Vino e ricerca, Smoke Taint: lo stato dell'arte sulla gestione del rischio del sentore di fumo nel vino
Smoke Taint, ovvero contaminazione da fumo, è un problema che affligge diverse zone viticole nel mondo. L'odore, sgradevole, è l'effetto dell’esposizione delle uve al fumo provocato dagli incendi che comporta una trasformazione non attesa sulla composizione chimica e sulle caratteristiche sensoriali del vino.
Negli ultimi anni l'esposizione delle uve al fumo, provocato dagli incendi, è diventato sempre più frequente, e questo anche a causa del surriscaldamento globale legato al cambiamento climatico. Le zone ad essere più colpite sono state il sud dell'Australia, la California, il Cile centrale, la provincia del Capo Occidentale in Sudafrica e nel bacino del mediterraneo la Grecia ed in parte anche l'Italia.
L'Australia è stato il paese che ha avviato per primo studi mirati sull'odore di fumo nei vini che a seguito di degustazioni comparate se ne determinava la presenza attraverso la percezione di caratteristici sentori come: "fumoso", "sporco", "bruciato" e "cenere", generalmente descritti come Smoke Tainted. Ma non solo, anche i consumatori hanno dimostrato di rispondere negativamente al fumo di vini contaminati. Da questa constatazione sono scaturite le prime ricerche condotte da diverse Università del Paese ed in particolare presso l'Australian Wine Research Institute.
I risultati ad oggi hanno dimostrato che i composti del fumo principalmente responsabili della contaminazione sono i fenoli volatili liberi che vengono prodotti quando il legno viene bruciato. Questi possono essere assorbiti direttamente dall'uva e possono legarsi agli zuccheri d'uva per dare vita a glicosidi che di fatto non hanno aroma di fumo, per questa ragione questi composti sono descritti come precursori del sentore di fumo. Ciò significa che, durante la fermentazione e anche dopo quando il vino è in botte o già in bottiglia, questi glicosidi si rompono, rilasciando i fenoli volatili, nel mosto o nel vino, che ci fanno percepire il sentore di fumo. E' stato inoltre dimostrato che i glicosidi possono anche rilasciare i fenoli volatili in bocca durante il consumo del vino.
I fattori chiave che favoriscono la contaminazione dell'uva esposta al fumo sono principalmente lo stadio di crescita della vite, il tipo di vitigno, la composizione del fumo e la durata dell'esposizione al fumo. Nello specifico è stato scoperto che la contaminazione è più elevata quando l'esposizione al fumo si verifica dai sette giorni dopo l'invaiatura, ovvero la fase fenologica della maturazione dell'uva, fino alla data del raccolto. Il caso che ne dimostrò la fondatezza fu in occasione degli incendi avvenuti in California che scoppiarono chiaramente in quel periodo di tempo. Fruition Sciences, società per l'agricoltura di precisione, ha constatato che più l'uva è matura maggiore è il rischio associato all'esposizione al fumo. Eric Herve di ETS Laboratories in California, aggiunge che è consigliabile raccogliere il più presto possibile, poiché l'uva continuerà ad assorbire passivamente i composti organici volatili del fumo fintanto che il fumo è presente.
Ci sono una serie di passaggi che possono essere presi in considerazione nel vigneto e in cantina, per ridurre al minimo gli impatti sensoriali dell'esposizione al fumo. Un bollettino del Dipartimento di viticoltura ed enologia della Università Californiana Davis afferma che i fenoli volatili derivati dal fumo possono essere assorbiti sia direttamente attraverso la cuticola della bacca che attraverso le foglie e trasportati nel frutto. E' stato notato infatti che la rimozione delle foglie dalle viti dopo l'esposizione al fumo può ridurre la gravità della contaminazione nell'uva e nel vino. Importante sottolineare che il lavaggio delle uve prima della lavorazione non ha alcun impatto sullo sviluppo potenziale di contaminazione da fumo.
Numerose fonti e studi inoltre confermano che la contaminazione da fumo non permane negli anni successivi nel vigneto e non influenza la qualità dei raccolti futuri. Un altra pratica denominata osmosi inversa, ovvero la filtrazione su membrana che si credeva utile a rimuovere permanentemente la contaminazione dal fumo non è efficacie in quanto la contaminazione si ripresenta nel tempo a causa dell'idrolisi dei precursori glicoconiugati, che non vengono rimossi durante il trattamento. Come accennato infatti gli effetti del fumo sono temporaneamente legati alla chimica del vino ma possono essere rilasciati con l'invecchiamento del vino. Attualmente comunque questa pratica è ancora largamente in uso. Anche l'affinamento del vino che si pensava fosse una soluzione efficace alla decontaminazione è una pratica messa in discussione in quanto non è un processo molto selettivo, che di fatto rimuove anche molti attributi favorevoli da un vino insieme ai composti derivati dal fumo. L'affinamento potrebbe essere controproducente da utilizzare su vini potenzialmente di alta qualità in quanto la contaminazione del fumo non diminuisce con l'invecchiamento del vino, anzi al contrario, è probabile che questa aumenti nel tempo. Le caratteristiche legate al fumo possono evolversi nel tempo, quindi si consiglia il consumo nel più breve tempo possibile.
Ultimamente l'AWRI raccomanda di valutare il rischio di contaminazione da fumo attraverso una combinazione di test analitici sull'uva che comprendono l'analisi di fenoli volatili e precursori di fumo non volatile e valutazione sensoriale di vino ottenuto da microfermentazione dell' uva interessata. Per facilitare l'interpretazione dei risultati analitici, l'AWRI ha creato un database di fenoli volatili e precursori raccolti da campioni di uva e vino che non sono stati esposti al fumo. Questi dati di base possono essere confrontati con i risultati di frutti potenzialmente esposti per determinare la probabilità che il frutto o il vino contenga concentrazioni elevate di composti contaminanti. Tuttavia, per i vini che sono stati analizzati dopo affinamento in botte, l'interpretazione dei risultati non può essere confrontata in modo affidabile con i dati di fondo a causa dell'estrazione dei composti volatili del legno. Esiste inoltre un helpdesk AWRI all'indirizzo email: suhelpdesk@awri.com.au per assistenza nell'interpretazione dei risultati.
In conclusione tutte le prove hanno mostrato un effetto minimizzante sui vini contaminati, ma gli esperti sono concordi sul fatto che nessuna di queste ha portato ad una vera cura per eliminare i composti fenolici latenti che risiedono all'interno del vino contaminato dal fumo. Volevo infine segnalare che in Italia, Purovino, utilizza l'ozono per rimuovere i fenoli volatili dai frutti contaminati. Secondo il professor Fabio Mencarelli, dell'Università della Tuscia a Viterbo, il trattamento con ozono riduce i composti fenolici nelle loro forme atomiche più elementari, rendendoli completamente inerti. Pertanto, i fenoli volatili non possono più influenzare la composizione chimica dell'uva.
L'Australia è stato il paese che ha avviato per primo studi mirati sull'odore di fumo nei vini che a seguito di degustazioni comparate se ne determinava la presenza attraverso la percezione di caratteristici sentori come: "fumoso", "sporco", "bruciato" e "cenere", generalmente descritti come Smoke Tainted. Ma non solo, anche i consumatori hanno dimostrato di rispondere negativamente al fumo di vini contaminati. Da questa constatazione sono scaturite le prime ricerche condotte da diverse Università del Paese ed in particolare presso l'Australian Wine Research Institute.
I risultati ad oggi hanno dimostrato che i composti del fumo principalmente responsabili della contaminazione sono i fenoli volatili liberi che vengono prodotti quando il legno viene bruciato. Questi possono essere assorbiti direttamente dall'uva e possono legarsi agli zuccheri d'uva per dare vita a glicosidi che di fatto non hanno aroma di fumo, per questa ragione questi composti sono descritti come precursori del sentore di fumo. Ciò significa che, durante la fermentazione e anche dopo quando il vino è in botte o già in bottiglia, questi glicosidi si rompono, rilasciando i fenoli volatili, nel mosto o nel vino, che ci fanno percepire il sentore di fumo. E' stato inoltre dimostrato che i glicosidi possono anche rilasciare i fenoli volatili in bocca durante il consumo del vino.
I fattori chiave che favoriscono la contaminazione dell'uva esposta al fumo sono principalmente lo stadio di crescita della vite, il tipo di vitigno, la composizione del fumo e la durata dell'esposizione al fumo. Nello specifico è stato scoperto che la contaminazione è più elevata quando l'esposizione al fumo si verifica dai sette giorni dopo l'invaiatura, ovvero la fase fenologica della maturazione dell'uva, fino alla data del raccolto. Il caso che ne dimostrò la fondatezza fu in occasione degli incendi avvenuti in California che scoppiarono chiaramente in quel periodo di tempo. Fruition Sciences, società per l'agricoltura di precisione, ha constatato che più l'uva è matura maggiore è il rischio associato all'esposizione al fumo. Eric Herve di ETS Laboratories in California, aggiunge che è consigliabile raccogliere il più presto possibile, poiché l'uva continuerà ad assorbire passivamente i composti organici volatili del fumo fintanto che il fumo è presente.
Ci sono una serie di passaggi che possono essere presi in considerazione nel vigneto e in cantina, per ridurre al minimo gli impatti sensoriali dell'esposizione al fumo. Un bollettino del Dipartimento di viticoltura ed enologia della Università Californiana Davis afferma che i fenoli volatili derivati dal fumo possono essere assorbiti sia direttamente attraverso la cuticola della bacca che attraverso le foglie e trasportati nel frutto. E' stato notato infatti che la rimozione delle foglie dalle viti dopo l'esposizione al fumo può ridurre la gravità della contaminazione nell'uva e nel vino. Importante sottolineare che il lavaggio delle uve prima della lavorazione non ha alcun impatto sullo sviluppo potenziale di contaminazione da fumo.
Numerose fonti e studi inoltre confermano che la contaminazione da fumo non permane negli anni successivi nel vigneto e non influenza la qualità dei raccolti futuri. Un altra pratica denominata osmosi inversa, ovvero la filtrazione su membrana che si credeva utile a rimuovere permanentemente la contaminazione dal fumo non è efficacie in quanto la contaminazione si ripresenta nel tempo a causa dell'idrolisi dei precursori glicoconiugati, che non vengono rimossi durante il trattamento. Come accennato infatti gli effetti del fumo sono temporaneamente legati alla chimica del vino ma possono essere rilasciati con l'invecchiamento del vino. Attualmente comunque questa pratica è ancora largamente in uso. Anche l'affinamento del vino che si pensava fosse una soluzione efficace alla decontaminazione è una pratica messa in discussione in quanto non è un processo molto selettivo, che di fatto rimuove anche molti attributi favorevoli da un vino insieme ai composti derivati dal fumo. L'affinamento potrebbe essere controproducente da utilizzare su vini potenzialmente di alta qualità in quanto la contaminazione del fumo non diminuisce con l'invecchiamento del vino, anzi al contrario, è probabile che questa aumenti nel tempo. Le caratteristiche legate al fumo possono evolversi nel tempo, quindi si consiglia il consumo nel più breve tempo possibile.
Ultimamente l'AWRI raccomanda di valutare il rischio di contaminazione da fumo attraverso una combinazione di test analitici sull'uva che comprendono l'analisi di fenoli volatili e precursori di fumo non volatile e valutazione sensoriale di vino ottenuto da microfermentazione dell' uva interessata. Per facilitare l'interpretazione dei risultati analitici, l'AWRI ha creato un database di fenoli volatili e precursori raccolti da campioni di uva e vino che non sono stati esposti al fumo. Questi dati di base possono essere confrontati con i risultati di frutti potenzialmente esposti per determinare la probabilità che il frutto o il vino contenga concentrazioni elevate di composti contaminanti. Tuttavia, per i vini che sono stati analizzati dopo affinamento in botte, l'interpretazione dei risultati non può essere confrontata in modo affidabile con i dati di fondo a causa dell'estrazione dei composti volatili del legno. Esiste inoltre un helpdesk AWRI all'indirizzo email: suhelpdesk@awri.com.au per assistenza nell'interpretazione dei risultati.
In conclusione tutte le prove hanno mostrato un effetto minimizzante sui vini contaminati, ma gli esperti sono concordi sul fatto che nessuna di queste ha portato ad una vera cura per eliminare i composti fenolici latenti che risiedono all'interno del vino contaminato dal fumo. Volevo infine segnalare che in Italia, Purovino, utilizza l'ozono per rimuovere i fenoli volatili dai frutti contaminati. Secondo il professor Fabio Mencarelli, dell'Università della Tuscia a Viterbo, il trattamento con ozono riduce i composti fenolici nelle loro forme atomiche più elementari, rendendoli completamente inerti. Pertanto, i fenoli volatili non possono più influenzare la composizione chimica dell'uva.
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