lunedì 31 agosto 2020
Gestione del vigneto: protezione e prevenzione dei danni provocati dagli uccelli. Lo stato dell'arte sulle strategie da adottare
Una ricerca della Michigan State University Extension, ha indagato sulle strategie attualmente adottate nella protezione del vigneto dai danni provocati dagli uccelli. Un problema che inizia al momento dell'invaiatura fino alla vendemmia ed oltre, come nel caso di uve raccolte nel tardo autunno / inverno destinate alla produzione di particolari vini dolci.
È estremamente difficile fermare gli uccelli una volta che hanno assaggiato la dolcezza dell'uva. Basti pensare che uno stormo di 5mila stornelli può inghiottire fino a una tonnellata di uva in una decina di giorni! Un banchetto a cui partecipano anche tordi, merli e passeri, specie quest'ultima che ha la brutta abitudine di intaccare gli acini con becco e zampette, creando aperture che aprono facilmente la porta per lo sviluppo di marciume grigio e acido. Si stima che le perdite di raccolto possono raggiungere rispettivamente il 95% e il 60% nelle varietà rosse e bianche.
Attualmente le strategie adottate per arginare questo danno sono diverse. Esmaeil Nasrollahiazar, Paolo Sabbatini e Timothy Miles, ricercatori presso la Michigan State University Extension, hanno analizzato le protezioni più comuni sia in termini di efficacia che di costi. Nell'allestimento delle misure di lotta è indispensabile mettere in esercizio il metodo scelto prima dell'apparizione dei primi danni. Gli uccelli dopo aver assaggiato l'uva, hanno la tendenza a ritornare sui luoghi del loro ultimo pasto. Conveniente è quindi essere operativi in anticipo, sopratutto in vigneti isolati o situati in prossimità di boschi o altra vegetazione. I metodi di lotta attualmente a disposizione sono:
Sistemi acustici
Tra i sistemi acustici più propriamente definiti ad intimidazione acustica, troviamo gli apparecchi a ultrasuoni o quelli che diffondono rumori o che trasmettono gridi di disperazione; i cannoni a gas che non tengono alla larga solo gli uccelli, ma anche cinghiali, ungulati e lupi. Il loro meccanismo di azione è quello di produrre violenti scoppi superiori al suono di una fucilata. Cosa importante per il corretto utilizzo di questa tipologia di dissuasori è quella di procedere ad un regolaggio di modo che l'innesco parta solo una volta ogni 10 minuti. E' consigliato ridurre l'intervallo medio tra due detonazioni di un minuto alla settimana. Tuttavia, per questioni di efficacia, lo spazio temporale tra un colpo e l'altro non deve essere inferiore a 3 minuti.
Sistemi ottici
Le strategie visive di controllo degli uccelli sono abbastanza efficaci in quanto gli uccelli rispondono ai movimenti e agli oggetti interpretandoli come loro nemici. I deterrenti visivi non sono protezioni adeguate per le colture se usati da soli e sono tipicamente combinati con i sistemi acustici per risultati migliori. I deterrenti visivi volanti includono nastri e stelle filanti, aquiloni a forma di uccelli rapaci, modellini di aerei e droni UAV (Unmanned Aerial Vehicle). Il laser robotico infine è un il repellente a più alta tecnologia. Questo repellente sfrutta gli istinti naturali degli uccelli che vedono il raggio laser come un predatore e quindi dandosi alla fuga per cercare sicurezza quando il raggio laser passa. Questa tecnica potrebbe essere una strategia di controllo tra le più affidabili in quanto non distruttiva, sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, semplice e facile da installare. Il repellente laser per uccelli ha fornito risultati importanti in un vigneto di circa 9 ettari, nella contea di Sonoma, in California. Il vigneto con quattro unità laser ha ottenuto una riduzione degli uccelli del 99,8% con un risparmio, in termini di raccolto, per un valore di 25.000 dollari.
Sistemi chimici
I repellenti chimici per uccelli sono tra i sistemi più efficaci e più utilizzati dai viticoltori sopratutto per il costo modesto e per il fatto che non richiedono particolari competenze né l’utilizzo di sofisticate apparecchiature: caratteristiche queste che hanno grandemente favorito il loro impiego. I prodotti più recenti disponibili in commercio garantiscono un’azione repellente fino a due settimane. I principali vantaggi di questi prodotti approvati dall'EPA, Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente, sono quelli di essere in primis non tossici e di essere efficaci verso molte specie di uccelli tra cui oche, storni, piccioni e merli.
Sistemi fisici
Uno dei sistemi fisici più comuni è l'utilizzo di reti come barriere per proteggere le colture. Sebbene questa strategia sia molto efficace nella prevenzione dei danni provocati dagli uccelli, è d'altro canto molto costosa. Inoltre l'installazione e la rimozione delle reti è un'operazione che richiede tempo. Non ultimo, il viticoltore ha il dovere di fare tutto il possibile per evitare che le reti posate nel vigneto si trasformino in una trappola mortale per gli uccelli e non solo. Doverosa quindi una posa corretta delle reti che dovranno essere inoltre di qualità e con maglie tessute, e non saldate in quanto causa di ferimento dei volatili, con buchi che misurano al massimo 40 mm di lato. Ci sono comunque apposite direttive per la posa di questo sistema a reti.
Infine la ricerca ha messo in evidenza che i danni provocati dagli uccelli possono anche consentire ad altri parassiti di contribuire alla perdita di resa. Come accennato, alcune specie come ad esempio i passeri, intaccano l'uva con becco e zampette, creando aperture che aprono facilmente la porta ad agenti patogeni fungini come il marciume grigio ed il marciume acido, ed insetti nocivi. Nello specifico per quanto riguarda il marciume del grappolo causato da botrytis, è disponibile una nuova scheda informativa per la gestione di questo patogeno sviluppata dalla Michigan State University Extension. In particolare sono elencate strategie per le varietà a grappolo stretto, come ad esempio il Vignoles, varietà ibrida utilizzata nello stato di New York nella produzione del ricercato Ice Wine quando le uve raggiungono un grado zuccherino di 13-15 Brix.
venerdì 28 agosto 2020
Circo Maximo Experience, la visita immersiva del Circo Massimo in realtà aumentata e virtuale
Il progetto fa parte di Romarama, il programma di eventi culturali di Roma Capitale, ed è promosso da Roma Capitale Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzato da Zètema Progetto Cultura e realizzato da GS NET Italia e Inglobe Technologies. La direzione scientifica è a cura della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
La visita immersiva, della durata di circa 40 minuti, è itinerante e si sviluppa all’interno dell’area archeologica su un percorso di 8 punti di osservazione (tappe) utilizzando specifici visori, i quali dopo ogni uso vengono sanificati e imbustati. Nel rispetto delle misure di prevenzione anti Covid-19, a ciascun visitatore verranno consegnati, imbustati singolarmente, gli auricolari monouso e la visiera parafiato su cui poggiare lo speciale visore. Previsto inoltre l’ingresso contingentato all’area (max 7-8 persone ogni 15 minuti), il distanziamento fisico interpersonale e la misurazione della temperatura con termoscanner.
Grazie alla realtà aumentata e virtuale, il visitatore potrà immergersi totalmente nella storia del sito archeologico con la visione delle ricostruzioni architettoniche e paesaggistiche lungo tutte le sue fasi storiche: dalla prima e semplice costruzione in legno, ai fasti dell’età imperiale, dal medioevo fino ai primi decenni del ’900. Si vedrà l’antica Valle Murcia arricchirsi di costruzioni, si passeggerà nel Circo tra le botteghe del tempo, assistendo a una emozionante corsa di quadrighe tra urla di incitamento e capovolgimenti di carri, fino a restare senza fiato di fronte all’imponente Arco di Tito alto circa venti metri, ricostruito in realtà aumentata e in scala reale davanti ai propri occhi.
La narrazione è disponibile in italiano (con le voci degli attori Claudio Santamaria e Iaia Forte), inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, cinese e giapponese. Per le persone non udenti sono disponibili le versioni a sottotitoli semplificati in lingua italiana o inglese.
I biglietti per la visita immersiva sono preacquistabili online sul sito www.circomaximoexperience.it oppure al call center 060608 (attivo tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 19.00). Possono essere acquistati anche sul posto, previa compilazione della scheda anagrafica con i dati personali del visitatore, e nei Tourist Infopoint. Per i possessori della MIC card e della Roma Pass è previsto il biglietto d’ingresso ridotto.
giovedì 27 agosto 2020
Percorso di alta formazione professionale per la produzione, trasformazione e valorizzazione della filiera agri-food (comparto bevande)
Per gli aspiranti esperti delle bevande, dalla grappa alla birra, passando per succhi di frutta, caffè, tè e cioccolata, sono aperte fino al 22 ottobre le iscrizioni al corso post diploma organizzato dalla Fondazione Edmund Mach. Si tratta del percorso di alta formazione professionale per la produzione, trasformazione e valorizzazione della filiera agri-food (comparto bevande) che partirà nel gennaio 2021 e giunge alla sua terza edizione.
Aree di competenza
Sbocco professionale
A chi si rivolge
Iscrizioni: www.servizionline.provincia.tn.it/portale/portale_dei_servizi
Fine wines, l'Italia guida il mercato dei vini d'eccellenza
Un dato storico quello riferito ai fine wines made in Italy; se negli ultimi 10 anni, il valore commerciale del mercato secondario è cresciuto ad un tasso annuo composto del 9,0%, quello dei vini d'eccellenza italiani nello stesso periodo, sale del 28,5%. Così mentre il mercato del vino continua ad espandersi nel 2020, l'Italia è ancora una volta in prima linea nella crescita.
Il Liv-ex (London International Vintners Exchange), è la borsa che offre le quotazioni dei vini pregiati da investimento e la loro compravendita in tutto il mondo. La crescente domanda di questa tipologia di bene, ha portato anche alla nascita di un suo mercato elettronico, basato a Londra e diventato oggi il punto di riferimento mondiale per lo scambio e la quotazione di vini da collezione.
Fondato a Londra nel 2000 dai broker James Miles e Justin Gibbs, il Liv-Ex, in pochi anni, è cresciuto a dismisura ed oggi conta oltre 435 membri da più di 40 paesi che, tutti i giorni, scambiano milioni di sterline in vino pregiato in modo trasparente, efficiente e standardizzato.
Uno dei punti di forza del Liv-Ex è infatti dato dal fatto che i dati del vino, oggetto di scambio, si basano su transazioni commerciali reali, piuttosto che su prezzi pubblicizzati che possono essere inaccurati e non aggiornati. Il Liv-Ex mette a disposizione una serie di indici consultabili sul sito Web dedicato e generalmente ripresi come fonte quando si parla di investimenti nel mondo del vino. Tra questi il LWIN (Liv-ex Wine Identification Number), un codice numerico di 7 cifre che permette di identificare in modo univoco il tipo di vino che si sta scambiando, senza dover ricorrere a lunghe descrizioni con il rischio di commettere errori di identificazione. A queste sette cifre base, se ne possono aggiungere anche altre per indicare con esattezza l’annata, la quantità delle bottiglie oggetto dello scambio e la dimensione delle bottiglie.
Secondo il codice LWIN, gli scambi commerciali di vino per l'Italia sono aumentati del 153,6% da gennaio a fine luglio di quest'anno. Inoltre, in questi primi sette mesi, il valore del commercio italiano è aumentato di oltre il 70%, superando quello di tutto il 2019. In dettaglio Barolo, Brunello di Montalcino e il Chianti Classico hanno visto una crescita superare il 300% nei primi sette mesi del 2020. Da notare che se i Super Tuscan hanno dominato il commercio in valore nel 2019, ora vengono sorpassati da Barolo e Barbaresco con Giacomo Conterno, Barolo Riserva Monfortino 2013 che ha di fatto superato di gran lunga il Sassicaia 2017, secondo in graduatoria. Il più scambiato in volume è stato Produttori Barbaresco, Barbaresco 2016. Questa è stata la prima volta che due vini piemontesi hanno ottenuto questi riconoscimenti.
Questo certo non significa una perdita di appeal per i Super Tuscans. Il Fine Wine 100, indice composto dai 100 vini pregiati più scambiati e che rappresenta il vero benchmark di riferimento dell’interno mercato, per l'Italia è cresciuto del 2,37% da inizio anno e del 4,29% su un periodo di un anno, rappresentando il secondo indice con la migliore performance nei due periodi. Bene, all'interno del Fine Wine 100, i Super Tuscan sono cresciuti del 4,2% da inizio anno e dell'8,8% su un anno.
Ci sono diversi motivi per cui l'Italia ha fatto così bene nel 2020, e non ultimo essere immune dagli effetti delle tariffe statunitensi del 25% sui vini dell'UE con un alcol 14% e inferiore. I vini italiani continuano ad offrire un valore relativo rispetto ai migliori vini di Bordeaux e Borgogna e le annate recenti (2015, 2016 e 2017) sono considerate nuovi parametri di riferimento per molti produttori. Con pochi segnali di vento contrario in vista, l'Italia sembra di fatto rimanere al centro dell'attenzione degli investitori per tutto l'anno in corso.
martedì 25 agosto 2020
COVID-19, al via la sperimentazione del vaccino sull'uomo
È iniziata il 24 agosto, presso l'Istituto Nazionale malattie Infettive (INMI) 'Lazzaro Spallanzani' di Roma, la sperimentazione sull'uomo di GRAd-COV2, il candidato vaccino italiano contro SARS-CoV-2 il virus che causa COVID-19, realizzato, prodotto e brevettato dalla società biotecnologica italiana ReiThera.
Il primo volontario, scelto tra le migliaia che si sono offerti con grande generosità allo Spallanzani, ha ricevuto tramite iniezione intramuscolare la dose di vaccino ed iniziato l'iter che lo porterà nei prossimi mesi a sottoporsi a una serie di ravvicinati controlli periodici che serviranno ai ricercatori per verificare la sicurezza e la tollerabilità del vaccino, nonché eventuali effetti collaterali.
La sperimentazione, messa a punto da un team di ricercatori e clinici dello Spallanzani in collaborazione con ReiThera, sarà effettuata su novanta volontari suddivisi in due gruppi per età: 45 tra i 18 e i 55 anni, altrettanti di età superiore ai 65 anni. Ciascun gruppo sarà suddiviso in tre sottogruppi da 15 persone, a ciascuna delle quali verrà somministrato un diverso dosaggio del preparato vaccinale. Una parte della sperimentazione sarà effettuata presso il Centro Ricerche Cliniche - Policlinico G.B. Rossi di Verona, e successivamente anche negli ospedali di Piacenza e Cremona. Se i primi risultati della fase 1 saranno positivi, entro la fine dell’anno potranno prendere il via le fasi 2 e 3, che saranno condotte su un numero maggiore di volontari anche in paesi dove la circolazione del virus è più attiva.
Quella di ieri è una tappa importante di un percorso iniziato nello scorso marzo, grazie all'impegno del Ministero della ricerca scientifica e della Regione Lazio che, d'intesa con il Ministero della Salute, hanno deciso di finanziare il progetto, individuando nell’INMI ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma e nel Consiglio nazionale delle ricerche i partner operativi per la realizzazione della sperimentazione.
Il vaccino di ReiThera ha superato i test preclinici effettuati sia in vitro che in vivo su modelli animali, che hanno evidenziato la forte risposta immunitaria indotta dal vaccino e il buon profilo di sicurezza, ottenendo successivamente l’approvazione della fase 1 della sperimentazione sull’uomo da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Agenzia Italiana del Farmaco e del Comitato Etico Nazionale per l’Emergenza COVID-19.
Il vaccino GRAd-COV2 utilizza la tecnologia del ‘vettore adenovirale non-replicativo’, ovvero incapace di produrre infezione nell’uomo. Il vettore virale agisce come un minuscolo ‘cavallo di Troia’, che induce transitoriamente l’espressione della proteina spike (S) nelle cellule umane. Questa proteina è la ‘chiave’ attraverso la quale il coronavirus, legandosi ai recettori ACE2 presenti all’esterno delle cellule polmonari, riesce a penetrare ed a replicarsi all’interno dell’organismo umano. La presenza della proteina estranea innesca la risposta del sistema immunitario contro il virus.
ReiThera Srl, società con sede a Castel Romano, ideatrice del vaccino, è stata costituita nel 2014 da un gruppo di ricercatori italiani che avevano ideato l’utilizzo dell’adenovirus dello scimpanzé come ‘navicella’ su cui innestare il materiale genetico necessario per realizzare vaccini contro malattie infettive come Epatite C, malaria, virus respiratorio sinciziale, ed Ebola. Sulla base di questa esperienza, ReiThera ha recentemente sviluppato il nuovo vettore virale, GRAd32, isolando un adenovirus di gorilla che negli studi preclinici ha indotto una forte risposta immunitaria, sia umorale che cellulare, contro le proteine veicolate, dimostrando inoltre un buon profilo di sicurezza.
Attraverso tecniche sofisticate questo virus, assolutamente innocuo per l’uomo, è stato modificato per azzerarne la capacità di replicazione; successivamente è stato inserito al suo interno il gene della proteina S del SARS-CoV-2, il principale bersaglio degli anticorpi prodotti dall’uomo quando il coronavirus penetra nell’organismo. Una volta iniettato nelle persone, questo virus modificato, o meglio la proteina S che trasporta, provocherà la risposta del sistema immunitario dell’organismo, ovvero la produzione di anticorpi in grado di proteggere dal virus SARS-CoV-2. Altri vaccini basati su vettori adenovirali ricavati dai primati sono già stati valutati in trial clinici di fase 1 e 2 per candidati vaccini di altre malattie infettive, dimostrando di essere sicuri e di generare risposte immunitarie consistenti anche con una singola dose di vaccino.
Di seguito, le dichiarazioni dei rappresentanti delle istituzioni coinvolte e della società ReiThera.
Massimo Inguscio, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche: "Il Cnr ha sempre chiara l'importanza di fare ricerca in squadra, unendo le competenze, in particolare quando grandi sfide come il Covid-19 evidenziano il fondamentale ruolo della scienza. Esprimo quindi la soddisfazione, l'orgoglio e l'emozione, miei e dell'Ente tutto, per l'inizio della sperimentazione sull'uomo di GRAd-COV2, il vaccino tutto italiano cui collaboriamo con l'Istituto Spallanzani e il supporto di Mur e Regione Lazio".
Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università e della Ricerca: "Durante questa pandemia l’apporto della ricerca italiana alla comunità scientifica internazionale, che si è mobilitata nella lotta contro il SARS-CoV-2, è stato notevolissimo sia per quantità che per qualità, e dobbiamo tutti riconoscenza e gratitudine ai nostri ricercatori e scienziati per l’attività che hanno svolto e continuano a svolgere. Quello che inizia oggi è un altro capitolo di questa storia, che ci deve ricordare che investire nella ricerca, anche e soprattutto ‘in tempo di pace’, quando non ci sono emergenze in corso, è un nostro dovere primario, perché genera opportunità di crescita per tutto il sistema Paese ed in particolare per le giovani generazioni".
Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio: "Sono molto contento della scelta che come Regione Lazio abbiamo fatto, di finanziare un progetto di portata nazionale che punta a realizzare un vaccino contro il COVID-19, affidato ad una delle eccellenze del sistema sanitario regionale come l’Istituto Spallanzani che, accanto agli altri ospedali della Regione ed alla rete di sorveglianza epidemiologica regionale, ci hanno consentito durante l’emergenza di gestire al meglio i malati e di proteggere la comunità; e non posso che rallegrarmi del fatto che la tecnologia utilizzata per la messa a punto di questo vaccino è interamente ‘made in Lazio’, nel distretto biotecnologico di Roma-Castelromano che costituisce uno dei punti di forza del sistema industriale regionale".
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, e Pier Francesco Nocini, Rettore dell’Università di Verona: "Desideriamo esprimere grande soddisfazione per il coinvolgimento del Centro Ricerche Cliniche dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Integrata di Verona in questa importante sperimentazione di fase 1 sull’uomo di un possibile vaccino contro il Covid-19, sviluppato e prodotto da un’azienda italiana".
Stefano Colloca, Chief Technology Officer, ReiThera: "Questo studio è il primo, importante passo verso lo sviluppo clinico del nostro nuovo vaccino GRAd-COV2 contro COVID-19. Siamo orgogliosi di avviare questa sperimentazione in Italia, dove l'impatto del COVID-19 è stato particolarmente sentito. La tecnologia all'avanguardia alla base del nostro approccio è supportata da molti anni di ricerca pionieristica sulle tecnologie dei vettori adenovirali, con dati preclinici e clinici generati con un vaccino monodose in altre gravi malattie infettive, che hanno evidenziato potenti risposte immunitarie umorali e cellulari. Questa caratteristica rende la nostra piattaforma tecnologica adatta a una situazione epidemica come COVID-19 e presenta chiari vantaggi in termini di produzione".
Antonella Folgori, Chief Executive Officer, ReiThera: "Il lancio di questa sperimentazione di fase 1 è testimonianza della capacità di ReiThera e dimostra cosa si può fare quando tutte le parti interessate si uniscono per raggiungere un obiettivo comune. Ringraziamo l’INMI ‘Lazzaro Spallanzani’ per la collaborazione in corso e il Ministero della Ricerca Scientifica e la Regione Lazio per aver finanziato la sperimentazione e la produzione iniziale del candidato vaccino GRAd-COV2. Non vediamo l'ora di fornire importanti aggiornamenti sulla sicurezza e l'immunogenicità del nostro candidato vaccino nei prossimi mesi, e ci auguriamo di poter avanzare nella sperimentazione internazionale di fase 2/3 entro la fine dell'anno".
Vino e territori, Soilution System: lotta all’erosione nelle terre del Lessini Durello
Arrivano i primi risultati di un innovativo progetto sulla prevenzione del dissesto idrogeologico. Al convegno "La Tutela attiva della Val d’Alpone", è stato presentato al pubblico l’andamento dei lavori del progetto Soilution System che coinvolge il Consorzio del Lessini Durello, quello del Soave, l’Università di Padova, WBA (World Biodiversity Association), AGREA, il Consorzio di Bonifica dell’Alta Pianura Veneta e IRECOOP Veneto ed anche alcune aziende agricole del territorio.
Il progetto rientra nella misura 16 della Regione Veneto con lo scopo di valutare e testare soluzioni, per stimolare l’innovazione nelle aziende, in particolar modo per il fenomeno dell’erosione dei suoli che crea fenomeni di dissesto, un problema questo, che può diventare un grosso problema per territori rurali come la Val D’Alpone e per i quali trovare soluzioni è vitale nel processo di sviluppo dell’economia locale.
Il progetto prevede l’impiego di droni per la creazione di modelli 3D ad alta risoluzione di vigneti situati in aree a forte pendenza, al fine di una migliore comprensione dei processi di instabilità (erosione e frane). Queste informazioni migliorate mediante un monitoraggio effettuato a terra dei fenomeni di dissesto, ha dato modo di costruire una “mappa dell’erosione” di alcuni versanti collinari permettendo quindi di segnalare interventi preventivi al dissesto stesso.
Si prefigura inoltre lo sviluppo di prototipi dimostrativi attraverso operatrici elettriche leggere per i vigneti in collina, che non compattano il suolo e permettano di operare in sicurezza su forti pendenze per le operazioni di sottofila.
Anche i muretti a secco e ciglioni sono oggetto di studio e intervento, in quanto il ripristino di questi manufatti è sempre molto oneroso per il viticoltore. Il progetto mira infatti alla ricerca di soluzioni “low cost”, con barre vibroinfisse che stabilizzino e consolidino le strutture esistenti e prevenirne quindi i crolli.
lunedì 24 agosto 2020
Apocalisse California, sotto assedio degli incendi i pregiati vigneti della Napa Valley e di Sonoma County
Come riportato da Coldiretti in una nota, in tutta la zona colpita dal fuoco è stata bloccata la vendemmia e sospese le visite turistiche ma anche chi riesce a restare aperto deve fare i conti con la mancanza di corrente, per cui a “sopravvivere” è solo chi entra in possesso di generatori di emergenza.
Il risultato di una crescita vorticosa delle coltivazioni che hanno consentito agli Usa di diventare il quarto produttore di vino a livello globale dopo Italia, Francia e Spagna con una quantità di 24 milioni di ettolitri.
I primi vigneti negli Usa sono stati piantati proprio nella Napa Valley negli anni 60 e da allora si è verificata una crescita ininterrotta nella produzione e nella domanda tanto che gli Stati uniti sono diventati il primo consumatore mondiale di vino con 33 milioni di ettolitri che solo in parte vengono soddisfatti dalle importazioni.
mercoledì 12 agosto 2020
Ricerca, uno studio studio amplia l'attuale conoscenza sul contributo delle caratteristiche regionali alla composizione dei vini Sangiovese
Sono state valutate l'idoneità, l'identità e le proprietà di stile (la qualità intrinseca) dei vini. Un gruppo di 11 esperti italiani ha valutato la qualità percepita valutando la tipicità dei vini. I dati sperimentali hanno mostrato che la qualità intrinseca dei campioni di vino Sangiovese è stata influenzata dalla zona di coltivazione; in particolare il vino è risultato molto diverso per indici di colore e composizione polifenolica.
Le differenze nei livelli di qualità intrinseca non hanno portato a una diversa valutazione della qualità percepita (tipicità) da parte del panel di assaggiatori. I risultati hanno evidenziato che la varietà Sangiovese è riconoscibile anche se coltivata al di fuori del suo terroir di origine, e sono stati considerati più tipici i vini freschi e fruttati.
Uno dei principali obiettivi di questo studio è stato quello di esaminare la qualità intrinseca dei campioni, valutando come le differenze chimiche nei vini provenienti da Italia e California, in termini di ammissibilità (attributi comuni a tutti i vini) e profili di identità (attributi che distinguono le diverse identità territoriali), potrebbe riflettere sulla percezione sensoriale dei vini. In questo contesto, il profilo di idoneità chimica dei vini era rappresentato dai parametri chimici standard (pH, acidità titolabile, contenuto alcolico, acidità volatile, acido malico e zucchero residuo), indici di colore (intensità del colore, tonalità e indice fenoli totali) e la composizione dei polifenoli, mentre il profilo di identità chimica era rappresentato dai composti volatili originari dell'uva e dalle fermentazioni alcoliche e malolattiche (terpeni, norisoprenoidi, acetati, esteri).
I dati sperimentali hanno mostrato che i vini Sangiovese dall'Italia e dalla California hanno prodotto differenze principalmente per il profilo di ammissibilità chimica. In particolare, era molto evidente che i vini italiani e californiani differivano per indici di colore e composizione polifenolica (ammissibilità). Infatti, i vini italiani erano più alti nei composti polifenolici e nell'intensità del colore. Questi risultati erano in accordo con la caratterizzazione chimica dei vini Sangiovese provenienti da Italia e California per la vendemmia 2016 dove i vini italiani hanno portato ad una maggiore intensità di colore e indice di fenoli totali rispetto a quelli californiani, che hanno invece mostrato una tonalità più alta. I valori di questi indici erano coerenti con altri risultati per i vini Sangiovese. Le differenze negli indici di colore erano meglio spiegate dai composti polifenolici dei vini che risultavano in quantità maggiori per i vini italiani.
L'uva rossa di Sangiovese è considerata una varietà dall'aroma neutro poiché la quantità totale di terpeni è inferiore a 1 mg / L, e questa varietà non dipende dai monoterpeni per il suo sapore varietale. Nella polpa e nella buccia del Sangiovese vengono rilevati alcuni precursori dei norisoprenoidi come TDN, riesling acetale, damascenone e vitispirane. I suddetti composti varietali volatili sono stati determinati sia nei vini italiani che in quelli californiani, indicando che gli aspetti varietali dell'uva Sangiovese sono stati mantenuti in entrambe le regioni. Importanti differenze sono state invece evidenziate nei vini di entrambe le regioni per quanto riguarda i composti volatili fermentativi: i vini californiani sono risultati più ricchi nella composizione rispetto ai vini italiani. Sulla base delle differenze chimiche nella composizione dei vini delle due regioni, si evince come la qualità intrinseca, in termini di differenze chimiche, possa riflettersi sull'idoneità e sui profili sensoriali di identità dei vini.
Il secondo obiettivo dello studio ha riguardato la qualità percepita. Attraverso il panel di assaggio degli esperti di vino toscano si è quindi proceduto a verificare se la percezione della peculiarità / tipicità dei vini Sangiovese provenienti dall'Italia e dalla California, poteva essere collegata con i descrittori sensoriali associati alla tipicità dei vini. I profili sensoriali dei campioni californiani e italiani sono stati separati tra loro e l'analisi della correlazione con gli attributi descrittivi ha consentito di interpretare questa separazione in termini di differenze sia di eleggibilità che di profili di identità.
I risultati hanno evidenziato che il vitigno Sangiovese è riconoscibile anche se coltivato molto lontano dal suo terroir originario. Ciò è supportato dal fatto che i volatili varietali sono stati trovati in entrambi i vini di entrambi i paesi, anche se i vini californiani erano più intensi nei volatili fermentativi rispetto ai vini italiani. Nonostante ciò, le principali differenze sembravano legate più alla qualità intrinseca in termini di idoneità ai profili chimici e sensoriali. Importanti e significative differenze sono state riscontrate nei vini per la composizione dei polifenoli poiché i vini italiani avevano una maggiore intensità di colore, tannini, antociani monomerici e contenuto di polimeri pigmentati. Di conseguenza, sono stati percepiti più intensi nel colore e nell'astringenza. D'altro canto i vini californiani erano più alti in contenuto alcolico e pH e più bassi in acidità titolabile rispetto ai vini italiani.
Questi risultati riflettono la percezione sensoriale di ammissibilità dei vini in cui quelli italiani tendono ad essere più acidi, meno dolci e più astringenti rispetto ai loro omologhi californiani. Ciò mette in evidenza che è il terroir ad influenzare le caratteristiche di ammissibilità del vitigno Sangiovese, in particolare per la composizione polifenolica. In Italia, i vini con una denominazione di origine sono soggetti a requisiti di produzione che determinano molti aspetti della produzione del vino come la resa massima dell'uva, il livello di alcol, l'irrigazione e altri fattori di qualità, prima che il nome di una denominazione possa apparire legalmente sull'etichetta di una bottiglia di vino. Negli Stati Uniti invece, la normativa è molto più generica e permissiva e l'unico requisito per utilizzare il nome AVA (American Viticultural Areas) sull'etichetta del vino è che l'85% del mosto provenga da uve coltivate entro i confini geografici delle AVA.
Questo aspetto potrebbe avere un'influenza importante sulle caratteristiche di ammissibilità come la composizione dei polifenoli. Infatti, il contenuto di polifenoli nell'uva è chiaramente influenzato da quattro fattori agroecologici: la cultivar, l'anno di produzione (cioè la condizione climatica di anno in anno), il luogo di produzione (l'effetto dell'origine geografica delle uve, chimica del suolo e fertilizzazione) e il grado di maturazione. Inoltre, le modalità di vinificazione e le procedure tecnologiche applicate (macerazione, fermentazione, chiarifica, invecchiamento, ecc.), possono modificare in modo significativo sia la concentrazione e la composizione dei polifenoli e, di conseguenza, anche l'intensità del colore e la tonalità dei vini rossi.
In conclusione, i vini Sangiovese provenienti dall'Italia e dalla California hanno mostrato diverse differenze chimiche significative in termini di profili ammissibili e di identità (qualità intrinseca), come la composizione dei polifenoli e le sostanze volatili che non hanno influenzato completamente la qualità sensoriale intrinseca. Per quanto riguarda la qualità percepita, nonostante gli esperti toscani percepissero differenze tra i vini californiani e italiani, li consideravano simili quando ne valutavano la tipicità.
I risultati di questo studio confermano che la qualità percepita in termini di tipicità del Sangiovese era ancora legata non solo ai sapori fruttati e floreali ma anche a leggerezza e freschezza, nonostante l'aspetto qualitativo intrinseco della “struttura” del vino e confermano inoltre che il Sangiovese mostra una flessibilità in termini di modificazione chimica e sensoriale, a seconda della zona di produzione e che, di fatto, può essere considerato tipico anche se proviene da una zona lontana da quelle tradizionali.
Covid-19, export vino italiano: calo di vendite per la prima volta dopo 30 anni
E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno in occasione del distacco del primo grappolo di uva nell’azienda agricola Faccoli in via Cava a Coccaglio, nella provincia di Brescia in Franciacorta che inaugura l’inizio della vendemmia lungo la Penisola.
Un dato preoccupante dopo il record storico di 6,4 miliardi fatto segnare lo scorso anno per le esportazioni di vino Made in Italy. La vendemmia 2020 infatti è la prima segnata dagli effetti della pandemia mondiale, delle tensioni commerciali internazionali con la minaccia dei dazi e della Brexit con l’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna che è stata per lungo tempo il principale cliente del prosecco, il vino italiano più esportato nel mondo.
In Cina, dove il virus ha colpito per primo, il consumo di bottiglie tricolori fra gennaio e maggio 2020 è crollato in valore del 44%, nel Regno Unito le vendite sono scese di quasi il 12% anche a causa delle incertezze e delle tensioni legate alla Brexit, la Francia ha ceduto il 14% mentre l’export in Germania e Stati Uniti, due dei principali mercati per l’Italia, è in leggero calo (- 1%). Ma sul commercio con gli Usa pende la scure dei dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump il cui verdetto sarà noto a breve e potrebbero colpire proprio il vino con un valore delle esportazioni di oltre 1,5 miliardi di euro, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States.
Gli Stati Uniti sono il principale consumatore mondiale di vino e l’Italia è il loro primo fornitore con gli americani che apprezzano tra l’altro il Prosecco, il Pinot grigio, il Lambrusco e il Chianti che a differenza dei vini francesi erano scampati alla prima black list scattata ad ottobre 2019. Se entrassero in vigore dazi del 100% ad valorem sul vino italiano una bottiglia di Prosecco venduta in media oggi al dettaglio in Usa a 10 dollari ne verrebbe a costare 15, con una rilevante perdita di competitività.
La vendemmia 2020 in Italia è influenzata anche dalle misure di sicurezza anti contagio e dalle difficoltà di spostamento degli stagionali agricoli stranieri che in passato contribuivano in modo significativo alla raccolta delle uve. Infatti il necessario vincolo della quarantena per i Paesi più a rischio ha frenato gli arrivi di lavoratori dall’estero e in questo contesto almeno 25mila posti di lavoro occasionali tra le vigne potrebbero essere disponibili per la vendemmia con una radicale semplificazione del voucher “agricolo”.
“Con quasi 4 cantine italiane su 10 (39%) che fanno registrare difficoltà a seguito dell’emergenza occorre intervenire rapidamente per sostenere le esportazioni, alleggerire le scorte, ridurre i costi e tagliare la burocrazia” afferma il presidente la Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “bisogna ripensare per la vendemmia in corso ad uno strumento per il settore che semplifichi, sia agile e flessibile rispondendo soprattutto ad un criterio di tempestiva disponibilità all’impiego e dall’altra generi opportunità di integrazione al reddito per giovani studenti, pensionati e cassa integrati”.
martedì 11 agosto 2020
Ricerca, Erigeron: la malerba che contamina il vino
Lo studio ha preso piede in quanto alcuni viticoltori della zona di Bordeaux avevano riscontrato questo problema e, come spiega Tommaso Nicolato, responsabile enologico del laboratorio, attribuito proprio alla presenza dell'erigeron nei vigneti.
Per dimostrarlo il team di ricerca ha macerato l'erigeron in una soluzione idroalcolica, osservando che questa pianta è ricca di terpeni che trasportano note vegetali sporche, alcune delle quali si trovano in molti vini contaminati, associate alla massiccia presenza di metionolo, un composto che viene sintetizzato durante la fermentazione alcolica a partire dalla metionina, un altro composto di cui l'erigeron è ricchissimo.
Come ha tenuto a precisare Vincent Renouf, direttore generale del laboratorio, il prossimo step sarà quello di trovare una soluzione per eliminare il difetto nei vini. Il laboratorio ha inizialmente testato due tecniche deodoranti per assorbire la molecola responsabile, ma con risultati deludenti. Quello che viene consigliato all'enologo è di miscelare i vini contaminati per diluirli. Utilizzare i canonici diserbanti, oltre che nocivo è anche inutile, visto anche che sono in aumento i casi di resistenza dell'erigeron al glisofato.
E' bene ricordare che le erbe infestanti fanno parte dell’agroecosistema e vanno di conseguenza gestite al meglio, per mantenere la sostenibilità. Il viticoltore in tal senso dovrà porre quindi particolare attenzione alle tecniche preventive con l’obiettivo di creare condizioni colturali sfavorevoli alla crescita delle malerbe e favorevoli allo sviluppo ed alla crescita del vigneto. Ad esempio, in regime biologico, questo tipo di gestione prevede un approccio integrato basato su tre strategie differenti: tecniche legate alla prevenzione (pre-emergenza), strategie per migliorare la competitività delle colture, strategie post-emergenza mirate al contenimento delle malerbe.
lunedì 10 agosto 2020
Vino e ricerca, prevedere la morte cellulare dell'uva con sensori di etanolo
Iniziata la fase sperimentale per la messa a punto di sensori di etanolo sia in laboratorio che in vigna in grado di rilevare la concentrazione di alcol prodotto dalla fermentazione all'interno dell'acino d'uva in condizioni di carenza di ossigeno.
Un precedente progetto denominato Incubator Initiative finanziato da Wine Australia, ha indagato sul fenomeno della morte cellulare dell'uva se sottoposta a carenza di ossigeno durante la maturazione su varietà Cabernet Sauvignon. Questo fenomeno, associato ad avvizzimento delle bacche, è dovuto da una disidratazione mediata da cambiamenti nella permeabilità della membrana cellulare dell'uva che viene accelerata da stress abiotici, ovvero quelli legati ai fattori ambientali come stress idrico e temperatura elevata. Sulla morte cellulare dell'uva ho scritto anche qui.
Lo studio sperimentale, che fa parte di un progetto più ampio sempre supportato da Wine Australia, ha preso vita dall'esigenza di trovare un metodo per monitorare rapidamente in vigna lo stato ed i cambiamenti della bacca. L'obiettivo è quello di prevenire perdite importanti che in alcuni anni possono raggiungere il 30% dell'intero raccolto. Tra le diverse varietà, quella dello Shiraz è la più colpita, a causa di una maggiore resistenza al flusso di ossigeno nel peduncolo dell'acino. Ciò aumenta la respirazione nella bacca, con conseguente maggiore richiesta di ossigeno, che sfortunatamente non può entrare abbastanza velocemente, provocando di fatto il soffocamento della bacca.
Bisogna considerare che questo è in parte naturale nel processo di maturazione dell'uva, e che si verifica, in condizioni ottimali, entro un paio di settimane prima della vendemmia. Ma come spiega il professor Tyerman, a capo del team di ricerca dell'Università di Adelaide, se in passato il fenomeno iniziava a verificarsi 100 giorni dopo la fioritura, oggi lo stesso inizia molto prima, e questo a causa del cambiamento climatico con ondate di caldo sempre più frequenti e più intense all'inizio della stagione.
Il consiglio che viene dato ai coltivatori nel frattempo, è quello di attenersi alle procedure standard, come ad esempio mantenere le bacche più fresche possibile durante le ondate di caldo e gestire gli stress idrici. Il progetto sta esplorando anche l'effetto dei portinnesti, in particolare quelli più resistenti alla siccità e / o in grado di conferire più vigore in modo che la chioma possa fornire più ombreggiatura dei frutti.
Wine Australia: Ethanol the warning the warning signal fo berry shrivel
sabato 8 agosto 2020
Evoluzione tecnologia laser, scoperto un nuovo sistema per generare flash luminosi ultrarapidi
A partire dalla sua invenzione nel 1960, il laser ha rivoluzionato non solo la scienza e la tecnologia, ma anche la vita di tutti i giorni, con applicazioni che vanno dalla medicina alle lavorazioni meccaniche alle comunicazioni su fibra ottica e alla conservazione dei beni culturali. Tra le sue proprietà eccezionali, il laser consente di generare flash di luce incredibilmente brevi, fino alla durata di pochi femtosecondi, ovvero pochi milionesimi di miliardesimo di secondo. Tali impulsi, grazie alla loro durata brevissima, consentono di studiare fenomeni ultrarapidi, quali i processi alla base della visione e della fotosintesi e, grazie alla loro altissima intensità, modificano gli atomi e le molecole creando nuovi stati della materia. Il controllo delle proprietà e della forma di questi impulsi è perciò di importanza fondamentale sia scientifica sia applicativa ed è oggetto di intensi studi sin dagli anni ‘80.
Un team internazionale di scienziati che ha coinvolto il Politecnico di Milano, l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr (Cnr-Ifn), il Sincrotrone di Amburgo e il Massachusetts Institute of Technology, è riuscito a sintetizzare delle vere e proprie ‘forme d'onda ottiche’ tramite il controllo del campo elettrico della luce con una precisione elevatissima, di molto inferiore al femtosecondo. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Photonics. La sintesi di queste forme d'onda si basa su un processo ottico innovativo, del quale i ricercatori del Cnr e del Politecnico sono stati i pionieri: la sintesi coerente, cioè la sovrapposizione sincronizzata di diversi impulsi di luce.
“È come dirigere una orchestra. Ogni impulso è uno strumento musicale, chiamato a produrre il proprio suono; la sintesi coerente è l'esecuzione perfetta di uno spartito. Potenzialmente, questa orchestra potrà dare origine a una moltitudine infinita di forme d'onda, cioè di melodie. La sintesi coerente realizzata in questi esperimenti è dunque un approccio molto promettente per la generazione di impulsi di luce laser con qualsiasi forma e durata”, spiega Cristian Manzoni, ricercatore del Cnr-Ifn e del Politecnico.
L'esperimento ha richiesto molti anni di lavoro. “Abbiamo costruito il primo prototipo, da cui tutto è partito, proprio presso i laboratori del Politecnico di Milano”, aggiunge Giulio Cerullo, del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. “Era come un piccolo complesso, ma da questo primo esperimento, pubblicato nel 2012, è nata poi l'idea di realizzare la grande orchestra. L'apparato sperimentale è stato così ricostruito e ampliato presso i laboratori di Amburgo”.
Le forme d'onda che ora si possono sintetizzare amplieranno le opportunità di controllare l'interazione della luce con la materia, soprattutto ad alte intensità. In questo caso il campo elettromagnetico della luce è talmente forte da contrastare le forze che legano gli elettroni ai nuclei; la luce può temporaneamente strappare gli elettroni dall'atomo, e farli orbitare lungo traiettorie inedite. Si dimostra ad esempio che quando l'elettrone si muove spinto da forme d'onda così brevi e intense, genera impulsi di luce ancora più brevi, di durata di pochi attosecondi, ovvero un miliardesimo di miliardesimo di secondo. Si tratta degli eventi artificiali più brevi che l'uomo sia mai stato in grado di creare. Questo studio getta le basi per studiare nuovi meccanismi atomici e molecolari, dal momento che consentirà di interrogare la natura tramite impulsi di luce “scolpiti” a piacimento dall’utente.
Ricerca, Spermidina: la molecola che ripulisce gli ingranaggi della memoria
Un team di ricerca dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) e del Telethon institute of genetics and medicine (Tigem) coordinato da Elvira De Leonibus, in uno studio pubblicato sulla rivista Aging Cell, descrive uno dei possibili meccanismi attraverso cui la Spermidina, in soggetti di mezza età predisposti al declino cognitivo, ripristina la memoria nell’invecchiamento grazie alla sua azione di “pulizia” degli aggregati proteici tossici accumulati nel cervello. La Spermidina è una poliammina in grado di favorire la longevità attraverso un’azione protettiva sul sistema cardiaco ed è stata anche testata sulla neurodegenerazione nella drosofila, il moscerino della frutta.
“Non tutti gli individui mostrano una riduzione delle capacità mnemoniche con l’avanzare dell’età, ma quelli che la mostrano lo fanno molto precocemente e, in genere, i sintomi di declino mentale si associano all’accumulo, nei neuroni, di aggregati proteici di alfa-sinucleina e di beta amiloide che possono arrivare a formare delle fibrille - o dei filamenti - potenzialmente tossici per le cellule”, spiega De Leonibus. “In una cellula giovane questi aggregati, considerati scarti cellulari, sono racchiusi all’interno di una vescicola (autofagosoma) che si occupa di traghettarli nel lisosoma,un organello che li scompone e ne ricicla i costituenti lì dove possibile. Con l’invecchiamento gli aggregati aumentano e la capacità degradativa dei lisosomi si riduce”.
Studi recenti hanno messo in evidenza che la Spermidina, naturalmente presente in molti cibi, stimola l’autofagia, il processo di pulizia interna delle cellule, e quindi ne migliora le capacità degradative. “Il nostro laboratorio si occupa di identificare i meccanismi precoci che precedono lo sviluppo della demenza nei modelli animali”, spiega De Leonibus che ha condotto la ricerca insieme a Giulia Torromino (post-doc Cnr-Ibbc) e Maria De Risi (post-doc Cnr-Ibbc e Tigem). “Per identificare i soggetti di mezza età con una memoria vulnerabile, abbiamo utilizzato un test di memoria in cui si potesse manipolare la quantità di informazioni da ricordare (il numero di oggetti), in modo da rendere il compito più difficile e sfidante. Questo ha permesso di separare soggetti della stessa età in grado di ricordare fino a 6 oggetti diversi da quelli in grado di ricordarne al massimo 2. Nei soggetti di mezza età che falliscono il compito di ricordare 6 oggetti diversi, i lisosomi dei neuroni sono ingrossati e ‘ingolfati’ di aggregati di alfa-sinucleina nell’ippocampo, una particolare regione del cervello che è cruciale per la memoria”.
“Questo ingolfamento dei lisosomi - continua De Leonibus - è accompagnato da un difetto nell’attivare quei processi di comunicazione tra neuroni che sono necessari nei giovani per formare nuove memorie e che sono mediati dalle sinapsi attraverso il recettore del glutammato, AMPA. Questi processi risultano invece inalterati nei soggetti giovani, o in quelli invecchiati ma con memoria intatta. Lo studio ha dimostrato che un trattamento di un mese con la Spermidina stimola l’espressione del fattore di trascrizione TFEB (scoperto nel laboratorio di Andrea Ballabio al Tigem) che controlla i geni responsabili della degradazione per autofagia e favorisce in tal modo la pulizia della cellula dagli aggregati di alfa-sinucleina e di beta amiloide. Una volta liberata la cellula da questi aggregati, si osserva che la comunicazione sinaptica, attraverso il recettore AMPA, viene ripristinata in modo che la memoria possa funzionare anche in condizioni di elevato carico di informazioni nei soggetti che presentavano il difetto. Continueremo a studiare gli effetti della Spermidina nelle malattie neurodegenerative, da sola e in combinazione con altri trattamenti, e cercheremo di verificare se un arricchimento della dieta possa essere sufficiente per prevenire l’insorgenza della demenza".
Lo studio è il risultato di un lavoro costruito con un network di collaboratori italiani (Università la Sapienza di Roma, Università di Milano, Fondazione Santa Lucia, oltre al Cnr e al Tigem) e internazionali (Université Paris Descartes-Sorbonne) ed è stato supportato da un finanziamento assegnato a Elvira De Leonibus dall’Associazione Americana per l’Alzheimer e dal progetto “Invecchiamento” (gestito dal Cnr per conto del Miur).
venerdì 7 agosto 2020
Covid-19 e l'impatto sulle macro tendenze chiave che guidano e plasmano l'industria del vino e distillati
Una ricerca dell'IWSR, una delle principali società internazionali di ricerca e consulenza nel mondo delle bevande alcoliche, ha identificato sei macro tendenze chiave che stanno guidando e plasmando il settore: digital ed e-commerce; premiumizzazione; evoluzione delle tradizioni; pressioni esterne; salute e consumo etico; abitudini e pratiche associate al consumo di bevande alcoliche.
Le macro tendenze hanno un’impronta culturale e sociologica ed analizzano uno scenario ampio che può estendersi fino a cinque anni in avanti. Nell'ambito del report IWSR Global Trends 2020 pubblicato di recente, gli analisti di IWSR valutano l'impatto che Covid-19 avrà su queste macro tendenze a breve, medio e lungo termine e nei principali mercati globali. Tra quelle elencate si evidenziano tre macro tendenze:
Premiumizzazione
La premiumizzazione è legata all'attenzione dei consumatori che preferiscono nei loro calici prodotti artigianali e locali, a conferma del valore della territorialità. Si prevede che gli alcolici di qualità superiore aumenteranno la loro quota di mercato globale del volume del 13% entro il 2024, poiché i consumatori continuano a privilegiare la qualità rispetto alla quantità, compresi i cocktail. In termini di valore sono la Cina ed a seguire gli Stati Uniti i più grandi mercati di vini e liquori premium al mondo. In entrambi i paesi, i marchi premium, dovrebbero aumentare la loro quota di mercato in volume di circa un punto percentuale tra il 2020 e il 2024, proprio a ragione che la tendenza alla premiumizzazione continua a influenzare gli sviluppi del mercato.
Evoluzione delle tradizioni
I cambiamenti generazionali modificano il comportamento dei nuovi consumatori. I prodotti e le esperienze locali - accelerati dalle restrizioni di viaggio e dai confini chiusi durante la pandemia - continueranno a guadagnare popolarità. L'adattamento alle restrizioni e alle chiusure dei bar e dei ristoranti all'aperto ha costretto i consumatori - in particolare tra le generazioni più giovani - a sviluppare nuove abitudini di consumo che probabilmente persisteranno in futuro. Le categorie di alcolici che dovrebbero continuare a guidare la tendenza della globalizzazione includono la tequila premium e gli aperitivi a base alcolica, che dopo il crollo a causa del Covid-19, dovrebbero tornare ad una crescita sostenuta già entro il 2021, con volumi in aumento di quasi il 16% rispetto ai livelli del 2019.
Salute e consumo etico
Maggiore attenzione alla salute, al benessere personale e all'impatto delle scelte sull'ambiente e sulla società in generale. I bevitori attenti alla salute adottano generalmente una politica di moderazione, riducendo il volume o riducendo le occasioni. Vini naturali, basso contenuto alcolico, minor quantità di calorie, sugar e gluten free sono sempre più ricercati, sulla scia degli effetti della pandemia. I principali mercati di vino biologico saranno Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia e Giappone. Il consumo di birra a basso contenuto di alcol e senza alcol, nei principali paesi, sarà destinato ad aumentare del 4,45% entro il 2024
Arte e Scienza, ricostruito il vero volto di Raffaello
Una ricerca dell'Università di Tor Vergata svela il vero volto di Raffaello Sanzio. La ricostruzione facciale in 3D. Sciolto il dubbio: i resti custoditi al Pantheon appartengono all’artista.
La ricerca, condotta dal Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico, Dipartimento di Biologia dell'Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l'Accademia Raffaello di Urbino, apre la strada a possibili futuri studi molecolari sui resti scheletrici, volti a convalidare l’identità dell’artista e a determinare alcuni caratteri del personaggio correlati con il DNA. Il lavoro scientifico completo della ricostruzione facciale 3D sarà prossimamente sottoposto per la pubblicazione alla rivista “Nature”.
Nell’anno del 500° anniversario della morte di Raffaello Sanzio da Urbino (1483-1520), il Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico del Dipartimento di Biologia dell'Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l'Accademia Raffaello di Urbino, realizza una ricostruzione tridimensionale computerizzata del volto in età matura di Raffaello Sanzio, uno dei più importanti artisti del Rinascimento italiano, per accertare l’identità dei resti custoditi nella tomba del Pantheon. «A questo scopo è stato utilizzato un calco in gesso del cranio di Raffaello prodotto dal formatore Camillo Torrenti nel 1833 in occasione della riesumazione dell’artista e ora in mostra presso il Museo Casa Natale di Raffaello di proprietà dell’Accademia Raffaello», spiega il professor Luigi Bravi, Presidente dell'Accademia Raffaello in Urbino.
Dubbi sull’identità del “divin pittore”
Un dubbio ricorrente sull'identità dei resti ritrovati ha tormentato per secoli i numerosi ammiratori del “divin pittore” definito da Giorgio Vasari “un dio mortale”.
«Finora, nonostante l'accuratezza delle indagini svolte in quell’anno (1833) dall’anatomista Antonio Trasmondo, principale artefice dell’ultima riesumazione di Raffaello, eseguita con i metodi non risolutivi del tempo ma all’avanguardia per l’epoca, non vi era certezza che i resti ritrovati e conservati nel Pantheon fossero realmente quelli del Sanzio», dichiara il professor Mattia Falconi, associato di Biologia molecolare all’Università Roma “Tor Vergata”. Nell'immediatezza dell'altare della Madonna del Sasso, durante lo scavo sono state infatti rinvenute numerose sepolture tra cui quella di alcuni dei suoi allievi e molti resti scheletrici incompleti.
La ricostruzione facciale 3D
L'obiettivo di questo lavoro scientifico, che sarà prossimamente sottoposto per la pubblicazione alla rivista “Nature”, è stato quello di realizzare una ricostruzione facciale 3D, realistica e riproducibile, del volto di Raffaello Sanzio, morto prematuramente all’età di 37 anni, molto probabilmente di polmonite. «La ricostruzione facciale rappresenta una tecnica interdisciplinare in grado di ricreare con buona approssimazione, basandosi esclusivamente sulla morfologia del cranio, il volto di una persona al momento della sua morte. Questa procedura è stata ampiamente utilizzata per svelare i volti di resti craniali di rilevanza archeologica e storica, nonché per l’identificazione quando utilizzata in ambito forense», spiegano Cristina Martinez-Labarga, associato di Antropologia forense a “Tor Vergata”, e il professor Raoul Carbone, Grafica 3D Applicata alle Scienze Forensi, Presidente della Fondazione Vigamus. La ricostruzione è stata eseguita manualmente al calcolatore. Questa tipo di procedura estremamente flessibile consente un'elaborazione fluida, come scolpita manualmente, e la creazione di un prodotto realistico con infinite possibilità di rendering.
Analisi morfologica e metrica del calco
Inizialmente, è stato determinato il profilo biologico dell'individuo in esame. «L'analisi morfologica e metrica del calco conservato presso la casa natale dell’artista ci ha permesso di stabilire che il cranio, mostrando caratteristiche fisiche compatibili con l’aspetto del personaggio, poteva appartenere a Raffaello Sanzio, giustificando in questo modo una eventuale fase di ricostruzione 3D del volto. I risultati finali ottenuti sono coerenti e completamente sovrapponibili con il profilo del grande Urbinate che ci è stato trasmesso da prove storiche e dalle sue opere artistiche», ha osservato il professor Falconi.
«Questa ricerca fornisce per la prima volta una prova concreta che lo scheletro riesumato nel Pantheon nel 1833 appartiene a Raffaello Sanzio e apre la strada a possibili futuri studi molecolari sui resti scheletrici, volti a convalidare questa identità e a determinare alcuni caratteri del personaggio correlati con il DNA come ad esempio i caratteri fenotipici (colore degli occhi, dei capelli e della carnagione), la provenienza geografica e la presenza di eventuali marcatori genetici che predispongono per malattie», spiega la professoressa Olga Rickards, ordinario di Antropologia molecolare all’Università “Tor Vergata”.
Infine, la ricostruzione è stata confrontata con gli autoritratti di Raffaello e con dipinti di altri autori al fine di valutare la possibilità che Raffaello Sanzio fosse il soggetto rappresentato. «Numerosi indizi storico-artistici – commenta il Prof. Falconi - sono stati trovati per un particolare dipinto che rappresenta un soggetto a ora ritenuto ignoto».
La stampa tridimensionale dell'elaborato, resa in un busto a grandezza naturale e realizzata da Fondazione Vigamus, sarà donata all'Accademia Raffaello e sarà esposta permanentemente nel museo "Casa Natale di Raffaello" in Urbino.
Il gruppo di Ricerca - Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico, Dipartimento di Biologia di Roma “Tor Vergata”:
- Prof. Mattia Falconi, associato di Biologia molecolare, PhD Biochimica, Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”.
- Prof. Cristina Martinez-Labarga, associato di Antropologia forense, Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico, Laboratorio di Biologia dello Scheletro e Antropologia forense, Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”.
- Prof. Raoul Carbone, Grafica 3D Applicata alle Scienze Forensi, Presidente della Fondazione Vigamus.
- Dott.ssa Valeria Ridolfi, Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”.
- Prof. Olga Rickards, ordinario di Antropologia molecolare, Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico, Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”.
- Prof. Luigi Bravi, Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze Sociali, Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Presidente dell'Accademia Raffaello in Urbino, www.accademiaraffaello.it
Malattie della vite, prove sperimentali di viticoltura biologica. Il punto della Fem
Comparto biologico protagonista del consueto incontro tecnico organizzato quest’anno in modalità streaming, con due approfondimenti dedicati rispettivamente alla viticoltura e alla frutticoltura curati dalla Fondazione Edmund Mach e dal Centro di Sperimentazione Laimburg.
La giornata di presentazione delle prove sperimentali condotte nel 2020 nel settore della viticoltura biologica, seguita da 190 viticoltori sul canale youtube FEM, rappresenta un appuntamento fisso per viticoltori e tecnici che si occupano di biologico. Nell’incontro, introdotto dal dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico, Claudio Ioriatti, sono stati presentati i dati relativi al comparto viticolo provinciale, cresciuto del 6% rispetto all’anno precedente (i dati forniti dall’Ufficio per le Produzioni Biologiche della PAT sono riferiti al 31 dicembre 2019). Positiva la crescita ma contratta rispetto al 2018 che aveva visto un incremento del 20%. Secondo i dati la superficie del vigneto biologico trentino a fine 2019 ammonta a 1229 ettari, 67 in più rispetto al 2018.
Durante l’incontro moderato da Roberto Zanzotti sono state presentate le attività svolte dall’Unità Agricoltura Biologica della FEM in diversi ambiti della viticoltura. Quest’anno hanno interessato in particolare la gestione della peronospora in quanto l’andamento climatico di maggio e giugno è stato particolarmente impegnativo per i viticoltori anche alla luce delle limitazioni di utilizzo del rame introdotte nel 2019. Forniti anche i dati della situazione fitosanitaria delle aziende del territorio provinciale, i risultati delle prove di campo dove si sono confrontati dosaggi ridotti di rame e le nuove prospettive di mezzi tecnici, alternativi al rame, che provengono dal mondo della ricerca.
“Gli scopi fondamentali delle attività -spiega Zanzotti- rimangono la riduzione dei dosaggi di rame, la possibilità di un loro potenziamento e l’eventuale alternativa. I risultati ottenuti con le sperimentazioni di quest’anno sono interessanti riferendoli ad un’annata particolarmente predisponente all’aggressività della peronospora”. Nell’incontro si è parlato della problematica dei residui di acido fosforoso nelle uve. Sulla tematica la dott.ssa Alessandra Trinchera del CREA di Roma ha illustrato i risultati del progetto BIOFOSF-WINE (finanziato dall’Ufficio PQAI I - Agricoltura biologica - del Mipaaf), nel quale è coinvolta FEM. I risultati tecnico-scientifici fin qui ottenuti dal progetto sono stati consistentemente utilizzati quale base per la revisione del DM n.309, che di fatto amplia i limiti di ammissibilità di fosfonato nei prodotti bio in funzione dei metodi analitici disponibili, tutelando non solo i produttori biologici da contaminazioni involontarie da mezzi tecnici, ma anche i consumatori, che potranno acquisire una maggiore fiducia verso gli operatori del settore.
Controlli e situazione fitosanitaria 2020 nelle aziende biologiche in Trentino
Le aziende biologiche in Trentino hanno dovuto rapportarsi con una drastica riduzione del dosaggio di rame per ettaro, infatti si è passati da 30 kg/ha nei 5 anni a 28 kg/ha nei 7 anni. Questo ha comportato la riduzione del dosaggio ad ettaro per trattamento: dai 300-400 g di rame metallo per intervento a 200-300 g. Le prove sperimentali di campo di questi anni, condotte dall’Unità Agricoltura Biologica FEM, hanno messo in luce che l’efficacia di 200 g ettaro di rame è talvolta inferiore al dosaggio di riferimento di 400 g ma garantisce comunque la possibilità di produrre senza danni ingenti.
In pieno campo esistono molte variabili che possono condizionare l’efficacia della difesa. Zona, vigoria, distribuzione della miscela e gestione agronomica se non gestite correttamente possono influenzare negativamente l’efficacia del basso dosaggio di rame.
Nel 2019, primo anno della riduzione del rame, non si sono verificati problemi nel rispettare il quantitativo medio di 4 kg/ha anno in quanto le condizioni climatiche del mese di giugno hanno frenato la peronospora a discapito dell’oidio che invece nelle zone collinari ha dato problemi di contenimento. In media si sono impiegati dai 3,0 ai 3,2 kg di rame.
Il 2020 si è caratterizzata come un’annata difficile per quanto riguarda la peronospora, in quanto nel periodo di giugno e luglio si sono verificati numerosi eventi piovosi e bagnature prolungate.
Irrilevante la presenza di oidio anche sui testimoni non trattati che, nonostante la partenza precoce e l’inoculo dell’anno precedente, non è riuscito a svilupparsi e diffondersi in maniera pericolosa sui grappoli.
La Fondazione Edmund Mach (FEM), assieme all’Università di Trento (C3A), è parte attiva nel progetto europeo RELACS che mira a sviluppare alternative per cercare di ridurre l'uso di input chimici con strumenti e tecnologie economicamente vantaggiosi e rispettosi dell'ambiente. Un filone del progetto RELACS si concentra sullo sviluppo e la valutazione in campo di quattro nuove alternative al rame per il controllo della peronospora della vite. Queste sostanze naturali sono il risultato di un lungo percorso che ha coinvolto numerose istituzioni di ricerca, industrie e servizi di consulenza tecnica.
Le prove di efficacia sono state condotte nelle annate 2019 e 2020 in un vigneto sito a San Michele all’Adige coltivato a Pinot grigio. I quattro prodotti sperimentali (denominati BPA038F, RS63, RS139 e CAPS S185) sono stati applicati singolarmente o in strategie con bassi dosaggi di rame (1,3 kg/ha nel 2019, 1,0 oppure 1,5 kg/ha nel 2020) applicati nella fase di fioritura-allegagione e a fine stagione.
L’efficacia dei quattro prodotti sperimentali è stata comparata con una strategia a base di rame (4,1 kg/ha anno), il controllo non trattato e i controlli con applicazioni di rame a dosaggi comparabili a quelli delle strategie sopra descritte.
Nel 2019, la pressione della malattia è stata medio bassa. All’invaiatura (rilievo 30/07/2019) il danno da peronospora su grappolo e foglia nel testimone non trattato è stato rispettivamente di 17,0 ± 3,0% e 11,1 ± 1,6%. I prodotti RS63, RS139 e CAPS S185 hanno consentito il controllo della malattia su grappolo con un’efficacia paragonabile alla strategia a base di rame. Viste le scarse piogge in fioritura, le strategie con bassi dosaggi di rame non hanno variato significativamente la protezione.
Nel 2020, la pressione della malattia è stata piuttosto alta. In particolare, le frequenti piogge di maggio e giugno hanno favorito lo sviluppo del patogeno ed è stato valutato un danno pari a 49,4 ± 2,7% e di 37,3 ± 4,3% rispettivamente su grappolo e foglia su piante non trattate (rilievo 14/07/2020).
I prodotti RS139 e CAPS S185 hanno consentito il controllo della malattia su grappolo con un’efficacia paragonabile alla strategia a base di rame. Nelle strategie con bassi dosaggi di rame (1,0 oppure 1,5 kg/ha), l’efficacia di RS139 e CAPS S185 su foglia è risultata maggiore rispetto a quella dei prodotti applicati singolarmente. Anche l’efficacia di RS63 è stata buona, ma leggermente più bassa rispetto a RS139 e CAPS S185. Per contro, l’efficacia di BPA038F è risultata scarsa in entrambe le annate, anche in strategia con bassi dosaggi di rame.
Dai risultati ottenuti nelle due annate, si può evidenziare come RS139 e CAPS S185 hanno consentito una buona protezione del grappolo contro peronospora con un’efficacia paragonabile a quella del rame. L’applicazione di bassi dosaggi di rame in strategia con i prodotti naturali analizzati hanno permesso una miglior protezione delle foglie.
giovedì 6 agosto 2020
Ricerca, FT-IR come strumento di tracciabilità e autenticità del vino
Un vino premium dovrebbe innanzitutto essere sicuro da consumare, presentare caratteristiche di alta qualità e superiorità, nonché avere i mezzi per comunicarle. Queste condizioni sono purtroppo difficili da raggiungere e, pertanto, il consumatore o l'acquirente deve fare affidamento sulla reputazione di un vino attraverso il suo successo nel mercato, recensioni di intenditori, assenza di recensioni negative sulla sua autenticità o sicurezza. Spesso è l'indicazione geografica che autentica il vino in termini di ubicazione dei vigneti utilizzati nella vinificazione, stabilendo inoltre una serie di norme riguardanti la produzione stessa del vino, come il vitigno utilizzato nella vinificazione ed eventuale sistema di invecchiamento; aspetti questi che si sostanziano grazie ad una serie di regolamenti a garanzia che il vino sia stato prodotto nel modo più idoneo a raggiungere una qualità ottimale. Questi parametri vengono presi in considerazione in gran parte del mondo vinicolo, tranne nel caso di Bordeaux, una delle regioni vinicole più prestigiose e di alta qualità, dove la classifica dei vini in "cru" si basa sulla loro reputazione e sul prezzo di scambio sin dal 1855, anno in cui fu stabilita questa classificazione come sistema di qualità della regione da cui ne deriva la sua fama a livello mondiale.
Sta di fatto che, qualunque sia il tipo di classificazione utilizzato per differenziare i vini, questa si deve basare su caratteristiche uniche, impartite loro dal luogo di origine, da un tipo specifico di vitigno e da uno specifico protocollo di vinificazione; pertanto è necessaria la tracciabilità per verificare tutte le fasi seguite durante la produzione del vino per garantire l'autenticazione in modo da eliminare qualsiasi possibilità di adulterazione, che, soprattutto nel mercato del vino pregiato, è stata fonte di numerosi tipi di frode, tra cui diluizione, etichettatura errata, uso di varietà di uve ed invecchiamento non autorizzati.