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Vino e territori, il Chianti si candida a patrimonio Unesco

Il territorio vitivinicolo del Chianti si appresta ad entrare nella lista dei patrimoni Unesco. Approvato lo schema di protocollo d'intesa che predisporrà la candidatura al titolo ufficiale di una delle icone del paesaggio culturale italiano.


Il Chianti si candida a patrimonio Unesco. La giunta regionale della Toscana ha approvato lo schema di protocollo d'intesa fra la Regione Toscana, i sette Comuni del Chianti (Barberino Tavarnelle, Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Radda, San Casciano Val di Pesa), il Consorzio Vino Chianti Classico e la Fondazione per la Tutela del Territorio Chianti Classico che predisporrà la candidatura al titolo ufficiale di quella che è già considerata un'icona del paesaggio culturale italiano.

Il percorso prevede l’inserimento del Paesaggio nella Lista propositiva italiana e quindi la presentazione della candidatura per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio mondiale culturale e naturale dell’Unesco. La Regione e la Fondazione si occuperanno di gestire i rapporti con il Ministero della Cultura e la Commissione nazionale Italiana Unesco.

Il Chianti, ma tutta la Toscana vitivinicola, oltre ad essere una delle icone del paesaggio italiano, è di fatto, a differenza di altri territori ad alta vocazione vitivinicola già inseriti nella lista Unesco, un modello per la sostenibilità e sempre più green oriented, tanto che dal 31 dicembre 2021 ha detto stop al glisofate nell'intero territorio con un intervento da circa 15 milioni di euro nell'ambito del PSR 2014-2020 la regione punta al 30% della superficie agricola biologica. 

Un modello vitivinicolo virtuoso, riconosciuto come esempio di “buone prassi” improntate sia alla sostenibilità che all’innovazione in campo agricolo grazie al solco tracciato dagli stessi produttori avvalorato negli anni da politiche agricole regionali lungimiranti, messe in campo attraverso i fondi europei. Un lavoro di squadra condiviso con scelte lungimiranti tra consorzi, aziende, enti di certificazione e istituzioni. 

Importante sottolineare altresì che il Chianti ha per primo valorizzato il turismo del vino, facendo da incubatore a quel fenomeno che oggi esprime un valore tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro e varando addirittura in anticipo sulle altre regioni italiane una legge che disciplina le attività enoturistiche delle proprie cantine, e che ancora prima che diventasse una pratica diffusa ha promosso la produzione biologica in chiave partecipata attraverso il biodistretto di Greve poi allargato in biodistretto del Chianti. 

Per non parlare delle denominazioni storiche che hanno senza dubbio contribuito alla radicale trasformazione del settore vitivinicolo e alla prima fase di espansione del vino italiano, costruendo quel brand dalla forte identità territoriale che oggi fa da apripista per il made in Italy enoico nel mondo. In termini di qualità, nel 2004, quello del Chianti Classico, è stato il primo consorzio a essere autorizzato ad applicare un piano dei controlli per la verifica dei requisiti previsti dal disciplinare. Un’impostazione innovativa legata al passaggio delle funzioni di verifica dai consorzi agli enti di certificazione che ha consentito di dotare tutto il comparto di un sistema nazionale di regole e garanzie riconosciuto in tutto il mondo per la sua valenza.

Il presidente del consorzio Eugenio Giani, ha commentato la candidatura come un passaggio atteso e dovuto. Il paesaggio del Chianti classico, una delle immagini più famose della Toscana nel mondo al punto da essere divenuto iconico, merita di entrare nella World heritage list. Si continuerà a lavorare di concerto e con impegno, come fatto finora per promuovere, valorizzare e tutelare l'armonia del territorio e il suo motore economico, sorretto da agricoltura, turismo, manifattura, paesaggio, storia.

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