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Turismo, Gestione e Valorizzazione del demanio costiero: uno studio sui modelli gestionali

Uno studio a cura di Nomisma ha messo in luce una serie di cambiamenti strutturali dell’economia balneare sia sotto il profilo della domanda, sia dell’offerta. Ne emerge un sistema complesso e in evoluzione che vede una decisa intensificazione della concorrenza nel mercato.




Il report ‘Gestione e Valorizzazione del demanio costiero: i modelli gestionali’ commissionato da FIPE-SIB ha messo in luce una serie di cambiamenti strutturali dell’economia balneare sia sotto il profilo della domanda, sia dell’offerta. Si tratta di un sistema complesso e in evoluzione che vede una decisa intensificazione della concorrenza nel mercato con le nostre mete sempre più impegnate in una articolata azione di adeguamento (o anticipo) alle abitudini di fruizione della risorsa mare a scopo ricreativo. 

È oramai noto come il turismo italiano sia in grado di generare impatti economici (e anche sociali) difficilmente equiparabili ad altre industrie del Paese. Si tratta di un settore fortemente interrelato con altri comparti economici che si regge su equilibri che mutano continuamente e ogni azione regolatoria dovrebbe tener conto di tale complessità. Il valore dell’economia del turismo, prima della pandemia, secondo l’Istat ha sfiorato i 98 miliardi di euro, il 6,1% del Pil italiano, in aumento nell’ultimo decennio di quasi mezzo punto percentuale. L’apporto del turismo sull’economia nazionale tende anche a raddoppiare se, oltre agli effetti delle spese dei turisti (contributo diretto), si considera l’impatto generato dagli operatori economici, in particolare attraverso investimenti. 

È però utile sottolineare come il turismo balneare, chiamato a confrontarsi con il repentino cambiamento dei gusti del turista, stia mostrando una notevole dinamicità che si riflette anche nell’aumento del numero degli stabilimenti e, ancor di più, dell’occupazione, per effetto di un crescente numero di servizi offerti, tra cui (in primis) la somministrazione attraverso bar e ristoranti. Tuttavia, le disparità di situazioni restano notevoli sia tra regioni che all’interno delle stesse. Ancora nel 2021 troviamo realtà imprenditoriali come quelle di Udine, Isernia e Gorizia con oltre 20 addetti in media per impresa, altre con 1,4 addetti come a Oristano. In Emilia-Romagna coesistono modelli di balneazione come quelli di Ravenna e Ferrara che impiegano in media oltre 10 addetti, risultando tra le più strutturate in Italia mentre, pochi chilometri più a Sud, Rimini si ferma a 4 addetti.

Oggi in Italia si contano 6.592 imprese classificabili come balneari in senso stretto. Le unità locali in cui si svolge l’attività balneare, comprendendo anche quelle legate ad altre funzioni (ad esempio, quelle ricettive), nel complesso assommano a 10.443 con 44.134 addetti.

Per meglio comprendere i cambiamenti in atto rispetto a una veloce evoluzione della domanda, per definire i modelli gestionali e tracciare il ruolo che nello sviluppo turistico rivestono gli operatori della balneazione, Nomisma ha condotto un’indagine su un campione di imprese balneari dislocate lungo l’intera costa italiana. Ne è emersa una realtà complessa in cui gli operatori balneari adottano comportamenti tipici di un’articolata gestione imprenditoriale. Nello specifico, si può sostenere che la survey restituisce una narrazione distante da quella prevalente che raffigura le strutture come operatori che si limitano a sfruttare una rendita di posizione. 

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