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Coronavirus, donne meno colpite degli uomini: differenze di genere, ormonali e genetiche, diminuiscono il rischio di infezione e mortalità

Dai dati epidemiologici disponibili fino ad oggi sembra che esista una differenza di genere tra uomini e donne a proposito del rischio di infezione e di mortalità da Covid-19 a vantaggio delle donne. In Cina il tasso di letalità dei casi confermati è pari al 4,7% negli uomini a fronte del 2,8% riscontrato nelle donne. I dati dell'ultimo rapporto ARS. Al San Raffaele di Milano nasce il progetto Proteggimi.






I dati italiani confermano questo andamento: l’ultima analisi dell’ISS su un campione di 18.641 pazienti deceduti e positivi all’infezione in Italia, ha evidenziato che le donne sono 6339 (il 34,0% del totale) e che le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 83 - uomini 79).

Secondo quanto riportato nell’ultimo rapporto ARS, i maschi necessitano più frequentemente delle donne del ricovero ospedaliero (tasso di ospedalizzazione: 54,3 per 100.000 residenti vs 33,7) e della terapia intensiva (tasso di ricovero in terapia intensiva: 6,3 per 100.000 vs 1,6). Si rileva una maggior letalità per il genere maschile: a fronte di un dato complessivo del 5,7%, la letalità dei maschi è il 7,6% mentre quella delle femmine il 3,8%.

Questo potrebbe dipendere da vari fattori: gli uomini hanno la tendenza a fumare maggiormente rispetto alle donne e, come sappiamo, il fumo rappresenta un fattore di rischio per contrarre la malattia e per sviluppare un quadro clinico più grave. Le donne sono più attente all’igiene personale e al lavaggio delle mani, uomini e donne inoltre differiscono anche nella risposta immunitaria, le donne infatti sviluppano maggiori risposte immunitarie verso patogeni, compresi i virus, motivo per cui sono meno suscettibili a contrarre infezioni da microrganismi.

Nuove evidenze scientifiche mostrano che, tra uomo e donna, vi sono delle differenze nei meccanismi alla base dell’infezione. Differenze che possono essere sia di tipo ormonale che genetico. Per quanto riguarda le differenze ormonali, sono proprio gli ormoni sessuali che agiscono come importanti modulatori delle risposte immunitarie. È ormai noto che il nuovo coronavirus Sars-Cov-2 entri nelle cellule umane bersaglio tramite un enzima detto di conversione dell’angiotensina II (ACE2), il quale si trova localizzato sull’endotelio dei capillari polmonari, da dove protegge il polmone dai danni causati dalle infezioni, infiammazioni e stress. Quando il virus si lega ad ACE2 ed entra nella cellula, fa diminuire la sua espressione e lo sottrae così allo svolgimento della sua funzione protettiva. Nelle donne in età fertile gli estrogeni sono in grado di aumentare la presenza del recettore ACE2 facendo sì che questo enzima, anche dopo l'infezione, riesca a svolgere la sua funzione di protezione, in particolare nei confronti dei polmoni. Viceversa gli ormoni androgeni sembra che svolgano un ruolo opposto nell’influenzare l’espressione di enzimi cellulari coinvolti nelle fasi che seguono l’attacco del virus al recettore, favorendo le fasi successive dell’infezione delle cellule polmonari.

Infine non va dimenticata la differenza legata ai cromosomi sessuali. Come sappiamo, nelle cellule femminili ci sono due cromosomi X mentre nelle cellule maschili sono presenti un cromosoma X e un cromosoma Y. Nelle cellule femminili quindi, per impedire la ridondante espressione dei prodotti dei geni presenti in doppia copia sui cromosomi X, si verifica una fisiologica inattivazione casuale di uno dei due cromosomi. Tuttavia restano porzioni cromosomiche che sfuggono l’inattivazione e i geni presenti in queste zone possono essere sovraespressi nelle donne. ACE2 è codificato proprio in queste regioni del cromosoma X che sfuggono all’inattivazione di uno dei due cromosomi X, sostenendo così l’ipotesi di una maggiore espressione di questa proteina nei polmoni delle donne.

Questi risultati sottolineano la necessità di approfondire ed effettuare studi specifici, anche retrospettivi, per valutare il ruolo degli ormoni sessuali nelle differenze di genere riscontrate durante questa pandemia.

E proprio in questi giorni nasce il progetto Proteggimi, a cura del San Raffaele, su quella che si è venuta a definire come fragilità maschile al coronavirus. Coordinato da Andrea Salonia, urologo e andrologo dell'ospedale milanese, lo studio indagherà il ruolo degli ormoni sessuali maschili, cercando di spiegare la disparità d'impatto del Covid19 sugli uomini rispetto alle donne e di costruire un registro europeo di dati epidemiologici disaggregati per sesso. Oltre all'equipe del San Raffaele, saranno coinvolti diversi gruppi di ricerca italiani ed europei.

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