Quattro persone sono morte in Calabria a causa delle esalazioni emanate da una vasca dove era contenuto mosto d'uva. Una quinta persona è rimasta ferita gravemente ed è stata trasferita in ospedale.
E' appena arrivata in redazione la notizia di un grave incidente avvenuto in Calabria e precisamente nel comune di Paola (Cosenza) in contrada Carusi. Un fatto grave che fa riflettere sul perché ancora dopo tanta comunicazione relativa alla sicurezza sul lavoro e nello specifico sulle attività lavorative che riguardano l'enologia tutto questo questo possa ancora accadere e che fa tornare indietro nel tempo quando l'attività contadina non aveva gli stessi mezzi di prevenzione che abbiamo oggi grazie alla ricerca in continua evoluzione.
Bisogna allora ribadire quali sono i rischi di esposizione a gas e vapori nelle cantine vinicole e su come prevenirli. Il documento sulla sicurezza nelle cantine vinicole riporta indicazioni precise sui rischi correlati all’esposizione a vari gas e vapori, quali il rischio di asfissia per esposizione ad anidride carbonica, anidride solforosa ed alcool etilico.
A ricordarlo e a fornire utili indicazioni sui rischi da esposizione a gas e vapori in questi ambienti di lavoro è appunto il documento “Lavoro in spazi confinati nelle cantine vinicole. Indicazioni operative per la gestione dei rischi”, prodotto dall’ ATS Pavia (European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety – Parma).
Gli argomenti affrontati nell’articolo sono appunto l’esposizione a gas e il rischio di asfissia i cui rischi nell’ambito delle attività delle cantine vinicole è dovuto oltre ai gas naturalmente prodotti attraverso la fermentazione del dell'uva (anidride carbonica, solforosa ed alcol etilico) anche al frequente utilizzo di gas ausiliari il cui scopo è preservare il vino dall’ossidazione, quali argon ed azoto; quest'ultimo viene anche utilizzato nel ciclo produttivo come fluido di spinta durate il travaso da un contenitore all’altro.
I vapori e gas presenti in cantina nella fase fermentativa e che vengono dispersi all’interno dei locali chiusi della cantina in assenza di una adeguata ventilazione, possono originare una atmosfera pericolosa per i lavoratori. Importante sottolineare che l’asfissia “risulta la prima causa di decesso per infortuni in spazi confinati (45% dei casi), seguita dall’avvelenamento da sostanze tossiche (41% dei casi) e dall’annegamento (nel 14% dei casi); l’evento incidentale coinvolge nel 12% dei casi più lavoratori.
Soffermandoci quindi sul rischio di asfissia bisogna tener presente che le atmosfere sotto-ossigenate conducono alla morte per asfissia se il tenore di ossigeno si riduce a meno del 12%; se la concentrazione di ossigeno si riduce a meno del 7%, l'asfissia è molto rapida e senza sintomi premonitori”. E l'atmosfera sotto-ossigenata “non provoca (in un soggetto in buona salute) difficoltà respiratorie, sensazione di soffocamento; sintomi tipici sono mancanza di equilibrio, vertigini, difficoltà di eloquio fino all'impossibilità di articolare suoni, rapida diminuzione e poi incapacità di effettuare sforzi fisici e movimenti, incoscienza. Tale sintomatologia può condizionare negativamente anche il tentativo di fuoriuscita dallo spazio confinato o le prime fasi del soccorso.
In particolare il rischio di asfissia nelle cantine “è determinato dalla carenza di ossigeno (anossia anossica), condizione che si verifica quando, per consumo dello stesso ossigeno o per sua sostituzione da parte di altri gas, la percentuale del gas nell’aria ambiente è inferiore al 21%. Si può determinare consumo di ossigeno durante lo svolgimento di attività all’interno di ambienti confinati in assenza di adeguato rinnovo dell’aria interna. la sostituzione di ossigeno può verificarsi a causa della presenza di CO2, durante il processo di fermentazione, e dei gas inerti, azoto e argon, che sono utilizzati quali agenti protettivi per contrastare l’ossidazione del vino e come gas di spinta durante i travasi”.
Si ricorda che con percentuali di ossigeno in aria ambiente comprese tra il 19,5 e il 18% “possono comparire affaticamento e diminuita abilità al lavoro; l’atmosfera diventa non respirabile al di sotto del 18%”.
Ecco uno schema relativo all’esposizione alle differenti concentrazioni di ossigeno atmosferico e alle reazioni fisiologiche:
Anidride carbonica, azoto e argon
Il documento si sofferma poi sull’anidride carbonica, un gas incolore e inodore che è “normalmente presente nell’atmosfera alla concentrazione del 0,03% ed è un prodotto naturale del metabolismo umano e animale”. Si ricorda che “a contatto con l’ambiente umido delle mucose forma acido carbonico: in presenza di atmosfera particolarmente ricca di CO2 si avverte un sapore acidulo in bocca ed irritazione a carico delle prime vie respiratorie”.
Riguardo alle cantine vinicole “l’anidride carbonica che si sviluppa naturalmente dalla fermentazione del mosto, in condizioni di scarsa ventilazione e specifiche conformazioni geometriche degli ambienti, può accumularsi e stratificare nell’atmosfera interna all’ambiente di lavoro, con conseguente diminuzione della concentrazione di ossigeno. A riguardo bisogna ricordare che l’anidride carbonica ha una densità maggiore dell’aria e quindi tende ad accumularsi in basso”. Si indica che “questo rischio è reale nelle situazioni in cui i tini di fermentazione sono posizionati all’interno dei locali della cantina scarsamente ventilati”. Inoltre “l’esposizione ad anidride carbonica può avvenire anche durante le operazioni di follatura con attrezzi ad azionamento manuale”. E il rischio associato all’esposizione a una elevata concentrazione di anidride carbonica è legato al decesso per asfissia, per effetto anche della riduzione di ossigeno nell’aria”.
Si segnala che per esposizioni prolungate a basse concentrazioni di CO2, sono stati riportati meccanismi fisiologici di adattamento. A concentrazioni più elevate si manifestano effetti sulla funzione respiratoria e sul sistema nervoso centrale. l’inalazione di anidride carbonica infatti può causare acidosi con conseguente depressione del sistema nervoso centrale.
Il documento riporta poi varie indicazioni sui limiti relativi ai livelli di concentrazione.
Riguardo all’azoto (N2) è un gas incolore, inodore, non infiammabile, non reattivo, contenuto nell’atmosfera alla concentrazione del 79%. E' pesante all’incirca come l’aria e non tende a stratificarsi verso il basso, né a diffondersi verso l’alto. Un litro di azoto liquido, in condizioni normali di temperatura e pressione, sviluppa 680 litri di gas. Questo comporta che in un ambiente di 10 m3 la concentrazione di O2 si riduce al 15%. Provoca asfissia anossica.
Anche l’argon (Ar) è un gas incolore, inodore, non infiammabile, non reattivo che può provocare asfissia anossica.
Anidride solforosa e alcool etilico
Si indica che l’anidride solforosa (SO2), “classificata come additivo alimentare E220”, ha uno “specifico impiego in enologia per le sue proprietà:
- antiossidanti: protegge il vino dall’ossigeno dell’aria (il vino infatti è un composto ossidabile);
- solubilizzanti: facilita l’estrazione dalle bucce delle sostanze coloranti;
- coagulanti : favorisce la sedimentazione dei composti colloidali dei mosti;
- antisettiche: inibisce lieviti, batteri ed attua anche un’azione di selezione sui lieviti;
- miglioratore delle proprietà organolettiche: permette di conservare la freschezza dell’aroma”.
L’utilizzo di molte nuove tecniche ha portato all’impiego sempre minore di questo antisettico, che però rimane importantissimo in alcune fasi della vinificazione” e la quantità di SO2 da utilizzare “dipende da molti fattori ed ogni vasca ha bisogno di un diverso quantitativo”.
Si segnala che l’anidride solforosa è un gas corrosivo e vescicante: a contatto con le mucose umide si trasforma in acido solforoso e solforico, determinando irritazione a carico di occhi e mucose nasali. Penetrando nell’apparato respiratorio, per esposizioni elevate e/o prolungate può provocare bronco-costrizione, con sintomi asmatiformi, ed anossia anossica.
Il documento ricorda la normativa/regolamentazione correlata all’impiego, custodia e trasporto di anidride solforosa, e indica che per contenere il rischio derivante da esposizione ad anidride solforosa occorre che siano adottate misure preventive e protettive quali la verifica dell’integrità di tutti i componenti dell’impianto; uso di adeguati Dispositivi di Protezione Individuale ( maschera facciale con filtro specifico per SO2 e protezione degli occhi, guanti, grembiuli e calzature resistenti alla corrosione); disponibilità di una doccia di emergenza dotata di lavaocchi; adeguati metodi di aerazione; custodia del solfitometro in armadio dedicato e chiuso a chiave con accesso riservato agli addetti; cartellonistica ed etichettatura specifiche.
Riguardo, infine, all’alcool etilico, si segnala che durante la fermentazione del mosto si genera anche lo sviluppo di vapori di alcool etilico.
E con riferimento alle modalità tipiche di lavoro, in ambito occupazionale non si producono quadri di intossicazione alcolica simili a quelli da ingestione, considerata una generalizzata esposizione per via inalatoria solitamente di durata ridotta, grazie anche all’odore caratteristico che avverte della presenza del vapore di alcool etilico. In ogni caso una elevata concentrazione di vapore di alcool etilico, in ambienti nei quali non è garantita un’adeguata ventilazione naturale o forzata dell’ambiente di lavoro, può comportare una depressione del sistema nervoso centrale, mal di testa, nausea, sonnolenza, vertigini, incoordinazione e confusione con aumento del rischio di scivolamenti di cadute dall’alto e, più in generale, di infortunio.
Insomma, conoscenza e prevenzione rimangono sempre le armi vincenti per contrastare incidenti e morti sui luoghi di lavoro.
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