Musica corale, lo studio dell'acustica delle chiese: l'importanza di una efficace trasmissione del suono nell'edificazione di nuovi luoghi di culto
Edifici che cantano: le chiese e il rapporto tra musica e architettura. Dalla preghiera al canto corale, l'acustica delle chiese riveste ormai un ruolo di fondamentale importanza. Se per quelle di antica costruzione risulta materia forse più complessa, la ricerca è già pronta invece per l'edificazione di nuovi luoghi di culto, affinché sia garantita una ottimale qualità di ascolto. Ad affermarlo una recente nota pastorale pubblicata dalla Commissione Episcopale Italiani per la Liturgia della "Progettazione di nuove chiese". Lo studio sulla riverberazione sonora.
L'idea di studiare l'acustica delle chiese è sempre stata fino ad oggi una materia poca trattata. Questi edifici, specificamente progettati per la preghiera, sono oggi infatti sempre più utilizzati come spazi per l'esecuzione di concerti, in special modo quelli di musica corale. Se per i teatri e le sale da concerto la ricerca si è impegnata molto per migliorare l'acustica, non altrettanto è stato fatto per le chiese. Questa mancanza di dati relativi sull'acustica dei luoghi di culto è ancora più sorprendente se si tiene conto del fatto che fino a XVIII secolo, quando i teatri e sale da concerto cominciavano a diffondersi in tutta Europa, le chiese erano gli unici luoghi dove poteva essere prodotta musica. Furono i primi cristiani di fatto a tenere in vita la tradizione ebraica secondo la quale la musica era un mezzo per pregare e adorare Dio. Le complesse relazioni tra la musica, il culto, l'architettura e l'acustica ha indotto gli studiosi a esaminare la questione da pochi anni a questa parte.
Il primo criterio scientifico per la valutazione della sonorità ambientale fu scoperto da Wallace Clement Sabine nel 1895 in cui il tempo di riverberazione è determinato dal volume dell’ambiente e dalla quantità di assorbimento acustico. Un teoria molto utile perché può essere stimata sulla carta, sulla base dei disegni plani-volumetrici ai quali si aggiunge la valutazione soggettiva della percezione del suono.
Lo sviluppo dell’acustica architettonica dipende in larga misura dai progressi nello studio dei processi fisiologici e psicologici della percezione uditiva: ciò porta alle più recenti indagini sperimentali sulle relazioni tra lo stimolo oggettivo e la sensazione soggettiva prodotta.
Nella lunga sperimentazione condotta si è potuto osservare che, partendo dalle basiliche paleocristiane e passando alle cattedrali romaniche e gotiche, i volumi sono andati man mano sempre aumentando. Con l’aumento dei volumi interni nelle chiese aumenta anche il fenomeno della riverberazione sonora. E’ esperienza comune che le grandi chiese risuonano differentemente dalle piccole, risultando in generale acusticamente più riverberanti e, quindi, caratterizzate da tempi di riverberazione più lunghi.
Nel fenomeno della riverberazione sonora, come già accennato, oltre al volume intervengono le caratteristiche acustiche dei materiali impiegati. Ampie superfici intonacate, che risultano acusticamente riflettenti, portano a tempi di riverberazione molto lunghi, caratteristici di una riverberazione sonora che può risultare eccessiva. Questo fenomeno si riscontra in alcune chiese rinascimentali. Le murature e le volte in pietra e in mattoni non intonacate e la presenza di arredi, quali i banchi, provocano un aumento dell’assorbimento acustico all’interno delle chiese, con una riduzione della riverberazione sonora. Questo fenomeno è stato riscontrato nella maggior parte delle chiese Romaniche e Gotiche prese in esame, nonché nelle chiese barocche come ad esempio Sant’Agnese in Agone a Roma, la Basilica di Superga a Torino e nella moderna Concattedrale di Taranto.
Ripercorrendo il cammino storico dell’evoluzione architettonica delle chiese, si può quindi notare che la più alta riverberazione sonora è stata rilevata nelle chiese rinascimentali in particolare in S. Spirito a Firenze. Mentre nelle chiese del periodo barocco e in quelle moderne‐contemporanee, vale a dire progettate da architetti contemporanei dopo il Concilio Vaticano II (1965), si può osservare una graduale, costante diminuzione dei tempi di riverberazione con la conseguente migliore comprensione del parlato. Le chiese contemporanee di fatto hanno ricevuto una grande considerazione proprio a causa del drastico cambiamento delle condizioni acustiche richieste dal Concilio Vaticano II. La riforma della liturgia introduce infatti l'uso di un linguaggio comune al posto del latino, e la chiamata per la partecipazione attiva della comunità al canto corale, aspetto quest'ultimo che, soprattutto durante l'età medievale, non rientrava all'interno della liturgia. Il ruolo rinnovato della parola parlata ha comportato così la necessità di intelligibilità della parola buona, un requisito che deve essere preso in considerazione sin dall'inizio del processo di progettazione, con un contatto diretto tra il clero officiante e i fedeli e un sistema di percorsi che faciliti il percorso devozionale. Una recente nota pastorale pubblicata dalla Commissione Episcopale Italiani per la Liturgia della "Progettazione di nuove chiese", afferma chiaramente che il processo di progettazione deve garantire una acustica accettabile e che "i difetti originali sono difficili da rimediare utilizzando sistemi elettroacustici".
Anche la forma stessa della planimetria delle chiese mostra un’evoluzione nel tempo. La forma basilicale, derivata direttamente dagli edifici civili romani e impiegata nelle prime chiese paleocristiane, risulta molto buona dal punto di vista acustico. Infatti la presenza del soffitto piano ad altezza contenuta, del presbiterio fortemente rialzato e delle colonne esili benché fitte, assicura all’assemblea dei fedeli un buon apporto di suono diretto e di prime riflessioni provenienti dall’alto, nonché di riflessioni laterali in parte schermate e in parte esaltate dalle colonne. Inoltre nell’aula principale una riverberazione sonora non eccessiva offre condizioni acustiche ottimali.
Questa distribuzione architettonica, che ben si sposava con le forme liturgiche dei primi cristiani, molto incentrate sul ruolo didattico della celebrazione, cambiò gradualmente. La crescita delle dimensioni delle chiese e del numero dei presbiteri produsse la dilatazione dell’organismo edilizio con il conseguente significativo aumento della distanza fra il luogo della celebrazione (sorgente sonora) e quello dell’assemblea (ascolto).
Nei periodi successivi, romanico e gotico, si ebbe l’innalzamento dapprima dei soffitti prima e poi delle volte con il conseguente ingrossamento dei pilastri di sostegno, nonché la riduzione della quota del presbiterio. Queste particolari modifiche alla configurazione planimetrica basilicale portarono alla separazione funzionale fra la navata centrale e quelle laterali, con la conseguenza dal punto di vista spaziale di creare una disuniformità acustica. Infatti, a seconda della posizione della sorgente sonora si hanno condizioni acustiche molto diverse fra le zone in cui questa è presente, quelle adiacenti acusticamente ben “illuminate” dalla sorgente sonora e le altre in ombra rispetto a questa.
L’interposizione del transetto, con la realizzazione della configurazione a croce, peggiorò questa situazione. La maggior parte dei fedeli si concentrava nella navata centrale, mentre quelle laterali fungevano per lo più da deambulatorio. La soluzione ai problemi acustici fu trovata concentrando nella navata centrale tutte le sorgenti sonore, vale a dire: l’altare, il pulpito, l’organo e la schola cantorum (questi ultimi due posti di solito in posizione rialzata in controfacciata). Questo schema planimetrico ebbe successo per lungo tempo, finché le sorgenti acustiche, non furono allontanate dalla navata centrale o, peggio ancora, isolate, come avvenne ad esempio per l’organo e il coro, con il loro trasferimento nei bracci del transetto.
L’aggiunta del transetto alla pianta basilicale portò, come si è detto, alla forma planimetrica a croce (croce latina) e successivamente nei periodi rinascimentale e barocco alle varie forme centrali, come la croce greca. Questa centralizzazione delle piante raggiunge un risultato acusticamente efficace quando le sorgenti sonore sono localizzate nella crociera, cioè nel volume posto all’intersezione fra i due assi. Infatti così facendo il suono può raggiungere agevolmente tutti i volumi che compongono l’edificio senza che si creino zone d’ombra acustica.
Sulla base, forse, di queste esperienze acustiche, una nuova forma architettonica fu ideata dagli ordini monastici e predicatori, che ponevano grande enfasi sull’insegnamento rivolto ai fedeli e, quindi, verso l’agevole comprensione del parlato. Si tratta della forma architettonica ad aula, di cui la basilica di San Francesco ad Assisi ne è un esempio famosissimo. L’edificio, caratterizzato da un’aula unica, accoglie tutti i fedeli e gli officianti senza ostacoli ne visivi ne sonori. Questo accorgimento insieme ai soffitti piani o a volta generalmente abbastanza riflettenti, contribuisce ad assicurare anche una buona intelligibilità del parlato, tanto che questo modello fu riproposto dai gesuiti dopo la Controriforma.
Nel periodo barocco le pareti verticali furono arricchite di decorazioni e coperte di altari con un risultato acustico molto buono, poiché veniva assicurato un adeguato apporto di riflessioni laterali diffuse e ravvicinate nel tempo, assai benefiche oltre che per la comprensione del parlato anche per la musica.
Nelle chiese a pianta centrale più grandi si nota però qualche carenza acustica dovuta alla distanza fra sorgente e ascoltatore. In particolare se la sorgente sonora, il sacerdote, è sull’altare per la grande distanza si può avere una riduzione notevole del livello del suono diretto che raggiunge i fedeli. Questa riduzione spesso non è adeguatamente compensata dalle riflessioni provenienti dal soffitto (solitamente piuttosto alto), con il risultato di compromettere in modo significativo il livello e la chiarezza del suono.
La forma planimetrica ad aula è stata riproposta in varie soluzioni nell’edilizia ecclesiastica “moderna”. Questi schemi planimetrici moderni condividono i pregi e i difetti degli schemi planimetrici più antichi. Purtroppo il ricorso agli impianti di amplificazione e la mancanza di decorazioni delle pareti e, quindi, di diffusione sonora ne hanno spesso drammaticamente esaltato i difetti acustici.
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