I bicinia josquiniani, ovvero il "canone infinito" nelle messe di De Prez. Un modello di studio per università e conservatori
Nelle messe josquiniane, l'imitazione a due parti è una caratteristica sempre presente all'interno della composizione. Alcuni di questi duetti imitativi meritano un'attenzione speciale per lunghezza e rigore, in particolare quando le due voci appaiono come un "canone infinito" lungo tutto il brano. I casi di Missa Pange Lingua e Missa Hercules dux Ferrariae.
I bicinia josquiniani, ovvero il canone infinito nelle messe, è una caratteristica peculiare dello stile compositivo di Josquin De Prez. Questi esempi di scrittura possono essere utilizzati con profitto nella teoria, nel contrappunto e nell'analisi musicale delle opere del compositore fiammingo.
Il termine "Bicinium" deriva dal latino bis: due e da canere: cantare, e fu coniato per la prima volta da Giovanni di Lublino organista e compositore polacco nel suo manoscritto Tabulatura del 1540. Facendo riferimento a esempi tratti dalla Missa Pange Lingua e dalla Missa Hercules dux Ferrariae, troviamo molteplici modalità di accesso ai bicinia josquiniani. L'analisi di questo materiale può essere impiegata quale strumento conveniente per lezioni di ear training, studi di contrappunto e performance, e per l'esecuzione analitica.
I passaggi imitativi a due parti possono essere utilizzati con beneficio anche come argomento polivalente per i corsi di teoria e analisi musicale nelle università e nei conservatori. Troviamo canoni a due voci in diverse posizioni nelle messe di Josquin, come le sezioni Crucifixus, Pleni sunt coeli o Benedictus, dove la struttura a quattro parti è temporaneamente ridotta ad una coppia di voci imitanti. In alcuni casi, la musica mostra una struttura di sicuro interesse: entrambe le voci formano un "canone senza fine" che si protrae ininterrottamente per un passaggio prolungato, o addirittura per un intero movimento.
Occasionalmente, Josquin dà così tanta importanza all'imitazione, che il principio della varietas viene trascurato: i motivi vengono ripetuti e moltiplicati, si alternano in entrambe le voci e mostrano tutte le loro possibilità contrappuntistiche. In termini di paragone, da questo punto di vista, la musica si contrappone ovviamente ai bicinia del predecessore e maestro di Josquins, Johannes Ockeghem.
Analizzando la Missa Hercules dux Ferrariae, si può notare che il cantus firmus in modo dorico è derivato dal nome del dedicatario, Ercole d'Este di Ferrara, con le vocali trasformate nelle corrispondenti sillabe di solmisazione re ut re ut re fa mi re, in cui le due voci vanno a formare un canone nella quinta superiore a distanza di una semibreve. Durante le trasposizioni multiple o le ripetizioni degli stessi motivi, il principio della varietas, altrove standard predominante nel contrappunto rinascimentale, viene qui abbandonato.
E' qui che di fatto Josquin si concentra sull'aspetto di un "canone infinito", dove l'ascoltatore sperimenta una composizione senza pause, come una sorta di impressione meditativa. In questo contesto, la figura retorica della redicta è così comune che manca di ogni ulteriore aspetto semantico.
Missa Pange lingua, probabilmente l'ultima messa di Josquins, si basa invece sull'inno frigio del Corpus Domini, che qui non viene usato come cantus firmus, ma piuttosto liberamente utilizzato e parafrasato. In questa messa, il movimento del Credo è segnato per quattro voci SATB, così come l'intera messa, ma entra con un duo imitativo nella quinta superiore a distanza di due brevi. Questi bicinia prima eseguiti dalle voci di soprano e contralto, viene sostituita da quelle del tenore e del basso, in una cadenza sul Do. Con l'ultimo passaggio poi Josquin si limita a citare il materiale precedente, trasponendolo un'ottava più in basso.
Coppie imitative di voci di questo tipo si trovano frequentemente nella scrittura di Josquin nei generi polifonici a quattro parti. In questo caso è notevole il modo in cui viene introdotta la prima cadenza in Sol. Mentre l'imitazione è ancora in corso, Josquin fa uso di clausole discendenti e tenorili, che sono insite nel motivo e si incontrano per caso alla distanza desiderata dell'imitazione. Nella maggior parte degli altri casi, l'imitazione terminerebbe qualche nota prima per stabilire una sincopatio e una clausula appropriate. Ma in questo caso, più artisticamente, la musica si avvale di una cadenza regolare senza abbandonare il canone.
Logicamente questo articolo non intende fornire un'analisi approfondita sulla musica di Josquins in sé, ma si propone piuttosto di esplorare i diversi approcci di un certo genere polifonico, che è appunto il duo imitativo, nel contesto di varie discipline di insegnamento della teoria musicale. Ci sono molteplici modi di affrontare questo tipo di musica come ad esempio l'interazione tra la ricezione sonora e quella visiva. In tal senso sono fondamentali lezioni di analisi auditiva, in quanto l'immaginazione di strutture polifoniche a due parti non può essere data per scontata tra gli studenti.
Fonte: Wendelin Bitzan, Neverending canon. Didactical approaches to two part imitational passages from Josquin's masses
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