Musica corale. Il Requiem di Maurice Duruflé, speranza e pace in una delle opere sacre più significative del Novecento
Pubblicato per la prima volta nel 1948 da Auguste Durand, in una versione per organo, il Requiem, Op. 9, del compositore francese Maurice Duruflé, rimane una delle opere sacre più significative del Novecento.
Un balsamo per l'anima, una partitura piena di grande speranza e di pacificante ricerca. Così il direttore d'orchestra britannico Robin Ticciati descrive il Requiem di Maurice Duruflé. Una miscela unica di colori corali e orchestrali che ricordano il mondo sonoro di Debussy e degli impressionisti. Composto in risposta al Requiem di Fauré e con il fondamentale influsso di Debussy, Duruflé creò di fatto una delle opere sacre più significative del Novecento.
Questo Requiem nasce da un precedente lavoro che prevedeva una suite di brani per organo sui canti gregoriani per la messa da requiem. Il suo editore Durand lo incaricò di scrivere un'opera di grandi dimensioni basata su quei testi. Il Requiem risultante, originariamente per orchestra e coro, è il culmine dello stile di Duruflé, mescolando canto, contrappunto quasi rinascimentale e sontuosa armonia derivata da Fauré, Debussy e Ravel.
Duruflé ha realizzato tre versioni di quest'opera; l'ultima, completata nel 1961, è per coro, orchestra d'archi, trombe e organo. Il testo è lo stesso di quello di Fauré, omettendo la sezione Dies Irae che, sebbene fornisse alcune delle musiche più spettacolari nelle ambientazioni di Mozart, Berlioz e Verdi, non era compatibile con il tono più gentile e rassicurante dell'opera.
Questa qualità pacifica è per molti versi semplicemente un riflesso del debito del Requiem nei confronti del canto gregoriano, la cui qualità fluida e disinvolta funge da modello musicale per molti movimenti (il canto ha costituito gran parte dell'educazione musicale di Duruflé).
Duruflé presenta i canti in modo chiaro, proprio come nei suoi Quattro Mottetti su temi gregoriani. L'atmosfera serena è esaltata da un pervasivo contrappunto imitativo in uno stile melodico quasi rinascimentale. C'è spesso una somiglianza di suono tra la musica di Duruflé e quella di Vaughan Williams, che studiò brevemente in Francia e usò anche melodie modali e contrappunto, sebbene per lui queste tecniche dal suono arcaico fossero ispirate dalla musica popolare inglese e dai compositori dell'era Tudor.
Con Duruflé, il contrappunto modale è supportato da armonie ricche di note aggiunte. Il radicamento di Duruflé nel passato è evidente in tutto il Requiem. Il movimento di apertura, uno dei più belli di tutta la musica del XX secolo, crea e da il via all'atmosfera del brano eseguito con una ritmica in sedicesimi che poi era uno degli espedienti preferiti di Duruflé. Di fatto si viene a creare un'ondata di suoni, preparando l'ingresso dei tenori e dei bassi che intonano il requiem, presto accompagnato da un vocalizzo senza parole delle voci della sezione femminile.
Le melodie del canto originale sono presenti in molti movimenti; un esempio sorprendente è il Kyrie, dove le trombe suonano la melodia in note lunghe su un'intensa trama contrappuntistica nel coro. L'effetto è simile a quello dei famosi movimenti di apertura della cantata cantus firmus di Bach: Wachet Auf e Ein' feste Burg ed esempio.
Il suggestivo Pie Jesu, che Duruflé imposta in uno stile molto simile a Fauré, con un assolo di mezzosoprano accompagnato solo da organo e violoncello. Nel movimento finale, In Paradisum, i soprani, sostenuti dagli accordi pieni degli archi, intonano il canto incantatorio promettendo al defunto un sereno benvenuto in paradiso.
Alle parole "chorus angelorum te suscipiat" [Vi accolga il coro degli angeli], entrano gli altri cantori a concludere l'opera. Una nota: la moglie di Duruflé pianse più volte ascoltando il Requiem che di fatto rimane una delle opere religiose più commoventi del XX secolo.
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