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Vino e consumi, continua trend positivo per le bollicine

Il consumo di spumante italiano è in continua crescita, un trend positivo che conferma l'apprezzamento della qualità made in Italy all'estero. Cresce bene anche il consumo interno grazie agli autoctoni del centro-sud Italia. Ecco il rapporto annuale di Ovse-Ceves.






Arrivano i dati sintetici riassunti e schematici delle spedizioni, consumi e mercati di distribuzione dei vini spumanti italiani in Italia e nel Mondo, divisi per tipologia, denominazione e metodo produttivo. A fare il punto sul mercato spumantistico 2019 è Giampietro Comolli, storico (dal 1991) presidente di Ovse-Ceves (Osservatorio Centro Studi Economici Vini Speciali).

Nel 2019 la produzione nazionale di vino spumante è cresciuta ancora: 750 milioni di bottiglie. Poco oltre 200 destinate al mercato interno e 550 milioni verso l’estero. Un valore in cantina di circa 1,9 mld/€. Rispetto al 2018 una crescita in volume del +8,5% e un +3,9% in valore. “ Il punto dolente resta il valore marginale all’origine delle bottiglie, di conseguenza al consumo anche se, soprattutto sui mercati esteri, il sentiment qualità e made in Italy spuntano un  giro d’affari globale al consumo di 6,1 mld/euro, oltre 3 volte tanto il prezzo alla produzione. Ma per crescere in valore occorre puntare al nuovo e miglior rapporto valore/identità abbandonando il mix qualità/prezzo che spinge al ribasso.

Il mercato si divide fra 720-725 mio/bott di metodo italiano e 27,5/28 milioni di metodo tradizionale. Il metodo italiano ha come leader nazionale e mondiale il sistema Prosecco nelle diverse denominazioni docg e doc con 600 mio/bott  e un valore all’origine di 1,2 mld/euro per un fatturato al consumo di 3,9 mld/euro, di cui oltre 105 milioni di bott dei Docg trevigiani. Exploit dell’Asolo Superiore Docg.  Poi 55 milioni sono di Asti Docg dolce e secco, altre 30 di etichette Docg-Doc, altre 35 milioni sono Vsq&vitigni, prodotte in tutte le regioni. La produzione di metodo tradizionale-classico vede sempre il primato della Franciacorta con 17,1 mio/bott spedite/consumate, poi il Trento con 8,7 mio/bott che fa registrare la miglior performance anno su anno (+9%), l’Oltrepò Docg e l’Alta Langa si dividono circa 0,9 mio/bott con crescita e vantaggio dei piemontesi; infine un altro milione è spedito da quasi tutte le Regioni fra Do e Vsq.  Comolli : “Il mercato interno cresce ma più differenziato, consolida vendite nella gda, aumenta l’horeca, più acquisti in cantina, più selezione nei pacchi regalo all’insegna del “locale”, fatica invece sempre l’e-commerce. Molto bene i Nebbiolo brut rosè, l’Alto Adige metodo tradizionale e i Monti Lessini Durello nelle versioni italiano e classico. Boom 2019 (+18%) di etichette di medio-piccole cantine, soprattutto uve autoctone spumantizzate con metodo tradizionali,  per l’ horeca locale e consumi prossimali. 

L’export si conferma la destinazione con la maggiore crescita, nessuna influenza di dazi e cambi moneta: a parte la Germania che segna ancora un anno in calo (-8%) a vantaggio di un incremento di vino-base tranquillo e un leggero freno in Usa (solo +5%), tutti gli altri paesi crescono ancora, dal 6% di Uk al 26% del Giappone, fino al 15-16% di Russia e Francia. Cresce e si posizione a 2,9 mio/bott (+3% rispetto al 2018) l’export di metodo tradizionale grazie ai marchi leader di Franciacorta e Trento, in crescita del 2 e 3%.  L’Italia è il primo produttore al mondo con una quota del 27%, primo esportatore e primo al mondo per i vini con metodo charmat o italiano. Comolli: “Bisogna non dare per scontato nulla, puntare su canali innovativi e nuovi paesi oltre gli attuali 115. In soli 5 Paesi va il 61% dell’export. Urgono azioni di formazione e valorizzazione, una casa e un percorso unitario che esalti le differenze, che spieghi al consumatore straniero (e anche nazionale) la grande biodiversità enologica: l’Italia vale di più di altri paesi se esalta la ricchezza patrimoniale, se la piramide è territoriale e non aziendale, se la formazione è legata stretta alla commercializzazione.

La performance d’anno migliore è del Trento Doc e dell’Alta Langa. Mantengono una certa difficoltà di diffusione e di penetrazione  il Cruasè e l’Oltrepò Pavese Docg e Doc. Viceversa invece crescono, certo con numeri piccoli, le diverse etichette di aziende vitivinicole del centro-sud (compreso Emilia e isole) che spumantizzano uve autoctone come Grillo, Aleatico, Fiano, Verdicchio, Marsanne, Asprinio, Falanghina, Cataratto, Bombino, Susumaniello, Monica Sarda, Nerello Mascalese, Moscato di Trani, Bellone, Biancolella, Frappato, Zibibbo, Passerina ma anche Sangiovese, Lambrusco, Ortrugo, Vermentino, Pigato, Inzolia, Erbaluce di Caluso e Malvasia.

Il mercato interno risulta sempre più differenziato, con un consolidamento delle vendite nella gda, un interessante incremento nell’horeca rispetto agli passati, più vendite dirette in cantina, mentre fatica sempre l’e-commerce. Bene i consumi diurni e nell’off-premise.  In bottiglie il Franciacorta cresce nei consumi sia domestici che in horeca con prezzi stabili, sfiorando i 15 mio/bott contro i 7,8 mio/bott del Trento doc, l’Alta langa sfiora 0,4 mio/bott, bene anche l’Alto Adige, benissimo ed eccezionali performance per le piccole cantine soprattutto del centro-sud Italia con bollicine tradizionali ottenute da vitigni autoctoni, sconosciuti. Un successo nell’horeca locale, assai identitari. Anche in Italia il Prosecco doc è il più consumato con 100 mio/bott, il Valdobbiadene Conegliano Superiore si consolida sempre più e con un numero maggiore di etichette nell’horeca con 45 mio/bott, exploit per l’Asolo Superiore a quota 5 mio/bott spedite (10 mio/bott vanno all’estero), infine 20 mio/bott circa di Docg-Doc-Vsq e vini di vitigno soprattutto metodo italiano. 

20-22 milioni di italiani sono consumatori di vino, circa 14 milioni sono appassionati, gli stessi quasi che sono assidui frequentatori di “cantine aperte”. Un punto fermo per conoscere il consumatore tipo: come il giovanissimo punta alle bollicine e anche le donne più mature, il maschio di mezza età confida nei vini rossi soprattutto di pregio con qualche fuga verso il top delle bollicine italiane e straniere, mentre il consumatore della terza età è più infedele e spazia dalle bollicine tricolori, ai vini rossi leggeri, ai frizzanti ma anche, portafoglio permettendo, qualche grande bolla e rosso impegnato.

Il consumatore  – chiosa Comolli – chiede sempre un vino della produzione locale, che conosce. In  Spagna c’è 1 sola doc  spumante, la Francia che ne ha 4 fondamentali tutte di metodo tradizionale classico. La biodiversità produttiva  orizzontalità nazionale  è un patrimonio formidabile, ma presenta difficoltà di penetrazione, di conoscenza, di rappresentanza. Sono produzioni di nicchia che restano tali, ma valorizzano ospitalità, accoglienza. Quindi le bollicine tricolori sempre più attrazione, buongusto e bellezza per i turisti stranieri. Non solo vino da bere. Per questo una grande proposta-politica nazionale, senza nuovi brand cappello, che esalti la origine ma “formi” una cultura della conoscenza per scegliere fra più proposte è l’unica strada di valorizzazione e promozione. Puntare solo su vendere e piazzare pallet di bottiglie non è lungimirante.

E’ vero che il boom delle bollicine tricolori ha inizio nel 2005 con la nascita del Forum Spumanti d’Italia a Valdobbiadene che per 10 anni ha parlato con una voce unica,  evidenziando le differenze tipologiche e esaltando diversità identitarie e di metodo, coinvolgendo e informando centinaia di MW, sommelier, opinion leader del mondo che così hanno “conosciuto” la varietà e qualità dei vini spumeggianti italiani.

E’ da li che è partita anche la scelta di puntare su Valdobbiadene/Cartizze/Asolo Docg e sulla grande Doc Prosecco per creare un simbolo-prodotto nazionale trainante e diverso. Ora occorre che la corazzata Prosecco sia un mezzo per far conoscere altre etichette. Sono anni che Comolli lo ripete in vari consessi. A lui si deve l’idea di un nome unico nazionale per tutte le bollicine come “metodo italiano”, ma è solo una specificazione di metodo, bisogna andare oltre e puntare solo su territori Docg-Doc. Come ebbe a scrivere: “Il metodo è solo una prima tappa, poi a breve bisogna cambiare. Non si può identificare un vino con il solo metodo produttivo”.

Ceves-Ovse, fondato nel 1991 da Mario Fregoni, Antonio Niederbacher e Giampietro Comolli presso l'Università cattolica di Agraria di Piacenza, è oggi l’istituto più affidabile con il maggior numero di dati raccolti e di contatti nel mondo come informatori, utilizzando documenti fiscali cartacei di transazioni reali.

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