dato alle materie prime utilizzate per la produzione dei piatti serviti e alla lista dei vini, ingredienti fondamentali per comporre il giudizio di autenticità che condurrà al conseguimento della certificazione.
L’agroalimentare Made in Italy per essere valorizzato deve essere tutelato. Secondo fonti Coldiretti sale ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio. Questo per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale.
A far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche, come l’embargo russo, con un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato. A preoccupare è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali.
All’estero più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi ed un maggiore rigore a livello nazionale, come le nuove norme sull’etichettatura di origine Made in Italy degli alimenti, è importante per acquisire maggiore credibilità nei negoziati internazionali e battere il cosiddetto “Italian sounding”. Fenomeno questo che colpisce in misura diversa tutti i prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.
Sta di fatto però che nonostante numerose difficoltà strutturali l’export agroalimentare italiano è in crescita continua confermandosi uno dei settori più attivi dell’economia nazionale. E, secondo i dati raccolti da Filiera Italia, circa il 15% degli introiti derivanti dall’export del Made in Italy alimentare proviene dal settore della ristorazione, vera e propria punta di diamante per l’economia italiana all’estero.
Il Presidente di Federalimentare Ivano Vacondio ha di recente affermato che il settore dell’esportazione agroalimentare è cresciuto dell’81% negli ultimi 10 anni; tuttavia per riuscire a raggiungere la quota auspicata dei 50 miliardi di export dei prodotti alimentari servono nuovi accordi bilaterali con i maggiori partner commerciali della Penisola e soprattutto c’è bisogno di prese di posizione anche politiche a favore della produzione più autentica e contro il fenomeno dell’Italian Sounding e delle contraffazioni. Secondo alcune delle più importanti associazioni del settore food & beverage, tra le quali Federalimentare e Filiera Italia (realtà associativa nata sotto l’egida di Coldiretti), per sostenere la crescita economica dell’export agroalimentare servono misure immediate che permettano una più facile gestione degli scambi commerciali fra i diversi Paesi interessati.
Una delle richieste più pressanti riguarda la facilitazione dell’accesso ai mercati internazionali che andrebbe semplificato in modo tale da permettere anche alle imprese più piccole di rispondere in modo esaustivo alla domanda di esportazione. Nonostante le numerose difficoltà con le quali il settore dell’export si trova a combattere, è chiaro che un progetto condiviso anche dalle autorità competenti che punti alla promozione del Made in Italy potrebbe rappresentare la risposta più adatta alla stagnazione interna del settore.
Complice anche la recente rivalutazione della dieta mediterranea – classificata al primo posto nel ranking Best Diet 2019 dallo U.S. News & World Report – l’attenzione per il mondo agroalimentare italiano è cresciuta ulteriormente. All’estero, il nostro patrimonio enogastronomico è un’istituzione, come ha evidenziato Luigi Scordamaglia, Presidente del Centro Studi di Filiera Italia, focalizzando l’attenzione sull’importanza e il prestigio che la tradizione culinaria italiana detiene a livello internazionale e su come questo riconoscimento del “saper fare” possa rappresentare un vero e proprio volano per il brand enogastronomico italiano.
Per tutelare e sostenere gli esercenti che promuovono l’autenticità della tradizione culinaria del nostro Paese oltre i confini nazionali, ASACERT, ente riconosciuto dal mercato per l’erogazione dei servizi di valutazione, ispezione e certificazione, ha elaborato “ITA0039 | 100% Italian Taste Certification”, un protocollo specificamente pensato per salvaguardare non soltanto i consumatori – che grazie alla certificazione hanno la sicurezza di trovarsi in un ristorante italiano autentico – ma anche l’intera filiera produttiva.
Tra gli elementi della check list analizzati dagli auditor di ASACERT, infatti, particolare rilievo viene dato alle materie prime utilizzate per la produzione dei piatti serviti e alla lista dei vini, ingredienti fondamentali per comporre il giudizio di autenticità che condurrà al conseguimento della certificazione.
venerdì 11 ottobre 2019
Vino e marketing, Vinitaly: digitale, globale, educativa e sempre più incubatore di tendenze. Ecco tutte le novità della prossima edizione
Vinitaly prosegue nello sviluppo delle proprie direttrici: digitale, globale, educativa. La 54^ edizione della manifestazione veronese si presenta sempre più incubatore di tendenze, con nuove forme di linguaggio e di racconto multitarget. In programma nuove fiere in Sudamerica e Cina. 113 mila chilometri il business tour nel 2020.
Archiviata l’ultima edizione con un gradimento complessivo al 95,1% (fonte: customer satisfaction 2019, rilevazione indipendente) e con la nuova impostazione 4.0, il prossimo Vinitaly (dal 19 al 22 aprile) prosegue nello sviluppo delle proprie direttrici - digitale, globale, educativa - aggiungendo nuove caselle a un mosaico che anche nel 2020 supererà se stesso.
Il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, in occasione dello scorso incontro a Milano con gli stakeholder di Vinitaly, ha dichiarato che al netto di accorpamenti e uscite dal mercato, negli ultimi 5 anni la manifestazione veronese ha visto immutati il 95% dei suoi espositori. Un’alta fedeltà, unica nel panorama fieristico internazionale, che rappresenta il miglior biglietto da visita per una manifestazione che non cambia i propri protagonisti ma punta a renderli sempre più smart e globali.
L'intervento del direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, ha messo in risalto la maturata consapevolezza di poter contribuire alla crescita del business anche con nuove forme di linguaggio e di racconto multitarget. Vinitaly sarà inoltre sempre più incubatore di tendenze attraverso la rappresentazione fisica e virtuale dei trend emergenti nel panorama del vino made in Italy. Insomma anche il prossimo anno il mondo del vino sarà da noi e noi saremo nel mondo.
Da qui la crescita prevista per la 54^ edizione della manifestazione veronese dell’area Organic hall, l’ingresso degli Orange wine, la crescita della presenza di nuovi produttori esteri (Centro ed Est Europa, area Balcani), ma anche il nuovo spazio curato da Ian D’Agata Micromega wine, dedicato ad aziende con piccole produzioni a varietà indigena ad alto tasso qualitativo. Ad attraversare trasversalmente le tendenze del vino penserà poi anche la tecnologia: grazie all’indicizzazione di tutti i dati anche con tecniche ugc (user generated content) della Vinitaly directory, sarà possibile effettuare percorsi tematici attraverso un’app a portata di smartphone, il device più utilizzato per le info dagli operatori in fiera (60% dei casi).
Confermata anche l’Enoteca bio e Vinitaly Design, mentre ulteriori novità arriveranno da Enolitech, lo storico salone internazionale sulle tecnologie per la produzione che grazie all’interlocuzione con le imprese ha definito un percorso strutturato di presenza anche alle principali iniziative estere di Vinitaly, oltre a un prologo contenutistico previsto a Fieragricola.
Sul fronte commerciale, per il 2020 si annuncia infine un nuovo record dopo i primati registrati lo scorso anno (4.692 espositori in oltre 100mila mq netti e 33mila buyer esteri). Il punto più esaustivo sulla partecipazione, anche estera, sarà fatto al prossimo a wine2wine a Verona il 25 e 26 novembre. Al business forum targato Vinitaly, focus sulla sostenibilità sociale e sui mercati della domanda, su blockchain e innovazione digitale, ma anche l’annuncio di Wine Spectator dei 100 produttori italiani protagonisti a OperaWine 2020.
Lavori in corso, inoltre, per Vinitaly and the City e le sue contaminazioni tra vino, arte, musica e spettacolo pensate per i winelover a Verona e in provincia (80mila presenze lo scorso anno).
Vinitaly punta sulle sue nuove manifestazioni fieristiche internazionali, oltre che sulle diverse tappe estere in programma nel 2020. Obiettivo, crescere ancora con Wine South America, che ha visto la sua recente ultima edizione chiudere in aumento del 30% dei partecipanti internazionali, con più di 300 aziende espositrici da tredici Paesi e 6.600 operatori professionali da 21 nazioni. In Asia è già notevole l’interesse dimostrato per l’esordio di Wine to Asia a Shenzhen (9-11 novembre del prossimo anno), considerata la Silicon Valley del Dragone e piazza strategica per il business del vino, con il 30% degli importatori totali cinesi e città chiave della Guangdong-Hong Kong-Macao Greater Bay Area, che conta oltre 100 milioni di persone. Qui, per il lancio del nuovo salone realizzato in partnership con il socio cinese Pacco Communication Group, Veronafiere prevede la presenza di 400 espositori su una superficie di 40 mila mq lordi. L’evento b2b si configura fin da subito con un respiro internazionale, con una presenza di aziende italiane, europee ma anche dalla Cina e dal Nuovo Mondo. E con la partecipazione delle principali imprese delle tecnologie protagoniste a Enolitech. Complessivamente, il viaggio attorno al mondo del Food & Wine di Veronafiere nel 2020 sarà lungo oltre 113 mila chilometri (e ritorno). Stati Uniti, Russia, Cina, Brasile, Hong Kong, Thailandia, Olanda, Canada, Polonia, Germania, Messico, Regno Unito sono le tappe in calendario.
Archiviata l’ultima edizione con un gradimento complessivo al 95,1% (fonte: customer satisfaction 2019, rilevazione indipendente) e con la nuova impostazione 4.0, il prossimo Vinitaly (dal 19 al 22 aprile) prosegue nello sviluppo delle proprie direttrici - digitale, globale, educativa - aggiungendo nuove caselle a un mosaico che anche nel 2020 supererà se stesso.
Il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, in occasione dello scorso incontro a Milano con gli stakeholder di Vinitaly, ha dichiarato che al netto di accorpamenti e uscite dal mercato, negli ultimi 5 anni la manifestazione veronese ha visto immutati il 95% dei suoi espositori. Un’alta fedeltà, unica nel panorama fieristico internazionale, che rappresenta il miglior biglietto da visita per una manifestazione che non cambia i propri protagonisti ma punta a renderli sempre più smart e globali.
L'intervento del direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, ha messo in risalto la maturata consapevolezza di poter contribuire alla crescita del business anche con nuove forme di linguaggio e di racconto multitarget. Vinitaly sarà inoltre sempre più incubatore di tendenze attraverso la rappresentazione fisica e virtuale dei trend emergenti nel panorama del vino made in Italy. Insomma anche il prossimo anno il mondo del vino sarà da noi e noi saremo nel mondo.
Da qui la crescita prevista per la 54^ edizione della manifestazione veronese dell’area Organic hall, l’ingresso degli Orange wine, la crescita della presenza di nuovi produttori esteri (Centro ed Est Europa, area Balcani), ma anche il nuovo spazio curato da Ian D’Agata Micromega wine, dedicato ad aziende con piccole produzioni a varietà indigena ad alto tasso qualitativo. Ad attraversare trasversalmente le tendenze del vino penserà poi anche la tecnologia: grazie all’indicizzazione di tutti i dati anche con tecniche ugc (user generated content) della Vinitaly directory, sarà possibile effettuare percorsi tematici attraverso un’app a portata di smartphone, il device più utilizzato per le info dagli operatori in fiera (60% dei casi).
Confermata anche l’Enoteca bio e Vinitaly Design, mentre ulteriori novità arriveranno da Enolitech, lo storico salone internazionale sulle tecnologie per la produzione che grazie all’interlocuzione con le imprese ha definito un percorso strutturato di presenza anche alle principali iniziative estere di Vinitaly, oltre a un prologo contenutistico previsto a Fieragricola.
Sul fronte commerciale, per il 2020 si annuncia infine un nuovo record dopo i primati registrati lo scorso anno (4.692 espositori in oltre 100mila mq netti e 33mila buyer esteri). Il punto più esaustivo sulla partecipazione, anche estera, sarà fatto al prossimo a wine2wine a Verona il 25 e 26 novembre. Al business forum targato Vinitaly, focus sulla sostenibilità sociale e sui mercati della domanda, su blockchain e innovazione digitale, ma anche l’annuncio di Wine Spectator dei 100 produttori italiani protagonisti a OperaWine 2020.
Lavori in corso, inoltre, per Vinitaly and the City e le sue contaminazioni tra vino, arte, musica e spettacolo pensate per i winelover a Verona e in provincia (80mila presenze lo scorso anno).
Vinitaly punta sulle sue nuove manifestazioni fieristiche internazionali, oltre che sulle diverse tappe estere in programma nel 2020. Obiettivo, crescere ancora con Wine South America, che ha visto la sua recente ultima edizione chiudere in aumento del 30% dei partecipanti internazionali, con più di 300 aziende espositrici da tredici Paesi e 6.600 operatori professionali da 21 nazioni. In Asia è già notevole l’interesse dimostrato per l’esordio di Wine to Asia a Shenzhen (9-11 novembre del prossimo anno), considerata la Silicon Valley del Dragone e piazza strategica per il business del vino, con il 30% degli importatori totali cinesi e città chiave della Guangdong-Hong Kong-Macao Greater Bay Area, che conta oltre 100 milioni di persone. Qui, per il lancio del nuovo salone realizzato in partnership con il socio cinese Pacco Communication Group, Veronafiere prevede la presenza di 400 espositori su una superficie di 40 mila mq lordi. L’evento b2b si configura fin da subito con un respiro internazionale, con una presenza di aziende italiane, europee ma anche dalla Cina e dal Nuovo Mondo. E con la partecipazione delle principali imprese delle tecnologie protagoniste a Enolitech. Complessivamente, il viaggio attorno al mondo del Food & Wine di Veronafiere nel 2020 sarà lungo oltre 113 mila chilometri (e ritorno). Stati Uniti, Russia, Cina, Brasile, Hong Kong, Thailandia, Olanda, Canada, Polonia, Germania, Messico, Regno Unito sono le tappe in calendario.
La grande musica nei Musei Civici
Apertura straordinaria serale dei Mercati di Traiano con i concerti a cura del Teatro dell’Opera di Roma. Proseguono inoltre sabato e domenica gli appuntamenti gratuiti con la musica classica della Roma Tre Orchestra al Museo Barracco e al Museo Carlo Bilotti.
Fine settimana all’insegna della grande opera lirica e della musica classica quello in arrivo il 12 e 13 ottobre all’interno dei Musei Civici. Le attività promosse da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzate in collaborazione con le principali istituzioni culturali cittadine, partiranno in grande stile sabato 12 con l’apertura straordinaria serale dei Mercati di Traiano dalle ore 20 alle ore 24 in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma.
Al costo simbolico di un euro e gratuitamente per i possessori della MIC Card il pubblico potrà accedere al museo di via IV novembre per apprezzare i suoi spazi e le suggestive opere della mostra Mortali immortali, tesori del Sichuan nell’Antica Cina, lasciandosi accompagnare dalle più celebri arie liriche eseguite dalle voci di Rafaela Albuquerque (soprano), Domenico Pellicola (tenore), Timofei Baranov (baritono), e dalla pianista Elena Burova. Lo spettacolo dal titolo La storia, l’arte, la musica proporrà al pubblico, in diversi momenti della serata e in angoli differenti del museo, brani inconfondibili tratti da Don Giovanni di W.A. Mozart; da Roméo e Jiuliette di C. Gounod; da La traviata e da Rigoletto di G. Verdi; da Il barbiere di Siviglia di G. Rossini; da La bohème e da Edgar di G. Puccini. E ancora brani da Isabeau di P. Mascagni; da Aurora di E. Panizza e il Tango Don Pedro di Á. Villoldo.
Un’occasione unica durante la quale i visitatori potranno inoltre partecipare, in diverse fasce orarie (20.15; 20.45; 21.00; 21.30; 21.45; 22.15; 22.30 e 23.00), a visite guidate gratuite per gruppi di 30 persone (max), fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Ma non sarà solo la musica operistica ad accompagnare il fine settimana dei Musei Civici. Accanto all’apertura serale dei Mercati di Traiano, entrerà nel vivo anche la stagione concertistica curata da Roma Tre Orchestra con il sostegno della Regione Lazio. Il programma musicale, parte integrante del Laboratorio di Linguaggio Musicale 2019, proporrà sabato 12 e domenica 13 due nuovi appuntamenti con la musica classica nei musei del sistema a ingresso gratuito. Si comincerà sabato 12 ottobre alle 16.00 al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco con il concerto Le suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, alla viola durante il quale il giovane musicista Lorenzo Rundo (viola) eseguirà la Suite n. 5 in do minore BWV 1011 e la Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012 del celebre compositore tedesco. Domenica 13 ottobre alle 11.00, ultimo appuntamento del fine settimana al Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese con il concerto Intorno a Debussy. Andrea Carrozzo al sassofono e Valeria Fasiello al pianoforte proporranno ai visitatori i brani Prélude à l’après-midi d’un faune, Fêtes da “Nocturnes” (arr. Adrian Tully) e Rhapsodie di C. Debussy; Le petit âne blanc, Le vieux mendicant e Bajo la mesa da “Histoires” di J. Ibert; Scaramouche di D. Milhaud; Brillance di I. Gotkovsky.
PROGRAMMA
Sabato 12 ottobre dalle ore 20.30 alle ore 23.15
MERCATI DI TRAIANO – MUSEO DEI FORI IMPERIALI
“La storia, l’arte, la musica”
A cura del Teatro dell’Opera di Roma
Dalle 20.30 alle 20.45
- W.A. Mozart, da “Don Giovanni”: Deh, vieni alla finestra (Baranov)
- W.A. Mozart, da “Don Giovanni”: Là ci darem la mano (Baranov, Albuquerque)
- C. Gounod, da “Roméo et Juliette”: Je veux vivre (Albuquerque)
Dalle 21.15 alle 21.30
- G. Verdi, da “La traviata”: Lunge da lei…de’miei bollenti spiriti (Pellicola)
- G. Rossini, da “Il barbiere di Siviglia”: Cavatina di Figaro (Baranov)
- G. Verdi, da “Rigoletto”: Questa o quella (Pellicola)
Dalle 22.00 alle 22.15
- G. Puccini, da “La bohème”: Che gelida manina (Pellicola)
- G. Puccini, da “La bohème”: Quando m’en vo (Albuquerque)
- G. Puccini, da “Edgar”: Questo amor, vergogna mia (Baranov)
Dalle 22.30 alle 22.45
- P. Mascagni, da “Isabeau”: Non colombelle (Pellicola)
- Á. Villoldo, Tango Don Pedro (Burova)
- E. Panizza, da “Aurora”: Cancion a la bandera (Pellicola)
Dalle 23.00 alle 23.15
- C. Gounod, da “Roméo et Juliette”: Je veux vivre (Albuquerque)
- G. Puccini, da “Edgar”: Questo amor, vergogna mia (Baranov)
- G. Verdi, da “Rigoletto”: Questa o quella (Pellicola)
Con: Rafaela Albuquerque (soprano), Domenico Pellicola (tenore), Timofei Baranov (baritono), Elena Burova (pianoforte)
Sabato 12 ottobre ore 16.00
MUSEO DI SCULTURA ANTICA GIOVANNI BARRACCO
“Le suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, alla viola”
A cura di Roma Tre Orchestra
Suite n. 5 in do minore BWV 1011
Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012
Con: Lorenzo Rundo (viola)
Domenica 13 ottobre ore 11.00
MUSEO CARLO BILOTTI – ARANCIERA DI VILLA BORGHESE
“Intorno a Debussy”
A cura di Roma Tre Orchestra
C. Debussy: Prélude à l'après-midi d'un faune; Fêtes da “Nocturnes” (arr. Adrian Tully)
J. Ibert: Le petit âne blanc, Le vieux mendicant, Bajo la mesa da “Histoires”
C. Debussy: Rhapsodie
D. Milhaud: Scaramouche
I. Gotkovsky: Brillance
Con: Andrea Carrozzo (sassofono), Valeria Fasiello (pianoforte)
Info
Tel 060608 - www.museiincomuneroma.it
Facebook @Museiincomuneroma - Twitter @museiincomune
Instagram @Museiincomuneroma
Fine settimana all’insegna della grande opera lirica e della musica classica quello in arrivo il 12 e 13 ottobre all’interno dei Musei Civici. Le attività promosse da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzate in collaborazione con le principali istituzioni culturali cittadine, partiranno in grande stile sabato 12 con l’apertura straordinaria serale dei Mercati di Traiano dalle ore 20 alle ore 24 in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma.
Al costo simbolico di un euro e gratuitamente per i possessori della MIC Card il pubblico potrà accedere al museo di via IV novembre per apprezzare i suoi spazi e le suggestive opere della mostra Mortali immortali, tesori del Sichuan nell’Antica Cina, lasciandosi accompagnare dalle più celebri arie liriche eseguite dalle voci di Rafaela Albuquerque (soprano), Domenico Pellicola (tenore), Timofei Baranov (baritono), e dalla pianista Elena Burova. Lo spettacolo dal titolo La storia, l’arte, la musica proporrà al pubblico, in diversi momenti della serata e in angoli differenti del museo, brani inconfondibili tratti da Don Giovanni di W.A. Mozart; da Roméo e Jiuliette di C. Gounod; da La traviata e da Rigoletto di G. Verdi; da Il barbiere di Siviglia di G. Rossini; da La bohème e da Edgar di G. Puccini. E ancora brani da Isabeau di P. Mascagni; da Aurora di E. Panizza e il Tango Don Pedro di Á. Villoldo.
Un’occasione unica durante la quale i visitatori potranno inoltre partecipare, in diverse fasce orarie (20.15; 20.45; 21.00; 21.30; 21.45; 22.15; 22.30 e 23.00), a visite guidate gratuite per gruppi di 30 persone (max), fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Ma non sarà solo la musica operistica ad accompagnare il fine settimana dei Musei Civici. Accanto all’apertura serale dei Mercati di Traiano, entrerà nel vivo anche la stagione concertistica curata da Roma Tre Orchestra con il sostegno della Regione Lazio. Il programma musicale, parte integrante del Laboratorio di Linguaggio Musicale 2019, proporrà sabato 12 e domenica 13 due nuovi appuntamenti con la musica classica nei musei del sistema a ingresso gratuito. Si comincerà sabato 12 ottobre alle 16.00 al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco con il concerto Le suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, alla viola durante il quale il giovane musicista Lorenzo Rundo (viola) eseguirà la Suite n. 5 in do minore BWV 1011 e la Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012 del celebre compositore tedesco. Domenica 13 ottobre alle 11.00, ultimo appuntamento del fine settimana al Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese con il concerto Intorno a Debussy. Andrea Carrozzo al sassofono e Valeria Fasiello al pianoforte proporranno ai visitatori i brani Prélude à l’après-midi d’un faune, Fêtes da “Nocturnes” (arr. Adrian Tully) e Rhapsodie di C. Debussy; Le petit âne blanc, Le vieux mendicant e Bajo la mesa da “Histoires” di J. Ibert; Scaramouche di D. Milhaud; Brillance di I. Gotkovsky.
PROGRAMMA
Sabato 12 ottobre dalle ore 20.30 alle ore 23.15
MERCATI DI TRAIANO – MUSEO DEI FORI IMPERIALI
“La storia, l’arte, la musica”
A cura del Teatro dell’Opera di Roma
Dalle 20.30 alle 20.45
- W.A. Mozart, da “Don Giovanni”: Deh, vieni alla finestra (Baranov)
- W.A. Mozart, da “Don Giovanni”: Là ci darem la mano (Baranov, Albuquerque)
- C. Gounod, da “Roméo et Juliette”: Je veux vivre (Albuquerque)
Dalle 21.15 alle 21.30
- G. Verdi, da “La traviata”: Lunge da lei…de’miei bollenti spiriti (Pellicola)
- G. Rossini, da “Il barbiere di Siviglia”: Cavatina di Figaro (Baranov)
- G. Verdi, da “Rigoletto”: Questa o quella (Pellicola)
Dalle 22.00 alle 22.15
- G. Puccini, da “La bohème”: Che gelida manina (Pellicola)
- G. Puccini, da “La bohème”: Quando m’en vo (Albuquerque)
- G. Puccini, da “Edgar”: Questo amor, vergogna mia (Baranov)
Dalle 22.30 alle 22.45
- P. Mascagni, da “Isabeau”: Non colombelle (Pellicola)
- Á. Villoldo, Tango Don Pedro (Burova)
- E. Panizza, da “Aurora”: Cancion a la bandera (Pellicola)
Dalle 23.00 alle 23.15
- C. Gounod, da “Roméo et Juliette”: Je veux vivre (Albuquerque)
- G. Puccini, da “Edgar”: Questo amor, vergogna mia (Baranov)
- G. Verdi, da “Rigoletto”: Questa o quella (Pellicola)
Con: Rafaela Albuquerque (soprano), Domenico Pellicola (tenore), Timofei Baranov (baritono), Elena Burova (pianoforte)
Sabato 12 ottobre ore 16.00
MUSEO DI SCULTURA ANTICA GIOVANNI BARRACCO
“Le suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, alla viola”
A cura di Roma Tre Orchestra
Suite n. 5 in do minore BWV 1011
Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012
Con: Lorenzo Rundo (viola)
Domenica 13 ottobre ore 11.00
MUSEO CARLO BILOTTI – ARANCIERA DI VILLA BORGHESE
“Intorno a Debussy”
A cura di Roma Tre Orchestra
C. Debussy: Prélude à l'après-midi d'un faune; Fêtes da “Nocturnes” (arr. Adrian Tully)
J. Ibert: Le petit âne blanc, Le vieux mendicant, Bajo la mesa da “Histoires”
C. Debussy: Rhapsodie
D. Milhaud: Scaramouche
I. Gotkovsky: Brillance
Con: Andrea Carrozzo (sassofono), Valeria Fasiello (pianoforte)
Info
Tel 060608 - www.museiincomuneroma.it
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mercoledì 9 ottobre 2019
Viticoltura di precisione. Il vantaggio di dialogare con la pianta: arriva il robot per la gestione sostenibile ed efficiente del vigneto
Arriva il robot autonomo che sfrutta un software DSS (Decision Support System) in grado di elaborare i dati e decidere le operazioni agronomiche da svolgere. Il sistema è in grado di fornire al viticoltore informazioni veloci e sicure per la gestione sostenibile ed efficiente del vigneto. Il Veneto è la prima regione ad utilizzarlo.
Più che un sistema, un ecosistema. Si chiamano DSS, in ambito vitivinicolo fanno parte delle numerose nuove tecnologie al cui sviluppo si è assistito negli ultimi decenni, in quanto producono una grande quantità d’informazioni veloci, sicure e ad un costo accessibile. Questi sistemi lavorando in sinergia hanno portato allo sviluppo di una gestione agricola su scala fine o sito-specifica, definita Agricoltura di Precisione o Precision Agriculture (PA). In tal senso, il robot, che nasce nell'ambito del progetto Rovitis 4.0, è connesso appunto a DSS, un sistema di supporto alle decisioni che il viticoltore deve intraprendere nella gestione efficiente del vigneto in chiave sostenibile.
Più che un sistema, un ecosistema. Si chiamano DSS, in ambito vitivinicolo fanno parte delle numerose nuove tecnologie al cui sviluppo si è assistito negli ultimi decenni, in quanto producono una grande quantità d’informazioni veloci, sicure e ad un costo accessibile. Questi sistemi lavorando in sinergia hanno portato allo sviluppo di una gestione agricola su scala fine o sito-specifica, definita Agricoltura di Precisione o Precision Agriculture (PA). In tal senso, il robot, che nasce nell'ambito del progetto Rovitis 4.0, è connesso appunto a DSS, un sistema di supporto alle decisioni che il viticoltore deve intraprendere nella gestione efficiente del vigneto in chiave sostenibile.
DSS (Decision Support System)
I DSS si configurano come veri e propri ecosistemi, in quanto ogni dato rilevato dal sistema si “relaziona” con gli altri, entrando a far parte di un complesso eterogeneo di dati che va a comporre l’informazione finale in mano all’utente che potrà sapere in ogni momento qual è, non solo lo stato di salute della pianta, ma dell’intero sistema in cui sta crescendo, dalle condizioni del meteo a quelle del suolo, e a correggere le nostre azioni di conseguenza; insomma un vero e proprio “dialogo” con la pianta. Ma non solo, in un contesto climatico come quello attuale con l’alternarsi di gelate e siccità, è ormai diventato imperativo essere in grado di prevedere il comportamento delle colture in relazione ad ogni scenario e di agire tempestivamente per arginare i possibili danni. In altre parole, i DSS sono in grado di rendere le colture più resilienti e le nostre azioni più intelligenti.
Il Veneto e la viticoltura di precisione
Rovitis 4.0 intende realizzare il concetto di azienda autogestita, basata su mezzi autonomi che navigano nel vigneto senza la presenza dell'operatore e che sappiano riconoscere come intervenire in campo rispetto alle reali esigenze delle colture. Ciò verrà realizzato attraverso il dialogo tra mezzo robotico, sensoristica e DSS che sarà presente sia a bordo del mezzo, sia localizzata in campo. L’interfaccia fra queste due realtà operative verrà realizzata attraverso un software DSS (Sistema di Supporto alle Decisioni) in grado di elaborare i dati e decidere le operazioni agronomiche da svolgere.
L’intervento dell’operatore sarà limitato alla conferma degli interventi suggeriti dal DSS, alle operazioni di carico dei fitofarmaci, ed alle operazioni di rifornimento dl carburante. Il risultato atteso è pertanto la realizzazione di un robot di piccole dimensioni progettato per contenere i costi ed essere facilmente ammortizzabile anche per le piccole aziende. L’utilizzo coordinato di più macchine rende tuttavia applicabile tale soluzione anche per le aziende di medio-grandi dimensioni.
I vantaggi sono: economici (riduzione manodopera, ottimizzazione risorse, migliore produzione), ambientali (riduzione fitofarmaci) e sociali (riduzione rischi). Costi di realizzazione contenuti consentiranno l'accessibilità anche alle piccole aziende (tipiche in Veneto). L'effettiva convenienza sarà definita sperimentando sia in azienda convenzionale che biologica.
Il progetto prevede lo sviluppo di 2 robot prototipali che verranno messi a punto con verifiche tramite 3 test in vigneto di: sicurezza e performance guida automatica, sicurezza e corretta interazione robot-DSS e robot-robot, efficacia interventi in vigneto; capacità del sistema robot+DSS di gestire in autonomia i trattamenti fitosanitari attraverso la circolarità dell’informazione; confronto tra le pratiche di gestione tradizionali in vigneto versus i benefici legati all’innovazione introdotta dal progetto, dimostrando l’efficacia di questi ultimi e quantificandone la convenienza economica dell’investimento considerando la riduzione dei costi di manodopera, razionalizzazione di costi e materie prime dovuti all’automazione dei processi, infine l'aspetto ambientale determinato dalla capacita dei robot di riconoscere lo stato della coltura e le zone sensibili per tarare in autonomia la dose dei fitofarmaci adeguata.
Nel comparto vino il Veneto è la prima regione produttrice d’Italia (10.208.920 ettolitri di vino) e con i suoi 87.000 Ha a fine 2016 si avvia ad essere anche la prima regione in termini di superficie vitata. Il settore vitivinicolo veneto però, per poter rimanere competitivo, deve puntare in futuro a pratiche agronomiche e di precision farming più attuali, che includano l’applicazione dei principi della viticoltura di precisione. Nel corso degli ultimi anni, nel settore vitivinicolo, sono state sviluppate e adattate molte tecnologie volte a migliorare la gestione aziendale (razionalizzazione delle concimazioni, riduzione dei consumi idrici, dei fitofarmaci, ecc.), basate su sistemi di raccolta di informazioni che abbinano hardware e software innovativi in grado di analizzare dati da fonti multiple (immagini e sensori di ultima generazione), in tempo reale. Con tali tecniche è possibile effettuare interventi mirati di concimazione, irrigazione e protezione delle piante diversificati su singole parcelle nell’ambito di uno stesso appezzamento, permettendo al viticoltore di migliorare
le rese qualitative del proprio vigneto. Tuttavia molte delle soluzioni attualmente proposte sul mercato hanno forti limiti di costo o applicabilità. Solo le aziende viticole con almeno qualche decina di ettari possono pensare di dotarsi di questi impianti, mentre tutte le altre piccole-medie aziende Venete si troverebbero in difficoltà nell'adeguamento tecnologico, restando escluse dai processi di innovazione. Da queste considerazioni è nata l'idea del progetto Rovitis 4.0.
Il progetto Rovitis 4.0
Rovitis 4.0 intende realizzare il concetto di azienda autogestita, basata su mezzi autonomi che navigano nel vigneto senza la presenza dell'operatore e che sappiano riconoscere come intervenire in campo rispetto alle reali esigenze delle colture. Ciò verrà realizzato attraverso il dialogo tra mezzo robotico, sensoristica e DSS che sarà presente sia a bordo del mezzo, sia localizzata in campo. L’interfaccia fra queste due realtà operative verrà realizzata attraverso un software DSS (Sistema di Supporto alle Decisioni) in grado di elaborare i dati e decidere le operazioni agronomiche da svolgere.
L’intervento dell’operatore sarà limitato alla conferma degli interventi suggeriti dal DSS, alle operazioni di carico dei fitofarmaci, ed alle operazioni di rifornimento dl carburante. Il risultato atteso è pertanto la realizzazione di un robot di piccole dimensioni progettato per contenere i costi ed essere facilmente ammortizzabile anche per le piccole aziende. L’utilizzo coordinato di più macchine rende tuttavia applicabile tale soluzione anche per le aziende di medio-grandi dimensioni.
I vantaggi sono: economici (riduzione manodopera, ottimizzazione risorse, migliore produzione), ambientali (riduzione fitofarmaci) e sociali (riduzione rischi). Costi di realizzazione contenuti consentiranno l'accessibilità anche alle piccole aziende (tipiche in Veneto). L'effettiva convenienza sarà definita sperimentando sia in azienda convenzionale che biologica.
Il progetto prevede lo sviluppo di 2 robot prototipali che verranno messi a punto con verifiche tramite 3 test in vigneto di: sicurezza e performance guida automatica, sicurezza e corretta interazione robot-DSS e robot-robot, efficacia interventi in vigneto; capacità del sistema robot+DSS di gestire in autonomia i trattamenti fitosanitari attraverso la circolarità dell’informazione; confronto tra le pratiche di gestione tradizionali in vigneto versus i benefici legati all’innovazione introdotta dal progetto, dimostrando l’efficacia di questi ultimi e quantificandone la convenienza economica dell’investimento considerando la riduzione dei costi di manodopera, razionalizzazione di costi e materie prime dovuti all’automazione dei processi, infine l'aspetto ambientale determinato dalla capacita dei robot di riconoscere lo stato della coltura e le zone sensibili per tarare in autonomia la dose dei fitofarmaci adeguata.
lunedì 7 ottobre 2019
Canova. Eterna bellezza, al via la mostra-evento dedicata al massimo interprete della scultura neoclassica.
Il Museo di Roma ospita “Canova. Eterna bellezza”, esposizione con oltre 170 opere e prestigiosi prestiti da importanti Musei e collezioni italiane e straniere del massimo interprete della scultura neoclassica. Dal 9 ottobre al 15 marzo 2020.
Ho letto che gli antichi una volta prodotto un suono erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi dalle regole dell’armonia. Così deve fare l’artista che lavora ad un nudo
Prende il via presso il Museo di Roma la mostra-evento incentrata sul legame tra Antonio Canova e la città di Roma che, fra Settecento e Ottocento, fu la fucina del suo genio e un’inesauribile fonte di ispirazione. Un rapporto, quello tra lo scultore e la città, che emerge in una miriade di aspetti unici e irripetibili.
Incorniciati all’interno di un allestimento dall’eccezionale effetto scenografico, oltre 170 opere di Canova e artisti a lui coevi animano le sale del Museo di Roma in Palazzo Braschi: in uno spettacolare gioco di luci e ombre, tra eleganti movenze e apparizioni di mitiche divinità, l’esposizione capitolina racconterà in 13 sezioni l’arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò
giungendo nell’Urbe nel 1779.
Attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche, lungo il percorso espositivo sarà rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l’artista, a fine Settecento, accoglieva i suoi ospiti nell’atelier di via delle Colonnette.
A definire la trama del racconto, preziosi prestiti provenienti da importanti Musei e collezioni: l’Ermitage di San Pietroburgo, i Musei Vaticani e Capitolini, la Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, il Museo Civico di Bassano del Grappa, il Museo Correr di Venezia, il Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, le Accademie di Belle Arti di Bologna e di Ravenna, l'Accademia Nazionale di San Luca, il Musée des Augustins di Toulouse, i Musei di Strada Nuova-Palazzo Tursi di Genova, fino al Museo Civico di Asolo, solo per citarne alcuni.
La mostra Canova. Eterna bellezza, promossa e prodotta da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - SovrintendenzaCapitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, organizzata con Zètema
Progetto Cultura e curata da Giuseppe Pavanello, è ospitata fino al 15 marzo 2020 al Museo di Roma.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Luca e con Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno.
Museo di Roma - Palazzo Braschi
Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza
San Pantaleo, 10
T. +39 060608 (tutti i giorni ore 9 - 19)
www.museodiroma.it;
www.museiincomune.it; www.arthemisia.it
@museiincomune #CanovaRoma
Prende il via presso il Museo di Roma la mostra-evento incentrata sul legame tra Antonio Canova e la città di Roma che, fra Settecento e Ottocento, fu la fucina del suo genio e un’inesauribile fonte di ispirazione. Un rapporto, quello tra lo scultore e la città, che emerge in una miriade di aspetti unici e irripetibili.
Incorniciati all’interno di un allestimento dall’eccezionale effetto scenografico, oltre 170 opere di Canova e artisti a lui coevi animano le sale del Museo di Roma in Palazzo Braschi: in uno spettacolare gioco di luci e ombre, tra eleganti movenze e apparizioni di mitiche divinità, l’esposizione capitolina racconterà in 13 sezioni l’arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò
giungendo nell’Urbe nel 1779.
Attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche, lungo il percorso espositivo sarà rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l’artista, a fine Settecento, accoglieva i suoi ospiti nell’atelier di via delle Colonnette.
A definire la trama del racconto, preziosi prestiti provenienti da importanti Musei e collezioni: l’Ermitage di San Pietroburgo, i Musei Vaticani e Capitolini, la Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, il Museo Civico di Bassano del Grappa, il Museo Correr di Venezia, il Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, le Accademie di Belle Arti di Bologna e di Ravenna, l'Accademia Nazionale di San Luca, il Musée des Augustins di Toulouse, i Musei di Strada Nuova-Palazzo Tursi di Genova, fino al Museo Civico di Asolo, solo per citarne alcuni.
La mostra Canova. Eterna bellezza, promossa e prodotta da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - SovrintendenzaCapitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, organizzata con Zètema
Progetto Cultura e curata da Giuseppe Pavanello, è ospitata fino al 15 marzo 2020 al Museo di Roma.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Luca e con Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno.
Museo di Roma - Palazzo Braschi
Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza
San Pantaleo, 10
T. +39 060608 (tutti i giorni ore 9 - 19)
www.museodiroma.it;
www.museiincomune.it; www.arthemisia.it
@museiincomune #CanovaRoma
sabato 5 ottobre 2019
Alimentazione e scienza, la caffeina migliora la capacità di lettura e la percezione globale
Team di ricercatori dell'Università di Padova, Firenze e Bergamo scopre che con sole due tazzine di caffè si legge più velocemente aumentando la percezione globale delle scene visive. E a livello linguistico, la caffeina sembra anche migliorare le prestazioni nelle attività di ragionamento semantico. Il lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista «Journal of Psychopharmacology».
La caffeina è uno degli ingredienti psicoattivi più consumati al mondo. Ogni giorno vengono consumate circa 1,6 miliardi di tazze di caffè. Un team di ricercatori dell'Università di Padova, Firenze e Bergamo ha scoperto che le attività che svolgiamo quotidianamente, quali ad esempio leggere, possono essere influenzate dal consumo di questo composto chimico naturalmente presente nei chicchi di caffè.
A livello percettivo, la caffeina sembra migliorare la percezione globale di una scena visiva. La percezione globale – controllata principalmente dai circuiti attenzionali dell'emisfero destro – risulta causalmente connessa alle capacità di lettura. Infatti le abilità di percezione globale già dalla scuola dell’infanzia predicono lo sviluppo delle future abilità di lettura negli anni successivi. Inoltre, in persone con difficoltà di lettura, i training comportamentali che migliorano le abilità di percezione globale risultano migliorare anche le capacità di lettura e le prestazioni nelle attività di ragionamento semantico.
Queste le premesse all’articolo Caffeine improves text reading and global perception pubblicato sulla prestigiosa rivista «Journal of Psychopharmacology» e realizzato da ricercatori delle Università di Padova, Firenze e Bergamo.
«Per queste ragioni abbiamo ipotizzato che l'assunzione di caffeina – facilitando la percezione globale e il ragionamento semantico – avrebbe potuto migliorare anche le prestazioni in specifici compiti di lettura – spiega il Dr. Sandro Franceschini, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e primo autore della ricerca -. In questo articolo presentiamo i risultati di due studi in doppio cieco che hanno coinvolto 78 persone. Dimostriamo che in coloro che quotidianamente consumano basse o normali quantità di caffeina, una singola dose di 200 mg di questa sostanza (circa due caffè espressi) accelera la velocità di lettura del testo. Il miglioramento della velocità osservato nella lettura del testo non era generalizzato a compiti di lettura di liste di parole singole o di parole senza senso.»
Come aggiunge la Dr.ssa Sara Bertoni, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e coautrice, «è importante sottolineare che i miglioramenti nelle capacità di lettura erano accompagnati da un cambiamento nella percezione globale degli stimoli visivi, senza che fosse rilevato alcun effetto sulle funzioni di allerta, sulle abilità di orientamento dell'attenzione, sulle funzioni esecutive o fonologiche, dimostrando la presenza di una connessione specifica tra la rapidità nella lettura del testo e i meccanismi attenzionali dell'emisfero destro, coinvolti nell’esecuzione di compiti semantici e nella percezione visiva globale.»
«Inoltre – dice il Dr. Matteo Lulli, Dipartimento di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche “Mario Serio” dell’Università di Firenze e coautore, – in questo studio dimostriamo l'importanza paradossale di una piccola privazione del sonno per ottenere maggiori effetti benefici della caffeina. Con una deprivazione di sonno di due ore, bere due caffè porta a leggere questo comunicato stampa risparmiando circa sei secondi.»
Questi risultati potrebbero avere grandi implicazioni per una migliore comprensione dei disturbi della lettura e di altri disturbi del neurosviluppo caratterizzati da un deficit di percezione globale.
La caffeina è uno degli ingredienti psicoattivi più consumati al mondo. Ogni giorno vengono consumate circa 1,6 miliardi di tazze di caffè. Un team di ricercatori dell'Università di Padova, Firenze e Bergamo ha scoperto che le attività che svolgiamo quotidianamente, quali ad esempio leggere, possono essere influenzate dal consumo di questo composto chimico naturalmente presente nei chicchi di caffè.
A livello percettivo, la caffeina sembra migliorare la percezione globale di una scena visiva. La percezione globale – controllata principalmente dai circuiti attenzionali dell'emisfero destro – risulta causalmente connessa alle capacità di lettura. Infatti le abilità di percezione globale già dalla scuola dell’infanzia predicono lo sviluppo delle future abilità di lettura negli anni successivi. Inoltre, in persone con difficoltà di lettura, i training comportamentali che migliorano le abilità di percezione globale risultano migliorare anche le capacità di lettura e le prestazioni nelle attività di ragionamento semantico.
Queste le premesse all’articolo Caffeine improves text reading and global perception pubblicato sulla prestigiosa rivista «Journal of Psychopharmacology» e realizzato da ricercatori delle Università di Padova, Firenze e Bergamo.
«Per queste ragioni abbiamo ipotizzato che l'assunzione di caffeina – facilitando la percezione globale e il ragionamento semantico – avrebbe potuto migliorare anche le prestazioni in specifici compiti di lettura – spiega il Dr. Sandro Franceschini, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e primo autore della ricerca -. In questo articolo presentiamo i risultati di due studi in doppio cieco che hanno coinvolto 78 persone. Dimostriamo che in coloro che quotidianamente consumano basse o normali quantità di caffeina, una singola dose di 200 mg di questa sostanza (circa due caffè espressi) accelera la velocità di lettura del testo. Il miglioramento della velocità osservato nella lettura del testo non era generalizzato a compiti di lettura di liste di parole singole o di parole senza senso.»
Come aggiunge la Dr.ssa Sara Bertoni, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e coautrice, «è importante sottolineare che i miglioramenti nelle capacità di lettura erano accompagnati da un cambiamento nella percezione globale degli stimoli visivi, senza che fosse rilevato alcun effetto sulle funzioni di allerta, sulle abilità di orientamento dell'attenzione, sulle funzioni esecutive o fonologiche, dimostrando la presenza di una connessione specifica tra la rapidità nella lettura del testo e i meccanismi attenzionali dell'emisfero destro, coinvolti nell’esecuzione di compiti semantici e nella percezione visiva globale.»
«Inoltre – dice il Dr. Matteo Lulli, Dipartimento di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche “Mario Serio” dell’Università di Firenze e coautore, – in questo studio dimostriamo l'importanza paradossale di una piccola privazione del sonno per ottenere maggiori effetti benefici della caffeina. Con una deprivazione di sonno di due ore, bere due caffè porta a leggere questo comunicato stampa risparmiando circa sei secondi.»
Questi risultati potrebbero avere grandi implicazioni per una migliore comprensione dei disturbi della lettura e di altri disturbi del neurosviluppo caratterizzati da un deficit di percezione globale.
venerdì 4 ottobre 2019
Formazione, il Master of Science in Wine Management OIV per futuri quadri e decision makers della filiera del vino
L'OIV, Organizzazione internazionale della vigna e del vino, ogni anno permette il conseguimento del diploma internazionale in Management nel settore vitivinicolo attraverso AUIV l'Associazione Universitaria Internazionale del Vino.
Creato nel 1986, ll Master of Science in Wine Management, nasce su iniziativa dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino che ha individuato l'importante necessità di un programma di formazione di alto livello internazionale che preveda tutti gli aspetti della gestione del settore vitivinicolo (marketing, gestione, economia, diritto, risorse umane, comunicazione) a livello internazionale e rivolto esclusivamente a futuri quadri e decision makers della filiera del vino, pronti per essere collocati in una posizione di responsabilità e di decisione nelle organizzazioni e aziende di settore.
Il diploma internazionale, si inserisce nel terzo ciclo universitario per dottorati di ricerca e scuole di specializzazione e costituisce il quadro operativo per una formazione multi-sites. I candidati di tutte le nazionalità sono selezionati dopo aver completato con successo 4 anni di istruzione superiore nel campo scienze del management, scienze umane e tecniche.
La formazione, in lingua inglese e francese, si svolge nell'arco di 16 mesi ed è organizzato in 30 moduli ciascuno dedicato a un tema specifico e ad un paese di accoglienza oggetto di studio (pedagogia esperienziale transnazionale). Per ogni modulo, un'università o un centro professionale costituisce il polo organizzativo. In Italia, Università degli Studi di Bologna, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Basilicata.
La sua dimensione internazionale si esprime attraverso un percorso accademico che conduce ogni anno gli studenti alla scoperta di oltre 20 paesi interessati da produzione, commercio e consumo di vino. Con i suoi membri di 35 nazionalità diverse, infatti, l'Associazione Universitaria Internazionale del Vino costituisce una concreta rete di informazioni e cooperazione manageriale mondiale, caratterizzata dalla mobilità dei suoi attori e dalla ricchezza del suo intranet.
OIV MSc & Alumni Network svolgono inoltre un ruolo particolarmente attivo e determinante nell'accompagnamento dei progetti degli studenti e nell'inserimento professionale dei nuovi diplomati.
Quest'anno la 32ª edizione del Master dell'OIV "MSc in Wine Management" ha preso il via il primo di ottobre. Gli studenti provenienti da Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Francia, Russia, Lettonia, Germania, Taiwan e Canada, attraverso progetti internazionali di vario tipo, hanno iniziato il loro anno accademico a Parigi, presso la nuova sede dell'OIV. Dopo una presentazione dell'Organizzazione e delle sue attività a cura dei diversi capi unità, gli studenti sono stati accolti dal direttore generale, Pau Roca, che ha esposto il prossimo Piano strategico dell'OIV e le principali sfide del settore vitivinicolo.
Dossier completo di presentazione [FR] [EN]
Scheda di candidatura [FR]
Calendario [FR]
Per maggiori informazioni: OIV MSc & Alumni Network - Montpellier SupAgro website
Creato nel 1986, ll Master of Science in Wine Management, nasce su iniziativa dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino che ha individuato l'importante necessità di un programma di formazione di alto livello internazionale che preveda tutti gli aspetti della gestione del settore vitivinicolo (marketing, gestione, economia, diritto, risorse umane, comunicazione) a livello internazionale e rivolto esclusivamente a futuri quadri e decision makers della filiera del vino, pronti per essere collocati in una posizione di responsabilità e di decisione nelle organizzazioni e aziende di settore.
Il diploma internazionale, si inserisce nel terzo ciclo universitario per dottorati di ricerca e scuole di specializzazione e costituisce il quadro operativo per una formazione multi-sites. I candidati di tutte le nazionalità sono selezionati dopo aver completato con successo 4 anni di istruzione superiore nel campo scienze del management, scienze umane e tecniche.
La formazione, in lingua inglese e francese, si svolge nell'arco di 16 mesi ed è organizzato in 30 moduli ciascuno dedicato a un tema specifico e ad un paese di accoglienza oggetto di studio (pedagogia esperienziale transnazionale). Per ogni modulo, un'università o un centro professionale costituisce il polo organizzativo. In Italia, Università degli Studi di Bologna, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Basilicata.
La sua dimensione internazionale si esprime attraverso un percorso accademico che conduce ogni anno gli studenti alla scoperta di oltre 20 paesi interessati da produzione, commercio e consumo di vino. Con i suoi membri di 35 nazionalità diverse, infatti, l'Associazione Universitaria Internazionale del Vino costituisce una concreta rete di informazioni e cooperazione manageriale mondiale, caratterizzata dalla mobilità dei suoi attori e dalla ricchezza del suo intranet.
OIV MSc & Alumni Network svolgono inoltre un ruolo particolarmente attivo e determinante nell'accompagnamento dei progetti degli studenti e nell'inserimento professionale dei nuovi diplomati.
Quest'anno la 32ª edizione del Master dell'OIV "MSc in Wine Management" ha preso il via il primo di ottobre. Gli studenti provenienti da Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Francia, Russia, Lettonia, Germania, Taiwan e Canada, attraverso progetti internazionali di vario tipo, hanno iniziato il loro anno accademico a Parigi, presso la nuova sede dell'OIV. Dopo una presentazione dell'Organizzazione e delle sue attività a cura dei diversi capi unità, gli studenti sono stati accolti dal direttore generale, Pau Roca, che ha esposto il prossimo Piano strategico dell'OIV e le principali sfide del settore vitivinicolo.
Dossier completo di presentazione [FR] [EN]
Scheda di candidatura [FR]
Calendario [FR]
Per maggiori informazioni: OIV MSc & Alumni Network - Montpellier SupAgro website
Vino e ricerca, gestione sostenibile del suolo e valorizzazione del paesaggio, il Soave lancia il progetto Soilution System
Soilution System è un progetto innovativo attivato dal Consorzio Tutela Soave per la gestione sostenibile del suolo e la valorizzazione del paesaggio. Al centro il viticoltore effettivo custode di un territorio Patrimonio agricolo Globale.
Lotta all’erosione del suolo, prevenzione dei rischi idrogeologici e ricerca di nuove soluzioni per ridurre la meccanizzazione a favore di pratiche meno impattanti sull’ambiente. Questi sono gli obiettivi principali di Soilution System, un progetto innovativo attivato dal Consorzio Tutela Soave, che ha ottenuto uno dei punteggi più alti mai realizzati in fase di valutazione.
Alla base di tutto vi è la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e la riduzione del rischio di erosione. Il progetto prevede l’impiego di droni per la creazione di modelli 3D ad alta risoluzione di vigneti situati in aree a forte pendenza, al fine di una migliore comprensione dei processi di instabilità (erosione e frane). Queste informazioni verranno poi migliorate mediante un monitoraggio effettuato a terra dei fenomeni di dissesto, con rilievi post-evento e, quando possibile, analisi in tempo reale. Il progetto è seguito da Paolo Tarolli (Coordinatore Scientifico del progetto) e Andrea Pitacco dell’Università di Padova: il risultato è quello di individuare le principali forme di instabilità e prevenire quindi il dissesto, evidenziando le aree di maggiore criticità per potere intervenire in maniera puntuale sia in fase di progettazione di vigneto sia per la sua sistemazione.
La lavorazione di vigneti in forte pendenza è infatti una delle caratteristiche principali della viticoltura del Soave, e non sempre gli attuali macchinari si dimostrano adeguati, in quanto pesanti o poco manovrabili. Il progetto si prefigura lo sviluppo di prototipi dimostrativi attraverso operatrici elettriche leggere per i vigneti in collina, che non compattano il suolo e permettano di operare in sicurezza su forti pendenze per le operazioni di sottofila.
Anche i muretti a secco e ciglioni sono oggetto di studio e intervento, in quanto il ripristino di questi manufatti è sempre molto oneroso per il viticoltore. Il progetto mira infatti alla ricerca di soluzioni “low cost”, con barre vibroinfisse che stabilizzino e consolidino le strutture esistenti e prevenirne quindi i crolli.
L’erosione si contrasta infine con l’inerbimento, con un occhio di riguardo ai miscugli autoctoni di specie erbacee, che diventano anche un supporto operativo per la lotta integrata contro gli insetti nocivi. Il progetto è seguito da Nicola Tormen di WBA e Enrico Marchesini di AGREA.
Il progetto coinvolge oltre il Soave, il Consorzio del Lessini Durello, l’Università di Padova, WBA (World Biodiversity Association), AGREA, il Consorzio di Bonifica dell’Alta Pianura Veneta e IRECOOP Veneto, oltre ad alcune aziende agricole del territorio e rientra nella misura 16 della Regione Veneto con lo scopo di trovare soluzioni, valutarle e testarle per stimolare l’innovazione nelle aziende. Una conservazione dinamica del sito GIAHS-FAO del Soave come previsto nell’Action Plan che il Consorzio ha presentato con la candidatura.
Durante l’autunno lo stesso progetto, che sta suscitando grandissimo interesse nel mondo accademico, verrà presentato anche in Inghilterra a Brighton e in Cina a Shangai, oltre che in varie tappe nel territorio nazionale.
«Soilution System è probabilmente uno dei progetti più complessi che abbiamo mai implementato – spiega Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Soave – gli obiettivi sono l’aumento della sostenibilità ambientale attraverso tecniche con un alto grado di applicabilità ed economicità che non siano impattanti sulle aziende dal punto di vista finanziario ma che siano innovative dal punto di vista del risultato finale. I viticoltori potranno operare una sorta di rivoluzione dal basso a favore dell’ambiente, trasformandosi effettivamente nei custodi di un territorio che è Patrimonio agricolo Globale.»
Lotta all’erosione del suolo, prevenzione dei rischi idrogeologici e ricerca di nuove soluzioni per ridurre la meccanizzazione a favore di pratiche meno impattanti sull’ambiente. Questi sono gli obiettivi principali di Soilution System, un progetto innovativo attivato dal Consorzio Tutela Soave, che ha ottenuto uno dei punteggi più alti mai realizzati in fase di valutazione.
Alla base di tutto vi è la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e la riduzione del rischio di erosione. Il progetto prevede l’impiego di droni per la creazione di modelli 3D ad alta risoluzione di vigneti situati in aree a forte pendenza, al fine di una migliore comprensione dei processi di instabilità (erosione e frane). Queste informazioni verranno poi migliorate mediante un monitoraggio effettuato a terra dei fenomeni di dissesto, con rilievi post-evento e, quando possibile, analisi in tempo reale. Il progetto è seguito da Paolo Tarolli (Coordinatore Scientifico del progetto) e Andrea Pitacco dell’Università di Padova: il risultato è quello di individuare le principali forme di instabilità e prevenire quindi il dissesto, evidenziando le aree di maggiore criticità per potere intervenire in maniera puntuale sia in fase di progettazione di vigneto sia per la sua sistemazione.
La lavorazione di vigneti in forte pendenza è infatti una delle caratteristiche principali della viticoltura del Soave, e non sempre gli attuali macchinari si dimostrano adeguati, in quanto pesanti o poco manovrabili. Il progetto si prefigura lo sviluppo di prototipi dimostrativi attraverso operatrici elettriche leggere per i vigneti in collina, che non compattano il suolo e permettano di operare in sicurezza su forti pendenze per le operazioni di sottofila.
Anche i muretti a secco e ciglioni sono oggetto di studio e intervento, in quanto il ripristino di questi manufatti è sempre molto oneroso per il viticoltore. Il progetto mira infatti alla ricerca di soluzioni “low cost”, con barre vibroinfisse che stabilizzino e consolidino le strutture esistenti e prevenirne quindi i crolli.
L’erosione si contrasta infine con l’inerbimento, con un occhio di riguardo ai miscugli autoctoni di specie erbacee, che diventano anche un supporto operativo per la lotta integrata contro gli insetti nocivi. Il progetto è seguito da Nicola Tormen di WBA e Enrico Marchesini di AGREA.
Il progetto coinvolge oltre il Soave, il Consorzio del Lessini Durello, l’Università di Padova, WBA (World Biodiversity Association), AGREA, il Consorzio di Bonifica dell’Alta Pianura Veneta e IRECOOP Veneto, oltre ad alcune aziende agricole del territorio e rientra nella misura 16 della Regione Veneto con lo scopo di trovare soluzioni, valutarle e testarle per stimolare l’innovazione nelle aziende. Una conservazione dinamica del sito GIAHS-FAO del Soave come previsto nell’Action Plan che il Consorzio ha presentato con la candidatura.
Durante l’autunno lo stesso progetto, che sta suscitando grandissimo interesse nel mondo accademico, verrà presentato anche in Inghilterra a Brighton e in Cina a Shangai, oltre che in varie tappe nel territorio nazionale.
«Soilution System è probabilmente uno dei progetti più complessi che abbiamo mai implementato – spiega Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Soave – gli obiettivi sono l’aumento della sostenibilità ambientale attraverso tecniche con un alto grado di applicabilità ed economicità che non siano impattanti sulle aziende dal punto di vista finanziario ma che siano innovative dal punto di vista del risultato finale. I viticoltori potranno operare una sorta di rivoluzione dal basso a favore dell’ambiente, trasformandosi effettivamente nei custodi di un territorio che è Patrimonio agricolo Globale.»
mercoledì 2 ottobre 2019
Vino e territori, Pinot Grigio delle Venezie: il primo convegno dedicato alla varietà
I valori del Pinot Grigio delle Venezie Doc al centro del primo convegno interamente dedicato alla varietà. A Venezia, il prossimo 14 ottobre.
Identità, Valorizzazione e Tutela per la DOC del Pinot grigio in scena nel cuore della città lagunare a tracciare il futuro di una giovane grande Denominazione. Il Consorzio del Pinot grigio delle Venezie DOC coordina il primo convegno internazionale dedicato ai valori del Pinot grigio. Al centro del dibattito e delle degustazioni, il vino bianco italiano tranquillo più venduto al mondo proveniente da Friuli Venezia Giulia, Trentino, Veneto, si presenterà a stampa specializzata italiana ed estera e a operatori di settore in un importante momento di confronto per fare il punto su presente e prospettive future di questo vino di indiscusso successo.
Una denominazione unica quella del Pinot Grigio delle Venezie a rappresentanza di un Triveneto protagonista di questo importante evento: la sfida del Consorzio è partita nel 2016 con il riconoscimento della nuova DOC e l’obiettivo ora diventa il riposizionamento del Pinot grigio italiano sul mercato internazionale attraverso lo sviluppo di una denominazione dal profilo unitario e dalle caratteristiche ben distinte.
Quasi la metà della produzione mondiale di questo vitigno proviene dall’Italia, dove l’85% si concentra proprio nell’areale del Triveneto. Non tanto un primato nazionale quanto un “fenomeno Nordest”: un’area produttiva molto vasta che unisce, climaticamente e culturalmente, la Provincia Autonoma di Trento, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Oltre 26 mila ettari gli ettari oggi finalmente riuniti sotto il cappello “delle Venezie”.
“La campagna di comunicazione del Consorzio esprime l’idea dello “Stile Italiano”: una grande sfida dell’eccellenza nel trasmettere una forte identità territoriale legata alla storia di questo vitigno” – dichiara Albino Armani, Presidente del Consorzio – “La quasi totalità del prodotto Doc viene venduta oltre confine. In particolare negli Stati Uniti con il 37% delle quote export, a seguire, Gran Bretagna con il 27% e Germania, il 10%”. “Il nostro lavoro vuole garantire un Pinot grigio nazionale capace di distinguersi per personalità e qualità, grazie a una riduzione delle rese per ettaro e a una meticolosa attività di controlli e analisi organolettiche. L’obiettivo è di offrire un vino che vada oltre il vitigno per mostrarsi con un’immagine diversa, in cui emergano territorio e uva di eccellenza”.
Al convegno di Venezia saranno presenti alcuni noti esperti provenienti dai principali mercati stranieri di riferimento, tra cui Emma Dawson MW (buyer Berkmann Wine Cellars, Londra), per il mercato inglese, sul tema “In UK è una questione di stile”, Christy Canterbury MW (giornalista di New York), per il mercato americano, “Un fenomeno Born in the USA”. Tra le autorevoli testimonianze italiane, Ettore Nicoletto (AD Gruppo Santa Margherita) “La forza del brand, la responsabilità dei pionieri”, Sandro Sartor (MD Constellation Brands Europe, Middle East, Africa and Ruffino) “Una nuova DOC e la tutela dei valori sui mercati globali”, Alberto Marchisio (DG Cantine Vitevis) “Da commodity a progetto di territorio”, Flavio Innocenzi (DC Veronafiere) “Interpretare, promuovere e difendere l’origine italiana nel mondo”.
Identità, Valorizzazione e Tutela per la DOC del Pinot grigio in scena nel cuore della città lagunare a tracciare il futuro di una giovane grande Denominazione. Il Consorzio del Pinot grigio delle Venezie DOC coordina il primo convegno internazionale dedicato ai valori del Pinot grigio. Al centro del dibattito e delle degustazioni, il vino bianco italiano tranquillo più venduto al mondo proveniente da Friuli Venezia Giulia, Trentino, Veneto, si presenterà a stampa specializzata italiana ed estera e a operatori di settore in un importante momento di confronto per fare il punto su presente e prospettive future di questo vino di indiscusso successo.
Una denominazione unica quella del Pinot Grigio delle Venezie a rappresentanza di un Triveneto protagonista di questo importante evento: la sfida del Consorzio è partita nel 2016 con il riconoscimento della nuova DOC e l’obiettivo ora diventa il riposizionamento del Pinot grigio italiano sul mercato internazionale attraverso lo sviluppo di una denominazione dal profilo unitario e dalle caratteristiche ben distinte.
Quasi la metà della produzione mondiale di questo vitigno proviene dall’Italia, dove l’85% si concentra proprio nell’areale del Triveneto. Non tanto un primato nazionale quanto un “fenomeno Nordest”: un’area produttiva molto vasta che unisce, climaticamente e culturalmente, la Provincia Autonoma di Trento, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Oltre 26 mila ettari gli ettari oggi finalmente riuniti sotto il cappello “delle Venezie”.
“La campagna di comunicazione del Consorzio esprime l’idea dello “Stile Italiano”: una grande sfida dell’eccellenza nel trasmettere una forte identità territoriale legata alla storia di questo vitigno” – dichiara Albino Armani, Presidente del Consorzio – “La quasi totalità del prodotto Doc viene venduta oltre confine. In particolare negli Stati Uniti con il 37% delle quote export, a seguire, Gran Bretagna con il 27% e Germania, il 10%”. “Il nostro lavoro vuole garantire un Pinot grigio nazionale capace di distinguersi per personalità e qualità, grazie a una riduzione delle rese per ettaro e a una meticolosa attività di controlli e analisi organolettiche. L’obiettivo è di offrire un vino che vada oltre il vitigno per mostrarsi con un’immagine diversa, in cui emergano territorio e uva di eccellenza”.
Al convegno di Venezia saranno presenti alcuni noti esperti provenienti dai principali mercati stranieri di riferimento, tra cui Emma Dawson MW (buyer Berkmann Wine Cellars, Londra), per il mercato inglese, sul tema “In UK è una questione di stile”, Christy Canterbury MW (giornalista di New York), per il mercato americano, “Un fenomeno Born in the USA”. Tra le autorevoli testimonianze italiane, Ettore Nicoletto (AD Gruppo Santa Margherita) “La forza del brand, la responsabilità dei pionieri”, Sandro Sartor (MD Constellation Brands Europe, Middle East, Africa and Ruffino) “Una nuova DOC e la tutela dei valori sui mercati globali”, Alberto Marchisio (DG Cantine Vitevis) “Da commodity a progetto di territorio”, Flavio Innocenzi (DC Veronafiere) “Interpretare, promuovere e difendere l’origine italiana nel mondo”.
martedì 1 ottobre 2019
Vino e mercati, Brasile: crescono le vendite online con grandi prospettive di crescita
Brasile terzo mercato del vino più grande attraverso i canali online. L'E-commerce nel Paese è rappresentato da aziende come Wine.com.br e Evino.com.br che coprono circa il 95% delle vendite. Le sfide, le opportunità e la crescita del mercato sono state discusse alla tavola rotonda nell'ambito del Wine South America.
Il Brasile diventa il terzo più grande mercato del vino attraverso i canali online con quasi un terzo delle bottiglie commercializzate secondo solo a Cina e Regno Unito.
Si è svolto a Bento Gonçalves, il convegno nell'ambito del Wine South America che ha visto presenti i due principali attori del mercato di vendite online di vino in Brasile: Wine.com.br e Evino.com.br, che hanno presentato tendenze e prospettive di crescita di un grande mercato come quello brasiliano.
Anche se il consumo pro capite di vino in Brasile è basso - poco più di due litri, secondo l'OIV - c'è una grande opportunità per i canali online di crescere ancora di più nei prossimi anni.
Rogério Salume, fondatore e presidente di Wine.com.br, società di vendite di vino online considerata il precursore di questo modello di business in Brasile attiva da 11 anni, con 140.000 partner e oltre 1 milione di clienti, ha evidenziato l'importanza di unire le forze per espandere il mercato del vino in Brasile attraverso un accordo comune che è fondamentale per sviluppare questo segmento. Sicuramente nei prossimi anni si assisterà ad un miglioramento dell'economia brasiliana e il mercato del vino deve essere preparato per questo momento. Importante sarà l'abbattimento di alcune barriere che ostacolano questa crescita, come la percezione del prezzo ed i vantaggi in termini di costi.
L'e-commerce è legato alla distribuzione insieme ad una tecnologia che permetta di offrire informazioni al consumatore. Un aspetto difficile è la fidelizzazione del cliente, ovvero le strategie affinché tornino ad acquistare sul sito e sull'app. Un'altra sfida è quella di espandersi ad altri canali, seguendo il concetto di "Omni Channel" ovvero la capacità di orchestrare sotto un'unica regia le interazioni del cliente con il brand automatizzandole attraverso tutti i canali di contatto disponibili, come appunto i negozi online ma anche quelli fisici, il direct marketing via social, email, sms, app, in sostanza allargare una sempre più ampia gamma di canali collegati tra loro. Attualmente Wine.com.br ha già sei negozi in Brasile con l'obiettivo di raggiungerne cento. E questo in considerazione del fatto che in Brasile vive una popolazione di 211 milioni di persone ed il potenziale da sfruttare è enorme.
Ari Gorenstein, CEO di Evino.com.br, un'azienda attiva da sei anni con 950.000 clienti e circa 1,3 milioni di download in-app, sostiene che le barriere da abbattere sono sì il prezzo dei vini ma facendo però aumentare la percezione del costo-beneficio. L'industria del vino sta facendo un ottimo lavoro nel comunicare un prodotto che resta ancorato come status symbol o comunque ancora di nicchia. E lo fa rendendo più semplice un linguaggio che ancora lo vede rappresentato da gerghi o comunque parole molto tecniche, in tal senso il cliente medio può capire ed essere attratto dall'acquisto. Oltre all'aspetto economico inoltre bisogna stimolare la cultura e l'educazione al vino. I consumatori devono essere influenzati continuamente con l'aiuto dei canali di vendita online e quelli tradizionali.
La crescita delle vendite attraverso app è stata molto rapida. Attualmente raggiunge il 40% delle vendite dell'azienda con preferenze per i vini rosati, gli spumanti e sempre più attenzione verso prodotti biologici.
Importanza del commercio elettronico nel mercato brasiliano
- Ci sono oltre 8 milioni di consumatori di vino online in Brasile, di cui 1,7 milioni effettuano acquisti regolari su Internet. Le vendite online sono cresciute del 40% nell'ultimo anno, secondo un sondaggio della società di marketing Wine Intelligence.
- Il profilo dell'acquirente online è giovane, più disposto a provare nuovi prodotti, ad alto reddito e consuma vini più regolarmente
- Le fonti di informazione più comunemente utilizzate per i consumatori di vino online sono le app, i siti di e-commerce e i produttori di vino.
Il Brasile diventa il terzo più grande mercato del vino attraverso i canali online con quasi un terzo delle bottiglie commercializzate secondo solo a Cina e Regno Unito.
Si è svolto a Bento Gonçalves, il convegno nell'ambito del Wine South America che ha visto presenti i due principali attori del mercato di vendite online di vino in Brasile: Wine.com.br e Evino.com.br, che hanno presentato tendenze e prospettive di crescita di un grande mercato come quello brasiliano.
Anche se il consumo pro capite di vino in Brasile è basso - poco più di due litri, secondo l'OIV - c'è una grande opportunità per i canali online di crescere ancora di più nei prossimi anni.
Rogério Salume, fondatore e presidente di Wine.com.br, società di vendite di vino online considerata il precursore di questo modello di business in Brasile attiva da 11 anni, con 140.000 partner e oltre 1 milione di clienti, ha evidenziato l'importanza di unire le forze per espandere il mercato del vino in Brasile attraverso un accordo comune che è fondamentale per sviluppare questo segmento. Sicuramente nei prossimi anni si assisterà ad un miglioramento dell'economia brasiliana e il mercato del vino deve essere preparato per questo momento. Importante sarà l'abbattimento di alcune barriere che ostacolano questa crescita, come la percezione del prezzo ed i vantaggi in termini di costi.
L'e-commerce è legato alla distribuzione insieme ad una tecnologia che permetta di offrire informazioni al consumatore. Un aspetto difficile è la fidelizzazione del cliente, ovvero le strategie affinché tornino ad acquistare sul sito e sull'app. Un'altra sfida è quella di espandersi ad altri canali, seguendo il concetto di "Omni Channel" ovvero la capacità di orchestrare sotto un'unica regia le interazioni del cliente con il brand automatizzandole attraverso tutti i canali di contatto disponibili, come appunto i negozi online ma anche quelli fisici, il direct marketing via social, email, sms, app, in sostanza allargare una sempre più ampia gamma di canali collegati tra loro. Attualmente Wine.com.br ha già sei negozi in Brasile con l'obiettivo di raggiungerne cento. E questo in considerazione del fatto che in Brasile vive una popolazione di 211 milioni di persone ed il potenziale da sfruttare è enorme.
Ari Gorenstein, CEO di Evino.com.br, un'azienda attiva da sei anni con 950.000 clienti e circa 1,3 milioni di download in-app, sostiene che le barriere da abbattere sono sì il prezzo dei vini ma facendo però aumentare la percezione del costo-beneficio. L'industria del vino sta facendo un ottimo lavoro nel comunicare un prodotto che resta ancorato come status symbol o comunque ancora di nicchia. E lo fa rendendo più semplice un linguaggio che ancora lo vede rappresentato da gerghi o comunque parole molto tecniche, in tal senso il cliente medio può capire ed essere attratto dall'acquisto. Oltre all'aspetto economico inoltre bisogna stimolare la cultura e l'educazione al vino. I consumatori devono essere influenzati continuamente con l'aiuto dei canali di vendita online e quelli tradizionali.
La crescita delle vendite attraverso app è stata molto rapida. Attualmente raggiunge il 40% delle vendite dell'azienda con preferenze per i vini rosati, gli spumanti e sempre più attenzione verso prodotti biologici.
Importanza del commercio elettronico nel mercato brasiliano
- Ci sono oltre 8 milioni di consumatori di vino online in Brasile, di cui 1,7 milioni effettuano acquisti regolari su Internet. Le vendite online sono cresciute del 40% nell'ultimo anno, secondo un sondaggio della società di marketing Wine Intelligence.
- Il profilo dell'acquirente online è giovane, più disposto a provare nuovi prodotti, ad alto reddito e consuma vini più regolarmente
- Le fonti di informazione più comunemente utilizzate per i consumatori di vino online sono le app, i siti di e-commerce e i produttori di vino.
Distillati, in crescita la grappa bio. Istituto Tutela Grappa del Trentino fa il punto della situazione dell’annata in corso
Produzione in lieve calo rispetto allo scorso anno, nessun particolare problema in distilleria grazie alla qualità delle vinacce. La Grappa del Trentino, quella col tridente, si avvia verso un’ottima annata con grappe bianche profumate, rosse equilibrate, ottime le basi per le invecchiate. Il fenomeno: cresce la grappa “biologica” grazie all’incremento di vinacce da uve bio.
Gli alambicchi del Trentino sono ufficialmente accesi. Con la vendemmia leggermente posticipata rispetto allo scorso anno, anche l’attività di distillazione nelle oltre venti distillerie dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino è cominciata e ormai da una ventina di giorni; giorno e notte si lavora per ottenere uno dei prodotti più rappresentativi d’Italia nel panorama dei distillati.
L’Istituto di Tutela, il più longevo e il primo in Italia per il settore, fa il punto della situazione sull’annata in corso. «Come sempre un commento più specifico può essere fatto soltanto a fine lavoro, tuttavia la materia prima che sta arrivando in distilleria è di ottima qualità e fa presagire a una annata di grande livello per la grappa del Trentino – spiega il presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino, Mirko Scarabello – in questo momento siamo all’inizio del lavoro, anche se come noto il nostro disciplinare rispetto agli altri in Italia prevede la chiusura degli alambicchi entro il 31 dicembre, ma per novembre le vinacce trentine saranno senz’altro già distillate».
L’annata che verrà
Sarà leggermente in calo la produzione, di circa il 10-15% rispetto al 2018 quando invece si era avuto un importante incremento rispetto alla precedente, il 2017, annata in linea con quella di quest’anno. I presupposti per un’ottima annata ci sono in quanto si è verificata una acidità delle uve mediamente alta, fattore questo che determina la sanità e qualità delle vinacce in fase di fermentazione e conservazione e come sempre sarà la mano del distillatore a dare il plus che la grappa col Tridente riserva. Dopo circa due mesi dalla fine della distillazione la grappa si sarà “riarmonizzata” e a quel punto sarà possibile fare un bilancio organico. L’annata è particolarmente favorevole per le uve a bacca rossa, visto l’andamento climatico e il buon grado di maturazione raggiunto, ma anche nelle valli dove si vendemmiano in prevalenza vitigni a bacca bianca le rese sono buone e la qualità della vinaccia notevole, con profumi di grande livello. Rispetto agli anni precedenti è in continua crescita la disponibilità di vinaccia da uve biologiche che quindi daranno origine a grappa bio, un fenomeno questo dato soprattutto dalla conformità del territorio che prevede un clima che agevola questo tipo di coltivazione. Il KM 0 previsto dal disciplinare, insieme all’obbligo di utilizzare vinacce trentine ed entro il 31 dicembre per le grappe a marchio Grappa del Trentino, resta un sinonimo di unicità e qualità assoluta della grappa prodotta in questa provincia d’Italia, unico caso nel mondo.
L’Istituto
L'Istituto di Tutela della Grappa del Trentino è stato fondato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 25 soci dei quali 22 sono distillatori e rappresentano la quasi totalità della produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”. Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 7.500 ettanidri di grappa (il 10% del totale nazionale in bottiglie da 70 cl) vale a dire circa 2,5 milioni di bottiglie equivalenti, distillando 130 mila quintali di vinaccia. Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve bianche e aromatiche (60% del totale) e il restante 40% uve a bacca rossa.
Gli alambicchi del Trentino sono ufficialmente accesi. Con la vendemmia leggermente posticipata rispetto allo scorso anno, anche l’attività di distillazione nelle oltre venti distillerie dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino è cominciata e ormai da una ventina di giorni; giorno e notte si lavora per ottenere uno dei prodotti più rappresentativi d’Italia nel panorama dei distillati.
L’Istituto di Tutela, il più longevo e il primo in Italia per il settore, fa il punto della situazione sull’annata in corso. «Come sempre un commento più specifico può essere fatto soltanto a fine lavoro, tuttavia la materia prima che sta arrivando in distilleria è di ottima qualità e fa presagire a una annata di grande livello per la grappa del Trentino – spiega il presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino, Mirko Scarabello – in questo momento siamo all’inizio del lavoro, anche se come noto il nostro disciplinare rispetto agli altri in Italia prevede la chiusura degli alambicchi entro il 31 dicembre, ma per novembre le vinacce trentine saranno senz’altro già distillate».
L’annata che verrà
Sarà leggermente in calo la produzione, di circa il 10-15% rispetto al 2018 quando invece si era avuto un importante incremento rispetto alla precedente, il 2017, annata in linea con quella di quest’anno. I presupposti per un’ottima annata ci sono in quanto si è verificata una acidità delle uve mediamente alta, fattore questo che determina la sanità e qualità delle vinacce in fase di fermentazione e conservazione e come sempre sarà la mano del distillatore a dare il plus che la grappa col Tridente riserva. Dopo circa due mesi dalla fine della distillazione la grappa si sarà “riarmonizzata” e a quel punto sarà possibile fare un bilancio organico. L’annata è particolarmente favorevole per le uve a bacca rossa, visto l’andamento climatico e il buon grado di maturazione raggiunto, ma anche nelle valli dove si vendemmiano in prevalenza vitigni a bacca bianca le rese sono buone e la qualità della vinaccia notevole, con profumi di grande livello. Rispetto agli anni precedenti è in continua crescita la disponibilità di vinaccia da uve biologiche che quindi daranno origine a grappa bio, un fenomeno questo dato soprattutto dalla conformità del territorio che prevede un clima che agevola questo tipo di coltivazione. Il KM 0 previsto dal disciplinare, insieme all’obbligo di utilizzare vinacce trentine ed entro il 31 dicembre per le grappe a marchio Grappa del Trentino, resta un sinonimo di unicità e qualità assoluta della grappa prodotta in questa provincia d’Italia, unico caso nel mondo.
L’Istituto
L'Istituto di Tutela della Grappa del Trentino è stato fondato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 25 soci dei quali 22 sono distillatori e rappresentano la quasi totalità della produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”. Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 7.500 ettanidri di grappa (il 10% del totale nazionale in bottiglie da 70 cl) vale a dire circa 2,5 milioni di bottiglie equivalenti, distillando 130 mila quintali di vinaccia. Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve bianche e aromatiche (60% del totale) e il restante 40% uve a bacca rossa.
Vino e export, non c’è competitività senza sostenibilità
Stimolare il dibattito sulla visione globale della sostenibilità e sull'importanza di certificarla nonché arrivare alla condivisione di regole comuni valide nell'ambito vitivinicolo. Sono queste le tematiche dell'incontro “Sustainable Wine: Going Glocal” di Equalitas alla Milano Wine Week 2019.
La sostenibilità rappresenta un driver strategico di sviluppo per il settore vitivinicolo e allo stesso tempo un fattore indispensabile per poter presidiare i mercati. L’ente di normazione Equalitas propone un modello unico e condiviso per il settore vitivinicolo italiano, in linea con le richieste di mercato sempre più green oriented.
Riflettori accesi sul binomio vino e sostenibilità alla Milano Wine Week 2019, la kermesse vitivinicola che mira a diffondere la cultura enologica. Non c’è competitività senza sostenibilità, nel mondo vitivinicolo così come in altri settori. Partirà da questo pensiero l’incontro promosso da Equalitas - l’ente di normazione controllato da Federdoc insieme a Gambero Rosso, Valoritalia, Csqa e 3A Vino – e in programma il prossimo giovedì 10 ottobre alle ore 9.30 presso Palazzo Bovara (Corso Venezia, 51 – Milano) nell’ambito della Milano Wine Week 2019.
Un convegno, dal titolo Sustainable Wine: Going Glocal. Verso una contaminazione incrociata, globale e locale, che vedrà il coinvolgimento di produttori, mondo politico, stakeholder, unioni di imprese e grandi buyer per fare il punto su un tema quanto mai decisivo e strategico per il comparto vitivinicolo a livello locale, territoriale ma anche mondiale. Sarà inoltre l’occasione per sottolineare l’impegno di Wine Institute, Legambiente e Eataly, in prima linea per raggiungere l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita e di conservazione del pianeta.
“Il cambiamento climatico – spiega Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc e titolare dell’omonima azienda certificata Equalitas – ci sta imponendo di riesaminare le logiche che stanno alla base del nostro modo di agire per mantenere la qualità del prodotto ed essere competitivi. Oggi infatti la sostenibilità rappresenta un driver strategico di sviluppo per il settore vitivinicolo e allo stesso tempo un fattore indispensabile per poter presidiare i mercati. In questo senso, lo standard Equalitas per le cantine è un protocollo di sostenibilità virtuoso non solo perché abbraccia tre pilastri (sociale, ambientale ed economico), si muove su tre dimensioni produttive (impresa, prodotto finito e territorio) e si regge su requisiti oggettivi, ma anche perché rappresenta uno standard di riferimento per la gestione e la promozione del vino sostenibile nelle principali piazze produttive mondiali. L’incontro che terremo a Milano avrà dunque un duplice obiettivo. Da una parte stimolare il dibattito sulla visione globale della sostenibilità e sull’importanza di certificarla e dall’altra arrivare alla condivisione di regole comuni valide nell’ambito vitivinicolo così come in altri settori”.
In un momento in cui il valore delle esportazioni enoiche a livello globale vale più di 84 miliardi di euro e dove le emissioni di gas serra di un singolo paese hanno effetti sul clima dell’intero pianeta, è essenziale infatti lavorare sinergicamente per avere regole condivise e ottenere protocolli di sostenibilità allineati, in grado di sintetizzare le istanze delle imprese, della società e del mercato.
“Oggi - aggiunge il presidente di Equalitas, Stefano Zanette - possiamo ritenerci pienamente soddisfatti della capacità dello standard Equalitas di essere un concreto strumento di lavoro per aziende e territori, come il sistema Prosecco di cui sono anche presidente. Ma dobbiamo continuare a lavorare al fine di garantire la crescita di una cultura omogenea della sostenibilità a livello mondiale, non solo perché i nostri mercati sono strettamente collegati tra loro, ma perché lo sono anche gli impatti e le conseguenze del nostro fare impresa quotidiano”.
La sostenibilità rappresenta un driver strategico di sviluppo per il settore vitivinicolo e allo stesso tempo un fattore indispensabile per poter presidiare i mercati. L’ente di normazione Equalitas propone un modello unico e condiviso per il settore vitivinicolo italiano, in linea con le richieste di mercato sempre più green oriented.
Riflettori accesi sul binomio vino e sostenibilità alla Milano Wine Week 2019, la kermesse vitivinicola che mira a diffondere la cultura enologica. Non c’è competitività senza sostenibilità, nel mondo vitivinicolo così come in altri settori. Partirà da questo pensiero l’incontro promosso da Equalitas - l’ente di normazione controllato da Federdoc insieme a Gambero Rosso, Valoritalia, Csqa e 3A Vino – e in programma il prossimo giovedì 10 ottobre alle ore 9.30 presso Palazzo Bovara (Corso Venezia, 51 – Milano) nell’ambito della Milano Wine Week 2019.
Un convegno, dal titolo Sustainable Wine: Going Glocal. Verso una contaminazione incrociata, globale e locale, che vedrà il coinvolgimento di produttori, mondo politico, stakeholder, unioni di imprese e grandi buyer per fare il punto su un tema quanto mai decisivo e strategico per il comparto vitivinicolo a livello locale, territoriale ma anche mondiale. Sarà inoltre l’occasione per sottolineare l’impegno di Wine Institute, Legambiente e Eataly, in prima linea per raggiungere l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita e di conservazione del pianeta.
“Il cambiamento climatico – spiega Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc e titolare dell’omonima azienda certificata Equalitas – ci sta imponendo di riesaminare le logiche che stanno alla base del nostro modo di agire per mantenere la qualità del prodotto ed essere competitivi. Oggi infatti la sostenibilità rappresenta un driver strategico di sviluppo per il settore vitivinicolo e allo stesso tempo un fattore indispensabile per poter presidiare i mercati. In questo senso, lo standard Equalitas per le cantine è un protocollo di sostenibilità virtuoso non solo perché abbraccia tre pilastri (sociale, ambientale ed economico), si muove su tre dimensioni produttive (impresa, prodotto finito e territorio) e si regge su requisiti oggettivi, ma anche perché rappresenta uno standard di riferimento per la gestione e la promozione del vino sostenibile nelle principali piazze produttive mondiali. L’incontro che terremo a Milano avrà dunque un duplice obiettivo. Da una parte stimolare il dibattito sulla visione globale della sostenibilità e sull’importanza di certificarla e dall’altra arrivare alla condivisione di regole comuni valide nell’ambito vitivinicolo così come in altri settori”.
In un momento in cui il valore delle esportazioni enoiche a livello globale vale più di 84 miliardi di euro e dove le emissioni di gas serra di un singolo paese hanno effetti sul clima dell’intero pianeta, è essenziale infatti lavorare sinergicamente per avere regole condivise e ottenere protocolli di sostenibilità allineati, in grado di sintetizzare le istanze delle imprese, della società e del mercato.
“Oggi - aggiunge il presidente di Equalitas, Stefano Zanette - possiamo ritenerci pienamente soddisfatti della capacità dello standard Equalitas di essere un concreto strumento di lavoro per aziende e territori, come il sistema Prosecco di cui sono anche presidente. Ma dobbiamo continuare a lavorare al fine di garantire la crescita di una cultura omogenea della sostenibilità a livello mondiale, non solo perché i nostri mercati sono strettamente collegati tra loro, ma perché lo sono anche gli impatti e le conseguenze del nostro fare impresa quotidiano”.
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