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I grandi capolavori della letteratura musicale tedesca, al Teatro dell'Opera Manfred: il fascino di un antieroe

Di scena al Teatro dell'Opera Glauco Mauri e Michele Mariotti per Manfred di Schumann. Coro della fondazione capitolina istruito da Ciro Visco. Giovedì 20 aprile e in diretta su Radio3. 




È il grande attore e regista Glauco Mauri – classe 1930 – il protagonista del concerto in programma al Teatro Costanzi giovedì 20 aprile alle 20, trasmesso in diretta su Radio3. Sul podio dell’Orchestra dell’Opera di Roma sale il direttore musicale Michele Mariotti, che affronta per la prima volta uno dei grandi capolavori della letteratura musicale tedesca: Manfred, il poema drammatico op. 115 di Robert Schumann tratto da George Byron.  

Anche per Glauco Mauri si tratta di un debutto: dopo una lunghissima carriera costellata di successi tra teatro, prosa televisiva, prosa radiofonica e cinema – con collaborazioni con Bellocchio, Cavani, Argento e Moretti per l’indimenticabile padre di Ecce bombo – all’alba dei 93 anni interpreta per la prima volta l’antieroe byroniano per eccellenza, il più autobiografico tra i personaggi creati dal grande poeta inglese.

«Manfred è un antieroe che, sconfitto dalle sue colpe, compie un percorso ascetico di allontanamento dal mondo terreno – spiega Michele Mariotti, Direttore musicale dell’Opera di Roma –. I meravigliosi elementi musicali che all’interno del poema richiamano la natura sottolineano il rapporto tormentato del protagonista con il mondo da cui vuole separarsi. Con l’Ouverture, la pagina più celebre del poema, Schumann esprime perfettamente il dolore e la sofferenza di Manfred usando la tetra tonalità di mi bemolle minore. Altro elemento fondamentale è lo stretto rapporto tra musica e parola, che acquisisce senso drammaturgico: il Manfred evidenzia l’esigenza di Schumann di creare una composizione molto vicina all’opera, proprio nel momento storico di maggiore espansione del sinfonismo».

Manfred fu scritto nel 1816, quando Lord Byron aveva 28 anni e aveva da poco dovuto lasciare l’Inghilterra, a causa di una presunta relazione incestuosa con la sorellastra Augusta Leigh. La voce non trovò mai conferma, ma in molti hanno pensato che Manfred sia stato scritto proprio pensando ad Augusta e certamente il personaggio può essere considerato come un’idealizzazione di Byron stesso: maledetto, portatore di rovina, privo di pace, alla ricerca di una morte che non trova, ma anche dotto all’inverosimile, e non per un patto con il diavolo come Faust ma per i suoi studi infiniti. La morte arriverà anche per lui, ma non lo coglierà in solitudine, come vorrebbe. Accanto a lui ci sarà un Abate, al quale sussurrerà “Non è così difficile morire, vecchio uomo!”, placando i suoi tormenti.

Manfred ha storicamente esercitato un fascino enorme: la causa del suo dramma rimane oscura ma il peso del suo passato si riverbera nel suo presente e sul suo destino, portandolo a essere un modello imprescindibile per la sensibilità romantica. Schumann gli dedicò ben quattro anni della sua vita, tra il 1848 e il 1851. La prima esecuzione del suo poema drammatico avvenne il 13 giugno 1852 all’Hoftheater di Weimar, con la direzione di Franz Liszt. Il compositore non ascoltò mai il suo capolavoro: recandosi con la moglie Clara a Weimar, fu travolto da quei tormenti che lo avrebbero portato alla pazzia, e dovette interrompere il viaggio. 

Al Teatro dell’Opera di Roma Manfred è stato rappresentato un’unica volta nel 1966 con la regia di Mauro Bolognini, le scene e i costumi di Pier Luigi Samaritani, Piero Bellugi come direttore e la voce recitante Enrico Maria Salerno.

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