Accentus musicalis, la grammatica dell'anima: alle radici della pronuncia. L'eredità musicale del De accentibus di Reuchlin
Il De accentibus et orthographia linguae Hebraicae di Johannes Reuchlin (1518) rappresenta una delle più precoci e audaci incursioni rinascimentali nella fonetica ebraica, offrendo una visione tripartita degli accenti grammaticali, retorici e musicali. Nello specifico è soprattutto il terzo libro - dedicato specificamente all'accentus musicalis - a rivelare l’orizzonte sonoro che informa il suo pensiero. Il presente articolo intende esplorare di fatto, il significato musicale della trattazione di Reuchlin, il suo impatto sulla prassi liturgica e le sue risonanze nella cultura umanistica e controriformata, delineando una grammatica fonico-spirituale in cui l’accento diventa gesto sonoro e atto interpretativo. Lo studio, rivolto non solo ai filologi ma anche ai musicologi, ha l'obiettivo di rivelare la profonda connessione tra suono, scrittura e sacralità nella lingua ebraica.
Reuchlin struttura il suo studio secondo una visione tripartita dell’accento: grammaticale, retorico e musicale. È soprattutto il terzo libro - dedicato specificamente all'accentus musicalis - a rivelare l’orizzonte sonoro che informa il suo pensiero: ogni parola ebraica, dice, possiede un ritmo proprio, una tensione interiore tra vocalizzazione e significato che può essere restituita solo grazie a una corretta pronuncia melodica, secondo la tradizione masoretica, che appunto la contempla. La scrittura si fa così partitura, e la grammatica, arte dell’ordine, si trasforma in arte dell’ascolto.
In Reuchlin, il segno grafico e l’accento fonetico non sono mai semplici strumenti ortografici, ma autentiche vie d’accesso alla verità spirituale del testo. Il suo approccio, profondamente radicato nella tradizione cabalistica e nella riflessione umanistica, è insieme teologico e musicale. Secondo il principio della lingua adamica - la lingua originaria dell’umanità, parlata da Adamo nel giardino dell’Eden, anteriore a Babele e carica di energia simbolica e spirituale - ogni lettera dell’ebraico sacro custodisce un potere fonico intrinseco. Se pronunciata secondo le regole dell’accentazione, essa può dischiudere all’ascoltatore i misteri più profondi delle Scritture. La fedeltà alla vocalizzazione, osserva Reuchlin, è condizione necessaria non solo per una corretta comprensione filologica, ma anche per un’interpretazione musicale autentica dei testi liturgici ebraici e, in prospettiva cristiana, della Bibbia nella sua dimensione più viva e sonora.
Non è un caso che molti teorici e compositori del Rinascimento - tra cui Erasmo, Glareano, e in parte lo stesso Gaffurio - guardassero con rinnovato interesse alla pronuncia originale delle lingue sacre, nel tentativo di ricostruire una "musica delle origini", capace di unire scienza dei suoni e verità della parola. In questo contesto, Reuchlin si pone come figura-ponte tra lo studio delle lingue antiche e la tradizione cantillatoria ebraica, offrendo ai musicisti e teorici dell’epoca strumenti per comprendere e forse anche reinterpretare i modelli di recitazione salmodica, i melismi della Torah e le formule cantillate della sinagoga.
Una conferma di questa influenza si ritrova, in epoca leggermente successiva, nei trattati di musica liturgica che cercavano di trascrivere i toni biblici secondo le regole della notazione occidentale, come nell'opera di Guillaume-Gabriel Nivers (Traité de la psalmodie, Parigi 1670), che discute della psalmodia ebraica e latina in termini di equivalenza modale. Già nel Cinquecento, inoltre, alcune scuole cristiane - in particolare quelle protestanti - si interrogavano sulla possibilità di restituire alla lettura della Scrittura la forza evocativa dei toni ebraici, in linea con la ricerca filologica inaugurata da Reuchlin e da chi, come Sebastian Münster, ne proseguì il progetto linguistico.
La nozione di accentus musicus e la sua distinzione dall'accentus grammaticalis e rhetoricus riecheggia infine nel pensiero musicale controriformato, soprattutto laddove si trattava di distinguere tra lettura solenne (cantus planus) e declamazione espressiva del testo liturgico. Le implicazioni teoriche del De accentibus furono avvertite anche nella pratica: il recupero del testo ebraico nei salmi di David, spesso tradotti e musicati, come nel caso di Claude Goudimel o Jean Calvin, presupponeva una riflessione sugli accenti originali per evitare la perdita del senso sacro nella versificazione metrica e polifonica.
Oggi l’opera di Reuchlin, disponibile anche in edizione digitale presso Google Books e in numerose biblioteche accademiche (es. Bayerische Staatsbibliothek, BSB München), si impone come una risorsa imprescindibile non solo per storici della lingua e della cultura ebraica, ma per musicologi che vogliano comprendere le radici foniche della parola sacra e la loro traduzione nel mondo sonoro della liturgia cristiana. La grammatica ebraica non è dunque, in Reuchlin, un sistema astratto: è piuttosto una grammatica dell’anima, il primo passo per udire, con orecchie rinnovate, la voce profonda del testo sacro.
© Riproduzione riservata
Commenti
Posta un commento