Tomás Luis de Victoria, la musica sacra tra Madrid e Zamora: nuove tracce documentarie nella Spagna del Siglo de Oro
Una recente indagine archivistica condotta da Alfonso de Vicente Delgado presso la cattedrale di Zamora ha riportato alla luce sei documenti (1582-1729) che attestano la presenza e la circolazione di opere stampate di Tomás Luis de Victoria, tra cui i Motecta (1572), il Liber primus (1576) e l’Officium defunctorum (1605). Queste fonti, finora inedite, offrono un contributo rilevante alla comprensione della geografia musicale della Spagna post-tridentina, mettendo in luce il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche provinciali nella ricezione del repertorio polifonico. Il meticoloso lavoro di Delgado aggiunge così un tassello prezioso alla conoscenza della diffusione delle opere di Victoria nella Castiglia settentrionale.
Nel cuore della Castiglia nordoccidentale, l’archivio della cattedrale di Zamora restituisce una testimonianza preziosa e in parte sorprendente della diffusione e della ricezione dell’opera di Tomás Luis de Victoria, massimo esponente della polifonia sacra spagnola del tardo Rinascimento. Grazie a un'attenta analisi di due registrazioni contabili e quattro inventari redatti tra il 1582 e il 1729, Alfonso de Vicente Delgado, musicologo e documentarista spagnolo specializzato in fonti musicali dei secoli XVI-XVIII, ha ricostruito un quadro documentale che illumina non solo la circolazione dei volumi stampati del compositore abulense, ma anche i criteri economici e liturgici con cui tali opere venivano acquisite e valorizzate all’interno della vita musicale delle cattedrali spagnole.
A Zamora, come in molte sedi ecclesiastiche della Spagna post-tridentina, l’organizzazione del culto musicale si fondava su una solida cultura della stampa polifonica. Dopo l’incendio del 1591, che devastò gran parte dell’archivio capitolare, il primo inventario superstite, datato 1582 (Libro de visitas pastorales 1558–1649, f. 128v), ci restituisce già la presenza di due volumi attribuibili con ragionevole certezza a Victoria: il Liber primus qui missas, psalmos, Magnificat ad Virginem Dei Matrem salutationes del 1576, e l’edizione in sei fascicoli dei Motecta del 1572, entrambi stampati a Venezia da Girolamo Scotto. Questi volumi furono donati, secondo la nota, dal licenciado Bernardo García, figura da approfondire ulteriormente per chiarirne il ruolo nella circolazione della musica sacra stampata in Castiglia.
La seconda fase documentaria riguarda due libri contabili del periodo 1607-1609 (Cuentas de fábrica, Lib. manus. 112). La cattedrale versò 100 reales a Victoria per l’Officium defunctorum stampato a Madrid nel 1605, opera funebre di altissima intensità teologica e musicale, concepita per le esequie di Juana de Austria, figura cardinale nella biografia del compositore. L’anno successivo, un secondo pagamento di 50 reales riguarda l’invio di otto libretti di motetti, verosimilmente parte di una delle edizioni veneziane tardive (Motecta, 1603) o di una ristampa romana. Questo dato è corroborato da una parallela spedizione documentata alla cattedrale di Calahorra, suggerendo che Victoria, pur ritiratosi dalla vita pubblica dopo il 1606, mantenesse attiva una rete di distribuzione musicale.
Un dettaglio notevole emerge nella dizione con cui Victoria è menzionato nei registri: "maestro de capilla de la señora princesa doña Juana". Si tratta di un titolo mai registrato in altri contesti documentari, ma che riflette in modo esplicito il legame del compositore con la cappella musicale delle Descalzas Reales di Madrid, monastero femminile fondato nel 1559 da Juana de Austria stessa, vero e proprio epicentro della musica sacra iberica tardo-rinascimentale.
Nel corso del Seicento e fino alla prima metà del Settecento, gli inventari successivi (1627, 1694, 1729) conservano memoria della medesima collezione: tre libri di messe con otto motetti nel 1627; due volumi di messe e magnificat e sette libretti di motetti nel 1694; e nuovamente sette libri nel 1729, verosimilmente identificabili con i precedenti. Tali dati dimostrano una lunga sopravvivenza materiale e potenzialmente funzionale delle stampe vittoriane nella liturgia zamorana, anche in un periodo in cui gli stili barocchi iniziavano a soppiantare il vocabolario rinascimentale.
In questo contesto, l’eredità di Victoria emerge come capillare, ramificata, duratura, tutt’altro che limitata ai soli ambienti madrileni o reali. Insieme ad autori come Francisco Guerrero, Sebastián de Vivanco, Juan Esquivel de Barahona - tutti citati nei registri di pagamento e inventari di Zamora - Victoria si inserisce in un ecosistema musicale policentrico, nel quale l’acquisto e l’uso dei libri polifonici rispondono tanto a criteri devozionali quanto a logiche di rappresentanza del potere ecclesiastico locale.
Alla luce di questa nuova documentazione, è possibile intravedere nella cattedrale di Zamora uno snodo secondario ma strategico nella geografia della ricezione vittoriana. Lontana dalle corti, ma fortemente integrata nella rete delle diocesi castigliane, Zamora dimostra come le opere di Victoria - pur nella loro rarità tipografica - circolassero attivamente grazie a donazioni, vendite dirette e iniziative personali di canonici, maestri di cappella o benefattori.
Queste scoperte gettano nuova luce non solo sul destino concreto delle stampe di Victoria, ma anche sulla valutazione economica delle stesse: lo stesso Officium defunctorum, oggi considerato uno dei massimi capolavori della polifonia tardo-rinascimentale, venne pagato meno di altre raccolte di Vivanco o Esquivel. Il criterio principale di pagamento pare fondarsi sul formato fisico (in folio, quarto, libretto), come osservato anche da Vicente Bécares Botas nel suo studio sui fondi librari della cattedrale zamorana nel Cinquecento (Los libros de la catedral de Zamora en el siglo XVI, Anuario del Instituto de Estudios Zamoranos Florián de Ocampo, 11, 1994, pp. 237–254) suggerendo un approccio profondamente pratico da parte dei capitoli ecclesiastici.
L'importanza storica di questo nuovo contributo documentario è quella di contribuire decisamente a ridefinire la mappa della ricezione iberica di Tomás Luis de Victoria, liberandola da una visione ristretta alla corte madrilena e restituendo al compositore la dimensione nazionale (e oltre) della sua influenza. In uno scenario dominato dalla Controriforma e dall’estetica della sobrietà liturgica, le sue messe, magnificat e motetti continuarono a risuonare nelle cattedrali di provincia, non come reliquie del passato, ma come strumenti vivi di culto, dottrina e identità.
Volevo anche far presente che, la figura di Victoria, all’epoca attivo tra Roma e Madrid, si inserisce in un contesto profondamente interconnesso tra il centro iberico e le grandi capitali musicali europee. Dopo un lungo soggiorno romano presso il Collegio Germanico, dove entrò in contatto con Palestrina e la cultura controriformata, Victoria nel 1587 fu nominato, come accennavo, maestro di capilla delle Descalzas Reales, il monastero madrileno legato alla principessa Juana de Austria, sorella di Filippo II. Fu probabilmente in virtù di questa posizione che nel biennio 1607–1609 egli inviò alla cattedrale di Zamora alcune delle sue più celebri raccolte.
Il pagamento per questi volumi - rispettivamente 100 e 50 reales - offre uno spaccato significativo delle dinamiche economiche che regolavano l’acquisizione della musica stampata. Mentre altri compositori come appunto Sebastián de Vivanco o Juan Esquivel de Barahona ricevevano analoghe somme per libri di dimensioni e contenuti differenti, l’opera di Victoria sembra aver subito una valutazione inferiore, nonostante la sua fama. Questo suggerisce che il criterio principale fosse il formato del materiale più che il prestigio dell’autore o la qualità musicale.
Le tracce di questi volumi ricompaiono in inventari successivi: nel 1627 si citano tre libri di messe con otto motetti; nel 1694 si menzionano sette libretti di motetti e due volumi - uno di messe, l’altro di magnificat - attribuiti a "Bitoria"; infine nel 1729 si conferma la presenza di "siete libros ynpresos maestro Vitoria". È evidente che almeno una parte del corpus vittoriano si conservò e fu probabilmente utilizzata in ambito liturgico fino al pieno XVIII secolo, anche se le descrizioni generiche degli inventari non permettono identificazioni certe.
Il caso zamorano rappresenta una preziosa tessera nel mosaico della ricezione della musica di Victoria nella Spagna post-tridentina. Il compositore fu non solo uno dei massimi rappresentanti del linguaggio polifonico europeo, ma anche un punto di riferimento per la cultura religiosa ispanica, come dimostrano le numerose edizioni a stampa prodotte a Roma (Girolamo Franzini, 1572-1583) e a Madrid (Imprenta Real, 1600–1605), spesso destinate a cappelle reali, monasteri femminili e cattedrali provinciali. La sua rete di contatti includeva figure come Francisco Guerrero, Cristóbal de Morales, Vivanco, Esquivel, tutti protagonisti di un ambiente musicale ricco, articolato e tutt’altro che periferico. Come sottolinea ancora Botas, l’attenzione del cabildo verso le novità editoriali musicali fu costante, e la presenza di Victoria tra i nomi più ricorrenti testimonia la sua centralità.
Queste evidenze archivistiche ci permettono oggi di ricostruire non solo la geografia materiale della musica sacra spagnola tra XVI e XVIII secolo, ma anche il valore attribuito alla stampa musicale come veicolo di riforma liturgica, educazione clericale e consolidamento dell’identità confessionale post-tridentina. Tomás Luis de Victoria, grazie a Zamora, torna così a parlarci da quelle stesse pagine in pergamena che custodirono, tra le navate di una cattedrale castigliana, la voce del sacro.
Desidero rivolgere un sentito ringraziamento ad Alfonso de Vicente Delgado, figura di primo piano nel panorama della musicologia storica spagnola, capace di coniugare rigore archivistico e profondità interpretativa. Le sue ricerche hanno permesso di tracciare una mappa precisa e articolata della diffusione della musica sacra tra XVI e XVIII secolo, con particolare attenzione al contesto iberico e alla dimensione liturgica delle fonti.
Dottore (PhD) presso l’Universidad Complutense de Madrid, ha dedicato la propria tesi allo studio dei ruoli musicali e delle cappelle nei monasteri geronimiani tra Cinque e Ottocento. Oltre alla presente pubblicazione, si è distinto per numerose edizioni critiche, contributi in volumi collettanei e saggi specialistici dedicati a figure e repertori spesso trascurati: organisti, conventi femminili, uso musicale in ambiti devozionali e cerimoniali.
Tra i suoi titoli più rappresentativi si ricordano La música en el Monasterio de Santa Ana de Ávila (siglos XVI–XVIII): Catálogo, Libros y obras de Tomás Luis de Victoria (y otros) en Aragón e il volume collettivo Simposio Internacional “El órgano histórico en Castilla y León”. Il suo contributo resta oggi imprescindibile per gli studi sulla musica sacra spagnola d’età moderna.
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Alfonso de Vicente Delgado, Documentación de Tomás Luis de Victoria en la catedral de Zamora (1582–1729), in “Paisajes Sonoros Históricos”, 12 luglio 2025, e-ISSN: 2603-686X. Disponibile su: https://www.historicalsoundscapes.com/evento/1712/zamora
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