Lo stile di Palestrina, l'agile volumetto di Malcolm Boyd sullo studio della polifonia del Rinascimento
Negli anni '70, Malcolm Boyd, uno dei maggiori studiosi del Settecento musicale europeo ed in particolare degli Scarlatti, scrisse anche una introduzione pratica sullo stile compositivo di Giovanni Pierluigi da Palestrina, uno tra i più importanti compositori di area romana del XVI secolo. Uno studio quanto mai accurato su modalità, ritmo e melodia, armonia, stile, struttura ed osservazione sul tempo ternario, con tanto di esempi musicali ed esercizi.
Palestrina è a ragione ritenuto il modello ideale per la composizione polifonica sacra per aver saputo magistralmente conciliare quella che era la funzione propria della musica cattolica con gli aspetti più apertamente estetici. Malcolm Boyd, rivolgendosi allo studente, mette al centro la figura di Palestrina come compositore modello, in un momento, stiamo parlando degli anni '70, in cui viene seriamente messo in dubbio il valore di molti metodi tradizionali per l'educazione musicale, certamente da più parti si guarderà a questo libro come a qualcosa di anacronistico.
Quale rilevanza, si obietterà, può avere lo studio della musica di Palestrina per un giovane compositore che per costituzione si sente più attratto da Webern e Stravinski, o da Cage e Cardew? Si potrebbe ribattere avanzando generiche considerazioni sull'influenza esercitata da Palestrina su compositori tanto diversi come Beethoven e Liszt, oppure con vaghe argomentazioni circa il rifiorire del contrappunto modale nel ventesimo secolo.
L'acquisizione di una solida tecnica contrappuntistica non è però né la sola, né la migliore motivazione per uno studio approfondito della musica cinquecentesca. L'imitazione puntuale di Palestrina non fa diventare buoni compositori, ma neppure l'imitazione di Webern e Stravinski. Essa assicura invece una padronanza della cultura musicale che probabilmente non è possibile ottenere in altro modo e l'importanza di uno studio di questo genere è collegata direttamente al valore che si attribuisce alla musica stessa.
Certamente sfavorevole, anche se non inevitabile, è il fatto che di solito ci si dedica allo studio della tecnica cinquecentesca solo dopo un lungo apprendistato nell'armonia "tradizionale" o, nel migliore dei casi, in quella di Bach. Ne deriva che la grammatica della musica di Palestrina sembra spesso consistere quasi unicamente di raccomandazioni e proibizioni arbitrarie; soprattutto di queste ultime.
Non fa meraviglia che si sia attribuito a questa disciplina l'infelice epiteto di "stretta" e neppure deve sorprendere che i Vittoriani, campioni nei divieti, sembra considerassero il contrappunto migliore (in senso morale) dell'omofonia. E non stupisca infine che i Beckmesser di tutte le epoche abbiano inventato ogni genere di regola per divulgare errori nel nome di Palestrina. Rifiutando completamente il metodo delle specie di Fux e dei teorici posteriori. Non volendone sottovalutare il valore come disciplina tecnica, questo libro è stato scritto nella convinzione che l'abilità pratica in uno stile particolare dovrebbe derivare da uno studio approfondito della musica stessa.
Non c'è niente di veramente rivoluzionario in questo, anche se nel campo dell'educazione musicale questo principio è molto meno accettato di quanto si potrebbe credere. Il presente studio è il risultato di un attento riesame della musica di Palestrina; molte delle informazioni che contiene si possono naturalmente reperire anche altrove, forse, ma gli insegnamenti che offre sono tutti basati sulla pratica del XVI secolo, piuttosto che sulla teoria del XVII, XVIII o XIX secolo.
Nel libro Boyd, ha riservato una particolare cura alla formulazione di esercizi graduali, adatti a stimolare l'interesse dello studente e a sollecitare le sue capacità creative rispetto allo stile dato. Alcuni corsi di musica odierni sostituiscono all'imitazione di un determinato stile, l'analisi e lo studio puntuali delle opere che ne sono più rappresentative. Comunque, chi intende utilizzare gli esercizi potrà notare che sono stati scelti in massima parte da opere dello stesso Palestrina. Boyd ricorda inoltre che Palestrina fu maestro impareggiabile nelle tre forme vocali più importanti del suo tempo e la sua musica servì da modello per altri compositori, già quando era ancora in vita. Victoria, Lasso e Weelkes, per nominarne solo tre, possono avere scritto brani di una bellezza pari a quella delle opere di Palestrina, o perfino superiore ad essa, ma la sua supremazia tecnica resta fuori discussione.
Nell'approfondire in questo modo la musica di Palestrina, Boyd ha anche tralasciato ogni riferimento specifico alle sue composizioni madrigalistiche: in parte perché non rappresentano il meglio dell'opera di Palestrina, né sono tra i migliori madrigali cinquecenteschi, ma anche perché estendono o chiarificano di poco la tecnica fondamentale del periodo.
Un difetto comune a molti manuali (non solo a quelli relativi al contrappunto cinquecentesco) è quello di sovraccaricare a tal punto lo studente con regole ed eccezioni a quelle regole, nel tentativo di contemplare tutti i casi possibili, che non emerge più una descrizione chiara dello stile in esame. Lo scopo di questo libro è quello di esporre, con la massima concisione compatibile con l'accuratezza, solo le caratteristiche essenziali della musica di Palestrina, cioè quelle sufficienti a fare da guida allo studente nelle sue analisi di questa musica.
Questo studio dovrebbe essere portato avanti con il canto, l'esecuzione alla tastiera e l'ascolto più ampio possibile. In questo modo lo studente potrà sviluppare una sensibilità per questo stile e insieme approfondire la comprensione e l'apprezzamento della musica.
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