Epistemologia del contrappunto: tactus e gestione della dissonanza come "finestra temporale attiva" nella prassi musicale rinascimentale
Yves Fournier, musicologo specializzato nello studio della notazione musicale rinascimentale, nel suo recente libro Tactus, notation mensuraliste et contrepoint à la Renaissance propone una reinterpretazione radicale del contrappunto. Non si limita a leggere la notazione mensurale come un sistema "fisso" di segni e proporzioni astratte, ma la interpreta come una pratica in continua evoluzione, che si realizza nel rapporto dinamico tra tactus, gesto esecutivo e articolazione contrappuntistica delle dissonanze. L’opera si sviluppa in un percorso organico che dialoga con le riflessioni di Ruth I. DeFord (Tactus, Mensuration and Rhythm in Renaissance Music, 2015), i cui primi sette capitoli analizzano il tactus sotto tre distinti profili: teorico, compositivo ed esecutivo.
Ho avuto modo di conoscere Yves Fournier e le sue straordinarie doti di divulgatore, durante i mesi incerti del confinamento causato dalla pandemia di coronavirus. In quel periodo in cui il silenzio delle sale da concerto si univa a una sospensione più ampia del tempo, il musicologo svizzero seppe ridare voce alla musica attraverso una forma di divulgazione al contempo semplice e preziosa.
Per la Médiathèque du Valais, Fournier realizzò una serie di brevi vignette culturali intitolate Parole e note: episodi di dieci-quindici minuti girati nella sua casa di Les Haudères, in cui raccontava con finezza e passione l’origine di parole e concetti musicali. Dalla "musica a cappella" al "temperamento", dalle nozioni di consonanza alle forme del canto liturgico, le sue lezioni del lunedì si distinguevano per la capacità di restituire a ogni termine la sua storia, mostrando come ciascuna parola della teoria musicale nascesse in un tempo e in un contesto precisi, animata da una funzione concreta.
Forse per gli addetti ai lavori queste informazioni possono risultare familiari, ma per un pubblico più ampio è stato affascinante scoprire, ad esempio, che l’espressione "a cappella" - oggi spesso usata impropriamente - affonda le sue radici nella prassi esecutiva della Cappella Sistina rinascimentale, e che solo nel XIX secolo ha assunto il significato che le attribuiamo oggi. In questo senso, Fournier ci ha regalato un raro viaggio nella terminologia musicale, trasformandola in racconto storico, gesto affettuoso verso il passato e invito a concepire la musica come fenomeno vivo, radicato nella parola e nell’esperienza umana.
Come accennato, Yves Fournier, in qualità di ricercatore, ha recentemente pubblicato un libro di grande interesse: Tactus, notation mensuraliste et contrepoint à la Renaissance. Tra i temi più stimolanti affrontati emerge l’indagine sui legami tra tactus e contrappunto, che consente di individuare un intervallo temporale dinamico entro cui la gestione della dissonanza si configura come un processo in divenire. All’interno di questo arco temporale, la teoria musicale si traduce in una prassi viva: una dimensione concreta, realizzata nell’atto esecutivo e incarnata nel gesto sonoro.
E' questa, in effetti, l’idea cardine del lavoro di Fournier, ovvero quella che "ogni dissonanza si sviluppa all’interno di un preciso intervallo temporale, definito dal tactus, che funge da cornice tanto percettiva quanto gestuale". Non si tratta semplicemente di scrivere "correttamente", ma di agire musicalmente nel tempo. È in questa finestra che il gesto musicale si articola - nel respiro, nell’impulso, nel levare - in cui la dissonanza viene "tollerata" e ricondotta alla consonanza, e che l’ascoltatore ne sperimenta la tensione e il suo scioglimento. In questo spazio egli propone con convinzione, un modello di contrappunto radicalmente dinamico, fondato non su schemi astratti, ma sul tempo vissuto dell’esecuzione.
Fournier parte dalle fonti teoriche, ma le rilegge alla luce della prassi esecutiva: non si limita a chiedersi "quali regole sono state scritte", ma indaga "come queste regole si applicano nella realtà del suonare e del comporre". In questo approccio il suo lavoro si distingue nettamente dai trattati normativi di autori come Tinctoris o Zarlino, e si avvicina piuttosto a una storia epistemologica della musica intesa come sapere incarnato. Ne emerge una visione della pratica contrappuntistica rinascimentale non come sistema chiuso e prescrittivo, ma come campo dinamico, in cui la tensione tra gesto, ascolto, segno scritto e tempo genera un sapere flessibile e situato. Una prospettiva, questa, che dialoga in modo fecondo con gli studi recenti sul concetto di praxis musicale, come quelli di Daniel Leech-Wilkinson e Rebecca Herissone
Il nucleo concettuale del testo ruota attorno alla nozione di "finestra temporale attiva": un breve lasso di tempo entro cui la dissonanza viene introdotta, si sviluppa, resta in tensione e trova la sua risoluzione, sempre in stretta connessione con il tactus. In questa prospettiva, la dissonanza non è un’eccezione accidentale, ma un elemento programmatico e strutturale, che si colloca e "respira" all’interno di tempi definiti, regolati non da un calcolo astratto ma dal gesto battente del polso.
In tal senso, il lavoro di Fournier si colloca idealmente nel solco degli studi contemporanei sulla rhythmic agency, che interpretano il ritmo non come struttura fissa ma come spazio di negoziazione attiva tra corpo, gesto e suono. Il musicista, in quanto agente ritmico, non si limita a eseguire strutture metriche predefinite, ma le plasma nel tempo vissuto della performance. Analogamente, l’attenzione al tactus come gesto e non come misura astratta avvicina questo approccio alla gesture-based analysis, in cui il movimento corporeo diventa principio generativo della forma musicale. In entrambi i casi, emerge una concezione della musica come pratica incarnata, in cui il sapere musicale non risiede primariamente nel testo scritto o nella norma teorica, ma nell’interazione dinamica tra gesto, ascolto e tempo. Fournier, nel riportare il contrappunto alla sua dimensione performativa, contribuisce a questa linea di pensiero, offrendo una visione della teoria musicale profondamente situata e radicata nell’esperienza del suonare.
Volevo aggiungere un altro aspetto particolarmente fecondo nell’analisi epistemologica del contrappunto rinascimentale, ovvero di ciò che emerge dal confronto tra il pensiero di Fournier e quello di Charles Seeger, noto musicologo, compositore, docente e folklorista statunitense. Se Fournier, nel suo recente studio, interpreta la notazione mensurale e la gestione della dissonanza come processi dinamici e situati nel tempo vissuto della prassi esecutiva, Seeger offre una prospettiva complementare, sottolineando la natura semiotica e storicamente determinata della musica. Egli infatti, concepisce la musica non come un insieme statico di regole, ma come un sistema di segni e significati che si trasformano nell’interazione con le pratiche sociali e culturali. In questa ottica, la dissonanza non è solo un fenomeno acustico, ma un elemento carico di senso, la cui funzione si costruisce e si evolve nel contesto della performance.
L’incontro tra queste due prospettive consente di superare la dicotomia tra teoria e prassi in cui la dissonanza, nel quadro di Fournier, si sviluppa all’interno di una "finestra temporale attiva” modellata dal tactus, mentre per Seeger essa acquista valore proprio nella sua dimensione processuale e performativa. Entrambi criticano l’irrigidimento normativo che, nel corso della storia, ha trasformato regole nate per descrivere la prassi reale in prescrizioni autoreferenziali, spesso distanti dall’esperienza musicale concreta. In questo modo, la riflessione epistemologica sul contrappunto rinascimentale si arricchisce di una lettura che mette al centro il gesto, il tempo e la negoziazione continua tra scrittura e suono, restituendo alla musica la sua complessità storica, semiotica e performativa.
Fournier completa la sua analisi con esempi tratti da manoscritti e trattati didattici, evidenziando come in numerose composizioni rinascimentali ogni dissonanza sia organizzata secondo uno schema temporale consapevole: preparazione, evento dissonante e risoluzione si articolano entro una finestra di due o tre battiti di tactus. Non si tratta semplicemente di una regolarità notazionale, ma di una vera e propria strategia percettiva, che agisce sull’ascoltatore attraverso la tensione ritmica del gesto battente. Queste dinamiche, dunque, non sono solo leggibili sulla pagina, ma pienamente percepibili anche oggi, se si resta attenti alla correlazione tra pulsazione, durata e rilascio della tensione sonora.
Il contributo metodologico del libro è duplice: da un lato propone una filologia musicale innovativa, che intreccia segno e gesto; dall’altro esercita un’influenza concreta sulla prassi esecutiva, suggerendo tempi, gesti, puntamenti ritmici e modalità interpretative capaci di restituire ai brani la loro forza originaria. In sintesi, la dissonanza è intesa come fenomeno temporale e gestuale, non solo armonico: il tactus non è una semplice griglia metrica, ma un’esperienza viva del tempo musicale; il contrappunto va letto come processo dinamico, non come norma statica. Il tutto si inscrive in un quadro epistemologico che integra teoria, prassi, notazione e percezione, fondato sullo studio rigoroso delle fonti e su un’attenzione privilegiata all’atto musicale piuttosto che al testo scritto
Facendo un breve rimando al citato libro di DeFord, è evidente quanto quest’opera rappresenti un contributo fondamentale per comprendere l’uso di tactus, misura e ritmo nell’articolazione della forma e della struttura musicale nel periodo compreso tra il 1420 e il 1600 circa. Diviso in due parti, il volume esplora inizialmente la teoria e le fonti manoscritte, mettendo in luce contraddizioni e ambiguità nella concezione tradizionale del tactus. Nella seconda parte, egli applica questa solida base teorica all’analisi di repertori celebri di autori come Du Fay, Ockeghem, Busnoys, Josquin, Isaac, Palestrina e Rore, svelando l’importanza formale ed espressiva del ritmo nelle loro composizioni. Le sue conclusioni hanno profonde implicazioni per la comprensione, l’analisi e l’esecuzione della musica rinascimentale, offrendo un quadro più sfumato e dinamico del ruolo del tempo e del gesto musicale.
Nello specifico, DeFord analizza la celebre chanson Nymphes des bois di Josquin, la quale si integra efficacemente con il paradigma proposto da Fournier. Composta intorno al 1497 come lamentazione in memoria di Ockeghem, questa opera a cinque voci, con un cantus firmus tratto dal Requiem aeternam inserito nel tenor, rappresenta un esempio straordinario di come il tactus si manifesti nella prassi esecutiva e di come la dissonanza acquisti forma all’interno della cosiddetta "finestra temporale attiva".
L’impianto metrico suggerisce un tactus binario, idealmente scandito alla minima o alla semiminima. È in questo battito che si collocano i momenti di tensione: le dissonanze - spesso di settima o nona - emergono come sospensioni accuratamente costruite. In un passaggio esemplare, la voce del contratenor introduce una settima sospesa che si prolunga per due semiminime, coprendo così due battiti di tactus: la tensione cresce nel primo battito, resta sospesa nel secondo, per risolversi immediatamente dopo. In questo breve intervallo temporale, la dissonanza non appare come un accidente, bensì come un elemento attivo che vive e si spegne grazie alla scansione immersiva del polso del direttore.
Se consideriamo il brano nel suo complesso, questi episodi si ripetono con una frequenza calibrata: l’alternanza di tensione e rilascio segue una narrazione temporale che rispecchia la scansione esecutiva, trasformandosi in una vera e propria strategia espressiva. Il tactus non è dunque una cornice passiva, ma l’architrave strutturale del discorso musicale, in perfetta sintonia con le teorie proposte da Fournier.
Mentre DeFord analizza Nymphes des bois attraverso il prisma del tactus e della notazione mensurale, Fournier propone un approccio complementare che mette in risalto la dimensione temporale e gestuale del contrappunto rinascimentale. Entrambi gli studiosi contribuiscono a una comprensione più profonda della musica del Rinascimento, integrando teoria e prassi in un dialogo costante e fecondo.
Concludendo, la notazione mensurale dei secoli XV e XVI continua a suscitare interrogativi tra musicologi e interpreti contemporanei. Di fronte a un corpus teorico rinascimentale vasto e spesso contraddittorio, risulta quindi essenziale non solo approfondirne i contenuti, ma anche comprendere i meccanismi che hanno trasformato un sistema nato con intenti descrittivi in un complesso di norme prescrittive, autoreferenziali e talvolta distanti dalla prassi esecutiva reale. Questa trasformazione è stata alimentata dal culto dell’autorità, dalla ricerca di simmetria e da un ideale di completezza sistematica.
In questo contesto, il contributo di Fournier si distingue per la sua originalità, proponendo un’epistemologia del contrappunto che supera la staticità delle norme per affermarne il compimento nel tempo vivo dell’esecuzione. L’analisi del tactus e della gestione della dissonanza mette in luce come la prassi reale fosse spesso più flessibile e dinamica rispetto alle rigide regole teoriche.
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