La Bolivia è uno dei paesi meno conosciuti in ambito vitivinicolo, eppure la sua produzione di vino è unica al mondo: a Tarija, centro dell'industria vinicola boliviana l'uva viene coltivata a oltre 2.500 metri sul livello del mare, in un contesto climatico che fa acquisire ai vini una straordinaria ricchezza aromatica. Sono i premiati "vini d'alta quota" che oggi fanno parlare di sé e attirano sempre più consensi grazie al lavoro di un numero crescente di aziende che si affidano alla ricerca e a moderne tecniche sia in vigneto che in cantina.
Ma la vitivinicoltura si sta facendo strada in termini di qualità ed il settore sta apportando nuovo valore e crescita all'economia del Paese. Il vino della Bolivia, di fatto, ha una lunga tradizione che risale all'inizio del XVI secolo. La sua storia inizia con l'arrivo delle prime barbatelle attraverso il Perù, ad opera dei gesuiti e religiosi agostiniani che realizzarono i primi vigneti proprio nel dipartimento di Tarija. Nel 1925 fu fondata la prima azienda vinicola a San Pedro, vicino alla città di Camargo, i cui proprietari erano le famiglie Ortiz e Patiño. Poi successivamente arrivarono le cantine El Rancho, San Remo ed altre. L'uva a quel tempo veniva utilizzata solo per la produzione del Singani, distillato molto apprezzato che assurge a bevanda nazionale.
Il processo di industrializzazione del vino iniziò negli anni '70 e principalmente nel sud del paese dove veniva prodotto un vino comune rosso e bianco. Nel 1982 il settore vitivinicolo boliviano si affossò a causa dell'importazione di varietà di vite soggette a malattie e solo nel 1986, grazie agli sforzi del governo e di altre organizzazioni, fu creato il Centro Vinificazione nazionale. Nel 2018, il vino boliviano è entrato per la prima volta nella collezione del Museo Cité du Vin di Bordeaux, considerato il sito più importante dei vini del mondo.
Negli ultimi anni sono stati fatti importanti investimenti per portare le migliori varietà di vite nel paese. Oggi si produce vino da varietà quali Cabernet Sauvignon, Malbec, Barbera e Merlot, Riesling, Franc Colombard e Chardonnay. In Bolivia la produzione di vino convive con quella del Singani generando oltre 200 milioni di dollari all'anno e mano d'opera ad oltre 5.000 lavoratori diretti e indiretti. Come accennato la qualità del vino boliviano ha una caratteristica unica propria dell'area di produzione la cui l'altezza varia da 1.500 a 3.000 metri sul livello del mare. Ciò consente di sfruttare una maggiori aromi, sapori e concentrazione di flavonoidi.
Il vero e proprio boom del settore vinicolo nel paese si è verificato circa dieci anni fa, con le prime attività nella valle centrale di Tarija, dedicate all'enoturismo, che prevedevano la visita e il tour di cantine diverse, siano esse con tecnologia all'avanguardia o quelle che mantengono ancora le tradizionali tecniche di vinificazione, sia di singani sia di vino o entrambe. Su iniziativa di diverse aziende vinicole, furono costituite le strade del vino e le Singani de Altura.
Per sfruttare l'altitudine, molte cantine hanno iniziato a coltivare uva Tannat. Questa varietà, originaria della Francia e oggi coltivata in molte regioni vinicole di tutto il mondo, ha una buccia più spessa per resistere all'intensa luce solare delle alte quote e regala vini vibranti, raffinati e con una complessità impressionante.
La crescente importanza dell'industria vinicola della Bolivia porta ogni anno migliaia di visitatori a Tarija. Oggi è ancora difficile trovare vino boliviano all'estero ed è disponibile solo in una manciata di negozi negli Stati Uniti. Quasi tutto viene venduto in Bolivia. Lo sforzo dei vitivinicoltori è grande per produrre più vino destinato all'esportazione a causa dell'esiguo terreno coltivabile. Questo comunque non deve scoraggiare i produttori in quanto è la qualità dei vini a dominare sul mercato e che si equiparano ormai a quelli di Argentina e Cile, i due colossi del vino dell'America latina.
La Bolivia rappresenta un contesto naturale e umano rimasto ancora integro. Caratterizzata da un paesaggio affascinante e dai forti contrasti, questa terra è senza dubbio la più indigena ma anche purtroppo la più povera dell'America latina. L'agricoltura può contare su appena il 2% della superficie territoriale e questo è dovuto alla sua geografia. La Bolivia infatti si trova più vicino all'equatore ed è dominata dalla giungla amazzonica e dalle Ande, un contesto evidente che lascia relativamente poco spazio alla coltivazione dell'uva.
Ma la vitivinicoltura si sta facendo strada in termini di qualità ed il settore sta apportando nuovo valore e crescita all'economia del Paese. Il vino della Bolivia, di fatto, ha una lunga tradizione che risale all'inizio del XVI secolo. La sua storia inizia con l'arrivo delle prime barbatelle attraverso il Perù, ad opera dei gesuiti e religiosi agostiniani che realizzarono i primi vigneti proprio nel dipartimento di Tarija. Nel 1925 fu fondata la prima azienda vinicola a San Pedro, vicino alla città di Camargo, i cui proprietari erano le famiglie Ortiz e Patiño. Poi successivamente arrivarono le cantine El Rancho, San Remo ed altre. L'uva a quel tempo veniva utilizzata solo per la produzione del Singani, distillato molto apprezzato che assurge a bevanda nazionale.
Il processo di industrializzazione del vino iniziò negli anni '70 e principalmente nel sud del paese dove veniva prodotto un vino comune rosso e bianco. Nel 1982 il settore vitivinicolo boliviano si affossò a causa dell'importazione di varietà di vite soggette a malattie e solo nel 1986, grazie agli sforzi del governo e di altre organizzazioni, fu creato il Centro Vinificazione nazionale. Nel 2018, il vino boliviano è entrato per la prima volta nella collezione del Museo Cité du Vin di Bordeaux, considerato il sito più importante dei vini del mondo.
Negli ultimi anni sono stati fatti importanti investimenti per portare le migliori varietà di vite nel paese. Oggi si produce vino da varietà quali Cabernet Sauvignon, Malbec, Barbera e Merlot, Riesling, Franc Colombard e Chardonnay. In Bolivia la produzione di vino convive con quella del Singani generando oltre 200 milioni di dollari all'anno e mano d'opera ad oltre 5.000 lavoratori diretti e indiretti. Come accennato la qualità del vino boliviano ha una caratteristica unica propria dell'area di produzione la cui l'altezza varia da 1.500 a 3.000 metri sul livello del mare. Ciò consente di sfruttare una maggiori aromi, sapori e concentrazione di flavonoidi.
Il vero e proprio boom del settore vinicolo nel paese si è verificato circa dieci anni fa, con le prime attività nella valle centrale di Tarija, dedicate all'enoturismo, che prevedevano la visita e il tour di cantine diverse, siano esse con tecnologia all'avanguardia o quelle che mantengono ancora le tradizionali tecniche di vinificazione, sia di singani sia di vino o entrambe. Su iniziativa di diverse aziende vinicole, furono costituite le strade del vino e le Singani de Altura.
Per sfruttare l'altitudine, molte cantine hanno iniziato a coltivare uva Tannat. Questa varietà, originaria della Francia e oggi coltivata in molte regioni vinicole di tutto il mondo, ha una buccia più spessa per resistere all'intensa luce solare delle alte quote e regala vini vibranti, raffinati e con una complessità impressionante.
La crescente importanza dell'industria vinicola della Bolivia porta ogni anno migliaia di visitatori a Tarija. Oggi è ancora difficile trovare vino boliviano all'estero ed è disponibile solo in una manciata di negozi negli Stati Uniti. Quasi tutto viene venduto in Bolivia. Lo sforzo dei vitivinicoltori è grande per produrre più vino destinato all'esportazione a causa dell'esiguo terreno coltivabile. Questo comunque non deve scoraggiare i produttori in quanto è la qualità dei vini a dominare sul mercato e che si equiparano ormai a quelli di Argentina e Cile, i due colossi del vino dell'America latina.
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