venerdì 30 aprile 2021

Agricoltura e ricerca, sequenziato il genoma dell'ulivo

Sequenziata la varietà Leccino, tra le più diffuse nell’ambito del progetto Olgenome. Aperte nuove prospettive nel miglioramento genetico per la sostenibilità e il contrasto alle malattie come la xylella e ai cambiamenti climatici.




Il genoma dell’olivo non ha più segreti: dopo tre anni di studi e sperimentazioni condotti nell’ambito del progetto Olgenome, il CREA - con il suo Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura - presenta oggi il sequenziamento completo del genoma dell’ulivo, varietà Leccino, tra le più diffuse.  

“Mi complimento con il CREA per aver portato a termine questo importante risultato- afferma Filippo Gallinella, presidente della commissione Agricoltura della Camera. - Conoscere nel dettaglio come funzionano i processi biologici, le potenzialità e le caratteristiche di una cultivar così importante per l’olivicoltura italiana può permetterci di fare interventi di miglioramento per le produzioni nazionali”. 

Il progetto Olgenome finalizzato proprio a completare il sequenziamento della nota cultivar italiana di olivo “Leccino”,  si è svolto nell’ambito del Piano Olivicolo Nazionale, l’importante provvedimento voluto e finanziato dal Mipaaf, per incrementare in modo sostenibile la produzione nazionale, per promuovere l’attività di ricerca e di valorizzazione del Made in Italy, per recuperare le diverse varietà delle cultivar nazionali ed incentivare l’organizzazione economica della filiera.  

Il CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura ha ideato e coordinato l’intera ricerca, identificando e caratterizzando i geni espressi nella cultivar Leccino, studiando funzioni geniche di interesse e avvalendosi del supporto specialistico di IGA Technology Services per il sequenziamento e l’assembling del genoma e del CREA Genomica e Bioinformatica per lo sviluppo di una mappa genetica e l’annotazione funzionale del genoma. 

Si tratta di uno step essenziale per produrre conoscenze e sviluppare strumenti utili al miglioramento della specie e per caratterizzare gli elementi responsabili di processi biologici e/o di regolazione di vie metaboliche che possano poi essere trasferiti con tecniche convenzionali (incrocio) o avanzate (biotecnologie) nelle varietà di nuova costituzione.  

Altro aspetto fondamentale è la possibilità di identificare nuovi marcatori molecolari e/o funzionali utili per la genotipizzazione, per gli studi di associazione, per il breeding assistito e la selezione varietale. Infine, ma non meno importante, è la conoscenza di basi genetiche sottese all’espressione dei caratteri della specie per poter approfondire biologia ed adattabilità ai mutamenti ambientali della pianta. Senza dimenticare che l’olivo è una specie arborea per la quale, a differenza di altre colture, molti aspetti restano ancora da chiarire e il successo dei programmi di miglioramento genetico è fortemente limitato da molteplici fattori insiti nella sua biologia. 

Insomma, tra le diverse decine di migliaia di geni sequenziati, si potrebbe trovare il modo di potenziare la performance della pianta in campo, ridurre l’impatto ambientale della sua coltivazione, migliorare la qualità nutraceutica e funzionale dell’olio, garantirne la tracciabilità o magari si potrebbero individuare anche risposte mirate a problemi annosi come la xylella o i cambiamenti climatici.   

“Il sequenziamento della varietà di olivo Leccino, una delle più diffuse nel mondo e più tolleranti alla Xylella - dichiara il Direttore Generale CREA Stefano Vaccari - apre importanti scenari di ricerca, anche alla luce dell’apertura di ieri della Commissione europea sulle tecniche di Genome editing. Il CREA è pronto per sviluppare nuove varietà di olivo che possano promuovere la sostenibilità della produzione, in linea con gli obiettivi della strategia Farm to Fork. Sottolineo come questo risultato scientifico sia stato ottenuto nei Laboratori CREA di Rende (CS), in Calabria, da ricercatori giovani e dai prestigiosi CV, a dimostrazione che il Sud ha grandi risorse anche nel settore della Ricerca”. 

Viticoltura di precisione, il Campus che in Trentino fa scuola. Messo a punto il Vigneto 4.0

Il Trentino del vino sempre più all'avanguardia attraverso metodi volti a rendere i processi vitivinicoli sempre più accurati, efficienti e sostenibili attraverso l’uso di sistemi tecnologici avanzati ed interconnessi. Al Campus FEM apre i battenti il vigneto 4.0: conclusi i lavori di infrastrutturazione del campo dimostrativo che ospiterà attività legate all'agricoltura di precisione.




Il Campus della Fondazione Edmund Mach a San Michele all'Adige diventa sempre più smart. Una vera e propria cittadella dell'agricoltura con 14 ettari di superficie dove convivono attività di ricerca, formazione e trasferimento tecnologico, tra edifici, laboratori, serre, aule didattiche e coltivazioni, è attivo ora anche un campo dimostrativo per l'agricoltura di precisione, dove saranno concentrate gran parte delle attività di ricerca e sperimentazione innovative in ambito digitale.

Il vigneto 4.0 è stato messo a punto per facilitare l’installazione, l’alimentazione e la trasmissione di dati da parte di prototipi sviluppati in FEM o in collaborazione con le aziende. E' dotato di allacciamento all’energia elettrica, linee a bassa tensione, copertura WiFi e LoRaWAN per la ricezione di dati mediante segnale radio a lunga distanza che serviranno per la connessione di sistemi di raccolta e trasmissione dati del terreno, delle piante e dell’ambiente. Inoltre, non essendo necessari pannelli fotovoltaici, batterie, modem, le dimensioni e di conseguenza l’ingombro dei sistemi di acquisizione possono essere ridotti al minimo, rendendoli meno impattanti sulla gestione ordinaria degli appezzamenti.

La prima installazione smart è una nuova mini stazione fenologica: si tratta di un dispositivo per la raccolta di immagini orarie e dati di temperatura, umidità dell'aria e bagnatura fogliare e l’invio degli stessi ad un server remoto.

Dati ed immagini serviranno a seguire lo sviluppo in continuo della vegetazione ed a modellizzare i momenti più importanti da un punto di vista viticolo-enologico, quali: germogliamento e crescita dei germogli, fioritura, allegagione (formazione degli abbozzi di acini), invaiatura (cambiamento della colorazione e consistenza degli acini), maturazione, senescenza. La conoscenza delle fasi di sviluppo della vegetazione permette di supportare gli interventi gestionali in campo.

Lo stesso dispositivo potrebbe trovare impiego anche nel monitoraggio di vigneti testimone (non trattati) o nella valutazione del comportamento di nuove varietà derivanti dall'attività di miglioramento genetico. Ma l'utilizzo potrebbe essere esteso al campo ambientale, nello studio delle condizioni delle foreste, per esempio.

L'attività ict della FEM spazia tra hardware e software; dalle stazioni, droni e microcontrollori alle app e ai modelli matematici. Più precisamente dalla costruzione di mappe digitali del territorio, che contengono tutte le informazioni sul suolo, sui dati meteo, sulle ore di insolazione di ogni vigneto, per potervi piantare le varietà più idonee, ai sensori che rilevano la disponibilità di acqua nel suolo, che simulano la permanenza dell’acqua nelle foglie o che “fotografano” lo stato fitosanitario delle colture, attraverso immagini raccolte a diverse lunghezze d’onda. Ci sono trappole per monitorare gli insetti che possono essere ispezionate da remoto, e strumenti per rilevare il volo delle spore fungine che infettano le piante coltivate. Tutte ques te strumentazioni raccolgono da remoto le informazioni necessarie a sviluppare modelli diprevisione sull’evoluzione delle malattie o la possibile insorgenza di attacchi di parassiti.

giovedì 29 aprile 2021

Alimentazione e salute, nutrizione sana e alimenti sostenibili: accordo quadro tra CREA e Università Campus Bio-Medico

Nutrizione e ricerca avanzata sugli alimenti in un’ottica di sviluppo sostenibile, transizione ecologica e di salute globale. Al via la collaborazione scientifica e didattica tra il CREA e l’Università Campus Bio-Medico di Roma.




Nutrizione e ricerca avanzata sugli alimenti in un’ottica di sviluppo sostenibile, transizione ecologica e di salute globale. Questi gli aspetti su cui si focalizza la collaborazione scientifica e didattica tra il CREA  con il suo Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione e l’Università Campus Bio-Medico di Roma in ambito universitario e nei progetti di ricerca, formalizzata dall’accordo quadro di collaborazione firmato da Carlo Gaudio, Presidente CREA e da Raffaele Calabrò, Rettore Ucbm presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma.

L’accordo, della durata di tre anni, permetterà alle due istituzioni di rafforzare la collaborazione già esistente e di dare vita a progetti comuni, in particolare nei corsi di Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Scienze e Tecnologie alimentari e gestione di filiera.

“È il primo accordo quadro stipulato tra il CREA e un’Università dall’insediamento del nuovo CDA, che ricalca nei suoi obiettivi il modello virtuoso di scambio tra ricerca, sperimentazione e formazione. Servirà ad approfondire sinergie scientifiche  già in essere, consolidando così un sistema della conoscenza basato sulla ricerca di qualità, coerente con le sfide globali e caratterizzato da un approccio multidisciplinare al tema  della sostenibilità. Una sfida per tutto l’agroalimentare, nella quale la comunità scientifica del CREA intende impegnarsi attivamente”, ha affermato Carlo Gaudio, Presidente del CREA.

“Oggi è una giornata importante - ha sottolineato il Rettore del Campus Raffaele Calabrò - perché la collaborazione tra CREA e Ucbm potrà significare negli anni crescita della qualità della ricerca, occasioni di studio per i nostri studenti, progetti nell’agrifood e nell’economia circolare in una simbiosi che porterà sicuramente una crescita reciproca”.

“La nostra collaborazione – ha ricordato Laura De Gara, Preside della facoltà dipartimentale di Scienze e Tecnologie per l’Uomo e l’Ambiente e membro del Consiglio Scientifico del CREA - ha una storia fatta di ricercatori del CREA di fama nazionale e internazionale che già da anni portano ai nostri studenti la propria esperienza e che da oggi potrà svilupparsi ancora più fruttuosamente, in particolare, negli ambiti della nutrizione e in quello delle tecnologie alimentari, nonché nel settore della bioeconomia, molto importante per gli studi in economia circolare e per la sostenibilità nella produzione degli alimenti. Sono convinta che questo accordo darà frutti importanti anche nell’ambito della terza missione”.

Vino e territori, alla ricerca del vitigno simbolo cinese

La Cina è alla ricerca di un vitigno che possa rappresentare e identificare i vini prodotti nei suoi territori vitivinicoli. Tra i candidati Marselan e Cabernet Gernischt, ma spunta fuori anche il nostro Aglianico.




Identità e qualità, il paese del dragone è alla ricerca del vitigno simbolo che più rappresenti la vitivinicoltura cinese nel mondo. La produzione di vino in Cina è una realtà in continua crescita che viaggia ad una velocità senza precedenti sia in termini di produzione che di consumo. Con i suoi 847.000 ettari di vigneti, la Cina si situa ormai al 2° posto al mondo per superficie vitata e le zone di produzione sono collocate in più parti dell’immenso paese. 

La viticoltura in Cina non è un fenomeno recente, le sue origini risalgono a più di 2600 anni fa con una coltivazione di ben 42 tipologie di viti e 7 varianti. Certo in termini di "qualità" si può iniziare a parlare soltanto alla fine del XIX secolo, quando più di 100 vitigni appartenenti dalla specie vinifera vennero introdotti dall’Europa insieme alle moderne tecniche di vinificazione. Oggi le regioni vinicole sono sparse in tutto il paese con una enorme varietà di climi e di terreni, offrendo così alla Cina una grande risorsa per giocare un ruolo importante nel futuro del mondo del vino. Le principali si trovano nelle pianure dello Hebei, non lontano da Pechino, nelle province di Shandong, Jilin e Henan (in queste 3 province si concentra il 70% della produzione vinicola) e in quelle nord-occidentali di Gansu, Xinjiang e Ningxia. A dominare il vigneto cinese sono le varietà internazionali, con una presenza predominante su tutte di Cabernet Sauvignon, poi Cabernet Franc, Merlot, Syrah, Chardonnay e Riesling. 

Sebbene il Cabernet Sauvignon sia attualmente l'uva da vino più coltivata in Cina, occupando il 60% -70% delle aree vinicole cinesi, i produttori locali ritengono che la Cina abbia ora bisogno di un vitigno con una carta d'identità cinese per affermarsi nel mercato globale. D'altro canto è palese che la Cina non potrà mai competere con regioni vitivinicole come Bordeaux e Napa Valley, in cui i vini prodotti con questa varietà sono una realtà già ben consolidata sia in termini di qualità che di quantità.

I vitigni candidati per il futuro del vino cinese

Grande importanza sta assumendo la coltivazione del Marselan, un incrocio tra Cabernet Sauvignon e Grenache, nato nella Francia del Sud. Le sue caratteristiche sembrano essere ottimali: la sua resistenza alle malattie, il vigore inferiore del Cabernet Sauvignon in estate (quindi è richiesto meno lavoro in vigna) e la resa relativamente buona si adattano bene alle diverse condizioni di impianto delle regioni vinicole cinesi. Negli ultimi anni, le autorità cinesi del settore, hanno continuato a sottolineare le grandi potenzialità qualitative di questo vitigno in terra cinese, tanto da promuoverlo – internamente e all’estero – come «il vitigno della Cina». Attualmente nel Paese il vitigno si sviluppa per un totale di 133-200 ettari ed è coltivato da diverse rinomate cantine cinesi, tra cui Grace Vineyard nello Shanxi. Era presente anche nei vigneti di proprietà di Domaines Barons de Rothschild (Lafite-Rothschild) nella provincia di Shandong. Tra le ragioni per cui il Marselan possa essere un candidato ideale, c'è anche quella di non avere una grande fama, sia in patria che nel mondo, un vitigno che a torto o a ragione è rimasto nell'ombra tanto da non essere nemmeno riuscito a collocarsi nell’ufficialità enologica delle appellazioni di origine francesi.

Il Cabernet Gernischt è un altro vitigno molto coltivato in Cina. Questa varietà giunse in Cina insieme ad altre, alla fine del XIX secolo ed anch'esso proveniente dalla Francia, precisamente da Bordeaux. Il nome tedesco significa Cabernet misto; poco noto e dalle origini incerte, scomparve in Europa con la crisi della fillossera. Il suo rappresentante, colui che fortemente lo promuove come candidato ideale, è Changyu, il più antico produttore di vino commerciale della Cina e che lo etichetta "Jie Bai Na" le cui vendite hanno raggiunto i 430 milioni di bottiglie. Il nome del vino vitigno è diventato in Cina un marchio proprio sotto l’impulso del gruppo Changyu celebrandolo anche con il "World Cabernet Gernischt day" giornata evento inaugurata in occasione del Wine Expo Hong Kong.

La ricerca continua

Altre varietà sono in fase di sperimentazione nei vigneti cinesi tra queste Grace Vineyard sta testando anche l'antico vitigno Aglianico e con grande successo direi. D'altro canto il vino aglianico incontra consensi ovunque. Il vino più famoso della Campania si produce a Shanxi, a sud di Pechino. Ca va sans dire.

martedì 27 aprile 2021

Salute mentale, languishing: non depressi ma privi di gioia. Il lockdown e quell'insostenibile assenza di benessere che fa male alla società

Languishing, ovvero quello stato di disordine che genera una sensazione di vuoto o di svuotamento. Il languishing si manifesta con alti livelli di sofferenza e sottrazione di energie mentali che limitano le attività quotidiane, una condizione di assenza di benessere inasprita dal lockdown. Ma un aiuto esiste: la comprensione del flow per far rifior se stessi, attraverso i dettami della psicologia positiva.





Non depressi ma privi di gioia, è il languishing, letteralmente “languente, languido”, un termine coniato dal sociologo e psicologo americano Corey Keyes, nell'ascoltare persone descrivere le proprie vite come stagnanti, vuote pur in assenza di un disturbo mentale clinicamente significativo. Questa condizione era quindi già conosciuta ben prima delle misure di emergenza imposte a causa della pandemia. Certo è, che il lockdown ne ha favorito l'insorgenza, che non giunge, intendiamo, alla gravità della psicopatologia, ma che di fatto limita le nostre affettività e funzioni positive.

Un articolo apparso in questi giorni sul New York Times a cura di Adam Grant, psicologo dell'Università della Pensilvania e autore del libro “Think Again: The Power of Knowing What You Don’t Know”, ha portato alla ribalta questa condizione umana che, come riferito, si manifesta con un assenza di benessere non riferita a sintomi di disagi psichici. Riferendosi alla ricerca di Keyes, Grant fa emergere che, con molta probabilità, le persone attualmente affette da languishing, tra dieci anni potrebbero andare incontro a depressione e disturbi d’ansia. Il pericolo insito in questo status emozionale, secondo lo psicologo, è l’inconsapevolezza, ovvero non essere in grado di percepire se stessi, scivolando lentamente nella solitudine. Indifferenti alla nostra indifferenza, non riusciamo a capire che stiamo soffrendo e quindi non avere la capacità di cercare aiuto, né fare altro per aiutare se stessi.

Un antidoto al “languishing” però esiste, ricorrendo ai dettami della psicologia positiva. Di fatto la definizione di salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) sembra recepire al meglio quanto da questa disciplina viene proposto, ovvero uno stato di benessere raggiunto quando l’individuo realizza le proprie abilità, affronta gli stress normali della vita, lavora in modo produttivo e fruttuoso, fornendo così un contributo alla sua comunità, in quanto è proprio accanto a un benessere soggettivo e psicologico, che può sussistere anche un benessere sociale.

La psicologia positiva ha lo scopo di catalizzare un cambiamento nella psicologia in modo che a fianco dello studio di “come riparare al peggio nella vita” ci sia spazio anche per la costruzione delle qualità positive: una scienza e una professione per comprendere e costruire quei fattori che permettono agli individui ed alla società di “fiorire” e raggiungere un funzionamento ottimale. Stiamo parlando del "flourishing” appunto, una condizione connotata da fattori positivi come adattamento, chiare mete nella vita, crescita e resilienza, in netto contrasto con il “languishing”.  

I risultati più interessanti della psicologia positiva in grado di "far rifiorir noi stessi", sono stati raggiunti attraverso lo studio della teoria del flusso di coscienza (flow) o dell'esperienza ottimale, considerata come uno dei principali elementi per una vita appagante e pregna di significato. Nel flow l’azione del soggetto procede liberamente e in modo armonico con il contesto circostante, favorendo un livello di totale assorbimento e percezione di controllo nei confronti di cosa si sta facendo. Gli studi sul flow nascono  con l’obiettivo di analizzare i fattori capaci di trasformare un’esperienza momentanea, in uno stato psicologico ottimale. A titolo di esempio è interessante analizzare il contenuto di alcune interviste fatte rispettivamente a un nuotatore, un musicista, un chirurgo e un poeta alla presenza di questa condizione.

"Nei momenti in cui sono stato in assoluto più felice della mia prestazione, ho avuto la sensazione di essere una cosa sola con l’acqua, con ciascuna delle bracciate che davo e con tutto quello che mi circondava…Ero un tutt’uno con quello che stavo facendo. Sapevo esattamente come avrei nuotato durante la gara; sapevo di essere padrone di ogni mio gesto".

"Ti trovi in una condizione talmente estatica che ti sembra quasi di non esistere. […] Le mani sembrano essere staccate dal resto di me e non ho niente a che fare con quello che sta succedendo. Sono semplicemente seduto e osservo la scena con stupore e meraviglia. La musica scorre fuori da sola".

"E’ un esercizio complesso. Si basa sulla capacità di svolgere l’operazione in maniera precisa, quasi artistica… Non mi piace fare movimenti inutili e questo mi spinge ad usare le mie competenze per pianificare con attenzione e precisione ogni taglio… La gratificazione nasce dall’affrontare un problema particolarmente difficile e riuscire a risolverlo".

"Perdi il senso del tempo e sei completamente rapito da quello che stai facendo […]. Non esistono il passato e il futuro, ma solo un presente continuo in cui ti trovi.

Queste interviste sottolineano come l’esperienza di flow sia caratterizzata da un elevato livello di concentrazione e di partecipazione all’attività, dall’equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione, del compito, delle capacità personali, dalla sensazione d’alterazione temporale, (l'orologio interno rallenta, mentre l'orologio esterno accelera), da un interesse intrinseco per il processo che produce un senso di piacevolezza e soddisfazione. 

In sostanza, sono stati individuati tre elementi fondamentali all'interno di situazioni di flusso di coscienza: un grande investimento di attenzione sulla situazione in atto; una sensazione di benessere e di soddisfazione personale; la presenza di un impegno a cui corrispondono capacità personali adeguate. 

L'esperienza di flow possiamo viverla sia quando stiamo portando avanti un progetto a cui teniamo molto sia semplicemente guardando una serie tv; l'importante è che le attività che compiamo ogni giorno creino le condizioni ideali per uno stato di piacevole abbandono. Sicuramente questo ci aiuterà a uscire a piccoli passi dall'impasse del languishing.

lunedì 26 aprile 2021

Biologico: si consolida la crescita del mercato in Italia. Discount e online trascinano le vendite

Assobio comunica i dati relativi al settore biologico del primo trimestre 2021. Confermati i livelli di consumo dopo il netto incremento di un anno fa. Ecommerce ancora +79%. Taglio dell'Iva sull'ortofrutta bio e il credito d’imposta sui costi certificazione una marcia in più per il settore. Necessitano investimenti su istruzione e ricerca.




Una grande stagione di rinnovamento culturale, per una reale transizione ecologica nello spirito europeo del Green Deal e del Recovery fund, passerà solo da una maggiore consapevolezza nelle scelte alimentari dei consumatori, a favore di prodotti rispettosi dell'ambiente, della salute e del lavoro dell'uomo. L'Italia dovrà investire in istruzione, ricerca, digitalizzazione di filiera e sgravi fiscali ai produttori: così l'agricoltura biologica potrà svilupparsi, in coerenza con gli obiettivi fissati dall'Unione europea, secondo Assobio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici e naturali.

Il momento del comparto è favorevole, si consolida l'incremento dei consumi registrato un anno fa, quando ebbe punte del +20% a marzo-aprile, grazie a una crescita a valore tendenziale dello 0,9% nel primo trimestre 2021. Tra i canali di distribuzione, la spesa online aggiunge un +79% rispetto a un anno fa (+150% in tutto il 2020) e i discount crescono del 10,5% (dati Nielsen).

Le contraddizioni strutturali del mercato tuttavia restano: l'Italia vanta una delle maggiori quote nazionali di superficie agricola utilizzata a biologico in Europa, con un 15,8%, ma la spesa pro capite (pre-Covid) è di 60 euro all'anno, contro i 144 in Germania, 174 in Francia, 338 in Svizzera e 344 in Danimarca (dati Fibl & Ifoam, 2021). Questo, nonostante il nostro sia il primo paese in Europa e secondo al mondo nell'esportazione di prodotti biologici, con oltre 2,6 miliardi di euro, circa il 6% di tutto l'export agroalimentare nazionale.

“I dati dimostrano che il biologico non è una nicchia e il potenziale per un aumento dei consumi interni c'è – osserva Roberto Zanoni, presidente di Assobio -. Va comunicato il suo valore reale. Da un lato il Governo dovrebbe investire in formazione nelle scuole e nella ricerca universitaria, con master e corsi di laurea in agricoltura biologica, per ripensare in chiave nuova il mondo della formazione. Dall’altro lato, si dovrebbe creare maggiore consapevolezza nel consumatore e avviare economie di scala, favorendo il passaggio ad un’autentica agriecologia e ad una maggiore competitività del comparto.

Per favorire gli orientamenti del Green Deal e delle strategie a esso collegate sarebbe opportuno alleviare i costi di certificazione biologica che gravano sulla filiera: “Tale onere si riverbera su produttori, trasformatori e distributori, fino al prezzo finale: virtuosi e tassati, insomma. Riconoscere a questi operatori un credito di imposta, oltre a favorire la conversione delle superfici, aiuterebbe anche i consumi, insieme a un auspicabile taglio dell'Iva sui prodotti dell'ortofrutta biologica: la strategia 'Farm to fork' prevede infatti che tutti gli europei possano contare su alimenti sani, economicamente accessibili e sostenibili”.

La promozione della tracciabilità, la valorizzazione dei loghi di qualità europea in etichetta, la comunicazione, sono alcune leve per incrementare la fiducia dei consumatori, avvalendosi delle tecnologie digitali, avanzate dalla stessa Commissione di Bruxelles, in una recente comunicazione al Parlamento europeo. “Urge investire nell'innovazione digitale, creando una piattaforma di tracciamento validata dal ministero delle Politiche agricole, che dovrà essere utilizzata da tutti, produttori e operatori del biologico, dal campo alla tavola – conclude Zanoni -. È ora di un vero cambio di passo a tutti i livelli, dalle scuole ai decisori politici, dagli opinion leader ai distributori, per riconoscere nel biologico l'asset che potrà dare al Paese un ruolo da protagonista nel futuro green e sostenibile d'Europa”.

L'arte di respirare, la nuova scienza per rieducare un gesto naturale

L'alimentazione, l'esercizio fisico, la resilienza dei nostri geni, il fatto che siamo magri, giovani o saggi: niente di tutto questo importa se non respiriamo in modo corretto. La colonna mancante della salute è il respiro. Tutto parte da lì. Esce in libreria "L'arte di respirare" di James Nestor un libro, che è già un best seller, in grado di coniugare l'eccellenza della saggistica con il piacere per la lettura. 




Non c’è niente di più essenziale per la nostra vita che respirare: prendere aria e lasciarla uscire, per venticinquemila volte al giorno. Sembrerebbe banale eppure gli esseri umani, come specie, hanno perso la capacità di respirare correttamente, compromettendo così la propria salute. Per avere un’idea di come la respirazione sia considerata dalla medicina moderna, pensate all’ultima visita a cui vi siete sottoposti. Molto probabilmente il medico vi avrà misurato la pressione, la frequenza cardiaca e la temperatura, ma è facile che non vi abbia mai controllato la frequenza respiratoria e l’equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica nel flusso sanguigno.

Il giornalista scientifico James Nestor ha viaggiato per il mondo per capire cosa sia andato storto in questo approccio e, dopo minuziose ricerche, ha trovato delle risposte sorprendenti: non le ha trovate, come ci si aspetterebbe, nei laboratori di pneumologia, ma negli scavi di antichi siti di sepoltura, in strutture sovietiche segrete, per le fumose strade di San Paolo… Nestor ha rintracciato uomini e donne che hanno esplorato la scienza nascosta dietro antiche pratiche di respirazione come Pranayama, Sudarshan Kriya e Tummo. Pochi di loro si erano proposti di studiare la respirazione ma continuavano a imbattersi nell’argomento nel tentativo di curare altre patologie. Nestor li ha chiamati “polmonauti”: erano chirurghi della Guerra civile americana, parrucchieri francesi, cantanti lirici anarchici, irritabili allenatori di nuoto, inflessibili cardiologi ucraini, atleti olimpici cecoslovacchi e direttori di coro della Carolina del Nord.

Le loro ricerche stanno oggi ridefinendo le potenzialità del corpo umano e ci hanno consentito di scoprire che malattie come asma, ansia, disturbo da deficit di attenzione, psoriasi potrebbero essere alleviate o fatte regredire solo cambiando il modo in cui inspiriamo ed espiriamo. Sì, la respirazione ci permette di agire sul sistema nervoso, controllare la risposta immunitaria e ripristinare la nostra salute. 

Sì, cambiare il modo in cui respiriamo ci aiuterà a vivere più a lungo. Dopo aver conosciuto polmonauti che hanno usato la respirazione per raddrizzare colonne vertebrali scoliotiche, smussare disturbi cronici e riscaldarsi a temperature sotto lo zero capiremo che niente di tutto ciò dovrebbe essere possibile, eppure, come vedrete, lo è.



L'arte di respirare
La nuova scienza per rieducare un gesto naturale
James Nestor
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domenica 25 aprile 2021

Roma Culture: riapre il Sistema Musei civici. Novità e mostre in corso

Roma Culture: pronti alla riapertura del Sistema Musei civici. Tra le novità la mostra sui mosaici di età romana alla Centrale Montemartini, l’esposizione per i 150 anni della Capitale al Museo di Roma a Palazzo Braschi. Il 2 maggio torna la prima domenica del mese ad ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria.




A partire da domani 26 aprile il Sistema Musei Civici di Roma è pronto alla riapertura al pubblico dei suoi musei, delle mostre e delle aree archeologiche, ora anche nei fine settimana e nei festivi (1°maggio escluso). 

Da lunedì 26 si potranno visitare nuovamente i Musei Capitolini, i Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali, il Museo dell’Ara Pacis,  i Fori Imperiali - ingresso dalla Colonna Traiana e uscita dal Foro di Cesare su Via dei Fori Imperiali, dalle 08.30 alle 19.15, ultimo ingresso 18.10 - e il Mausoleo di Augusto, riaperto lo scorso marzo. Sempre il 26 aprile si potrà di nuovo attraversare il percorso pedonale dell’area archeologica del Teatro di Marcello, dalle ore 9 alle ore 19, chiuso da marzo 2020.  

Seguiranno martedì 27 aprile le aperture degli altri musei del circuito: la Centrale Montemartini, il Museo di Roma, il Museo di Roma in Trastevere, la Galleria d’Arte Moderna, i Musei di Villa Torlonia, il Museo Civico di Zoologia, il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, il Museo Napoleonico, il Museo Pietro Canonica a Villa Borghese, il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, il Museo di Casal de’ Pazzi, il Museo delle Mura e la Villa di Massenzio, che torneranno ad accogliere i visitatori con i capolavori delle collezioni permanenti, le numerose mostre prorogate e alcune importanti novità espositive, sinora rinviate a causa della pandemia in corso.  

Dal 27 aprile si potrà tornare a visitare anche l’area archeologica del Circo Massimo, aperta tutti i giorni compresi il sabato e la domenica dalle ore 9.30 alle 19.00 (ultimo ingresso ore 17.50). Al suo interno, da giovedì a sabato dalle ore 17.00 alle ore 20.00, sarà a disposizione del visitatore Circo Maximo Experience, la visita immersiva in realtà aumentata e virtuale del più grande edificio per lo spettacolo dell’antichità.   

Le riaperture sono promosse da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti si potranno seguire su museiincomuneroma.it e culture.roma.it e sui canali social di Roma Culture, del Sistema musei civici e della Sovrintendenza Capitolina. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.  

LE NOVITÀ. Molte le novità in arrivo già durante la prima settimana: si inizia il 27 aprile con l’esposizione Colori dei romani. I mosaici dalle collezioni capitoline, un progetto espositivo ospitato alla Centrale Montemartini che porterà all’attenzione del grande pubblico una selezione di antichi mosaici pavimentali e parietali di grande pregio e valore, selezionati dalla collezione di mosaici di età romana presente nelle raccolte Capitoline.   

Nella stessa data apriranno al Museo di Roma in Trastevere le due mostre Chiamala Roma. Fotografie di Sandro Becchetti 1968 - 2013, una rivisitazione personale e poetica della città che Becchetti mette in atto attraverso gran parte della produzione da lui dedicata alla capitale, e Luciano D’Alessandro. L’ultimo idealista, con oltre cento scatti realizzati nei sessant’anni di ricerca fotografica di Luciano D’Alessandro, uno dei massimi interpreti italiani del reportage sociale.  

La prima settimana di riapertura si concluderà domenica 2 maggio con la prima domenica del mese ad ingresso gratuito per tutti nei Musei Civici e nell’area del Circo Massimo. Prenotazione obbligatoria allo 060608 entro venerdì 30 aprile e nei Tourist Infopoint entro sabato 1° maggio.  

In occasione delle celebrazioni per i 150 anni dalla proclamazione di Roma Capitale, il 4 maggio al Museo di Roma a Palazzo Braschi aprirà la mostra Nascita di una capitale. Roma 1870-1915, con una ricchissima selezione di oltre 600 opere e documenti che illustrano la Roma “storica” e i suoi protagonisti, gli scavi archeologici, le demolizioni e ricostruzioni volte a definire il nuovo volto della neonata capitale del Regno, oltre ai mutamenti socio-culturali che riguarderanno la nascente città moderna fino alla drammatica cesura rappresentata dalla prima guerra mondiale.  

A seguire, il 5 maggio, in occasione di un’altra storica ricorrenza, i 200 anni dalla morte di Napoleone a Sant’Elena, il Museo Napoleonico ospiterà la mostra Napoleone, ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria, che illustra le vicende dell’esilio, della morte e il successivo processo di mitizzazione della sua figura attraverso oggetti, documenti, stampe, dipinti e altri materiali delle collezioni del museo. Sempre il 5 maggio aprirà al Museo Pietro Canonica a Villa Borghese la mostra The Factum - Una realtà di spazio e tempo, patrocinata dall’Ambasciata di Romania in Italia, con gli interventi installativi dell’artista Maria Nitulescu.  

Dal 12 maggio tornerà l’arte contemporanea nel parco di Villa Borghese per la seconda edizione di Back to Nature con installazioni di artisti di fama internazionale come Loris Cecchini, Leandro Erlich, Giuseppe Gallo, Marzia Migliora, Michelangelo Pistoletto, Pietro Ruffo, Marinella Senatore e l’Accademia di Aracne. L’esposizione coinvolgerà prevalentemente il Parco dei Daini e l’area di Piazza di Siena, oltre al Museo Carlo Bilotti che riaprirà al pubblico per l'occasione con la mostra Arte e Natura. Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea.   

Nei giorni a seguire si succederanno infine le aperture delle mostre: Katy Castellucci, la Scuola Romana e oltre al Casino dei Principi di Villa Torlonia (13 maggio), che, oltre ad esporre le opere dell’artista, dipinti e disegni, ricostruisce l’ambiente che la circondava e i suoi rapporti con Mafai e con la Scuola romana; Nina Maroccolo. La Rivoluzione degli Eucalipti, alla Galleria d’Arte Moderna (14 maggio), un’installazione per i 70 anni del Mondial Earth Day che rappresenta un albero simbolo, l’eucalipto, e le variazioni cromatiche delle sue cortecce; Isole a Villa di Massenzio (20 maggio), un progetto artistico di Tommaso Strinati con la fotografa Anna Budkova e l’ausilio del video-maker Francesco Arcuri, che ricostruisce la pianta odierna di Roma sulle sagome dei frammenti della Forma Urbis, la pianta marmorea severiana di Roma; Il Cinema in Vetro al Museo delle Mura (25 maggio) con i lavori degli allievi del corso di Vetrate Artistiche della Scuola “Ettore Rolli”; Ciao maschio! Volti, potere e identità dell’uomo contemporaneo alla Galleria d’Arte Moderna (27 maggio) che racconterà le trasformazioni dell’immagine del maschio e della sua evoluzione attraverso circa 100 opere, tra dipinti, sculture, video, installazioni, grafica; La Vita Nova: l’amore in Dante nello sguardo di dieci artiste, al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco (28 maggio) che ripercorrerà la celebre opera di Dante – nel settecentenario dalla morte – attraverso dieci note di artiste contemporanee, tra le quali Elisa Montessori, Giosetta Fioroni e Letizia Battaglia.  

MOSTRE IN CORSO. Con la riapertura, il pubblico potrà tornare a visitare le mostre in corso temporaneamente sospese.  

Ai Musei Capitolini la mostra I marmi Torlonia. Collezionare capolavori (fino al 29 giugno, prenotazione obbligatoria), risultato di un’intesa del Ministero per i beni e le Attività Culturali e per il Turismo con la Fondazione Torlonia; e nello specifico, per il Ministero, della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio con la Soprintendenza Speciale di Roma. Il progetto scientifico di studio e valorizzazione della collezione è di Salvatore Settis, curatore della mostra con Carlo Gasparri. Electa, editore del catalogo, cura anche l’organizzazione e la promozione dell’esposizione. Il progetto d’allestimento è di David Chipperfield Architects Milano, negli ambienti dello spazio espositivo dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli, tornati alla vita dopo oltre cinquanta anni grazie all’impegno di Roma Capitale per restituire alla cittadinanza un nuovo spazio espositivo progettato e interamente curato della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. La Fondazione Torlonia ha restaurato i marmi selezionati con il contributo di Bvlgari che è anche main sponsor della mostra. Il progetto della luce è stato scritto da Mario Nanni, lumi Viabizzuno.   

Sempre ai Musei Capitolini il progetto espositivo multimediale L’eredità di Cesare e la conquista del tempo (fino al 31 dicembre) e ultima settimana per visitare l’esposizione Il Tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione Roberto Longhi con il celebre dipinto Ragazzo morso da un ramarro (prorogata fino al 2 maggio). La mostra, in collaborazione con la Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, è dedicata alla raccolta dei dipinti caravaggeschi del grande storico dell’arte e collezionista.  

Al Museo dell’Ara Pacis la mostra Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza (fino al 29 agosto), organizzata da Contrasto e Magnum Photos, con oltre cento spettacolari immagini del grande fotografo che propongono la sua interpretazione artistica di alcuni dei più importanti siti archeologici della cultura romana e greca.   

Ai Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali la mostra Napoleone e il mito di Roma (fino al 30 maggio), dedicata agli scavi promossi da Bonaparte a Roma, proprio nell’anno in cui ricorre l’anniversario del bicentenario della morte dell’imperatore francese.   

Ed inoltre Sten Lex. Rinascita, la mostra alla Galleria d’Arte Moderna prorogata fino al 13 giugno, che racchiude una selezione di opere e uno stencil poster dei due noti muralisti italiani; La vita delle api fino al 27 giugno al Museo Civico di Zoologia, un percorso visivo-gustativo attraverso il mondo delle api e dei prodotti ad esse correlati; la rassegna di artisti contemporanei Le altre opere. Artisti che collezionano artisti che, insieme alle due opere vincitrici al “Premio per Roma”, alla Galleria d’Arte Moderna prorogano l’apertura fino al 16 maggio; Un mondo fluttuante. Opere su carta di Anna Onesti alla Casine delle Civette dei Musei di Villa Torlonia a disposizione ancora fino al 2 maggio.  

venerdì 23 aprile 2021

Vino e sostenibilità, boom di certificazioni delle aziende vitivinicole piemontesi con gli standard Equalitas, SQNPI e BIO

Il Piemonte sempre più sostenibile. Valoritalia conferma il boom di certificazioni delle aziende vitivinicole piemontesi con gli standard Equalitas, SQNPI e BIO.




I numeri in costante crescita confermano il percorso virtuoso verso la sostenibilità intrapreso dalle aziende vitivinicole piemontesi. Negli ultimi mesi ben 9 aziende della regione hanno ottenuto da Valoritalia la certificazione Equalitas, mentre altre 5 sono in via di finalizzazione dell’iter. A queste si aggiungono, sempre nel settore vitivinicolo e certificate da Valoritalia, le 398 aziende biologiche e le 460 certificate con lo standard SQNPI da agricoltura integrata. Numeri che dimostrano, senza alcun dubbio, l’attenzione delle aziende piemontesi verso una domanda che in questi anni si è fatta sempre più sensibile alle tematiche ambientali e della sicurezza alimentare.

“Nell’ultimo periodo, abbiamo constatato nella regione un crescente interesse sui temi della sostenibilità ambientale, del rispetto dei valori etici e della sicurezza alimentare. Un interesse certamente favorito dal ruolo dei consorzi di tutela che in questi anni hanno focalizzato le politiche proprio su questi argomenti. Lo dimostra la crescita a doppia cifra delle aziende vitivinicole che con il supporto di Valoritalia hanno intrapreso un percorso di certificazione verso l’agricoltura da produzione integrata, biologica o sostenibile, quest’ultima promossa attraverso il protocollo Equalitas.”, spiega Alessandro Barbieri, responsabile commerciale di Valoritalia.

Oltre a certificare 230 Denominazioni DOC, IGT e STG, Valoritalia certifica tanto le produzioni agroalimentari provenienti da agricoltura biologica e integrata (SQNPI), quanto quelle ottenute con processi produttivi sostenibili in coerenza con quanto previsto dai protocolli V.I.V.A ed Equalitas. Uno standard, quest’ultimo, elaborato in Italia e accreditato a livello internazionale come uno tra i più innovativi e completi del settore.

Valoritalia non si limita a certificare, ma offre un supporto diretto a diverse realtà territoriali studiando soluzioni per le certificazioni di gruppo e strumenti di innovazione tecnologica a sostegno delle comunità rurali.

Valoritalia è la società italiana leader nella certificazione dei vini a Denominazione di Origine. La società garantisce la tracciabilità del prodotto dal vigneto all'immissione sul mercato, assicurando a imprese, istituzioni e consumatori, il rispetto degli standard di produzione stabiliti nei Disciplinari di Produzione adottati dai rispettivi Consorzi di Tutela. A dodici anni dalla sua nascita, Valoritalia è presente in gran parte del territorio nazionale con 35 sedi, nelle quali operano 230 donne e uomini, supportati da oltre 1.000 collaboratori esterni. Tra DOC, DOCG e IGT, Valoritalia certifica 230 Denominazioni di Origine, pari a oltre il 60% della produzione nazionale dei vini di qualità. In aggiunta, Valoritalia certifica le produzioni da agricoltura biologica e da agricoltura integrata (SQNPI) di alcune migliaia di aziende, oltre a certificare standard innovativi di sostenibilità, come EQUALITAS, VIVA e VINNATUR. Infine, Valoritalia opera in equivalenza con altri standard internazionali come NOP (USA), COR (Canada) e JAS (Giappone), Bio-Suisse (Svizzera).

giovedì 22 aprile 2021

Il vino perfetto, il primo libro dedicato all’esplorazione delle principali cause dei difetti nel vino

Arriva nelle librerie per le Edizioni Ampelos l'edizione italiana de Il vino perfetto di Jamie Goode. Brettanomyces, ossidazione, acidità volatile, riduzione e composti solforati volatili, odore di tappo, di fumo, difetto del gusto di luce, sapore di topo: i principali difetti del vino riassunti in un libro che ne esplora le cause in maniera critica e ragionata. 




ll vino perfetto è il primo libro dedicato all’esplorazione delle principali cause dei difetti nel vino. Dall’odore di tappo e dall’acidità volatile fino agli aromi e ai sapori sgradevoli, sarà capitato a tutti gli appassionati di vino di riscontrare caratteri tali da rendere una bottiglia deludente. Ma tutti i difetti sono davvero gravi? Alcuni possono essere addirittura desiderabili? 

Jamie Goode, il noto giornalista e critico enologico londinese, ancora una volta fa sentire la sua voce autorevole, per “demistificare” la scienza che sta dietro la differenza tra una buona bottiglia e una poco apprezzabile. Analizzando le cause che sono alla base dei difetti del vino, Il vino perfetto ci sfida a rivedere le nostre convinzioni su come dovrebbe essere il vino e su come possiamo comprenderne appieno la bellezza in un bicchiere.

«Il vino è complicato, a un livello quasi impossibile. È il risultato di una fermentazione microbica, guidata da mani umane, basata su un prodotto di partenza naturale che viene raccolto una volta l’anno. L’uva cambia notevolmente da una stagione all’altra, in funzione della natura del vigneto, ovvero del suolo e del clima in cui crescono le viti, tutti aspetti marcatamente diversi anche a breve distanza. Le differenze geografiche e di varietà dell’uva, insieme alle scelte dell’uomo, producono un’impressionante gamma di vini. Non esistono altri prodotti simili.».

La presenza di alcuni difetti può aiutare la bellezza a manifestarsi al meglio, secondo il concetto giapponese del wabi-sabi. I difetti possono esaltare la bellezza o esserne parte integrante, ce lo spiega Jamie Goode.

Britannico, dottore di ricerca in biologia vegetale, editorialista per il Sunday Express, collaboratore di The Wold of Fine Wine e Wine & Spitits, ed autore de Il vino perfetto, il primo testo dedicato all’esplorazione delle principali cause dei difetti del vino. È una sfida alle nostre convinzioni: dal Brettanomyces, all’ossidazione, all’acidità volatile, alla riduzione e ai composti solforati volatili, all’odore di tappo, di fumo, dal difetto del gusto di luce al sapore di topo, ogni aspetto è stato affrontato avvalendosi delle ricerche scientifiche, delle testimonianze dirette di alcuni enologi e del know-how dello stesso scrittore.

«Dipende tutto dal vino, dal contesto e dal consumatore - sottolinea Jamie Goode - Quando l’acidità volatile è troppo alta? Quando il carattere acerbo è buono e quando è un male? Quando i tannini sono eccessivamente allappati e solidi? Molti di questi caratteri sono presenti in una certa misura in alcuni tra i migliori vini al mondo. Ad esempio, alcune tracce di riduzione minerale in un Borgogna potrebbero essere accettabili ma non in un Sauvignon Blanc».

Goode sceglie un approccio nuovo e alternativo per indagare sulla percezione della qualità del vino come fattore soggettivo e opinabile. Imparare a riconoscere e contestualizzare il repertorio dei difetti non è un’impresa facile, ma solo attraverso questa conoscenza si potrà apprezzare appieno la “bellezza” di un vino.


IL VINO PERFETTO
di Jamie Goode
Edizioni Ampelos - info@edizioniampelos.it

Edizioni Ampelos è una casa editrice specializzata nell’aspetto divulgativo della vitivinicoltura. Altri titoli pubblicati: Simon J Woolf, Amber Revolution; Michel Rolland, Il guru del vino.


mercoledì 21 aprile 2021

Alimentazione, formaggi di eccellenza: dalla ricerca l'arma del DNA per difenderli da imitazioni e adulterazioni. Dal progetto NEWTECH il caso pilota del Grana Padano DOP

Difendere qualità ed autenticità dei formaggi di eccellenza italiani: scende in campo la ricerca con il progetto “New technologies for cheese production–NEWTECH”, coordinato dal CREA Zootecnia e Acquacoltura e con il supporto del Consorzio Grana Padano.




I formaggi italiani, con oltre 15 mld di fatturato nel 2019 e 52 DOP e 2 IGP, sono un fiore all’occhiello del made in Italy e fra i più imitati al mondo.  Per difenderne qualità ed autenticità la ricerca è scesa in campo con il progetto “New technologies for cheese production–NEWTECH”, coordinato dal CREA Zootecnia e Acquacoltura e con il supporto del Consorzio Grana Padano nella raccolta e fornitura dei campioni di formaggio sottoposti ad analisi nel corso del Progetto. Gli obiettivi sono stati da una parte l'ottimizzazione di metodi analitici sensibili per distinguere l’origine geografica del Grana Padano DOP e, contestualmente, cercare di differenziare il formaggio DOP da prodotti similari, e dall'altra, invece, la valutazione dell’impatto di alcune tecnologie (come l’uso di latte in polvere in prodotti industriali o l’introduzione di sistemi di valutazione rapida dei tempi di coagulazione dei formaggi) nella standardizzazione di processi e prodotti.  

I risultati suggeriscono che, attraverso l’analisi del DNA vegetale e microbico in latte e formaggi, è possibile sviluppare una metodologia rapida per distinguere il Grana Padano da prodotti duri similari, le cui ricadute per i consumatori consisteranno nella difesa dell’origine e dell’autenticità dei formaggi di eccellenza nazionale, a tutela e garanzia della qualità dei prodotti.

 Il ruolo del CREA nello studio  

"Abbiamo valutato la diversità microbica e mappato il formaggio Grana Padano attraverso metodi di analisi molecolare – dichiara Giorgio Giraffa, dirigente di ricerca del CREA Zootecnia e Acquacoltura, coordinatore scientifico del progetto - abbiamo, inoltre, studiato l’impatto del latte in polvere sulla resa casearia e sulla qualità dei prodotti. Infine, è stata messa a punto una sonda per monitorare, in modo oggettivo e riproducibile, il tempo di coagulazione del latte in caldaia, che è una fase estremamente delicata nelle trasformazioni casearie in quanto la sua stima precisa, spesso ancora affidata alla ‘sensibilità’ del casaro, è necessaria per ottenere una standardizzazione delle successive fasi di processo e, quindi, una maggiore costanza nella qualità dei prodotti”.  

Le ricadute  

Una volta ulteriormente sviluppate queste tecniche, sia i produttori di latte che l’industria ne potranno disporre per la mappatura e la tracciabilità di tutta la filiera, perseguendo al contempo un’ulteriore valorizzazione di prodotti e processi produttivi. Le ricadute ambientali, soprattutto in relazione alla ottimizzazione delle fasi di processo, consisteranno in una riduzione degli sprechi e in una maggiore sostenibilità delle produzioni casearie.  

Viticoltura, non solo vino. Uva da tavola: cresce export in quantità e valore. Il ruolo della ricerca

Nonostante il Covid 19, le avverse condizioni climatiche e il conseguente calo delle quantità immesse sul mercato, export in crescita in quantità e valore per l'uva da tavola nel 2020.




Fruitimprese ha diffuso i dati della bilancia commerciale export/import del 2020: l'uva da tavola è il secondo prodotto ortofrutticolo italiano più esportato dopo le mele, con un forte aumento nel 2020 sia delle quantità (+7,25) e soprattutto del valore (+9,95) pari a oltre 720 milioni di euro. Questi risultati confermano il dinamismo delle imprese ortofrutticole italiane che, nonostante il Covid 19, le avverse condizioni climatiche e il conseguente calo (-3,4) delle quantità immesse sul mercato, sono riuscite a spuntare prezzi più alti per la frutta fresca venduta sui mercati esteri (+7% ) per un controvalore di oltre 2,5 miliardi di euro.

Come spiegato da Giacomo Suglia, vicepresidente nazionale Fruitimprese e presidente Apeo, l'associazione dei produttori/esportatori pugliesi, i risultati ottenuti in un anno di gravissime difficoltà confermano ancora una volta che la produzione di uva da tavola, è in linea con le richieste del mercato e le esigenze dei consumatori sempre più attenti alla provenienza del prodotto e al rispetto delle norme ambientali, etiche e fitosanitarie, che in Italia sono tra le più restrittive a livello europeo. Questi dati incoraggianti sono la conseguenza della lungimiranza delle imprese italiane che operano in questo settore e che ormai da molti anni hanno operato una riconversione varietale verso varietà di uva da tavola senza semi (seedless). In tal senso, nel 2016, è nato un Consorzio di 24 aziende, Nu.Va.U.T. (Nuove Varietà di Uva da Tavola) che in accordo con il C.R.E.A. (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) finanzia la ricerca per nuove varietà di uva da tavola. L'intento è quello di regolare le attività di trasferimento, valutazione e valorizzazione di nuove varietà di uva da tavola. Con l'uva da tavola l'Italia è il terzo paese produttore al mondo, la qualità è riconosciuta sui mercati internazionali e su quello interno.

La ricerca del CREA

Secondo fonti OIV, l' Italia produce circa 1,2 Ml t di uva da tavola seguendo nell'ordine la Cina, gli USA, l'Iran la Turchia e l'Egitto, e la Puglia produce circa il 60% dell'uva da tavola italiana. Le varietà più coltivate sono Italia, Victoria, Red Globe, Michele Palieri, Black Magic, Regina, Crimson, Sugraone, Thompson Seedless e Regal Seedless. La produzione mostra uno spiccato interesse verso le varietà apirene (senza semi), dimostrata dal fatto che negli ultimi anni sono state iscritte al Registro Nazionale delle varietà di vite circa 40 nuovi genotipi senza semi. Purtroppo, la quasi totalità di queste varietà sono di origine extra Ue. 

Il progetto di miglioramento genetico delle uve da tavola del Mipaaf presso il Crea-Viticoltura ed enologia, sede di Turi, ha avuto come obiettivo principale l'ottenimento di varietà di uve da tavola apirene attraverso tecniche convenzionali, tenendo conto anche delle possibilità offerte dall'"embryo rescue" di utilizzare come parentali due varietà apirene. Il miglioramento genetico del nostro centro ha riguardato caratteri specifici per la selezione di nuove varietà di uve da tavola, in particolare: la possibilità di estensione del periodo di raccolta, l'attitudine alla frigo-conservazione, al trasporto e alla "shelf life", la resistenza a malattie sia sulla pianta che in post-raccolta, la buona produttività, la produzione di acini senza semi e con dimensioni elevate , la facile gestione colturale del vigneto (ridotta richiesta idrica, nutrizionale, ecc…). 

Questa attività ha suscitato per la prima volta in Italia il forte interesse di privati quali l'associazione di produttori "NuVaUT" che ha stretto con il Crea un accordo formalizzatosi nel corso del 2018 per lo sviluppo e la sperimentazione presso le stesse aziende. La scelta di indirizzare la ricerca sull'ottenimento di nuove varietà apirene è dettata dalla necessità, da parte delle imprese, di rimanere competitive sui mercati nazionali ed internazionali e, per rimanere competitive, il settore delle uve da tavola richiede varietà con questa caratteristica, possibilmente riconoscibili anche per tipicità e richiamo del territorio. Tale necessità deriva anche dalla difficoltà di accesso alle varietà prodotte in altri Paesi e, conseguentemente, alla gestione delle stesse sul territorio italiano. Inoltre, non secondaria è anche la difficoltà di adattamento delle varietà di uve da tavola estere agli are-ali di coltivazione italiani.

martedì 20 aprile 2021

Il vino che unisce, al via il gemellaggio social per raccontare l'unicità dei vini del Lazio e della Sicilia

Il Lazio e la Sicilia del vino si uniscono e danna vita alla scommessa social organizzata dalle Delegazioni Donne del Vino. Vino, cibo e territori per progettare l'oggi. Sulla piattaforma Instagram dal 22 aprile alle 19:00. Il calendario degli appuntamenti.




“Raccontare l'unicità dei vini del Lazio e della Sicilia ed i loro territori” è la scommessa del gemellaggio social “Il vino ci unisce”, promosso ed organizzato dalle Delegazioni delle Donne del Vino del Lazio e della Sicilia.

Per sessanta minuti, ogni settimana, da giovedì 22 aprile alle 19:00, le delegazioni laziali e siciliane, rispettivamente guidate da Manuela Zennaro e da Roberta Urso, sulla pagina Instagram delle Delegazioni Lazio e Sicilia dell'Associazione Donne del Vino, daranno il via ad un originale format per appassionati winelover dove declineranno similitudini ed analogie tra i vini della Terra degli Etruschi e dei Latini e quelli della Magna Grecia.

“Un'iniziativa intrigante - spiega Donatella Cinelli Colombini, presidente nazionale delle Donne del Vino - la forza di questa alleanza tra Lazio e Sicilia, sta proprio nell'unicità dei territori e dei vini e rappresenta un'occasione di valorizzazione e di promozione per invitare gli appassionati a ritornare a vivere l'esperienza del vino, dal vivo. Ed è anche un modo per riaffermare in questo momento così difficile per il nostro settore, la nostra presenza, perchè non ci siamo mai fermate. Ed iniziative come queste e tante altre che stiamo facendo in tutte le delegazioni, come i webinar di formazione, ci permettono di progettare l'oggi”.

Ricco e variegato il calendario degli appuntamenti di “Il vino ci unisce” che continuerà con cadenza settimanale fino a maggio, (ogni giovedì alle 19:00) per poi riprendere a settembre, dopo una pausa estiva, in cui i protagonisti sono i vini e le Donne del Vino del Lazio e della Sicilia.

“Mai come in questo momento - sottolineano le Delegate per il Lazio Manuela Zennaro e della Sicilia, Roberta Urso - è importante essere unite. l’Associazione Nazionale “Le Donne del Vino” ci regala un’opportunità preziosa: mettere in evidenza le numerose professionalità delle socie che, grazie ad iniziative come questa, diventano esse stesse ambasciatrici del loro territorio. Una squadra forte, appassionata e piena di energia che vuole far sentire la sua voce, raccontare le sue storie, attraverso, in questo caso, l’uso di Instagram, che ci consentirà di raggiungere più follower, winelover e tutti coloro che avranno voglia di conoscere il nostro mondo”.

Dai vini vulcanici a quelli di mare, dai rosati alle bollicine, dalle anfore alle botti, alle similitudini ed analogie tra i vitigni autoctoni delle due regioni ai vini dolci, “Il vino ci unisce”, in un clima di leggerezza e divertissement, che non mancherà d'incuriosire anche i non appassionati, si parlerà al femminile del variegato mondo di Bacco.

In un gioco di abbinamenti incrociati tra calici e piatti delle rispettive regioni, del tipo supplì o arancine, o, ancora, la pasta incasciata o la amatriciana, saranno anche coinvolti gli chef e rappresentanti di associazioni e del territorio per dare uno spaccato più ampio dei temi che verranno trattati. E, tra le curiosità, anche una puntata con ospiti d' Oltralpe perché il vino non ha confini.

Il primo appuntamento di “Il vino ci unisce” sarà scoppiettante con “I vini vulcanici” in diretta sulla pagina Instagram dell'associazione Donne del Vino Sicilia giovedì 22 aprile alle 19:00.

Coordinate dalla giornalista Francesca Landolina, saranno presenti, la produttrice siciliana Giusy Calcagno di Calcagno vini sull'Etna e la produttrice laziale Giulia Fusco di Merumalia, un'azienda alle pendici delle dolci colline frascatane.

Calendario degli appuntamenti (ore 19:00 in diretta sulla pagina IG DDV Sicilia e sulla pagina IG DDV Lazio

Giovedì 22 aprile - Vini vulcanici conduce Francesca Landolina

Giovedì 29 aprile - Lazio e Sicilia in rosé conduce Floriana Risuglia

Giovedì 6 maggio - Lazio e Sicilia di bolla in bolla conduce Maria Antonietta Pioppo

Giovedì 13 maggio - Lazio e Sicilia tra cibo e vino conduce Chiara Giannotti

Giovedì 20 maggio - Lazio e Sicilia a Bruxelles conduce Alma Torretta

Giovedì 27 maggio - Vitigni nobili di Lazio e Sicilia conduce Sabrina de Feudis

lunedì 19 aprile 2021

Gestione del vigneto, il diradamento dei grappoli non migliora le potenzialità enologiche dell'uva. Verso il concetto di qualità globale del vigneto

I risultati di uno studio condotto da un team internazionale di ricerca ha messo in luce che la riduzione del sink/source della pianta attraverso il diradamento dei grappoli non migliora la composizione dell'uva per la produzione di vini di qualità. 




Nella gestione del vigneto e, nello specifico nella gestione della chioma, aumentare le potenzialità enologiche dell’uva destinata alla produzione di vini di qualità, è un obiettivo possibile tenendo presenti alcuni fondamentali principi della dinamica fenologica della vite. Infatti, la ricchezza in soluti dell’uva è direttamente proporzionale al rendimento della pianta dalla quale ottenere livelli qualitativi più elevati. Se la vite lavora con maggiore efficienza sarà più capace di intercettare la radiazione luminosa che, attraverso le foglie, da il via al conosciuto processo di fotosintesi clorofilliana che trasforma l’anidride carbonica presente nell’aria e sciolta nell’acqua, in composti organici. Questa attività raggiunge livelli ottimali quando la pianta si trova in equilibrio vegeto-produttivo, ossia quando l’apparato fogliare è in equilibrio con la quantità di frutti, come appunto sostenuto da precedenti ricerche, l’obbiettivo principale di una corretta gestione del vigneto è quello di promuovere un corretto sviluppo vegeto-produttivo delle piante, compatibile con le potenzialità pedoclimatiche dell’ambiente e con le caratteristiche del vitigno. 

La gestione della chioma comprende l'insieme delle tecniche che permettono di modificare l'equilibrio vegeto-produttivo, la posizione e l'ammontare delle foglie, dei germogli e dei frutti nello spazio e di conseguenza anche le condizioni microclimatiche. Durante la maturazione dell'uva, la concentrazione dei i metaboliti cambia in funzione del giusto rapporto tra biosintesi e metabolizzazione. La qualità dell'uva sarà quindi caratterizzata da un certo numero di metaboliti e soluti inorganici come zuccheri, anioni organici (acido tartarico e malico), cationi (potassio) e composti secondari (pigmenti, precursori dell'aroma…).

Il presente studio parte dal concetto di qualità dell'uva; un principio che è oggetto di evoluzione continua e di studio da parte della ricerca vitivinicola. Da diversi anni si è andata sviluppando l'idea, confortata da numerosi riscontri analitici, che la concentrazione dello zucchero nell'uva sia un parametro, seppure semplice, strettamente correlato con alcuni dei più importanti elementi costitutivi del mosto. Nonostante i notevoli progressi ottenuti dalla scienza chimica ed agronomica a tutt'oggi tale parametro è universalmente utilizzato come indice di maturazione e di qualità delle uve. 

Se questo concetto è confortato da evidenze sperimentali, e pur avendo un fondamento sia scientifico che empirico, non è però in grado di rappresentare singolarmente il complesso fenomeno che regola l'interazione esistente all'interno di una comunità vegetale. Per questo motivo la ricerca scientifica più recente ha sviluppato un approccio globale a tale problematica che tiene conto dell'insieme dei principali fattori che determinano il comportamento del vigneto. In termini di qualità ottimale dell'uva, si è venuto così a creare il concetto di equilibrio vegeto-produttivo ma più precisamente di qualità globale, determinato dall'equilibrio del vigneto stesso. 

Per regolare lo sviluppo della vite e per manipolare il microclima dell'uva, sono state sviluppate un'ampia gamma di pratiche, con l'obiettivo di aumentare l'accumulo di metaboliti di interesse nel frutto maturo. Il livello di carbonio assimilato dalla pianta durante la stagione dipende direttamente dalle caratteristiche climatiche, cioè radiazione luminosa e temperatura e VPD (deficit di tensione di vapore), ovvero il differenziale di pressione di vapore che si genera tra l’interno della bacca e l’ambiente esterno. 

Riduzione del sink/source 

Molto brevemente i fotosintati sono trasportati attraverso il floema, un tessuto in grado di traslocare i prodotti della fotosintesi da foglie adulte ad aree di accrescimento e accumulo. Le parti della pianta che producono i fotosintati sono definite sorgenti (Source) e le parti che li utilizzano sono detti pozzi (Sink): i fotosintati quindi si dirigono dalle sorgenti ai pozzi. Le sorgenti non sono solo le  parti verdi che compiono la fotosintesi clorofilliana, ma lo sono anche i tessuti della pianta dai quali sono mobilitate le riserve di zuccheri da inviare ai pozzi (Sink) che invece sono rappresentati da radici, frutti, foglie giovani e gemme. L'equilibrio del sink/source, cioè il carico delle colture rispetto allo sviluppo degli organi vegetativi, deve essere regolato per garantire la sostenibilità della produzione viticola. La regolazione del carico di frutta non è facile in quanto dipende dalle condizioni ambientali dell'anno precedente ma anche da fattori stagionali. In linea di massima questa potrà essere fatta attraverso i germogli o diradamento dei grappoli e rimozione delle foglie. Gli effetti di queste pratiche sulla composizione dei frutti sono variabili a seconda dell'anno, della varietà e del sito di sperimentazione.

La regolazione dell'equilibrio sink/source è considerata uno degli strumenti più efficaci per adattare la composizione dell'uva agli obiettivi tecnologici. Nella vite, la maggior parte degli studi precedenti sull'effetto del diradamento dei grappoli sullo sviluppo dei frutti si basavano principalmente sul monitoraggio delle concentrazioni dei metaboliti. Tuttavia, in assenza di punti di riferimento fisiologici coerenti, gli effetti di concentrazione e accumulo erano spesso confusi. 

In effetti, dopo che lo scarico del floema si arresta al completamento della maturazione fisiologica, l'avvizzimento dei frutti diventa il principale motore delle concentrazioni di soluti. Inoltre, nella maggior parte degli studi, non è stato valutato l'effetto del S/S sulla quantità di metaboliti accumulati a livello della pianta, il che impedisce la stima quantitativa delle perdite di metaboliti indotte dalle pratiche di diradamento. Pochi studi hanno affrontato l'accumulo di precursori aromatici glicosilati (GAP), famiglia di composti che, a causa delle loro frazioni zuccherine, potenzialmente dipendenti dall'equilibrio trofico delle piante. Per caratterizzare le variazioni metaboliche indotte dalla manipolazione del S/S, nel presente studio è stato valutato l'effetto di un forte diradamento dei grappoli sull'accumulo di metaboliti primari, antociani e GAP (es. Alcoli, C13-norisoprenoidi, fenoli e terpeni) su varietà di vite sia a bacca bianca che rossa (Syrah e Cabernet Sauvignon).

Nelle varietà rosse, i risultati hanno dimostrato che la manipolazione del S/S non de-correlano l'accumulo di metaboliti secondari rispetto a quelli primari. La riduzione del S/S ha limitato drasticamente l'accumulo di metaboliti primari (fino a -70%), antociani (fino a -70%) e GAP (fino a -81%) per pianta, con un enorme deficit produttivo di molecole di interesse per unità di superficie coltivata. Nelle varietà bianche invece, la riduzione del raccolto ha comportato anche perdite significative di metaboliti: fino a -72% per gli zuccheri, -75% per acidi organici e GAP. La manipolazione di S/S non può modificare l'equilibrio tra GAP e metaboliti primari o aumentare la concentrazione di GAP nell'uva fisiologicamente matura.

The_reduction_of_plant_sinksource_does_not_systematically_improve_the_metabolic_composition_of_Vitis_vinifera_white_fruit

venerdì 16 aprile 2021

Vino e territori, UNESCO: la "Cultura del vino in Germania" diventa patrimonio culturale immateriale

L'UNESCO inserisce nella lista federale del Patrimonio Culturale immateriale la Cultura del vino in Germania.




La "Cultura del vino in Germania" è stata inserita nel registro nazionale del patrimonio culturale immateriale. Il 19 marzo 2021, il comitato di esperti della Commissione tedesca per l'UNESCO alla Conferenza dei Ministri della Cultura ha accettato la domanda presentata dall'Accademia tedesca del vino (DWA) nell'ottobre 2019 al segretariato responsabile per il patrimonio mondiale nella Renania-Palatinato presso il Ministero della Scienza, dell'Istruzione e della Cultura.

Tra i motivi presi in considerazione dal Comitato di esperti vi è la lunga tradizione di coltivazione diffusa della vite saldamente ancorata alla società. Sottolineando che la cultura del vino in Germania include altresì aspetti sociali, linguistica, artigianato e paesaggio culturale, nonché numerosi festival e costumi. Un insieme di fattori che vanno così a scandire il ritmo di vita di molte persone, contribuendo alla formazione di una identità locale, soprattutto nelle regioni vinicole.

Sin dalla fine del II secolo d.C., in Germania e nello specifico sulla riva sinistra del Reno e nella valle della Mosella la vite viene coltivata per la produzione del vino. Le fonti storiche ci parlano che a promuovere la coltivazione della vite sia stato l'imperatore romano Probo (232-282). Da allora questa attività non fu mai abbandonata del tutto. In seguito, con la cristianizzazione, i monasteri divennero centri di viticoltura e vinificazione, e funsero al contempo da maestri e promotori della coltivazione del vino di qualità. Nel Rheingau e in Franconia, le prime conferme documentali della viticoltura risalgono all'VIII secolo, in Sassonia alla fine del IX secolo. La superficie vitata, che per un certo periodo fu di oltre 300 000 ettari, si ridusse nel XVI secolo, soprattutto con la Guerra dei Trent'Anni. Nel secolo XIX, l'infestazione della filossera della vite distrusse ampie superfici, parti delle quali non furono più ripiantate. Anche le due guerre mondiali causarono danni alla viticoltura. Solo negli anni Cinquanta del XX secolo ebbe luogo una forte ripresa, con una netta espansione della superficie vitata. Come è evidente quindi la cultura del vino in Germania ha avuto modo di svilupparsi e conservarsi attraverso il tempo.

La candidatura dell'Accademia tedesca del vino è stata sostenuta fin dall'inizio anche dallo stato della Renania-Palatinato attraverso il Ministero dell'Economia, dei Trasporti, dell'Agricoltura e della Viticoltura e accompagnata a titolo consultivo dal Ministero della Scienza, dell'Istruzione e della Cultura.

Monika Reule, amministratore delegato della German Wine Academy, ha spiegato che il successo dell'iscrizione nel Registro Federale dei Beni Culturali Immaterial è dovuto grazie al supporto delle tante persone che contribuiscono attivamente a plasmare la cultura del vino a livello nazionale. Questo ampio sostegno è stato sicuramente uno dei fattori decisivi per questo riconoscimento. Non resta ora che conservarlo.

Effetto Brexit, crolla il vino italiano in UK. SOS burocrazia

Export al minimo del decennio con dodici nuovi vincoli per portarlo sulle tavole inglesi. Il report completo a cura del Centro Studi DIVULGA.




Storico crollo del 36% % delle esportazioni di vino Made in Italy in Gran Bretagna per effetto degli ostacoli burocratici ed amministrativi che frenano gli scambi commerciali dopo la Brexit. E’ quanto emerge dall’analisi del Centro Studi DIVULGA sulla base dei dati Istat relativi al commercio esterno nel primo mese del 2021, dopo l’uscita dall’Unione Europea.

La Gran Bretagna, si legge nel rapporto, resta il terzo mercato di sbocco del vino Made in Italy, dopo Stati Uniti e Germania, ma le spedizioni hanno raggiunto quest’anno il minimo del decennio. I dodici (nuovi) vincoli obbligatori solo per esportare il vino nel Regno Unito nel post-Brexit sono solo la punta dell’iceberg di una overdose di burocrazia con la quale le imprese nazionali del settore agroalimentare dovranno dunque fare i conti. La complessa documentazione richiesta per entrare in Gran Bretagna è una delle numerose criticità evidenziate dal primo completo report sull’export nel Regno Unito delle imprese vitivinicole realizzato dal Centro Studi DIVULGA.

Si parte dall’etichettatura: fino al 30 settembre 2022 nessuna modifica, ma successivamente a tale data bisogna cambiare etichetta e indicare nome e indirizzo dell’importatore o imbottigliatore che opera nel Regno Unito.  E’ richiesto subito un certificato specifico, incerto invece il Modello VI-1-. Per il vino biologico nel 2022 scatta un certificato di ispezione. E ancora, novità sugli obblighi degli imballaggi, un nuovo codice, informazioni in etichetta che scoraggino l’uso di alcol, registrazione su Banca dati Rex per spedizioni di oltre seimila euro e infine un nuovo regime tariffario (che per il momento salva le produzioni di origine Ue).

Per le imprese si aprono dunque nuove e complesse sfide burocratiche che si rifletteranno su un business che è stato finora particolarmente ricco. Il Regno Unito con un valore delle importazioni di vino e spumanti di 3,7 miliardi è oggi il secondo mercato mondiale per il settore dopo gli Stati Uniti. Nel Paese sono state inviate etichette Made in Italy nel 2020 per 714 milioni di euro di cui 324 milioni sono esportazioni di spumanti, con gli inglesi che sono i principali consumatori mondiali di Prosecco secondo la Coldiretti. Vino e bollicine sono la principale voce di esportazione dell’agroalimentare Made in Italy con oltre un quinto del totale delle spedizioni di prodotti agroalimentari in Gran Bretagna mettendo a segno negli ultimi 10 anni un balzo del 40%.

L’Italia vitivinicola ha conquistato spazi e negli ultimi anni è riuscita a sorpassare in bottiglie vendute nel Regno Unito le produzioni francesi. Per il nostro Paese, dunque, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea apre uno scenario segnato da molte ombre. I nuovi adempimenti, peraltro ancora non perfettamente chiariti, rischiano di frenare i flussi commerciali e di aggravare, con ulteriori costi richiesti dalle nuove procedure, il bilancio del settore vitivinicolo già duramente provato dall’effetto Covid 19.

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Covid, strategia multi-canale: scelta vincente per il vino cooperativo

Il vino cooperativo tiene e mostra la sua resilienza malgrado il Covid ed il crollo dell'Horeca: nel 2020 fatturato a +1% e vendite in GDO +6%. Nel 2020 una cooperativa su 4 ha raggiunto fino al 15% in più di fatturato rispetto al 2019.




“Avere una strategia multi-canale si è rivelata una scelta vincente”, ha commentato Luca Rigotti, Coordinatore del settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative. Nell’anno dell’emergenza pandemica il sistema vitivinicolo cooperativo (423 cantine per 4,9 miliardi di euro di giro d’affari e una produzione pari al 58% del vino italiano), ha mostrato la sua resilienza, registrando nel complesso una sostanziale tenuta del proprio fatturato (+1%), su cui ha inciso positivamente l’incremento di vendite nel canale della grande distribuzione organizzata (+6%, dato Iri, 2021) e quello sulle esportazioni (+3%). È questo il dato più significativo emerso oggi nel corso di Vivite Talk del vino cooperativo, iniziativa organizzata da Alleanza Cooperative Agroalimentari.

“Nel corso del 2020 il 34% delle cooperative vinicole ha mantenuto stabile il proprio fatturato e un 41% lo ha visto in calo”, ha spiegato Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma, presentando lo studio sulla performance delle cooperative vitivinicole durante il Covid. “L’analisi ha anche evidenziato, di contro, come una cooperativa su 4 del campione intervistato – che numericamente rappresenta oltre il 50% del fatturato complessivo della cooperazione vinicola – abbia invece registrato un fatturato in aumento. Si tratta delle cooperative più dimensionate, con fatturati superiori a 25 milioni di euro, che nel 6% dei casi hanno addirittura registrato un sensibile aumento, superiore al +15% rispetto alle performance registrate nel 2019, prima dell’avvento del Coronavirus”.

Guardando ai singoli canali distributivi, lo studio ha messo in luce come la chiusura dell’Horeca abbia portato ad una riduzione delle vendite per la quasi totalità delle imprese cooperative, senza distinzione dimensionale. Al contrario, GDO e E-commerce hanno principalmente favorito le cooperative più grandi, con oltre 25 milioni di fatturato.

Un altro dato significativo relativo alle performance economiche della cooperazione è quello delle vendite sui mercati esteri. Se l’export di vino italiano nel complesso ha registrato nel 2020 un calo pari a -2,4% in valore, quello della cooperazione – nonostante le maggiori difficoltà per il segmento dei vini sfusi – ha invece registrato una crescita, pari al +3%.

“Avere una strategia multi-canale si è rivelata fin qui una scelta vincente che ha consentito alla cooperazione di tenere in un anno particolarmente difficile come quello della pandemia”, ha commentato il Coordinatore del settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari Luca Rigotti. “I dati emersi dallo studio di Nomisma sono la dimostrazione pratica che le imprese che operano in differenti canali hanno pagato meno la crisi, grazie ad una compensazione che certamente non ha risolto le criticità ma ha consentito di attenuare gli effetti negativi della pandemia e le contrazioni di mercato”.

Per quanto riguarda le prospettive del futuro, per le cooperative il digitale sarà una leva importante per la ripresa. L’analisi ha messo in mostra che le cooperative puntano sulla presenza su siti di e-commerce e sui canali social, cosi come sull’enoturismo e sull’ospitalità, oltre ad un consolidamento della presenza nella grande distribuzione. Un segnale di ottimismo viene dalla convinzione espressa da oltre la metà delle cooperative che ritiene che nel 2022 le vendite nel canale horeca ritorneranno agli stessi livelli del 2019. Rispetto invece al rafforzamento della loro presenza sui mercati esteri, le missioni per incontrare fisicamente i partner internazionali e la misura della promozione in ambito OCM rappresentano gli interventi che a parere delle cooperative restano i più efficaci.

Crescente l’impegno delle cooperative sul fronte della sostenibilità: oltre il 50% delle cantine intervistate ha già adottato azioni concrete per ridurre l’uso di input chimici e azioni per la valorizzazione dei sottoprodotti, la riduzione e il riciclo degli scarti di lavorazione. Il 51% ha incrementato le produzioni biologiche e il 20% dichiara di aver già avviato processi di transizione digitale e industria 4.0.

“Nonostante le buone performance della cooperazione nel 2020 – ha commentato nel suo intervento conclusivo Luca Rigotti – in prospettiva sarà necessario fare i conti con gli stock giacenti in cantina, complessivamente pari a 56 milioni di ettolitri al 31 marzo 2021 (+3,6% su base annua), situazione che, anche in vista della prossima vendemmia, deve far riflettere rispetto alle più adeguate ed efficaci misure utili per gestire l’offerta”.

mercoledì 7 aprile 2021

Enoturismo, un libro racconta storia, normativa e buone pratiche di un settore strategico per la ripartenza post Covid del Sistema Paese

Turismo del vino in Italia: Storia, normativa e buone pratiche raccontate dal senatore Dario Stèfano e Donatella Cinelli Colombini. La presentazione del libro venerdì 9 aprile via webinar da Palazzo Madama. 




Una panoramica sul fenomeno dell’enoturismo in Italia, contestualizzato all’interno di un giacimento vitivinicolo unico al mondo ed una varietà ampelografica di alto valore paesaggistico, naturalistico ed economico-produttivo. Un vademecum su tutto quello che c’è da sapere sulla sua storia ed il suo inquadramento concettuale e normativo, sulla scia soprattutto dell’approvazione del decreto del 12 marzo 2019 che disciplina il settore, sempre più asset strategico per lo sviluppo della vitivinicoltura italiana. Ma anche una guida per gli imprenditori, che ivi trovano raccolti consigli e regole da seguire per collocare la propria cantina tra le wine destination più ricercate e gestire l’enoturismo in una logica di sviluppo economico e sostenibilità ambientale e sociale, tenendo comunque presenti tutte le prescrizioni di sicurezza necessarie in tempo di Covid19.

Questo è, nella sostanza, il fulcro centrale del volume “Turismo del Vino in Italia. Storia, normativa e buone pratiche” (Ed. Edagricole – News Business Media, nella collana "Strategia e Management", pag. 198) che sarà presentato in diretta venerdì 9 aprile alle ore 11 sul canale youtube del Senato della Repubblica dalla Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, alla presenza dei due autori, il Senatore Dario Stefàno - Presidente tra l’altro, della Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato della Repubblica – e Donatella Cinelli Colombini, fondatrice già agli albori degli anni Novanta del Movimento Turismo del Vino. Ed è nell’ottica di coinvolgere il mondo delle Istituzioni, sottolineando l’importanza della fusione in un progetto unitario al fine di elaborare una strategia congiunta di rilancio del Sistema Paese, che interverranno insieme ai due autori, anche tre membri dell’attuale Esecutivo, ovvero il Ministro della Cultura Dario Franceschini, il Ministro del Turismo Massimo Garavaglia ed il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli. Tra gli ospiti della presentazione, anche il Presidente di Assoenologi nonché presidente dell'Union internationale des Œnologues Riccardo Cotarella, il conduttore ed autore televisivo Federico Quaranta ed il giornalista di Edagricole Lorenzo Tosi.

“Il vino ed in generale l’agroalimentare d’eccellenza sono i locomotori della ripartenza turistica” – anticipa il Senatore Dario Stefàno, estensore della prima normativa sul turismo in cantina facendo esplicito riferimento al ruolo primario dell’agroalimentare come calamita dei visitatori stranieri, ruolo in cui ha addirittura superato l’arte e la cultura, di cui il nostro Paese è ricchissima. “Per questo – aggiunge - un manuale sul “Turismo del vino in Italia”, dove si insegnano i principi e la pratica della wine hospitality, è importantissimo e permette di trasformare le 25/30.000 cantine italiane aperte al pubblico in propulsori di sviluppo. Esso può diventare il primo mattone di una enorme costruzione che - conclude Stefàno - nell’auspicio di tutti, userà il vino e le eccellenze agroalimentari per una rinascita più veloce, sostenibile e duratura del nostro Paese”.

Nel libro, che si presenta quindi come un mix di teoria e concretezza capace di indirizzare i territori del vino e le cantine verso un futuro importante, si parla non solo di storia e normative ma anche di progettualità in chiave europea. E di come coniugare la ripartenza post Covid con i progetti di Green deal, Farm2Fork e Next Generation attraverso il turismo e l’uso del locomotore vino. Ma soprattutto si parla del vino e delle sue molteplici sfaccettature che ne fanno un elemento strategico per l’economia italiana dai punti di vista sia della cultura, sia turistico, sia della politica agroalimentare. 

“Puntare sul turismo del vino come locomotore della ripartenza turistica – puntualizza Donatella Cinelli Colombini, fondatrice del Movimento Turismo del Vino e ideatrice delle giornate di Cantine Aperte, evento di punta per il turismo enogastronomico - significa dare concreta applicazione agli obiettivi europei Next Generation-Recovery. L’enoturismo infatti richiede, soprattutto in questo momento, un ampio uso della tecnologia digitale e di conseguenza richiede un netto miglioramento della connettività nelle campagne. Le prospettive sono di un turismo sempre più lento, diffuso e destagionalizzato, in grado di offrire ai giovani un futuro di vita e di lavoro in campagna ma anche di avvicinare chi produce agroalimentare a chi lo consuma, anche in termini di shopping, accrescendo la cultura alimentare e incentivando scelte nutrizionali più sane e rispettose dell’ambiente”.

Cibo e vino possono dunque essere la chiave di volta di un ritorno del turismo internazionale, che ha subìto una brusca frenata con le limitazioni agli spostamenti. L’enoturismo nell’anno del Covid19 ha fatto riscoprire agli italiani il turismo di prossimità, ma le presenze nazionali sono solo una piccola parte di un pubblico ben più ampio a cui si era abituati in tempi pre-epidemia. La ricetta per riportare velocemente in Italia i turisti europei prima ed americani ed asiatici più avanti - nel giro di un paio d’anni – sta anche nell’attrattività che il nostro Paese può offrirgli, in termini esperienziali. Degustazioni di prodotti agroalimentari ed enologici che danno piacere ed emozione, visite e shopping nei luoghi di produzione in primis. 

venerdì 2 aprile 2021

Musica, i Concerti di primavera-estate dell'Orchestra Rai

Dal 9 aprile al 1° luglio in diretta su Radio 3 e in live streaming sul portale di Rai Cultura. Molte serate anche su Rai 5.




Grandi direttori come Fabio Luisi, Daniele Gatti e Ottavio Dantone. Solisti di fama internazionale come Stefano Bollani, Giovanni Sollima, Renaud Capuçon, Alexander Malofeev e Pablo Ferrández. Una cantante nota per l’intensità delle sue interpretazioni come Anna Caterina Antonacci. L’integrale delle Sinfonie di Brahms, omaggi a Stravinskij e a Dante Alighieri, grande repertorio sinfonico e un’inaspettata incursione nel mondo del rock e del pop. Sono i “Concerti di primavera-estate” dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in programma dal 9 aprile al 1° luglio all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino. Le serate, tutte in programma alle ore 20, saranno trasmesse in diretta su Radio3 Rai e in live streaming sul portale di Rai Cultura. Molte saranno proposte anche in TV su Rai5. Secondo le disposizioni riguardanti l’emergenza sanitaria, l’apertura al pubblico è ancora sospesa. Eventuali modalità di accesso all’Auditorium Rai e di acquisto dei biglietti saranno comunicate appena possibili.

 Anche questa strana stagione giunge a compimento. – dice il Direttore artistico dell’OSN Rai Ernesto Schiavi – Ci siamo sforzati di non interrompere la nostra offerta di concerti dal vivo, che abbiamo potuto portare a tutti anche con i teatri chiusi al pubblico. Per questo ringraziamo Rai Cultura, che li trasmette tutti in live streaming e molti ne propone in TV su Rai5, e Radio3, che ci segue sempre in diretta. Accanto alla tradizionale proposta sinfonica, per salutare il nostro pubblico prima della pausa estiva, abbiamo scelto di chiudere i “Concerti di primavera-estate” con “Rai Orchestra Pops”, un inusuale programma che mette a confronto e in relazione diversi mondi musicali e diversi sviluppi della musica dei nostri giorni. Il rock con i classici Frank Zappa e Keith Emerson, accanto alle voci più di tendenza dei Nirvana e dei Radiohead. Il jazz con Janis Joplin, Duke Ellington, Wynton Marsalis e altri. Il tutto presentato da interpreti di primissimo piano come Nicola Benedetti, dedicataria e interprete del concerto per violino di Marsalis, Alessandro Taverna, che suonerà il concerto di Emerson, e Giovanni Sollima, con tutta la sua strabordante fantasia.

Si inizia con Ottavio Dantone, protagonista di due concerti consecutivi: venerdì 9 e giovedì 15 aprile. I programmi spaziano dal classicismo di Haydn al neoclassicismo di Pulcinella di Stravinskij, del quale ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della morte. Il balletto in un atto su musiche di Pergolesi, in programma il 9 aprile, è proposto in forma integrale con le voci di Paola Gardina, Alasdair Kent e Paolo Bordogna. 

Ancora un protagonista unico nelle due settimane successive: Daniele Gatti, che torna sul podio dell’Orchestra Rai dopo aver diretto ben sei diversi programmi nel corso del 2020. Per i concerti di giovedì 22 e giovedì 29 aprile propone il ciclo integrale delle Sinfonie di Brahms, autentico banco di prova per le grandi bacchette e le orchestre sinfoniche. 

Il 6 maggio è la volta di un altro grande ritorno, quello di Fabio Luisi, il cui rapporto con la compagine Rai si è fatto costante negli ultimi anni. Insieme al giovanissimo pianista russo Alexander Malofeev, non ancora ventenne, propone il Primo Concerto di Franz Liszt e a seguire la Quarta Sinfonia di Bruckner detta “Romantica”. Il mese di maggio procede con Aziz Shokhakimov che, giovedì 13, insieme al violoncellista Pablo Ferrández propone il Concerto n. 1 per violoncello e orchestra di Šostakovič, e insieme al Coro Femminile Ruggero Maghini omaggia Dante Alighieri nell’anniversario della nascita con Eine Symphonie zu Dantes Divina Commedia, detta Sinfonia Dante, di Liszt. Il concerto è trasmesso in diretta su Rai5. 

Due giorni dopo, sabato 15 maggio, Shokhakimov propone un altro omaggio, questa volta a Stravinskij, completando la proposta di Dantone con l’opera da camera l’Histoire du soldat. Con questo spettacolo l’OSN Rai rinnova la collaborazione con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus: bambini e ragazzi potranno conoscere gli strumenti di una grande orchestra sinfonica e saranno protagonisti di un percorso di laboratori che culminerà proprio con il concerto dedicato a Stravinskij. 

Giovedì 20 maggio torna a suonare con l’Orchestra Rai Stefano Bollani, con il suo Concerto azzurro per pianoforte e orchestra, che fonde jazz e linguaggi classici, composizione e improvvisazione. Dirige Kristjan Järvi, che apre la serata con un suo brano, Aurora per orchestra. Il mese di maggio si chiude giovedì 27, con una serata interamente dedicata al repertorio francese. Protagonisti il direttore Maxime Pascal e il soprano Anna Caterina Antonacci, che ha fatto della Francia e della cultura francese i suoi territori d’elezione. In programma il Poème de l’amour et de la mer per voce e orchestra di Chausson, La mer di Debussy e La valse di Ravel. 

Giugno si apre giovedì 3 con due affermatissimi talenti musicali appartenenti alla stessa generazione: il direttore Michele Mariotti, classe 1979, e il violinista Renaud Capuçon, classe 1976. In programma il celebre Concerto in mi minore per violino e orchestra di Mendelssohn e la più rara Sinfonia n. 2 in re maggiore di Sibelius. 

Il cartellone di primavera-estate si chiude con un ciclo di quattro concerti raccolti sotto l’etichetta “Rai Orchestra Pops”, che esplorano i confini tra linguaggio classico, la scrittura sinfonica, il rock, la musica per il cinema, il crossover e lo swing. Sul podio due direttori americani noti per la loro versatilità e l’apertura alle contaminazioni. Il 10 giugno sono protagonisti Ryan McAdams e il pianista Alessandro Taverna, impegnati con vari autori rock per il sinfonico. Il 17 giugno si spazia da Scott Joplin a Duke Ellington con la bacchetta di John Axelrod. Il 23 giugno torna Ryan McAdams con il violoncello di Giovanni Sollima, per una serata che va da Purcell ai Nirvana, passando per la musica dello stesso Sollima. Ultimo appuntamento, il 1° luglio, ancora con John Axelrod e la violinista Nicola Benedetti, interprete del concerto di Wynton Marsalis, di cui è dedicataria e che ha inciso con la Philadelphia Orchestra.

All’offerta sinfonica torna ad affiancarsi quella cameristica, con i concerti dei gruppi dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in programma a porte chiuse nello spazio a loro tradizionalmente dedicato della domenica mattina alle 10.30. I concerti da camera saranno registrati e trasmessi successivamente su Radio3. Gli appuntamenti sono tre: il 2 maggio con gli Archi dell’OSN Rai e un programma dedicato al grande Novecento; il 30 maggio con un trio d’archi accompagnato dalla fisarmonica e dal bandoneón di Davide Vendramin, per un omaggio ad Astor Piazzolla; e il 6 giugno con un ensemble dell’OSN Rai diretto da Francesco Pomarico che propone un ulteriore omaggio a Stravinskij. E oltre ai concerti da camera realizzati in Auditorium Rai, proseguono anche quelli alla Cappella Paolina del Quirinale a Roma, trasmessi in diretta su Radio3 la domenica mattina. 

Dal 9 al 22 agosto infine, torna per la compagine Rai l’impegno come Orchestra principale al Rossini Opera Festival di Pesaro, con le opere Moïse et Pharaon ed Elisabetta, regina d’Inghilterra, dirette rispettivamente da Giacomo Sagripanti ed Evelino Pidò, cui si aggiunge il Gala Rossini diretto da Michele Spotti, che chiude il cartellone.

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