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Lagrime di San Pietro, il canto del cigno di Lasso. L'ultimo capolavoro del compositore fiammingo è un’enciclopedia del mondo sonoro tardo cinquecentesco

Il 24 maggio 1594, poche settimane prima della sua morte, avvenuta il 14 giugno, l'ormai anziano Orlando di Lasso dedica al Papa la sua opera Lagrime di San Pietro, un ampio ciclo di madrigali spirituali penitenziali a sette voci, che mettevano in musica il testo poetico di Luigi Tansillo, sul tema del triplice rinnegamento di Cristo da parte di Pietro, a papa Clemente VIII.




“Il santissimo padre, il nostro signore Clemente VIII, eccellentissimo e grandissimo Papa. Beatissimo padre e misericordiosissimo signore”. Così Lasso al capo della Chiesa cattolica romana accompagna queste parole nel presentare Lagrime di San Pietro. Una sorta di dichiarazione sia pragmatica che politica, che cela velatamente qualcosa di più personale, di più intimo, dove: “queste lacrime di san Pietro … sono state rivestite in armonia da me per la mia personale devozione nella mia gravosa vecchiaia”. 

Il grande compositore fiammingo sentiva l’avvicinarsi della sua dipartita, e questi toccanti madrigali spirituali sono quello che possiamo considerare il suo canto del cigno. Probabilmente scrivendo questa ultima opera, il pensiero della morte diventava meno agghiacciante per Lasso. Lagrime di San Pietro diventa così un atto di purificazione profondamente religioso, un distillato di saggezza, esperienza e complessità che ci fa riflettere e commuovere.

Per i suoi testi, Lasso sceglie 20 delle 42 strofe in ottava rima che formano l’intero lavoro omonimo di Luigi Tansillo; il poeta di Venosa, non descrive l'atto della negazione in sé, come drammatizzato nelle Passioni di Bach, ma piuttosto tende ad esaltare gli effetti psicologici successivi allo sguardo angosciato rivolto da Cristo all'apostolo Pietro, subito dopo la terza negazione, come riportato nel Vangelo di Luca: "In quel momento, mentre ancora parlava, il gallo cantò". Il Signore si voltò e guardò Pietro. Allora Pietro si ricordò della parola del Signore, come gli aveva detto: "Prima che il gallo canti oggi, mi rinnegherai tre volte". E, uscito fuori, pianse amaramente.

Pietro trascorrerà il resto della sua vita ossessionato da quell’atto di codardia, vivendo e rivivendo in eterno il suo tradimento, desiderando ardentemente la liberazione dalla morte. Nelle poesie di Tansillo, Pietro contrappone il suo peccato alla beatitudine dei bambini massacrati da Erode, e si reca sul luogo della crocifissione di Cristo dove il riconoscimento della sua innegabile e inestirpabile codardia lo sopraffà. Si ritirerà in una grotta e trascorrere i suoi ultimi giorni rimasti pentendosi e, poiché l'auto-perdono è impossibile, con il desiderio ardente della grazia divina.

Le strofe musicate da Lasso si concentrano esclusivamente sullo sguardo lacerante di Cristo e sul suo effetto tormentoso su Pietro. Non c'è una "narrazione" in quanto tale; piuttosto il dramma è interiore, messo in scena con l'anima di Pietro.

Lo studioso Alexander Fisher, vede Lagrime in contesti più ampi: come un processo meditativo che "serviva ai fini della contrizione per il peccato e, in ultima analisi, della penitenza", e quindi rappresentativo del "discorso sacramentale" post-tridentino. Fisher nota che comune alla meditazione cattolica dopo il concilio di Trento "è la consapevolezza del peccato da parte del devoto, il lungo esame mentale della sua natura e delle sue conseguenze, e la risoluzione implicita o esplicita di fare ammenda, che culmina in momenti catartici di dialogo con una figura divina. Fisher analizzando il mottetto latino conclusivo, "Vide homo", che segue i 20 madrigali spirituali, come la conclusione del "dialogo tra il singolo peccatore e il salvatore”. 

Interessante notare che, strutturalmente, in Lagrime viene utilizzato il tipico simbolismo numerologico, tanto ricorrente nella prassi esecutiva dell’epoca e che Lasso volutamente adatta a questa tematica in maniera bivalente. Vediamo così che ogni strofa dell'opera è scritta per sette parti separate. Il sette perché è il numero della perfezione e della creazione, ma anche un numero con un lato oscuro, come i sette peccati capitali. Il tre è il numero della Trinità, ma anch'esso ha un'ombra negativa "tre volte che Pietro rinnega Gesù".

Lagrime di San Pietro viene eretto da Lasso con una precisa geometria che esplora tutte le possibilità concesse dalla modalità dell’epoca applicata alla polifonia. Il tanto ricercato Ethos, fondamento dell’espressività del canto, in grado di dare il giusto carattere alle melodie significanti di ogni madrigale. L’Ethos come imprescindibile termine enfatizzante e descrittivo della vicenda umana di Pietro. 

Lasso riesce efficacemente in questo grazie alla sua eccelsa tecnica di distribuzione degli intervalli all'interno dell'ottava, e il giusto grado di trasposizione del sistema perfetto. Un lavoro eccelso di estrema cura per ogni particolare, in cui Lasso non lascia inutilizzata alcuna risorsa dell’arte dei suoni. 

La dialettica, tra l'intricato contrappunto e la chiarezza dei passaggi omoritmici, ci porta al centro tematico del testo che sono di fatto gli occhi di Cristo. Così, nell’oscuro oblio del rinnegamento, sarà proprio l’improvvisa luce sferzante di quello sguardo a scatenare l’amaro pianto di Pietro. Per la grande valenza spirituale, Lagrime di San Pietro si può considerare il ciclo capolavoro di Lasso, quasi un’enciclopedia del mondo sonoro tardo cinquecentesco.  

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