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Uomini e musica, il mondo del jazz saluta Franco Cerri

Lutto nel mondo della musica, si è spento all'età di 94 anni il chitarrista jazz più famoso d'Italia. Interprete originale e dallo stile unico, Cerri visse in prima persona i mutamenti del linguaggio jazzistico portandolo a suonare con i più grandi jazzisti internazionali.




Addio al mitico Franco Cerri, chitarrista jazz tra i più affermati. Nato il 29 gennaio del 1926 a Milano, nel corso della sua carriera aveva suonato con delle 'leggende' della musica come Dizzy Gillespie, Gorni Kramer, Chet Baker, Billie Holiday. A  dare la notizia della scomparsa è stato il figlio Nicholas, in un post su Facebook: ''Le sette note e le tre chitarre salutano con tanto affetto Franco Cerri, grande musicista e grande uomo. Fai buon viaggio, babbo''.

Chitarrista e docente è stato considerato tra i più grandi e autorevoli chitarristi italiani nel campo del jazz. La sua passione per la musica prende corpo a cavallo della seconda guerra mondiale e, dopo aver ricevuto in dono dal papà Mario la desideratissima chitarra, matura grazie al sodalizio con l’amico e pianista Giampiero Boneschi con il quale inizia ad approfondire la conoscenza del jazz. Comincia la sua carriera al fianco di Gorni Kramer con Bruno Martelli, Franco Mojoli, Carlo Zeme e il Quartetto Cetra fino a ritrovarsi a suonare con Django Reinhardt e poi con moltissimi altri di fama mondiale. E’ intervenuto in più di 750 trasmissioni televisive e ha condotto alcuni programmi della Rai tra i quali: "Fine serata da Franco Cerri", "Jazz in Italia", "Jazz in Europa", "di Jazz in Jazz" e "Jazz primo amore". Dagli anni '70 ha cominciato a sviluppare il lavoro di arrangiamento, riflettendo sulla partitura, le peculiarità del suo stile. Nel 1980 ha inaugurato il sodalizio con il pianista e compositore Enrico Intra con il quale ha fondato e dirige i Civici Corsi di Jazz di Milano organizzando anche rassegne concertistiche.

Sul versante didattico, ha realizzato nel 1982 (con Mario Gangi, per quanto riguarda la chitarra classica) per il gruppo editoriale Fabbri, un corso di chitarra in sessanta lezioni arrivato alla quinta edizione e diversi metodi di jazz tra i quali spicca "Chitarra Jazz – sviluppi – approcci – esperienze", scritto con Paolo Cattaneo e Giovanni Monteforte e pubblicato in prima edizione da Ricordi nel 1993.

Due dei più importanti critici di jazz al mondo, gli americani Ira Gitler e Leonard Feather, lo inseriscono nella loro imponente enciclopedia biografica (GITLER IRA, FEATHER LEONARD, The Biographical Enciclopedia of Jazz, Oxford University, 2007), così come compare nell’opera, d’altrettanto valore internazionale, di B.D. Kernfeld (KERNFELD, B.D., The New Grove Dictonary of Jazz, Macmillan, 2002).

Nel 2009 gli fu conferito l'Honorary Award con la seguente motivazione: "Caposcuola dell'interpretazione e dell'arrangiamento jazz, oltre 60 anni di carriera che lo hanno visto suonare con i più famosi jazzisti italiani e stranieri da Chet Baker e Dizzy Gillepsie a George Benson, da Billie Holiday e Barney Kessel a Lee Konitz. La sua formidabile natura ritmica lo porta ad eseguire i suoi lavori con un innato gusto sopraffino."

Hanno scritto di lui: ...quel suo stile così personale e riconoscibile che ha portato nell’uso comune l’espressione "alla Cerri" per indicare quel modo così caratteristico di suonare. Quello stile maturato vivendo in prima persona i mutamenti del linguaggio jazzistico, non passivamente, ma al fianco e tramite un confronto diretto con gli innovatori stessi della musica afroamericana. Un percorso che lo ha portato ad essere stimato dai più grandi musicisti al mondo come Barney Kessel o Quincy Jones. Un grande fra i grandi del jazz. Un caposcuola dell'interpretazione Jazz e dell'armonizzazione in particolare. Cerri, di formazione totalmente autodidatta, è stato il classico esempio di artista che si costruisce la propria tecnica non 'in astratto' ma sulla base delle proprie necessità espressive, come del resto è sempre avvenuto nel jazz tra gli artisti più creativi. Si è formato jazzisticamente con il be-bop, la cui frenesia angosciosa è stata temperata nel tempo dalla ricerca di armonie morbide e suadenti. Ne deriva un fraseggiare costruito sui contrasti, sulla successione di segmenti melodici anche eterogenei e frutto di un'ispirazione feconda, basata sul feeling del momento, mai precostituita o infarcita di cliché. Un senso del colore che si applica anche al parametro armonico, da lui padroneggiato con naturalezza, elaborato con accostamenti inusuali ma sempre compatibili con la tonalità del pezzo che sta suonando, dove si evidenzia il suo gusto melodico nella rara capacità di "far cantare" le progressioni di accordi. Sia negli assolo, sia nel lavoro di accompagnamento, svolto con gusto sopraffino, emerge quella che forse è la sua qualità più preziosa: una formidabile natura ritmica, spontaneamente portata verso lo swing più esplicito e coinvolgente, che si estende anche alla pronuncia delle frasi, al loro respiro interno, al modo stesso in cui vengono attaccate le note.

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