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Agricoltura e cambiamento climatico, mais: al via il progetto di ricerca per una maggiore tolleranza della coltura

Ha preso avvio da pochi giorni un innovativo progetto di ricerca internazionale che mira a garantire alle coltivazioni di mais una maggiore resistenza ai sempre più numerosi e innegabili effetti del cambiamento climatico. 




Il progetto denominato DROMAMED coinvolge ben nove nazioni tra Europa e Nord Africa, fra cui l’Italia, e ha come principale obiettivo la capitalizzazione del germoplasma del mais mediterraneo per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali, valorizzando la tolleranza della coltura agli stress. Un intento pienamente in linea con gli obiettivi comunitari in materia di sostenibilità, che mira al contempo a tutelare la biodiversità e le risorse genetiche, promuovendo la valorizzazione del germoplasma. 

Il progetto, della durata di 36 mesi, è nato, sul versante italiano, dalla collaborazione tra il Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali del CREA e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e si è concretizzato anche grazie al fattivo supporto dell’Associazione Italiana Maiscoltori-AMI e della Confederazione Produttori Agricoli-Copagri. 

L’importanza della ricerca 

“Questo - spiegano i ricercatori del CREA e dell’Ateneo bolognese - è il primo tentativo così largamente condiviso tra numerosi partner di entrambe le sponde del Mediterraneo di impostare il miglioramento genetico del mais per tolleranza alla siccità e agli stress correlati negli areali del Sud Europa e del Nord Africa e, in prospettiva, in aree più ampie di diffusione di questa coltura. Obiettivo generale della ricerca è la capitalizzazione delle risorse genetiche mediterranee, italiane ed europee di mais, per il superamento delle limitazioni attuali nell’adattamento di questa coltura a condizioni agroambientali sub-ottimali, o in aree mediterranee o dovute al climate change”. 

La prima fase del progetto prevede la raccolta di germoplasma di mais mantenuto nei paesi di entrambe le sponde del Mediterraneo dai partner coinvolti; seguirà una seconda fase, nella quale la ricerca si concentrerà sull’identificazione dei tipi adatti a sostenere Innovative Farming System (IFS) idonei e a input energetico ridotto, che verranno individuati tramite valutazioni agronomiche e fisiologiche ad alta processività. La terza e ultima fase del progetto prevede lo studio del controllo genetico dei caratteri di resilienza e lo sviluppo di nuovi metodi di selezione utilizzabili dai breeder dell’area mediterranea. 

Rispetto a precedenti progetti, DROMAMED risulta innovativo in quanto caratterizzato dalla raccolta e dall’analisi di germoplasma finora non adeguatamente esplorato, che verrà studiato integrando competenze genetiche, biochimiche, agronomiche e fisiologiche in sinergia con i partner del progetto. 

Il ruolo di agricoltori e stakeholder  

Un ulteriore elemento di innovazione è dato dalla partecipazione attiva di associazioni degli agricoltori e stakeholder, cui spetterà il delicato compito di seguire lo svolgimento delle attività progettuali e intervenire per rafforzare l’impatto sociale dei risultati della ricerca, trasferendone i risultati ai produttori agricoli. 

“Rappresentare puntualmente e costantemente le istanze della filiera maidicola, andando al contempo a trasferire e riportare agli agricoltori i risultati del progetto - evidenziano AMI e Copagri - è una delle chiavi di volta della ricerca applicata al campo agricolo, che può contribuire alla effettiva riuscita di una ambiziosa iniziativa quale DROMAMED, la cui rilevanza e portata internazionale è perfettamente rappresentata dal consistente numero di Paesi interessati”. AMI e Copagri ritengono prioritario puntare su trattamenti innovativi, di semplice applicazione e a basso impatto ambientale, che insieme a nuove soluzioni agronomiche possano contribuire a contenere i costi di produzione, svolgendo al contempo una efficace azione di protezione della coltura. 

Qualche dato sul mais in Italia  

Quella del mais rappresenta a tutti gli effetti una delle grandi produzioni agricole del nostro Paese, la cui distribuzione appare maggiormente concentrata nelle aree settentrionali, con un insostituibile ruolo che questa coltura ha per l’intero mondo zootecnico e per le tante produzioni agroalimentari che fanno grande il Made in Italy nel mondo. Guardando ai numeri, emerge un calo a livello mondiale sia sul versante dell’offerta che su quello delle scorte, testimoniato anche dai dati sulla superficie coltivata a mais, che in Italia nel 2021 è scesa sotto i 600mila ettari, in lieve calo rispetto ai circa 603mila ettari del 2020 e ai quasi 630mila del 2019; sul fronte della produzione, in attesa dei numeri del 2021, resta il dato della scorsa annata, nella quale l’Italia ha potuto contare su 6,8 milioni di tonnellate, in aumento rispetto alle 6,2 milioni di tonnellate del 2019.  

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