Loyal Souvenir, Gilles Binchois rivive con Le Miroir de Musique, tra voce, danza e riflessione sonora
Loyal Souvenir, pubblicato da Ricercar-Outhere, è il nuovo album monografico dell’ensemble Le Miroir de Musique diretto da Baptiste Romain, dedicato a Gilles Binchois che accanto a Guillaume Dufay e Antoine Busnois fu una delle figure cardine della scuola borgognona. Il gruppo francese firma una delle più rigorose e ispirate riletture del repertorio del compositore franco-fiammingo, la cui opera si colloca al crocevia tra le ultime fioriture dell’ars nova e le prime istanze dell’Umanesimo musicale.
Un album che oserei definire necessario, frutto di un progetto che si colloca tra le operazioni discografiche più convincenti degli ultimi anni per coerenza estetica e profondità interpretativa. Attivo da oltre un decennio e specializzato nel repertorio medievale e rinascimentale, l’ensemble Le Miroir de Musique propone in questa incisione un’ampia selezione di brani sacri e profani, alternando composizioni vocali a raffinate trascrizioni strumentali tratte da fonti coeve come il Buxheimer Orgelbuch. Fin dal primo ascolto emerge un itinerario sonoro costruito con rigore e sensibilità narrativa, capace di restituire tutta la ricchezza espressiva e formale della scrittura di Binchois.
Gli autorevoli apprezzamenti non mancano: secondo quanto dichiarato da Baptiste Romain nelle note di copertina (Ricercar, 2024), il progetto nasce dalla volontà di offrire "una lettura trasversale e poetica" dell’opera del compositore franco-fiammingo, valorizzandone la naturale cantabilità, l’equilibrio contrappuntistico e la vocazione intimistica. L’approccio timbrico dell’ensemble privilegia infatti la trasparenza delle linee vocali e la morbidezza del suono degli strumenti storici (viella, arpa gotica, organo positivo, cornamusa), senza mai indulgere in effetti decorativi o forzature espressive.
Binchois - al secolo Gilles de Bins - fu cantore e compositore alla corte di Borgogna sotto Filippo il Buono, dove operò accanto a figure come Guillaume Dufay e Hayne van Ghizeghem. Se Dufay fu il retore della nuova musica franco-borgognona, Binchois ne incarnò l’anima lirica: lo si coglie in modo esemplare in brani come Je loe amours o J’ay tant de deul, dove la melodia si ripiega con candore malinconico, in un gesto di struggente interiorità che anticipa sensibilità già moderne.
L’album non si configura come una semplice antologia, ma come un vero percorso tematico e stilistico: dai brani sacri per voci sole (Sanctus, Veneremur Virginem, Gloria hominibus) si passa gradualmente a episodi strumentali (Dixit Sanctus Philippus, Qui vult messite) fino alle chansons profane e alle loro rielaborazioni come basse danses, danze lente e cerimoniali tipiche del XV secolo. In questi contesti la linea melodica viene liberata dal testo e trasfigurata in una dimensione più astratta, meditativa, come nel caso di Adieu ma très belle amours e Triste plaisir.
Particolarmente toccante è l’interpretazione di Depuis le congié que je pris, chanson dalla forte impronta modale, che prefigura - per intensità emotiva e tensione armonica - atmosfere quasi monteverdiane. La raccolta si arricchisce inoltre di brani strumentali elaborati da fonti organali quattrocentesche, come appunto il Buxheimer Orgelbuch (ca. 1460), conservato oggi alla Bayerische Staatsbibliothek (BSB Clm 4620). In queste pagine l’elaborazione della linea vocale si fa pretesto per esplorare nuove modalità di sviluppo tematico e improvvisazione.
Questa dialettica tra testo e suono, tra voce e strumento, emerge anche, con particolare evidenza, nella recensione della piattaforma Qobuz (2024), secondo cui l’ensemble "ha il merito di sottolineare l’emancipazione dell’elemento strumentale dal mero ruolo accompagnatorio, restituendo piena autonomia espressiva alla linea melodica". Allo stesso modo, Gramophone (giugno 2024) ha evidenziato il valore del programma per la scelta "non convenzionale" del repertorio e per l’organicità del percorso, raro nella discografia su Binchois.
Non ultimo, La Libre Belgique (marzo 2024), elogia l’interpretazione come "un percorso delicato che testimonia l’arte di Binchois, tanto nella bellezza delle sue melodie quanto nel raffinato trattamento delle sue strutture armoniche". Il progetto viene definito non a caso e sottoscrivo "un atto di amore filologico e poetico". Un atto d'amore aggiungo, in grado di restituire nuova voce a un autore che, pur meno celebrato di Dufay o Ockeghem, rappresenta uno dei vertici della sensibilità musicale del Quattrocento.
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